mercoledì 5 novembre 2008

Cantelmi, Binetti e la terapia che “riaddrizza i froci”

Dopo avere accertato se il paziente avesse avuto rapporti completi e fosse stato “anche passivo”, il primo colloquio con Cantelmi si chiude con un nome di una psicologa e l’indicazione di sottoporsi a un test sotto la sua supervisione: «Diciamo che noi siamo un gruppo di psicologi che cercano di aiutare persone in difficoltà. La nostra è una terapia riparativa». Dopo aver fatto il test Minnesota e avere risposto per la terza volta (dopo Don Giacomo e Tonino Cantelmi) alla domanda “attivo o passivo?”, Varì torna per un secondo colloquio da Cantelmi. “Mi regala un libro: “Oltre l’omosessualità” di Joseph Nicolosi. Nicolosi, proprio lui, il guru dei guaritori, il creatore della terapia riparativa, quello che vanta ben 500 casi di «gay trattati», anzi, riparati. «Leggilo – mi dice – troverai situazioni simili alla tua. Persone come te che ce l’hanno fatta»”. L’articolo di Varì ha scatenato le ire di Cantelmi che lo ha querelato. Ma la vicenda non è finita qui.

(Intervista a Davide Varì su Giornalettismo)

5 commenti:

Luca Massaro ha detto...

Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe tanto da ridere. Con un conseguente florilegio di battute sarcastiche su simili scempiaggini.
Mi si permetta una diagnosi affrettata per il Cantelmi: "Supercazzola prematurata con scappellamento a destra". Parecchio a destra.

Anonimo ha detto...

Ho letto dell'accostamento tra omosessualità e possessioni diaboliche... e non ho potuto non pensare ad un adorabile esorcista-gesuita-blogger (no, non è un fake!) che scrive:

il sesso è, forse, l'elemento preferito contro cui si scaglia il demonio. Ed ecco quindi che spesso i demonopatici hanno disturbi sessuali di vario genere: malattie ai genitali di cui la medicina non sa dire nulla, appetiti sessuali disordinati (masturbazione compulsiva, etc.), tentazioni omosessuali (non dico che i gay siano posseduti! ma il demonio è sterile, quindi predilige, tra tutti, gli atti omosessuali)

Tratto da: unesorcistarisponde.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Le preoccupazioni di Cantelmi sono condivise dall'Ordine degli Psicologi, ecco la relazione del prof. Paolo Cruciani presentata al convegno AIPPC "Orientamento sessuale egodistonico: le problematiche terapeutiche"
- Roma 11.10.09
http://www.wikio.it/article/78948434

http://www.aippc.net/modules.php?name=News&file=article&sid=39

Anonimo ha detto...

Ecco alcuni passaggi dell’intervento del prof. Cruciali

1) E’ necessario instaurare un dialogo proficuo sul tema dell’Orientamento Sessuale Egodistonico.


Su temi così delicati, e che coinvolgono il senso stesso delle nostra professione di psicoterapeuti, è ragionevole aspettarsi che ci siano diversità di punti di vista, ma questo deve essere da stimolo per sviluppare un dibattito fecondo.

2) Sono vietati i tipi di intervento terapeutico nei quali il terapeuta stabilisce apriori degli obiettivi per il paziente.

Proporre un obiettivo predefinito, dato a priori, significa, di fatto, proprio negare gli esiti dello svolgersi del processo trasformativo che, man mano che procede, ridefinisce e determina in modo nuovo lo scopo del rapporto terapeutico.
Una terapia è un processo di sviluppo che non può avere finalità che vincolino i risultati da raggiungere.


3) Non sono vietati, e quindi sono possibili, tutti quei tipi di intervento nei quali l’orientamento sessuale diviene oggetto di attenzione terapeutica, e quindi di possibile cambiamento, in quanto a) nel corso del trattamento viene riconosciuta la sua origine psicopatologica; b) è in conflitto con dei valori che, per il paziente, sono più centrali nella costituzione della sua identità.

E’ chiaro, per chi abbia esperienza clinica, che è solo nel drammatico corso della ricerca di autonomia che si compie in ogni psicoterapia, che si potrà decidere quale sarà, o meglio saranno, le parti della mente che si trasformeranno.

Il fatto che la sua condizione precedente non apparisse, ad una prima impressione, patologica, non vuol assolutamente dire che non possano emergere, successivamente, motivi per ritenerla tale e, quindi, considerare un valido obiettivo terapeutico promuovere una sua trasformazione.
Certamente i valori del paziente avranno un peso molto grande e il processo terapeutico, se sarà stato condotto correttamente e se lo avrà affrancato dall’angoscia, lo metterà in condizione di scegliere quali inclinazioni seguire con gioia e quali, a partire dal nuovo equilibrio raggiunto, potranno essere, per libera e consapevole scelta, contenute, magari con una sofferenza che sarà compensata dalla serena convinzione di essersi conformati a ciò che si ritiene giusto in base alle proprie opzioni morali.
L’idea di una conduzione della terapia sulla base di un banale edonismo ci sembra totalmente estranea alle idee guida presenti nel Codice che rimandano sempre al rispetto dei valori dell’utente, e a maggior ragione, del paziente in psicoterapia.

