mercoledì 26 agosto 2009

La doppia etica della vita

Un articolo che vale la pena riportare integralmente: Chiara Saraceno, «La doppia etica della vita» (La Repubblica, 24 agosto 2009, p. 1).

Il Bossi che se la piglia con le parole di condanna del Vaticano sulla crudeltà dei respingimenti è lo stesso che parla di identità cristiana-cattolica e di valori cristiano-cattolici quando vuole contrapporre il “noi” italiano (e meglio ancora padano) al “loro” dei migranti. Il Giovanardi che dichiara che parlare di Shoah nel caso delle centinaia (migliaia) di migranti che muoiono lungo le vie della migrazione – nei deserti, nelle prigioni libiche, in mare – è lo stesso che non fa una piega quando papa e vescovi parlando dell’aborto come assassinio, che si è scatenato contro la pillola Ru486, che parla degli embrioni appena fecondati come fossero esseri umani da proteggere (purché italiani, ovviamente).
Insieme al governo e alla maggioranza di cui fanno parte, ed anche con l’attivo sostegno di una parte dei cattolici dell’opposizione, hanno sostenuto le posizioni della Chiesa in difesa della “vita nascente” e perché si continuino a mantenere artificialmente in vita corpi che hanno ormai perduto ogni traccia di vita umana. Hanno promosso leggi “in difesa della vita”. E sempre “in difesa della vita” si sono opposti e si oppongono fino allo spasimo vuoi a sentenze dei tribunali, vuoi a pareri dei medici e delle comunità scientifiche. Apparentemente va bene difendere gli embrioni (italiani) e accanirsi su corpi impotenti (italiani) in nome della vita e dell’etica cristiana, chiamando assassini coloro che invece cercano di distinguere tra esseri umani e esseri che non lo sono ancora o non più. Quando si tratta di immigrati invece cadono tutti i principi, tutte le norme di difesa della vita e della dignità della persona. Gli immigrati sono vite impunemente spendibili, senza valore, meno umani di un embrione al primo stadio e di un corpo da cui si è allontanato ogni barlume di coscienza e di capacità di vita (respirare, nutrirsi) autonoma. E questa siderale distanza nel valore attribuito alla vita umana che deve dare scandalo, non il fatto, in sé del tutto legittimo, di reagire anche duramente ad un giudizio della Chiesa cattolica. Non soccorrere chi è in pericolo, rimandare, come si sta facendo, chi arriva sulle nostre coste nei paesi da cui provengono senza contestualmente preoccuparsi dei rischi per la loro vita che in molti casi questo comporta – è uno scandalo in sé, a prescindere dalle idee che si hanno su aborto e fine vita.
Ma diventa intollerabile, inaccettabile, se queste azioni sono promosse da chi, quando si tratta di aborto, fecondazione assistita, fine vita e testamento biologico, dichiara di aderire al concetto di vita umana proposto dalla Chiesa cattolica e lo impone per legge a tutti. Per una volta, verrebbe da dire finalmente, la Chiesa cattolica ha usato nei confronti delle morti tra i migranti per mancanza di soccorso e solidarietà umana termini simili a quelli che normalmente riserva a chi decide di abortire o di porre fine a una vita solo artificiale. A mio parere si tratta di situazioni assolutamente incomparabili. E l’accusa di esagerazione, rivolta da Bossi e Giovanardi alle parole del vescovo Vegliò, presidente della pontificia opera per i migranti, dovrebbe riguardare piuttosto l’accusa ricorrente di assassinio per le donne che abortiscono e per chi pietosamente sospende le cure a chi non può vivere più. Non il fatto di denunciare le responsabilità politiche e umane di chi abbandona al proprio destino di morte i disperati delle migrazioni, impaurendo e minacciando di sanzioni anche chi vorrebbe aiutarli. Non è il laicismo che sta corrodendo le basi morali della nostra società. È piuttosto l’uso strumentale della religione per scatenare campagne amico-nemico, noi loro, buoni-cattivi, salvo poi rivendicare ogni possibile eccezione quando serve, nei comportamenti privati come nelle politiche pubbliche.

