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sabato 3 giugno 2017

Zichichi e il clima

Come dare una vernice di rispettabilità al negazionismo climatico? È una questione che devono porsi spesso i centri di potere che, per una ragione o per l’altra, hanno fatto della negazione del riscaldamento globale la propria bandiera. Il problema, naturalmente, sta nel fatto che – secondo una stima prudenziale – il 97% dei climatologi sostiene la realtà del riscaldamento e la sua origine antropica (qualcun altro pensa che la cifra esatta sia il 99,94%). Non è dunque per nulla facile trovare qualcuno con tutte le credenziali necessarie che si presti a fare da portavoce credibile di certe istanze.

La soluzione su cui ripiegare è obbligata: ingaggiare un esperto di tutt’altro campo scientifico, meglio se noto al grande pubblico, che per qualche motivo condivida le parole d’ordine negazioniste. L’ignoranza della scienza climatologica non è necessariamente un punto a sfavore – anzi.
In Italia qualche scienziato si è prestato a questo gioco; uno dei nomi più noti è quello di Antonino Zichichi, che due giorni fa, in un giorno infausto per le sorti del clima e del pianeta, ha firmato un articolo per il GiornaleAccordo sul clima, Trump si tira fuori. E scientificamente non ha torto», 1 giugno 2017, pp. 1 e 13). Vediamo cosa dice.