Riteniamo dunque, vogliamo ribadirlo, che debba sempre essere garantita la libertà nella scelta della persona a cui ci si affida nel delicato lavoro di una psicoterapia, nella ricerca del terapeuta i cui valori - e la cui personalità- sentiamo più consoni alla nostra sensibilità etica, ma, in base alle medesime considerazioni deontologiche, non condividiamo l’idea di un progetto terapeutico che preveda “a priori” quali debbano essere i risultati che il paziente dovrà ottenere e che sia finalizzato, da subito, raggiungere questi obiettivi.

4) Nel corso della terapia – e anche nel caso in cui il paziente presente ego distonia riguardo al proprio orientamento sessuale - il terapeuta deve mettere il paziente in condizione di fare delle scelte libere e di autodeterminarsi.

Non possiamo in alcun modo ritenere che l’egodistonicità, di per sé, sia il carattere che definisce ciò che un processo terapeutico deve modificare. Torna di nuovo la necessità di concepire la terapia come un processo di liberazione dai vincoli dell’angoscia, direzionato a creare le condizioni per una scelta valoriale il più possibile libera.

Non esiste, lo sappiamo bene, nessuna garanzia assoluta di neutralità, ma esiste l’impegno etico a rispettare i valori dell’altro, e la prescrizione, clinica e scientifica, di lavorare consentendo al paziente di prendere coscienza delle diverse istanze che si attivano in lui, e delle possibilità di trovare una composizione fra le forze in gioco, all’interno di una relazione in cui è totalmente riconosciuto il suo diritto di esprimersi e di scegliere.

Il paziente sarà messo in condizione, man mano che si accrescerà la consapevolezza della sua storia, delle sue profonde motivazioni e dei processi difensivi messi in atto, di scegliere lui, liberatamene – per quanto può farlo un essere umano – i suoi oggetti d’amore e la sua identità nonché i valori a cui conformerà le sua scelte di vita.

5) La neutralità in psicoterapia è impossibile

Non esiste, lo sappiamo bene, nessuna garanzia assoluta di neutralità […]

L’”impossibile neutralità” può solo essere sostituita dal drammatico e continuo lo sforzo per riuscire a capire e a rispettare l’altro.

[…] accettiamo che non esiste la neutralità – e su questo concordiamo tutti – […]

6) Il mancato rispetto dei valori religiosi del paziente è una grave violazione del codice deontologico.

Le situazioni di interferenze e pressioni ideologiche del tipo di quelle, giustamente, stigmatizzate da Cantelmi, appaiono vere e proprie violazioni del setting, intromissioni di elementi suggestivi e, in una parola, grossolani errori di conduzione della terapia che sarebbero immediatamente riconosciuti come tali da qualunque supervisore.

Se le cose sono andate in tale maniera questi sono soltanto, e prima di tutto, e soprattutto, degli psicologi incompetenti […].
Qui non è in gioco il problema delle interferenze dei valori del terapeuta, qui non c’è una questione riconducibile, per citare ancora le parole di Tonino Cantelmi – peraltro del tutto condivisibili in linea di principio – al fatto che la neutralità è impossibile […].
Qui si pone la questione epistemologicamente più semplice, ma eticamente non meno rilevante, di sapere come persone, a tal punto prive di conoscenze cliniche e deontologiche, abbiano avuto l’autorizzazione ad esercitare una professione che comporta un così grande senso di responsabilità.

Anonimo ha detto...

L'ultimo commento è un fantastico giro di parole per dire tutto e niente allo stesso tempo.
Prima di tutto posso convertire sul tatto che la neutralità perfetta del terapeuta sia una cosa difficile da ottenere, tutta via questa non può diventare una scusa, come fa Cantelmi, per dire che siccome la neutralità non c'è tanto vale neanche sforzarsi di trovarla.
Molto bello è anche il feticcio della "scala valoriale", se un paziente va da una psicologo perché i suoi problemi non sono di natura prettamente psicologica, ma indotti da un inculturamento, perchè questo è il sistema valoriale che mi mette in conflitto con me stesso, se un qualcosa deve essere cambiato non è di certo l'orientamento sessuale del paziente, ma la revisione del suo sistema valoriale onde renderla non conflittuale con il resto della personalità, anche perché se l'orientamento sessuale è una cosa identificabile, il sistema valoriale è un concetto oltremodo fumoso in cui ci può tutto e di più e senz'altro molto più soggetto a variazioni nel tempo dello stesso orientamento.
Così come è bella l'arroganza di Cantelmi che pretende di curare non l'egodistonia (cioè al malattia) ma l'omosessualità del paziente, che invece non è più considerata malattia

remo