venerdì 25 giugno 2010

Agnoli, imbavaglia te stesso

Capita ogni tanto che qualche cattolico integralista ceda alla tentazione di credersi il Joseph de Maistre dei nostri giorni, e si metta a fare l’apologia non più semplicemente di ciò che le persone di buon senso ritengono falso – questo ogni integralista lo fa già abitualmente – ma anche di ciò che ritengono infame. Prendete Francesco Agnoli, che tiene sul Foglio una rubrica dal titolo che è tutto un programma, «Controriforme»: come de Maistre aveva prodotto nelle Soirées de Saint-Pétersbourg l’elogio del boia, così Agnoli (sì, ok, si parva licet) faceva ieri dalla sua colonnina periodica l’«Elogio del bavaglio» (Il Foglio, 24 giugno 2010, p. 2), prendendosela con la libertà di stampa e auspicando «una museruola» per tutte le «condanne preventive e frettolose spacciate con ipocrisia per informazioni» e per il «moralismo», che sarebbe «il bieco e continuo rinfacciare ad altri... che guadagnano di più, che hanno avuto più successo, che sono più famosi, che hanno più potere...» (se pensate che dietro questi indeterminati «altri» si celi un ben preciso altro, probabilmente non vi sbagliate; del resto, baciare le pile e sapere cosa è gradito agli uomini di questo mondo non sono mai state abilità mutuamente esclusive, anzi). C’è, per Agnoli, un prototipo e patrono di tutti coloro che coltivano «l’idea tipicamente ideologica della distruzione dell’avversario per l’edificazione di un “mondo nuovo”»: si tratta – non è una sorpresa – di Voltaire:

