venerdì 18 giugno 2010

Veltroni (e il) clown

Clown
Marco Romanelli si prende l’onere di leggere l’ultima (non in senso assoluto) opera di Walter Veltroni. Gli va prima di tutto riconosciuta la temerarietà per avere intrapreso una simile avventura. E poi credo che sia l’unica cosa a poter essere letta al riguardo. Comincia così.

La vena creativa dell’on. Veltroni è, sia detto senza nessuna ironia, francamente impressionante: dopo i commoventi racconti di Senza Patricio, dopo il successo internazionale di La scoperta dell’alba, a soli quattro mesi dall’uscita del poderoso romanzo generazionale Noi, ecco apparire Quando cade l’acrobata entrano i clown, presentato poche settimane fa dall’autore al teatro Eliseo di Roma (in platea Giovanna Melandri, Maurizio Costanzo, Serena Dandini) e poi riproposto in un tour promozionale culminato nella memorabile serata di Sesto Fiorentino alla presenza del vicesindaco Baccelli e del proposto mons. Arturo Pollastri.

Come si legge in una nota finale, il libro non è nato per iniziativa della fertile mente dell’autore, ma è stato commissionato da Stefano Valanzuolo, direttore di Ravello Festival, il quale ha chiesto a Veltroni “di scrivere un monologo sulla tragedia dello stadio Heysel che sarà rappresentato, con una musica appositamente composta, nell’edizione estiva del 2010”.

Si tratta dunque di un testo, per così dire, preterintenzionale, anche se qualcuno ha osservato che potrebbe pure essere rubricato come colposo, stante l’entusiasmo e il coinvolgimento con cui l’autore ha accettato la proposta del Valanzuolo. Tuttavia, ci sembra che il giudizio di colposità sia troppo severo: il calcio, si sa, è in cima agli interessi degli italiani, e segnatamente dei politici, e non è solo Veltroni a viverlo con tanta partecipazione.
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