7 commenti:

Barbara ha detto...

Il problema della classe dirigente è che o non capisce la logica che muove la Chiesa Cattolica Apostolica Romana (CCAR), o la capisce e la sposa.

Non è contraddittorio fare il tifo per embrioni e malati terminali e contemporaneamente criticare la Lega. Sono entrambe strategie di difesa della vita umana "debole", facile da sottomettere e controllare; di difesa di potenziali clienti dei servizi di sollievo dalla sofferenza da essi immessi sul mercato.

La CCAR si propone di dominare l'umanità con i poveri mezzi che ha a disposizione, quindi non può permettersi che gli individui si autodeterminino e credano di essere indipendenti; anzi, necessita di individui deboli e sofferenti.
In questa ottica, ogni immigrato che se ne va dall'Italia, soprattutto se non ancora integrato, è un succulento bocconcino che viene loro sottratto. Una vita facile da controllare in meno.

Quindi, dal punto di vista della CCAR, nessuna doppiezza; sono i politici che sono ancora indecisi tra sposare la loro logica e diventare loro alleati (impediamo il progresso e sfruttiamo lo sfruttabile) oppure ragionare in un'ottica di investimento e di bene comune, puntando sullo sviluppo delle capacità dei cittadini e sull'emancipazione.

Anonimo ha detto...

Eh si, bisognerebbe vedersela tra laici...ma la vedo dura...
a.m.

paolo de gregorio ha detto...

Barbara, scusa, io sono spesso critico verso la Chiesa ma devo in questo caso dissentire. Ammesso e non concesso che si possano tranquillamente presupporre con sufficiente grado di confidenza i reali principi ispiratrici della Chiesa, anche quando apparentemente dignitosi, resta comunque in piedi un fatto: al di là di quali siano queste motivazioni, la questione da porsi resta se una certa opera crei giovamento ad alcune persone in difficoltà. In questo senso, se l'opera della Chiesa (in particolare sul campo) ha un impatto positivo (e non coercitivo) sulle popolazioni migranti in difficoltà a me interessa più questo, cioè se qualche sofferenza venga o meno allievata, che quali siano ipotetici secondi fini. Del resto non vi è nemmeno garanzia che se secondi fini pure esistano, questi vengano automaticamente soddisfatti in seguito. Insomma, un bravissimo medico può anche avere come scopo primario la fama personale, ma finché salva vite su vite a me sta bene lo stesso. Il bene primario resta soccorrere chi sta attraversando una difficoltà (addirittura nella forma di questione di sopravvivenza).

Barbara ha detto...

Non sono d'accordo. Se io vado negli Stati Uniti senza carta verde e ci resto più di tre mesi, il loro bene primario è ficcarmi su un aereo e rispedirmi in patria. Da questo cosa puoi dedurre sugli Stati Uniti? Quanto duramente puoi criticarli?

Le azioni pubbliche devono essere conformi all'interesse pubblico nel suo complesso e seguire una logica coerente; non possono essere un insieme disordinato di interventi tappabuchi di gestione delle emergenze (tipo il terremoto, non facciamo le case antisismiche ma organizziamo le task force a fatto avvenuto).

L'alleviamento della sofferenza non si ottiene così; questi sono palliativi, cerottini. La storia insegna che la vera diminuzione delle sofferenze, quella profonda e duratura, si ottiene con lo sviluppo socio-economico. Le azioni pubbliche devono mirare a questo fine.

La speranza di vita non si è allungata per le parole o le azioni sporadiche della CCAR; si è allungata con l'avvento della sanità pubblica. Quando stai male non ti portano in chiesa, ma all'ospedale. Se c'è un'istituzione che da un lato vuole salvare vite umane, e dall'altro lotta contro lo stato moderno (e i suoi servizi pubblici), non bisogna fidarsi. Se c'è da salvare vite umane, è meglio che ci pensi lo Stato.

Credo che l'esperienza di questi ultimi anni insegni che se alla CCAR lasci un po' di spazio, ti occupa tutta la casa. Ed è normale che sia così, visto che sono ancora memori dell'esproprio subito con la costituzione dello stato nazionale.

