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sabato 28 dicembre 2013

Mini Miss


La storia è questa: il governo francese è contrario ai concorsi di bellezza destinati alle minorenni e il Parlamento sta discutendo un progetto di legge per vietare a chi ha meno di 16 anni di partecipare alle sfilate. Le principali motivazioni sono l’ipersessualizzazione e lo sfruttamento commerciale dei più piccoli.
Il divieto e le ragioni addotte a sostegno del divieto hanno attirato la mia attenzione. Perché in generale un divieto legale andrebbe giustificato con argomenti solidi. Una volta che abbiamo rifiutato un sistema politico teocratico (“è vietato perché un dio così vuole”) o paternalista (“è vietato per il tuo bene”), quello che dovrebbe rimanere è un sistema che deve motivare i divieti che impone, molto approssimativamente ispirandosi al principio del danno a terzi: un divieto è legittimo quando è sostenuto da un danno che noi infliggeremmo a qualcun altro (omicidio, aggressione e così via).
Le motivazioni che invochiamo a sostegno di un divieto, poi, non dovrebbero essere facilmente riutilizzabili per vietare mille altre cose. Possiamo pensare che i concorsi di bellezza - in generale o solo quelli per i minorenni - facciano schifo, che siano inopportuni, volgari, noiosi, ma stiamo parlando di un divieto e non di una preferenza. Non possiamo mica vietare per legge le cose stupide o di cattivo gusto. Non finiremmo mai.
Ci dovremmo quindi domandare se partecipare a un concorso di bellezza sia intrinsecamente dannoso o se lo sia in alcune circostanze, come quelle di avere meno di 18 anni e di esservi stati portati verosimilmente dai propri genitori (quando una ragazzina può davvero scegliere?). Partecipare a Miss Francia provoca un danno tale da autorizzare i legislatori a dire “vietato per legge”?
Passiamo all’invocazione dello sfruttamento commerciale delle piccole aspiranti miss da parte dei genitori: se valesse, dovremmo estenderlo a molti altri casi, affini e lontani. Attori e cantanti in miniatura, tanto per cominciare. Modelli per giocattoli, vestitini, magliettine, palloncini.
Ma poi anche quei genitori che decidono che il figlio debba diventare un grande campione: come non pensare ad Andre Agassi - che racconta in Open le torture inflittegli dal padre - o a Jennifer Capriati o a tanti altri le cui vite sono state profondamente indirizzate dal potere dei genitori. Potere che è inevitabilmente esteso, soprattutto nei primi anni. Potere che non è assoluto, ma i cui confini sono difficili da tracciare: far partecipare la propria figlia a un concorso di bellezza somiglia più a torturarla o a iscriverla a scuola?
Se accettiamo la bontà dell’argomento dello sfruttamento commerciale dovremmo dunque augurarci che le prossime leggi vieteranno un lungo elenco di attività decise dai genitori e destinate ai figli.
I due tennisti, Agassi e Capriati, non sono i soli esempi a disposizione, ovviamente. Mettendo insieme la giovane età, il travestimento e quel senso di fake che possiamo immaginare connessi a un concorso di Miss teen mi è venuta in mente la comunione. Rituale per me abbastanza estraneo, mi è capitato di osservarlo qualche mese fa perché la figlia di amici celebrava il sacramento.
Ora, provate a pensarci dismettendo la familiarità che avete accumulato in anni e anni: sono piccoli, vestiti in modo inusuale e sulla loro autonoma decisione si può avanzare qualche dubbio. Quanto allo sfruttamento commerciale, potremmo pensare ai regali, alle bomboniere, ai pranzi e a quello che sembra in tutto e per tutto un banchetto di nozze in miniatura. E se nei concorsi si rischierebbe l’ipersessualizzazione, durante il catechismo non si potrebbe rischiare l’obnubilamento? Sarebbero queste condizioni sufficienti per un divieto legale? ×

Il Mucchio di gennaio.

martedì 8 gennaio 2013

Il papa e l’uccellino

È la notizia dell’anno: Joseph Ratzinger, in arte Benedetto XVI, ha inaugurato un account Twitter.