Al G7 di Taormina, Donald Trump […] ha detto che vuole riflettere sul Trattato di Parigi e sugli errori che vengono fatti nel confondere clima e inquinamento planetario.
Detto in termini telegrafici: la scienza non ha l'equazione del clima ma la certezza che bisogna combattere l'inquinamento planetario. Le attività che producono inquinamento debbono essere combattute con rigore; non legandole alle variazioni climatiche, in quanto il legame è lungi dal potere essere stabilito. Chi inquina deve essere punito non perché produce cambiamenti climatici ma perché commette un delitto contro la buona salute di tutti gli abitanti della terra.
Naturalmente, nessuno si è mai sognato di affermare che le attività inquinanti in genere debbano essere combattute perché causano il riscaldamento globale; ci sono infatti innumerevoli attività inquinanti che non incidono neanche minimamente sul clima, ma che hanno altri effetti negativi sulla salute degli esseri umani e sulle loro opere, nonché sulla vita animale e vegetale. Viceversa, il gas serra più importante tra quelli prodotti dalle attività umane, l’anidride carbonica (CO2), non costituisce alle concentrazioni presenti né a quelle ragionevolmente prevedibili in futuro un inquinante significativo, al di fuori del suo ruolo nel riscaldamento globale.
Quella cosa cui si dà il nome di clima è di estrema complessità. È necessario sapere matematicamente descrivere cosa succede nello strato d'aria (spessore circa 10 km) che circonda la sfera terrestre. L'atmosfera è come un grande mantice che assorbe ed espelle anidride carbonica. Il mantice è azionato da tre pompe: l'oceano globale (insieme degli oceani e di tutti i mari), la terra solida (piante e suolo) e l'uomo. Le tre pompe hanno potenze diverse. I modelli matematici fatti per calcolare la potenza di ciascun motore portano alla conclusione che le prime due pompe sono decine di volte più potenti di quella umana. Ecco perché è difficile attribuire alle attività umane effetti tali da produrre variazioni climatiche.
Qualcosa dovrebbe essere andato storto nei modelli matematici citati da Zichichi, se l’interpretazione che ne dà fosse giusta: com’è possibile infatti che, se le pompe delle piante e del suolo e dell’oceano sono davvero molto più potenti di quella umana, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera stia costantemente aumentando, come mostra il notissimo grafico delle misurazioni effettuate all’osservatorio di Mauna Loa, e che le analisi isotopiche dimostrino che questo gas in eccesso proviene proprio dalla combustione di idrocarburi fossili?
Quello di cui Zichichi non sembra consapevole è che, se è vero che le due pompe naturali spostano annualmente una quantità di gas molto maggiore di quella prodotta dall’uomo (750 miliardi di tonnellate contro 30 miliardi), questo spostamento avviene in gran parte in equilibrio: la CO2 emessa da piante, suolo e oceani è quasi uguale a quella assorbita. Anche una parte della CO2 emessa dalle attività umane viene assorbita, ma solo per il 40%; il resto si accumula nell’atmosfera.
E infatti su Marte la Nasa registra variazioni climatiche senza che ci sia alcuna attività umana.
Ancora una volta: ovviamente, nessuno si è mai sognato di affermare che tutte le variazioni climatiche siano attribuibili all’uomo. Non si comprende bene dunque cosa voglia dimostrare Zichichi invocando il clima marziano: anche ammesso che Marte si sia scaldando, questo non implica certo che la Terra si stia scaldando per le stesse ragioni. E infatti, se andiamo a leggere il lavoro scientifico da cui verosimilmente Zichichi ha tratto questa informazione, ma che sembra non aver letto con attenzione (Fenton et al., «Global warming and climate forcing by recent albedo changes on Mars», Nature 446 [2007], pp. 646-49), si scoprono due cose: primo, che il riscaldamento globale di Marte è un’ipotesi (che qualcuno non condivide), non un fatto accertato, a differenza del riscaldamento della Terra; secondo, che la causa del riscaldamento marziano sarebbe in ultima analisi da ricercarsi nelle grandi tempeste di polvere che ricoprono di quando in quando tutto il pianeta. Inutile dire che sulla Terra non esiste nessun meccanismo analogo.
Passiamo adesso agli errori nello studio dell'inquinamento planetario. L'esempio più clamoroso è demonizzare l'anidride carbonica e l'effetto serra. L'anidride carbonica è cibo per le piante. Se nell'atmosfera non ci fosse anidride carbonica non potrebbe esistere la vita vegetale. Siccome la vita animale viene dopo quella vegetale, senza anidride carbonica non potremmo essere qui a discuterne. È vero che essa produce l'effetto serra. Ma senza questo effetto la temperatura media su questo satellite del sole sarebbe 18 gradi sotto zero. La nostra sorgente di luce e calore è il sole che si trova a 150 milioni di km dalla terra. Un semplice calcolo porta alla conclusione che la temperatura sulla terra dovrebbe essere 18 gradi sotto zero, se non ci fosse l'effetto serra. Questo effetto ci regala i 33 gradi necessari affinché sulla terra ci sia la temperatura media di 15 gradi.
Per l’ennesima volta, Zichichi cerca di confutare qualcosa che nessuno si è mai neanche lontanamente sognato di affermare. Sembrerebbe, a sentire il fisico, che qualcuno abbia seriamente proposto di estrarre tutta la CO2 dall’atmosfera, con conseguenze che ovviamente sarebbero nefaste. Sembra che Zichichi abbia qualche difficoltà con il concetto, invero abbastanza elementare, che ci possa essere una quantità eccessiva di qualcosa di buono. Se si invita una persona a non bere cinque litri di acqua tutti in una volta, non vuol dire che si sta raccomandando a quella stessa persona di cessare di bere acqua per sempre. Il problema con la CO2 non è la sua presenza nell’atmosfera, ma il suo aumento continuo. È un concetto così difficile da padroneggiare?

Il resto dell’articolo non presenta nulla di particolarmente degno di menzione, a parte la bufala assai diffusa del preteso nesso tra il bando del DDT e l’aumento dei morti per malaria – bufala che Zichichi fa propria, malgrado il fatto che sia stata smentita ormai molte volte.