Sono fermi al pre-illuminismo e non bisogna fidarsi dei loro metodi, per quanto efficaci possano sembrano in situazioni circoscritte e nel breve periodo. Invece di "imparare" da loro, impariamo da chi l'illuminismo lo ha compreso ed elevato a principio di azione pubblica.

paolo de gregorio ha detto...

@ Barbara

Teniamo sempre ben separati gli argomenti. Se il problema è quale strategia si ritenga che uno stato debba applicare di fronte a situazioni più o meno di emergenza o non emergenza, disperazione o non disperazione, concerntente l'immigrazione illegale facciamolo pure: l'argomento è spinoso ed è normale avere una moltitudine di opinioni. Ma tu non avevi esordito formulando questo giudizio di merito, ma di fine.

Un secondo sugli States. Forse ti sarebbe illuminante una visita, di persona o virtuale, alla Ellis Island. Il numero di gente da ogni dove che quel paese ha accolto da più di un secolo a questa parte (senza ricacciarli affatto indietro) fa semplicemente venire le veritigini. L'immigrazione (per lo più clandestina) negli ultimi venti anni dal centro-sud America rivela ancor ora numeri da capogiro. Oggi le cose sono in parte cambiate, certo, ma esiste ancora forte sia la questione dell'asilo politico sia quella umanitaria. Del resto non è escluso che sul lungo termine proprio questa nuova politica sull'immigrazione indebolirà il paese. E ricorda anche che stai sempre parlando di un paese sul cui suolo basta nascere per essere cittadino!

I numeri dell'Italia, soprattutto in una prospettiva storica, sono un pelucco in un mare, al confronto (a proposito, per "carta verde" si intende un'altra cosa). Forse se c'è emergenza umanitaria, come a me pare ci sia, avremmo ancora un pizzico di margine per non stringere troppo la cinghia. Ma queste sono opiinioni di merito. Se si ritiene che il piglio della Lega sia quello migliore allora è chiaro che il Vaticano può apparire doppiamente in errore.

Barbara ha detto...

Sugli Stati Uniti stiamo dicendo la stessa cosa. Sono stata a Ellis Island un'intera giornata, dalla mattina alla sera (di persona).

La mia osservazione nasceva proprio dalla nota capacità di quel paese di accogliere e integrare quantità spropositate di immigrati. E mi chiedevo, se LORO hanno operato delle restrizioni all'immigrazione (adesso bisogna passare per la lotteria di stato: l'ultima erano 10 milioni di domande per 50mila carte verdi, mi sembra), non ci si può aspettare che gli altri paesi non le abbiano. Poi forse stiamo sbagliando tutti, ma questo è un altro discorso: probabilmente le questioni migratorie meritano un coordinamento internazionale, la fissazione di standard minimi che tutti gli stati devono rispettare.

Rivolgiamoci a chiunque: organismi internazionali, altri stati nazionali. L'importante è che non chiediamo consiglio a quella multinazionale privata con sede a Roma (la CCAR) dalla pessima reputazione, che agisce in base a valori che confliggono con lo stato moderno, contrari all'illuminismo e all'emancipazione, e che sta talmente in crisi che se gli chiedi un po' di collaborazione per le emergenze poi pretende di metter becco su un sacco di altre questioni.

paolo de gregorio ha detto...

Anche io ci sono stato di persona. :-)

Non sono sicuro, ma posso sbagliarmi, che la politica odierna degli States sia quella corretta o quella inevitabile. È in ogni caso diversa, a mio parere, da quella ultima italiana: che c'è un reato di immigrazione lì, per caso? Chi è arrivato sulle carrette senza niente viene rispedito nel suo paese a forza, per caso? Oddio, non conosco a menadito le loro poltiche odioerne, potrei sbagliarmi, ma non mi pare che sia così.

Riguardo la Chiesa: il problema è non permettere che abbia delle pretese politiche se qualcuno facente capo ad essa compie opere meritorie e non, secondo me, pretendere che nessuno nella Chiesa si adoperi per opere di questo tipo per evitare che poi la ppretesa abbia luogo.