Se non sarà lui in carne e ossa a digitare, lo farà qualcun altro autorizzato da Ratzinger a esprimere pensieri papali in 140 caratteri al massimo. Il 12 dicembre il primo twit: “Cari amici, sono lieto di stare in contatto con voi tramite Twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico dal mio cuore”.
Anche prima che ci fosse il primo twit i followers erano centinaia di migliaia - in effetti pochi pensando a quanti nella realtà riconoscono al papa un’autorità religiosa, e soprattutto tenendo a mente che Justin Bieber ne ha quasi 31 milioni e mezzo e Lady Gaga oltre 32 milioni. I followers aumentano di giorno in giorno e si frammentano nei vari profili: it, eu, es, uk - ognuno dei quali segue solo gli altri @Pontifex in un circolo autoreferenziale. Oggi il profilo principale - Pontifex senza estensioni di nazionalità - ne ha poco più di un milione. Gli altri qualche centinaia di migliaia tutti insieme. Ma a parte i numeri, comunque provvisori, l’arrivo di Ratzinger nel mondo virtuale di Twitter qualcosa dà da riflettere. Secondo Whitney Mallet (Follow The Leader, The New Inquiry) è sorprendente che un sistema religioso tanto fondato sul materialismo, un sistema la cui fede si basa sulla credenza che l’ostia sia fisicamente - e non simbolicamente - il corpo di Cristo, sia interessato al virtuale. E potrebbe essere rischioso combinare la santità all’astrazione. Il passato rapporto della Chiesa con la tecnologia e i nuovi media suggerisce che il Web sarà terra di conquista. Non è certo una novità: il Vaticano ha già un sito multilingue - molto old fashioned e con meno traduzioni di Scientology (che il potere lo si veda dal numero delle lingue?), un’applicazione per la confessione - che però vale più come allenamento che come mezzo per l’assoluzione che reresta prerogativa umana - e una indubbia familiarità con la radio, la tv e vari altri mezzi di informazione/evangelizzazione. Il web sembra essere ancora un terreno quasi vergine, o almeno meno usato degli altri media, e un luogo ideale da conquistare. Soprattutto se si tiene conto che l’espansione cattolica è più vitale in Paesi come l’Asia e l’America meridionale, e nelle popolazioni più povere - mentre in Europa è in arresto o in declino. Tablet e pc a basso costo potrebbero essere buoni alleati della diffusione del Verbo. Non è detto però che la gerarchia, su cui il sistema cattolico si regge, non possa esserne scossa profondamente, colpita dal boomerang twitterante in modo imprevisto. Le strade della nemesi virtuale sono infinite. Per ora sembra essere la cautela l’ispirazione del neonato profilo. Nel corso dello stesso 14 dicembre, mentre su Twitter si legge una domanda mite e compatibile con varie credenze religiose (“Qualche suggerimento su quale sia il modo più proficuo per pregare mentre siamo così occupati con il lavoro, la famiglia e il mondo?”), l’Agi riporta una tipica manifestazione di aggressività ratzingeriana (“Unioni gay minacciano la pace. Eutanasia e aborto un pericolo”). In occasione della giornata mondiale della pace il messaggio papale torna su alcuni dei cavalli di battaglia tipicamente cattolici, o addirittura clericali, seppure mascherati da principi razionali e appartenenti alla “natura umana”. Un mistero della fede, probabilmente. Troppo lungo da twittare e troppo importante per essere spezzettato. Appena Pontifex scoprirà google shortener o altri modi analoghi per accorciare i link, il baratro sarà probabilmente colmato. Nel frattempo il Vaticano accoglie Rebecca Kadaga, presidente del parlamento ugandese e fan della legge antigay. ×

I miei oscar 2012: Moonrise Kingdom di Wes Anderson, No di Pablo Larrein, Episodes 2.

Lamette, Il Mucchio di gennaio 2013.

giovedì 20 dicembre 2012

Siamotuttisallusti?