C’è tuttavia un’affermazione di Zichichi che può essere condivisibile: «Sbagliare sull'evoluzione del clima vuol dire buttare a mare miliardi di dollari/euro». Bisogna solo capire bene chi è che sta sbagliando…

venerdì 9 gennaio 2009

La bufala del ritorno dei ghiacci

Riccardo Mostardini smaschera la bufala del ritorno dei ghiacci della banchisa artica ai livelli del 1979, che sta imperversando in questi giorni sui giornali italiani («La mezza bufala dei ghiacci del 2008», GreenReport, 8 gennaio 2009; Il Foglio – col suo solito occhio di riguardo per le imposture intellettuali – ancora ieri titolava invece «Benvenuti nell’era glaciale»).
La notizia, presa alla lettera, è vera, ma ad essere state paragonate sono l’estensione minima dei ghiacci nel 1979 con quella massima del 2008. La distorsione è evidentissima, ed enorme.

giovedì 16 agosto 2007

Punto di svolta

Alok Jha, «Scientists warn on climate tipping points», The Guardian, 16 agosto 2007:

Some tipping points for climate change could be closer than previously thought. Scientists are predicting that the loss of the massive Greenland ice sheet may now be unstoppable and lead to catastrophic sea-level rises around the world.
In drawing together research on tipping points, where damage due to climate change occurs irreversibly and at an increasing rate, the researchers concluded that the risks were much greater than those predicted by the latest report by the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
If the Greenland ice sheet melted completely, for example, it would raise global sea levels by seven metres. According to the IPCC report, the melting should take about 1,000 years. But the study, by Tim Lenton of the University of East Anglia, showed the break-up could happen more quickly, in 300 years. Professor Lenton said: “We know that ice sheets in the last ice age collapsed faster than any current models can capture, so our models are known to be too sluggish.”
His study identified eight tipping points that could be passed by the end of this century. They include the destruction of the Amazon rainforest, the melting of the west Antarctic ice sheet, and a collapse of the global ocean current known as the thermohaline circulation. If that circulation stopped, the Indian monsoons and the gulf stream could be shut down.
Prof Lenton said the IPCC way of working, including multiple reviews, caused it to issue more conservative reports than his team’s studies. He added that the inevitable collapse of the Greenland ice sheet was closer than thought because of the latency in the Earth’s climate system. “If you could stabilise the greenhouse gas levels to today’s level, you’ll still get some further warming [by 2100].”
A global average temperature rise of just 1C would be enough to slip the Greenland ice over the edge. The IPCC’s prediction for 2100 is a rise of 1.1C-6.4C.

venerdì 1 giugno 2007

Riscaldamento globale: guida per i perplessi

È vero che negli anni ’70 i climatologi prevedevano un’imminente era glaciale? O che al tempo dei Vichinghi faceva più caldo di adesso? Ha ragione chi dice che le attività umane non c’entrano nulla con il riscaldamento globale, e che la colpa è del sole o dei raggi cosmici? Bisogna credere a chi sostiene che è tutta una congiura di ambientalisti e Verdi, oppure il fatto che quasi sempre chi denuncia la cospirazione risulta poi sul libro-paga della ExxonMobil ci deve rendere un po’ scettici? Sul sito di New Scientist, l’autorevole rivista scientifica britannica, si trova una guida alle 26 fallacie e falsità più diffuse sul riscaldamento globale (Michael Le Page, «Climate change: A guide for the perplexed», NewScientist.com news service, 16 maggio 2007). Da non perdere.

lunedì 12 marzo 2007

Riscaldamento globale: risposte agli scettici

Su Gristmill Coby Beck ha raccolto una serie di risposte agli argomenti più comuni avanzati da chi nega la realtà del riscaldamento globale o della sua origine antropica («How to Talk to a Climate Skeptic»). Utile, anche se può rivelarsi necessario ricorrere di tanto in tanto al più solido (ma anche più impegnativo) RealClimate.