Un uomo che predica la libertà, la tolleranza, mentre di mestiere fa il calunniatore e il seminatore, brillante, di frasi fatte, di luoghi comuni, di miti demolitori. Scrive, parlando dei suoi avversari: “Dobbiamo screditare gli autori (che non la pensano come noi); dobbiamo abilmente infangare la loro condotta, trascinarli davanti al pubblico come persone viziose; dobbiamo presentare le loro azioni sotto una luce odiosa... Se ci mancano i fatti, dobbiamo farne supporre l’esistenza fingendo di tacere parte delle loro colpe. Tutto è permesso contro di essi... Deferiamoli al governo come nemici della religione e dell’autorità; incitiamo i magistrati a punirli”.
Qui però alla fine la sorpresa c’è lo stesso: Voltaire non è sempre stato all’altezza dei propri alti principi, è vero; ma è strano che li contraddicesse così esplicitamente, in uno scritto di cui aveva tranquillamente rivendicato la patermità in una lettera a un amico. Si tratta infatti dei Dialogues chrétiens, ou Préservatif contre l’Encyclopédie (1760); ecco il brano originale completo:
il faut décrier les auteurs, et alors l’ouvrage perd certainement son crédit; il faut adroitement empoisonner leur conduite; il faut les traduire devant le public comme des gens vicieux, en feignant de pleurer sur leurs vices; il faut présenter leurs actions sous un jour odieux, en feignant de les disculper; si les faits nous manquent, il faut en supposer, en feignant de taire une partie de leurs fautes. C’est par ces moyens-là que nous contribuerons à l’avancement de la religion et de la piété, et que nous préviendrons les maux et les scandales que les philosophes causeraient dans le monde s’ils y trouvaient quelque créance.
Chi conosce il francese si accorgerà subito di un fatto ancora più strano: il finale non corrisponde a quello riportato da Agnoli. Il significato del finale originale è infatti questo:
È con questi mezzi che contribuiremo all’avanzata della religione e della pietà, e preverremo i mali e gli scandali che i filosofi causerebbero al mondo se vi trovassero credito.
Ammettiamo pure, sebbene con qualche difficoltà, che a Voltaire stesse a cuore il progresso della religione e della pietà; ammettiamo anche, ancora più a fatica, che per qualche motivo ce l’avesse, così all’ingrosso, con i filosofi; quello che proprio non si riesce a capire è come l’avanzamento della pietà religiosa potesse dipendere per Voltaire dai mezzi infami che elencava all’inizio del brano. Non sorprende che nel passo riportato da Agnoli sia stata omessa la parte finale! Il mistero si chiarisce in un attimo. Le parole riportate sono effettivamente di Voltaire, che però le mette in bocca a un pastore protestante, che impersonifica qui lo zelo religioso più ributtante (più in là si vanta del supplizio di Michele Serveto, vittima dell’intolleranza dei calvinisti di Ginevra) assieme a un prete con cui si intrattiene abbastanza amabilmente (sarà quest’ultimo a pronunciare le parole attaccate alla fine del brano citato da Agnoli: «tout est permis contre eux; supposons leur des crimes, des blasphèmes; déférons les au gouvernement comme ennemis de la religion et de l’autorité; excitons les magistrats à les punir»). Nel pastore, in effetti, Voltaire mette in ridicolo un suo nemico, un certo Vernet, che aveva commesso l’errore di attaccarlo pubblicamente; Voltaire rispose con questo dialogo, ricco di allusioni al Vernet, e poi di nuovo, dopo che l’altro si era lamentato presso le autorità di Ginevra, con una satira ancora più devastante, Éloge de l’hypocrisie (1766). La citazione di Agnoli è insomma il frutto di una manipolazione testuale acrobatica e senza scrupoli: si attribuisce a Voltaire ciò che questi metteva in bocca ai propri nemici! Ma è lo stesso Agnoli l’autore di questa falsificazione? In realtà, la citazione viaggia in questa forma da qualche anno tra i blog cattolici più retrivi. La fonte originaria è il libro di un certo Pierre Gaxotte, La Révolution française, del 1928, ritradotto in italiano nel 1989; è di Gaxotte l’inciso «(che non la pensano come noi)» all’inizio del brano. Non sorprende che Gaxotte fosse un sostenitore del maresciallo Pétain; un po’ più sorprendente che sia riuscito più tardi ad essere eletto nell’Académie française – ma si sa, dopo la débâcle i francesi hanno perso tutta la loro lucidità intellettuale... Il peccato di Agnoli – e non è un peccato da poco – è stato di non controllare le fonti (eppure bastano due minuti su Google per trovare il brano originale di Voltaire), e di attingere a Gaxotte, o forse solo a qualche blog integralista. Curiosamente, non è la prima volta che questo brano compare sul Foglio: lo riportava in una lettera al direttore del 19 novembre 2004 Mattia Feltri (uno che, a occhio, per avere successo nel giornalismo non ha mai avuto bisogno di sobbarcarsi la fatica della verifica delle fonti...). Si lamenta Agnoli, nel suo pezzo, che sui giornali le accuse, «anche quelle senza fondamento», siano «presentate come verità assolute»; ma questo è precisamente quello che, consapevole o meno, ha fatto lui. Medico, imbavaglia te stesso.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

vabbè, quante storie. questa gente non sa fare altro che rimescolare parole a vanvera. Se gli contestiamo pure questo, non gli resta nulla, neppure zappare la terra

Rufo ha detto...

Agnoli ha preso una bufala, può capitare a tutti. Non hai modo di mandargli questo post? Bisognerebbe dargli la chance di rettificare.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Anonimo: sei troppo pessimista. Secondo me Agnoli se la caverebbe bene a zappare la terra...

Rufo: eh, ma se mi mettessi a contattare tutti quelli di cui parlo in questi termini non avrei più tempo per altro... :-)

liposucchiato ha detto...

Bisognerebbe mandare questo stesso post al Foglio come "lettera al direttore".

Joe Silver ha detto...

@Rufo

Di prendere bufale ad Agnoli capita molto spesso: http://bioetiche.blogspot.com/search/label/Francesco%20Agnoli