Secondo l’articolo 595 del Codice Penale “chiunque [...] comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032. [...] Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516”. Il 18 febbraio 2007 esce su “Libero” Il giudice ordina l’aborto. La legge più forte della vita a firma Dreyfus. Il 26 settembre 2012 la Cassazione conferma la condanna della Corte d’Appello per Alessandro Sallusti, allora direttore di “Libero”: 14 mesi di reclusione senza condizionale.
Si scatena un putiferio: dalla campagna e #hashtag “Siamotuttisallusti” alle innumerevoli dichiarazioni scandalizzate e prese di distanza dalla condanna. In pochi partono dall’articolo incriminato, in pochi si fermano a riflettere sul reato di diffamazione e a raccontare cosa è successo tra il 2007 e il 2012, soprattutto i tentativi di risolvere la questione, a cominciare dalla richiesta di una rettifica. L’articolo inizia così: “Una adolescente di Torino è stata costretta [falso] dai genitori a sottomettersi al potere di un ginecologo che, non sappiamo se con una pillola o con qualche attrezzo, le ha estirpato il figlio e l’ha buttato via. Lei proprio non voleva [falso]. Si divincolava [fonti?]. [...] I genitori hanno [...] deciso che il bene della figlia fosse: aborto. [Se fossimo in una puntata di “Law & Order” qualcuno griderebbe “obiezione vostro onore!”]. [...] Un magistrato allora ha ascoltato le parti in causa e ha applicato il diritto - il diritto! - decretando: aborto coattivo [falso]. Ora la piccola madre (si resta madri anche se il figlio è morto) è ricoverata pazza in un ospedale [falso]. Aveva gridato invano: “Se uccidete mio figlio, mi uccido anch’io” [Dreyfus era nel reparto di interruzione di gravidanza? Fonti?]. Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice [ecco, questa è finalmente una opinione].” Nella confusione s’è rischiato di usare l’esagerazione della pena (meglio sarebbe prendersela con il Codice Penale che con chi lo ha applicato) per giustificare la scelta di Dreyfus e l’ok del direttore responsabile a quell’elenco di bugie. Perché qui la questione non è essere contrari all’aborto (opinione) ma avere raccontato il falso, avere descritto la ragazzina come vittima di crudeli carnefici e i genitori in combutta con il giudice per costringerla ad abortire, anzi per stapparle il figlio dai visceri. Sulla diffamazione si potrebbe discutere a lungo: vogliamo considerarlo reato senza vittima, siamo pronti a prenderci tutte le conseguenze? Siamo sicuri che non ci sia una vittima e come potremmo difenderci se qualcuno scrive su un giornale che siamo dei serial killer? Che pensare dell’incitazione all’odio razziale o dell’omofobia? In Italia il primo è reato come crimine d’odio, sulla seconda siamo terribilmente evasivi. Si potrebbe - e dovrebbe - discutere sul tipo di pena e sull’inopportunità del punire l’intemperanza del linguaggio, anche se le critiche si basano su fatti veri. Il carcere non può che apparire spropositato e insensato - ma anche giocare a fare i martiri dopo avere rifiutato qualsiasi rimedio lo è. Prima di decidere cosa pensare è consigliabile leggere almeno Sallusti secondo me di Federica Sgaggio, 23 settembre 2012 e Libertà di diffamazione di Michael Braun, 27 settembre 2012, Internazionale. Così siamo pronti per l’ultima puntata, cioè il cosiddetto SalvaSallusti. È lo stesso Sallusti a commentare il 13 novembre sul suo profilo “Mi sento meno solo. Con la legge approvata dal Senato a San Vittore finiremo in tanti”.