venerdì 16 febbraio 2007

Raffreddare il pianeta

Sulla Technology Review si passano brevemente in rassegna alcuni sistemi tecnologici per raffreddare il clima della terra, nell’ipotesi che il riscaldamento globale dovesse andare fuori controllo (Mark Williams, «Cooling the Planet», 13 febbraio 2007). La soluzione proposta da Gregory Benford (fisico e scrittore di fantascienza) è particolarmente semplice ed economica, al punto che potrebbe essere messa in opera anche da privati: seminare la stratosfera con particelle microscopiche di silice (SiO2), che riflettendo la luce del sole provocherebbero un raffreddamento dell’atmosfera, e il cui effetto sarebbe del tutto reversibile (dopo un po’ la silice si deposita al suolo). Benford propone un esperimento pilota sull’Artico, dove il riscaldamento per effetto serra è in proporzione maggiore e potenzialmente più dannoso. Per finanziare un intervento su scala globale potrebbero bastare un paio di miliardi di dollari l’anno.

giovedì 8 febbraio 2007

Notizie ambigue e falsità scientifiche

La pubblicazione di Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Summary for Policymakers, il sommario del prossimo rapporto sulle modificazioni climatiche dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), sta provocando reazioni a non finire. Sul Giornale di ieri, per esempio, Franco Battaglia, docente di Principi di Chimica per l’Ambiente all’Università di Modena e Reggio, cerca di seminare un po’ di dubbi nella mente dei lettori («Notizie false e ambiguità scientifiche», 7 febbraio 2007, p. 14). Dopo una lunga disquisizione sulle «ambiguità» del rapporto, Battaglia propone «tre semplici (ancora inevase) domande» ai «burocrati» dell’IPCC (chissà perché proprio a loro, visto che i rapporti sono scritti da scienziati, non da funzionari):

Come spiegano che quelli dal 1940 al 1975 sono stati anni di alacre attività umana ma in cui la temperatura media globale diminuiva? Come spiegano che dal 1998 la temperatura media globale ha smesso di crescere? Il fatto che nell’anno successivo alla fantastica eruzione del Pinatubo, nelle Filippine (1991), la temperatura media globale è diminuita di 0,5 gradi (confermato sia dalle misure che dai modelli), si ebbe cioè in un solo anno una variazione naturale pari alla variazione «antropogenica» registrata in 150 anni, non è la prova provata che le oscillazioni antropogeniche, ove presenti, sono ben nascoste da quelle naturali?
Proviamo a dare tre semplici risposte:
  1. L’alacrità delle attività umane tende a intensificarsi nel tempo. Di tutta l’anidride carbonica di origine antropica finita nell’atmosfera a partire dall’inizio della Rivoluzione industriale, circa la metà è stata emessa dalla metà degli anni settanta ad oggi: in trent’anni abbiamo prodotto tanta CO2 quanto i nostri predecessori in duecentotrenta. Ma non basta: è cambiato anche il modo di produrla. Dall’uso massiccio del carbone per la produzione di energia e per il riscaldamento domestico siamo passati a un uso sempre maggiore di petrolio e di gas naturale. Ora, la combustione del carbone produce, oltre all’anidride carbonica, anche solfati: sostanze che riflettono la luce del sole, provocando un raffreddamento relativo. Petrolio e gas naturale ne emettono di meno: lo sforzo per ridurre le emissioni di questi inquinanti (che causano tra l’altro le piogge acide) potrebbe paradossalmente aver contribuito al riscaldamento globale. (Potrebbe esserci anche un’altra causa umana per il leggero raffreddamento registrato a partire dal 1940: la II Guerra Mondiale. Gli incendi causati dai massicci bombardamenti potrebbero aver lanciato nell’atmosfera grandi quantità di fumo, le cui particelle tendono a schermare la superficie dai raggi solari.)
  2. A dire il vero, l’anno più caldo, secondo i dati della Nasa, sarebbe stato il 2005, quindi l’affermazione di Battaglia è fattualmente errata (anche se la differenza rispetto al 1998 è minima). Ma a parte questo, bisogna sempre ricordare che la dinamica del clima è complessa, influenzata com’è da centinaia di fattori diversi, che possono determinare momentanei alti e bassi, senza per questo mutare l’andamento di fondo: basta un’occhiata a un grafico della temperatura media globale per rendersi conto della cosa. Il più forte di questi fattori è forse El Niño, un aumento ricorrente della temperatura dell’Oceano Pacifico che influenza il clima globale. El Niño ha toccato un massimo proprio nel 1998, mentre nel 2005, significativamente, non era presente. A proposito, dopo il 2005 e il 1998, quali sono stati gli anni più caldi da quando esistono misurazioni affidabili? Eccoli, sempre secondo la Nasa (in ordine decrescente): il 2002, il 2003, il 2006, il 2004 e il 2001. Strano che questo non dica nulla a Battaglia...
  3. Infine, che la temperatura media globale sia diminuita nel 1992 in seguito all’eruzione del Pinatubo (la colpa è sempre dei solfati, questa volta di origine naturale) non è affatto «la prova provata che le oscillazioni antropogeniche, ove presenti, sono ben nascoste da quelle naturali», ma solo – come dovrebbe essere ovvio – la prova che gli andamenti climatici generati dall’uomo possono essere nascosti per un anno o due da un’oscillazione naturale, per poi riprendere implacabili.
Si dirà: possibile che un docente universitario di chimica ignori questi dati di fatto, notissimi e comunque accessibili facilmente a chiunque, e le semplici deduzioni che se ne possono trarre? Non saprei che rispondere; ma, ricordando un suo intervento a Otto e Mezzo («Allarmi sullo stato del pianeta», La7, 3 novembre 2006), in cui affermava che «Ci sono stati grandi mali dell’umanità: c’è stato il fascismo, il nazismo e l’ambientalismo!», e che l’anidride carbonica non fa male, visto che è contenuta anche in molte bevande, posso dire di non essere affatto sorpreso...

