sabato 26 giugno 2010

La croce in pubblico

Marco Politi coglie perfettamente ieri sul Fatto Quotidiano il punto debole di tanti attacchi alla sentenza sul crocifisso della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo («Laicità in croce», 25 giugno 2010, p. 18):

Falso è […] dire che la sentenza respingerebbe la fede nell’ambito angusto del “recinto privato”.
Il cristianesimo, come ogni altra fede, è totalmente libero di esprimersi collettivamente e visibilmente nello spazio pubblico e sociale dei paesi Ue. Parlare in Italia di un cristianesimo che rischia di essere conculcato, è una gag.
Ciò che indica la prima sentenza della Corte europea è, correttamente, l’impossibilità che in uno spazio istituzionale come la scuola (o i tribunali) vi sia un simbolo religioso che visivamente rappresenti il supremo principio ispiratore dell’educazione (o della giustizia). Non ci può essere nella società pluralistica contemporanea il dito indice di una sola religione, che all’interno di un’istituzione segni la via da seguire. Perché non è vero che il crocifisso sia nelle aule o nei tribunali “per tradizione”. La croce nei luoghi istituzionali è il retaggio dei secoli in cui il cattolicesimo era religione di stato. E il tentativo di imporne la presenza, anche oggi che la Costituzione e il Concordato hanno eliminato qualsiasi riferimento ad una religione di stato, non ha più nessuna base giuridica. Meno che mai è giustificato il tentativo surrettizio delle gerarchie ecclesiastiche di creare e crearsi uno status privilegiato di “religione di maggioranza”. Peraltro i giovani italiani, come dimostra l’ultima indagine Iard riportata dall’Avvenire, si sentono “cattolici” soltanto al 52 per cento.
Neanche è vero che il cattolicesimo sia un tratto universale dell’identità italiana. Ogni cittadino ha la sua storia, la sua cultura, le sue credenze. Sul piano istituzionale è certo che un solo simbolo, il Tricolore, rappresenta tutti (con buona pace di Bossi) e una sola immagine rappresenta nei luoghi pubblici l’unità della nazione, quella del presidente della Repubblica (Berlusconi se ne faccia una ragione).
Da questo punto di vista rimane insuperabile la chiarezza del principio costituzionale americano (nazione assai religiosa e spesso citata da Benedetto XVI come esempio di laicità positiva), secondo cui lo Stato non può “né favorire né contrastare una religione”. Nelle scuole americane c’è la bandiera a stelle e strisce, non il crocifisso.
Il punto chiave è proprio questo: ciò cui i laici obiettano è in generale l’esposizione del crocifisso negli spazi istituzionali, non negli spazi genericamente pubblici. Purtroppo l’uso di «pubblico» come sinonimo di «statale» e la confusione che ne può sorgere hanno fatto spesso il gioco di chi in malafede vuole seminare allarme su un presunto prossimo sradicamento di croci dai campanili e dai cimiteri.

6 commenti:

ciccio ha detto...

"si sentono “cattolici” soltanto al 52 per cento"

Numero enorme e assolutamente, oggettivamente ridicolo, spero gonfiato ad arte. Tutto quello che ci leggo è un indicatore di ipocrisia o di ignoranza.

Chissà quanti di questi sedicenti "cattolici" hanno in realtà una seppur minima coerenza e consapevolezza. Se fosse vero le chiese di domenica scoppierebbero, ci sarebbero pochissimi divorzi ecc... ecc...

Barbara ha detto...

La cosa scioccante è che TUTTI, dalla destra al PD a Napolitano, stanno difendendo il diritto dello stato italiano di privilegiare una confessione religiosa rispetto alle altre. Altro che Stati Uniti.

Non si scorgono voci politiche, istituzionali di un qualche tipo, che diano un valore alle parole, collegandole con la realtà.

E si è talmente affezionati a questa capacità di trovare sempre il modo di farsi del male, di reinventare nuove forme di fascismo adatte a nuovi tempi e nuovi luoghi, che non si può accettare di non privilegiare i responsabili di questo sistema di non pensiero.

Anellidifum0 ha detto...

Per fortuna di quel 48% di giovani italiani che NON si dicono "cattolici", l'80% di quel 52% che invece si dice "cattolico" lo fa nel modo più pret-à-porter possibile. Infatti non bada minimamente ai dogmi e ai precetti della sua religione, avendo rapporti prematrimoniali eterosessuali e omosessuali, usando la contraccezione, masturbandosi, andando di coito interrotto non procreativo, desiderando di continuo la donna d'altri, bestemmiando dio e così via. Il bello che si comporta così la media delle persone "cattoliche", mica gli anticlericali.

Guai a noi se così non fosse. Saremmo davvero in Iran, quanto a possibilità di estrinsecare la nostra vita laica.

Anonimo ha detto...

"Il punto chiave è proprio questo: ciò cui i laici obiettano è in generale l’esposizione del crocifisso negli spazi istituzionali, non negli spazi genericamente pubblici. "

In effetti all'indomani della sentenza molti fessi incominciarono a dire: "Allora perché non abbattete le chiese o le croci nelle piazze?"

Appunto erano fessi.

maximi ha detto...

A me basterebbe avere il diritto di affiancare ai crocifissi anche un simbolo laico come, ad esempio, l'omino felice degli umanisti inglesi.
Già questo relativizzerebbe di molto il crocifisso e sarebbe una cosa piú facile da realizzare.

chimicionline ha detto...

Credo che la discriminazione di fede, da chiunque provenga, sia imbarazzante e segno di una umanità egosista!Credo purtroppo però che non arriverà mai il giorno in cui tutti sapranno accettare il Dio dell'altro!