Com’è noto, fra gli emendamenti presentati al famigerato disegno di legge Calabrò sulle direttive anticipate di trattamento ce n’è uno a firma di Francesco Rutelli, che riguarda in particolare la sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali, in concorrenza con analogo emendamento presentato da Anna Finocchiaro, Ignazio Marino e altri senatori del Pd.
L’articolo originale del ddl (5 c. 6) recita così:
Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento.Una proibizione totale, come si vede; e ci sono buone ragioni per ritenere che la legge la estenda implicitamente anche ai pazienti capaci. Ecco invece l’emendamento Rutelli, almeno per come risulta dalle agenzie di stampa:
Alimentazione e idratazione sono forme di sostegno vitale e sono fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono quindi essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Nelle fasi terminali della vita o qualora il soggetto sia minore o incapace di intendere e di volere, la loro modulazione e la via di somministrazione, da commisurarsi alle aspettative di sopravvivenza, alle condizioni del paziente e alla necessità di non dar corso ad accanimento terapeutico, debbono essere il frutto di una interazione e comune valutazione tra il medico curante, cui spetta la decisione finale, l’eventuale fiduciario e i familiari.Il senso dell’emendamento – come del resto si evince dalle dichiarazioni del proponente – appare quello di stabilire una eccezione al divieto di sospensione della nutrizione artificiale. Il testo a dire il vero è un po’ ambiguo, ma suppongo che per «modulazione» dell’alimentazione si debba intendere la sua variazione nel tempo, e che questa variazione possa portare anche a un livello zero. D’altra parte non avrebbe senso dedicare un articolo di legge a stabilire che per certe categorie di pazienti l’alimentazione artificiale dev’essere «modulata» in base alle loro esigenze: questo rientra negli ovvi doveri professionali del medico, e sarebbe superfluo farne oggetto di apposita norma (fortunatamente nessuna autorità religiosa ha ancora preteso che ogni malato debba essere rimpinzato come un lottatore di sumo).
Per quanto riguarda le categorie a cui si può sospendere l’alimentazione, l’emendamento ne indica chiaramente tre; e qui inizia l’aspetto sconcertante della cosa. L’uso della congiunzione «o» sembra indicare infatti che i soggetti minori o incapaci di intendere e di volere di cui si parla non si trovino anche «nelle fasi terminali della vita»; in caso contrario si sarebbe usata una «e» (se si voleva specificare un’ulteriore condizione aggiuntiva), oppure ci si sarebbe limitati alla sola categoria dei pazienti morenti. Ma allora, preso alla lettera, l’emendamento Rutelli sta dicendo che si può sospendere l’alimentazione artificiale a pazienti incapaci ma non terminali, se il medico curante così decide, in base a generiche «condizioni del paziente» e alla necessità «di non dar corso ad accanimento terapeutico», che comunque qui, come si è appena visto, non possono essere intese come riferimento all’imminenza della morte. In pratica, secondo questo emendamento, il caso Englaro si sarebbe potuto legalmente concludere così come si è concluso...
Scartata inevitabilmente l’ipotesi che Rutelli stia facendo il doppio gioco, rimangono due interpretazioni possibili: o le agenzie hanno scambiato una «e» con una «o» (ma non ho ancora letto richieste di rettifica in proposito), oppure Francesco Rutelli ha serie difficoltà a scrivere un semplice emendamento.
6 commenti:
io propenderei per l'ultima che hai detto. Nella fretta puo' capitare di sbagliare qualche congiunzione. Vorrei evidenziare anche questo:
"debbono essere il frutto di una interazione e comune valutazione tra il medico curante, cui spetta la decisione finale, l’eventuale fiduciario e i familiari"
resta esclusa dall'interazione il malato stesso, che nelle fasi terminali puo' benissimo essere maggiorenne e capace di intendere.
Altra considerazione: nel ddl calabro' la decisione finale spetta al medico su tutto, non solo sull'alimentazione, anche in presenza di un testamento.
Questo apre scenari interessanti: come garantirsi di aver il medico giusto al momento giusto? in certe regioni verranno messi in certi reparti ospedalieri solo medici che la pensano in un certo modo?
Anche a me quel il medico curante, cui spetta la decisione finale piace ben poco: si mette così nero su bianco che la sovranità sul mio corpo spetta di diritto a un "tecnico" estraneo, invece che a me.
Perché mai, poi, lasciare scritto che "Alimentazione ed idratazione, [...] non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento", se al contempo si cerca di far rientrare dalla finestra il consenso del paziente tramite la "comune valutazione" con i parenti? Non era tanto più semplice cancellare direttamente quell'assurdo divieto ideologico di disporre delle proprie funzioni vitali?
L'emendamento Rutelli sa tanto di bizantinismo pericolosamente ambiguo, con l'unico scopo di salvare la capra dei cardinali e (in misura minore) i cavoli degli elettori laici.
Direi che l'intento reazionario di Rutelli non si discute. Quello che mi premeva mettere in evidenza era soprattutto la scarsa coerenza del testo, che finisce per dire una cosa opposta a quella che l'autore, presumibilmente, intendeva.
In effetti "Paolo C" evidenzia un buco perfino più preoccupante, per cui un malato terminale, ma vigile e lucido, è alla mercé del suo medico (neppure dei suoi familiari, che già sarebbe preoccupante!) Immagino/spero che le associazioni di categoria dei medici, che con una norma del genere si esporrebbero ad un contenzioso legale pericolosissimo, probabilmente faranno in modo da far presente a chi di dovere.
L'intepretazione immediata è che Rutelli scriva emendamenti come parla inglese.
Ma le conseguenze sono inquietanti, come mette in evidenza Bop.
Ho sempre pensato che consegnare la proprietà della propria vita ad altri (Stato, chiesa, medici, Rutelli....)sia molto pericoloso. Una volta che cambino contesto e sentire comune, chi potrà garantire che non ce ne privino "per ordine dall'alto"?
Non cambierà nulla saremo lasciati alle merce dei medici che non sapranno definire l'accanimento terapeutico e di conseguenza trascinare i malati irreversebili al destino.
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