Abbiamo seguito alcune settimane fa, a partire da un’anticipazione del libro intervista Luce del mondo comparsa sull’Osservatore Romano, la vicenda dell’imprevista apertura papale nei confronti del preservativo. Non che Benedetto XVI abbia detto alcunché di clamoroso: non ha certo dato il via libera all’uso del condom fra coppie sposate. L’apertura è avvenuta per così dire lateralmente; assieme a qualche altro commentatore, ho cercato di mostrare come il papa (al netto di alcuni equivoci mediatici), indicando nell’uso del profilattico per contrastare la diffusione dell’Aids un «primo passo verso una moralizzazione», abbia aperto di fatto una breccia nella tradizionale opposizione cattolica alla dottrina del male minore. I cattolici sostengono infatti che ciò che è intrinsecamente male – come è, per loro, l’uso di un contraccettivo – non deve mai essere compiuto, nemmeno allo scopo di prevenire un male maggiore, come per esempio un contagio mortale.
Questa novità ha suscitato subito le perplessità di alcuni moralisti cattolici, e ha infine indotto ieri la Congregazione per la Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio) a pubblicare una nota «sulla banalizzazione della sessualità. A proposito di alcune letture di “Luce del mondo”», in cui si cerca di dimostrare che nulla è cambiato. In particolare, ecco quanto scrive riguardo al male minore:
Alcuni hanno interpretato le parole di Benedetto XVI ricorrendo alla teoria del cosiddetto “male minore”. Questa teoria, tuttavia, è suscettibile di interpretazioni fuorvianti di matrice proporzionalista (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, nn. 75-77). Un’azione che è un male per il suo oggetto, anche se un male minore, non può essere lecitamente voluta. Il Santo Padre non ha detto che la prostituzione col ricorso al profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore, come qualcuno ha sostenuto. La Chiesa insegna che la prostituzione è immorale e deve essere combattuta. Se qualcuno, ciononostante, praticando la prostituzione e inoltre essendo infetto dall’Hiv, si adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico, ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha sostenuto anche in passato.È difficile capire in che consista la confutazione che la nota pretende di apportare. Sostenere che «il ricorso al profilattico … può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri» implica infatti che l’uso del profilattico sia preferibile in quelle circostanze al non uso. Che per il papa la prostituzione rimanga «immorale» e debba «essere combattuta» è ovvio e irrilevante; come dice il nome stesso, quella che Joseph Ratzinger sembra aver abbracciato è la dottrina del male minore.
Una nota così palesemente inadeguata mostra meglio di mille discorsi che l’innovazione c’è stata, ed è stata profonda. Ma l’uscita della Congregazione per la Dottrina della Fede non può non essere stata concordata col papa, che si è dunque convinto – o è stato convinto – a tornare sui propri passi. Anche i generali in capo, a volte, possono essere costretti a rientrare nei ranghi.