giovedì 8 febbraio 2007

Notizie ambigue e falsità scientifiche

La pubblicazione di Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Summary for Policymakers, il sommario del prossimo rapporto sulle modificazioni climatiche dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), sta provocando reazioni a non finire. Sul Giornale di ieri, per esempio, Franco Battaglia, docente di Principi di Chimica per l’Ambiente all’Università di Modena e Reggio, cerca di seminare un po’ di dubbi nella mente dei lettori («Notizie false e ambiguità scientifiche», 7 febbraio 2007, p. 14). Dopo una lunga disquisizione sulle «ambiguità» del rapporto, Battaglia propone «tre semplici (ancora inevase) domande» ai «burocrati» dell’IPCC (chissà perché proprio a loro, visto che i rapporti sono scritti da scienziati, non da funzionari):

Come spiegano che quelli dal 1940 al 1975 sono stati anni di alacre attività umana ma in cui la temperatura media globale diminuiva? Come spiegano che dal 1998 la temperatura media globale ha smesso di crescere? Il fatto che nell’anno successivo alla fantastica eruzione del Pinatubo, nelle Filippine (1991), la temperatura media globale è diminuita di 0,5 gradi (confermato sia dalle misure che dai modelli), si ebbe cioè in un solo anno una variazione naturale pari alla variazione «antropogenica» registrata in 150 anni, non è la prova provata che le oscillazioni antropogeniche, ove presenti, sono ben nascoste da quelle naturali?
Proviamo a dare tre semplici risposte:
  1. L’alacrità delle attività umane tende a intensificarsi nel tempo. Di tutta l’anidride carbonica di origine antropica finita nell’atmosfera a partire dall’inizio della Rivoluzione industriale, circa la metà è stata emessa dalla metà degli anni settanta ad oggi: in trent’anni abbiamo prodotto tanta CO2 quanto i nostri predecessori in duecentotrenta. Ma non basta: è cambiato anche il modo di produrla. Dall’uso massiccio del carbone per la produzione di energia e per il riscaldamento domestico siamo passati a un uso sempre maggiore di petrolio e di gas naturale. Ora, la combustione del carbone produce, oltre all’anidride carbonica, anche solfati: sostanze che riflettono la luce del sole, provocando un raffreddamento relativo. Petrolio e gas naturale ne emettono di meno: lo sforzo per ridurre le emissioni di questi inquinanti (che causano tra l’altro le piogge acide) potrebbe paradossalmente aver contribuito al riscaldamento globale. (Potrebbe esserci anche un’altra causa umana per il leggero raffreddamento registrato a partire dal 1940: la II Guerra Mondiale. Gli incendi causati dai massicci bombardamenti potrebbero aver lanciato nell’atmosfera grandi quantità di fumo, le cui particelle tendono a schermare la superficie dai raggi solari.)
  2. A dire il vero, l’anno più caldo, secondo i dati della Nasa, sarebbe stato il 2005, quindi l’affermazione di Battaglia è fattualmente errata (anche se la differenza rispetto al 1998 è minima). Ma a parte questo, bisogna sempre ricordare che la dinamica del clima è complessa, influenzata com’è da centinaia di fattori diversi, che possono determinare momentanei alti e bassi, senza per questo mutare l’andamento di fondo: basta un’occhiata a un grafico della temperatura media globale per rendersi conto della cosa. Il più forte di questi fattori è forse El Niño, un aumento ricorrente della temperatura dell’Oceano Pacifico che influenza il clima globale. El Niño ha toccato un massimo proprio nel 1998, mentre nel 2005, significativamente, non era presente. A proposito, dopo il 2005 e il 1998, quali sono stati gli anni più caldi da quando esistono misurazioni affidabili? Eccoli, sempre secondo la Nasa (in ordine decrescente): il 2002, il 2003, il 2006, il 2004 e il 2001. Strano che questo non dica nulla a Battaglia...
  3. Infine, che la temperatura media globale sia diminuita nel 1992 in seguito all’eruzione del Pinatubo (la colpa è sempre dei solfati, questa volta di origine naturale) non è affatto «la prova provata che le oscillazioni antropogeniche, ove presenti, sono ben nascoste da quelle naturali», ma solo – come dovrebbe essere ovvio – la prova che gli andamenti climatici generati dall’uomo possono essere nascosti per un anno o due da un’oscillazione naturale, per poi riprendere implacabili.
Si dirà: possibile che un docente universitario di chimica ignori questi dati di fatto, notissimi e comunque accessibili facilmente a chiunque, e le semplici deduzioni che se ne possono trarre? Non saprei che rispondere; ma, ricordando un suo intervento a Otto e Mezzo («Allarmi sullo stato del pianeta», La7, 3 novembre 2006), in cui affermava che «Ci sono stati grandi mali dell’umanità: c’è stato il fascismo, il nazismo e l’ambientalismo!», e che l’anidride carbonica non fa male, visto che è contenuta anche in molte bevande, posso dire di non essere affatto sorpreso...

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