«Norme sulla attuazione del principio del contraddittorio nei procedimenti civili in materia di PMA». Si chiama così la proposta di legge presentata da Gian Luigi Gigli e Paola Binetti.
I due partono dal “principio del contraddittorio” stabilito dal codice penale “come principio essenziale per garantire che il processo raggiunga il massimo possibile di verità e di giustizia”. Il loro intento è rimediare a un’intollerabile ingiustizia, cioè che “la voce del nascituro è totalmente assente nelle vicende giudiziarie”. Bisognerebbe spiegare loro che la voce del nascituro è assente perché il nascituro non ha voce. Ma non è certo il caso di rassegnarsi, basta trovare qualcuno che faccia le sue veci e che faccia valere i suoi interessi – che ovviamente solo Gigli e Binetti conoscono.
La proposta è interessante per due ragioni. La prima: prendere sul serio l’articolo 1 della legge 40 e mostrarne ulteriormente l’assurdità.
La seconda – e più importante – è mostrare le insanabili contraddizioni che animano il mondo prolife, in precario equilibrio tra chi è disposto al compromesso ma è destinato a inciampare in gravi contraddizioni e chi invoca la coerenza ma è guardato con sospetto anche dai prolife che hanno una posizione più morbida ma, appunto, incoerente.
L’articolo 1 della legge 40 è quello che stabilisce la necessità di “garantire i diritti di tutte le persone coinvolte compreso il concepito”, che però rimane una garanzia non chiara e a rischio di incoerenza, che si rivela ogni volta che qualcuno stabilisce un principio che suona bene (siamo a difesa della vita!) ma poi scarta alcune conseguenze perché sono scomode.
Se prendessimo sul serio il diritto a nascere del concepito, la legge 40 sarebbe infatti troppo permissiva e non un buon compromesso come da anni sostengono i prolife più accomodanti (leggi contraddittori).
Come fin dal tempo della promulgazione e del referendum, alcuni hanno provato a dirlo (come il Comitato Verità e Vita): se il concepito è una persona, nessuna tecnica deve essere permessa. E hanno ragione: non si può giustificare l’uccisione di alcun embrione, né accettare quella soglia massima dei 3 embrioni da produrre e impiantare – limite poi eliminato dalla Corte costituzionale nel 2009. Non lo faremmo nel caso di omicidio – e se l’embrione è una persona di questo stiamo parlando. Mentre Scienza & Vita e lo stesso Movimento per la Vita sono disposti a scendere a patti e a barattare la “vita” con un consenso politico.
Wired.
venerdì 2 maggio 2014
Procreazione assistita, le contraddizioni della proposta Gigli/Binetti: “dare voce” al nascituro
Postato da Chiara Lalli alle 20:52
Etichette: Embrione, Legge 40/2004, Paola Binetti, PMA, Riproduzione artificiale
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1 commento:
Ma infatti il "prodotto" della legge 40, dell'obiezione di coscienza, o dei movimenti pro-life, non è la "vita" ma il consenso politico e quindi il potere.
Qualcosa di simile alle televisioni, il cui prodotto non sono gli spettacoli o l'informazione, ma le "teste" che stanno davanti ai teleschermi a casa.
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