lunedì 29 gennaio 2007

Le redini di Fetone

Kerry Emanuel, professore di Meteorologia al MIT, dedica un lungo articolo a una spiegazione chiara e impeccabile del problema del mutamento climatico («Phaeton’s Reins», Boston Review, gennaio-febbraio 2007). Il riscaldamento globale è una realtà, e la sua origine antropogenica è sul punto di diventare un dato acquisito (come illustra in modo pregnante il grafico qui sopra); l’incertezza riguarda soltanto le conseguenze economiche e sociali sull’ambiente umano.
Non banali le considerazioni politiche di Emanuel, alla fine dell’articolo:

Especially in the United States, the political debate about global climate change became polarized along the conservative-liberal axis some decades ago. Although we take this for granted now, it is not entirely obvious why the chips fell the way they did. One can easily imagine conservatives embracing the notion of climate change in support of actions they might like to see anyway. Conservatives have usually been strong supporters of nuclear power, and few can be happy about our current dependence on foreign oil. The United States is renowned for its technological innovation and should be at an advantage in making money from any global sea change in energy-producing technology: consider the prospect of selling new means of powering vehicles and electrical generation to China’s rapidly expanding economy. But none of this has happened.
Paradoxes abound on the political left as well. A meaningful reduction in greenhouse-gas emissions will require a shift in the means of producing energy, as well as conservation measures. But such alternatives as nuclear and wind power are viewed with deep ambivalence by the left. Senator Kennedy, by most measures our most liberal senator, is strongly opposed to a project to develop wind energy near his home in Hyannis, and environmentalists have only just begun to rethink their visceral opposition to nuclear power. Had it not been for green opposition, the United States today might derive most of its electricity from nuclear power, as does France; thus the environmentalists must accept a large measure of responsibility for today’s most critical environmental problem.
Da leggere con tutta l’attenzione possibile; per gli aggiornamenti sullo stato della questione, non si raccomanderà invece mai abbastanza il blog RealClimate.