Lamette, Il Mucchio Selvaggio di dicembre.

giovedì 24 maggio 2012

Il giorno più bello


Hai deciso di sposarti prenotando con mesi di anticipo il ristorante o la chiesa o entrambi. Passi le notti a decidere come disporre a tavola i tuoi invitati e chi escludere senza che si offenda troppo. Devi decidere se fare la lista di nozze all’agenzia di viaggi oppure all’Apple Store, scegliere il vestito, fare le prove, decidere la pettinatura e le scarpe che indosserai. Ti preoccupi perché se poi quel giorno avrai i piedi gonfi? La stesso cruccio è indirizzato all’abito nuziale, che decidi di comprare o di farti fare secondo il tuo ideale di peso. Sarà o non sarà il giorno più bello della tua vita? E allora non puoi che essere magra, quel giorno. Se non rientri in quell’angusto dominio di donne con un metabolismo adolescenziale o con delle sane abitudini alimentari e sportive, comincerai a programmare la dieta per liberarti del culo di troppo. Da domani, da lunedì, dal prossimo primo del mese. Chiederai consiglio alle tue amiche sull’efficacia della dieta a zona, quella solo grassi, solo frutta, solo proteine, la dieta dissociata o quella del fantino. Farai sondaggi accurati e inaffidabili su quale ha effetti più evidenti e veloci (e reversibili). Ma poi magari ti imbatterai nella K-E diet, l’ultima frontiera delle diete estreme (Tube Feeding: What’s Wrong with the Latest Wedding Crash Diet?, The Guardian, 18 aprile 2012). Ti infili un tubo nel naso che arriva fino allo stomaco. All’estremità esterna del tubicino c’è una sacca contenente liquidi e proteine per un totale di circa 800 calorie - una donna adulta in salute dovrebbe mangiarne circa 2000. Nessun carboidrato, come fosse il diavolo della ciccia. Insomma ti affami con un sondino ficcato in gola per entrare nel vestito da sposa comprato un paio di taglie in meno. È comodo: non devi scervellarti a pesare i pasti o a eliminare quello che non puoi mangiare. Non perdi tempo né a cucinare né a masticare: una pompa ti spingerà lungo la trachea piccoli dosi di nutrimento. Tu puoi proprio dimenticarti del pranzo e della cena. Chi ha visto o usato un sondino nasogastrico - almeno finora - l’ha fatto o nella impossibilità di alimentarsi per via orale come facciamo noi, oppure per aspirare i succhi gastrici in modo meccanico perché magari un tumore ti ha distrutto le pareti dello stomaco o la peristalsi. Solo vedere la manovra per infilarlo - seppure a distanza - ti fa pensare che sia meglio morire di fame. E poi pensi a Eluana Englaro che per 17 anni è stata nutrita in quel modo perché non in grado di farlo autonomamente, come tutte le persone in stato vegetativo o con patologie gravi: demenze, neoplasie, stati di incoscienza permanenti o temporanei. Gli effetti di una nutrizione artificiale possono essere rischiosi: dalla chetosi - che è una alterazione metabolica del glucosio - a problemi renali o a possibili danni ai tessuti del naso e della gola. Un basso apporto calorico può causare poi una malnutrizione: invece di eliminare il grasso il tuo corpo attacca il tessuto muscolare. Gli effetti collaterali e i rischi di uno strumento o di una procedura vanno sempre valutati rispetto alle alternative e alle conseguenze di non farvi ricorso: nel caso del sondino, per esempio, morire di fame per l’impossibilità di alimentarsi per bocca o il non entrare nel vestito bianco. Se state pensando che tra le tante future spose è verosimile che ce ne sia una fuori di testa, dovete sapere che solo in Gran Bretagna oltre mille persone hanno fatto ricorso alla K-E diet e che in Italia ci sono diverse cliniche specializzate nella dieta del sondino. Chissà se i fruitori sono tutti ciccioni. Il protocollo nutrizionale dovrebbe essere attentamente controllato e rivolto a casi di obesità non trattabile altrimenti, nonché la prima tappa di un percorso volto a ridurre un rilevante eccesso ponderale. Su You Tube ci sono alcuni video esplicativi: basta cercare “dieta del sondino” o “NEP”. Oppure, solo per fare un esempio, andare sul sito www.diettube.com: pompa e sondino sono in comodato d’uso e c’hai pure l’assistenza medica telefonica. Se non avete matrimoni in vista, comunque l’estate è alle porte, cosa aspettate?

Sul Mucchio 695 di giugno.