Non ne avrei scritto, ma poi varie circostanze mi hanno fatto cambiare idea.
Non mi dilungo sul plot di “De Grote Donor Show” della BNN perché se n’è parlato abbastanza. Dal primo articolo quasi esclusivamente descrittivo (Olanda, un rene al vincitore del reality, Il Corriere della Sera, 27 maggio 2007) si è passati rapidamente alla perplessità fino all’invettiva: il Codacons, l’Aiart e il Movimento genitori invitano le emittenti televisive a non rendersi complici di tanta inciviltà. Francesco D’Agostino parla di un fatto di “gravità inaudita”, che “dimostra il fallimento di ogni etica individualistica, poiché si arriva a ridurre le scelte morali delle persone al mero rispetto delle preferenze personali”. Luisa Capitanio Santolini, responsabile Udc per le Famiglie, commenta: “siamo alla follia, al punto di non ritorno” e ritiene “agghiacciante che anche solo si parli della possibilità di un arrivo in Italia del reality show” (Un rene in palio per un reality, Radio Web Italia, 31 maggio 2007).
E poi Il Foglio di ieri (Spezzeremo le reni all’umanità), ove quanto avevo detto sulla possibilità di vendita di ovociti viene tirato in ballo frettolosamente e lievemente a sproposito (qui sotto c’è il mio intervento originario).
È facile e verosimile inferire che lo scandalo non sia suscitato dal reality show (ormai bisognerebbe fare un concorso a premi per elencare su cosa non siano stati fatti dei reality, come leggenda vuole che abbia fatto Harrods per scoprire cosa non fosse in vendita nei chilometri quadrati di esposizione). Ebbene, non sul reality in quanto reality (scandalo e sdegno che invece io dirotterei proprio qui, principalmente per motivi estetici, di noia e di squallore). Ma sull’oggetto del premio: un rene in palio. Verrebbe da chiedere: e allora? Rispolverando il criterio del danno come limite di legittimità per quanto deve essere proibito (e che può illuminare anche gli ostacoli di ordine morale) la domanda è: chi subisce un danno in questa riffa di pessimo gusto (pessimo gusto estetico, ripeto)? Lisa ha esercitato la sua libera scelta; la gravità della sua malattia non aumenterebbe e forse potrebbe anche ottenere un po’ di felicità nell’aiutare qualcun altro donando il proprio rene. I tre concorrenti conoscono le regole del gioco: per due di loro ci sarà una condizione finale uguale a quella di partenza (escludendo le speranze deluse, che non sono propriamente un danno); per uno ci sarà un beneficio e la speranza di una vita migliore. Infine potrebbe essere una occasione per riflettere su un problema la cui soluzione non può essere affidata alla provvidenza né al fare finta di niente: le lunghe attese per un organo, per la speranza di sopravvivere. In questo contesto si situa la possibilità di considerare la commercializzazione come una alternativa.
Perché tanta acredine? Perché urlare all’indecenza e all’abominio?
Aggiunta
Da un pezzo su Noi Press di ieri, Olanda, il reality con un rene in palio: le reazioni in Italia. Santolini (Udc): ‘La famiglia va difesa’ (ma che diavolo c’entra la famiglia?) il parere di Francesco D’Agostino contiene anche una riflessione sul principio del danno che io ho citato:
nessuno è danneggiato da questo spettacolo, non chi decide di donare l’organo o chi concorre per ottenerlo o il pubblico, e sembra che tutto sia lecito, ma questo – ha sottolineato D’Agostino – è un esempio di povertà morale; se dovessimo infatti valutare lo show chiedendoci chi è danneggiato, potremmo paradossalmente concludere che nessuno lo è, ma bisogna andare oltre.Oltre dove? E quale criterio dovremmo usare?
Aggiunta 2
Gran bello scherzetto!
14 commenti:
"Perché tanta acredine? Perché urlare all’indecenza e all’abominio?"
Perché il corpo è e resta tabù, perché quanto attiene alla sfera del biologico (cibo, escrementi, sesso, riproduzione) fanno ancora paura & orrore, e devono restare sotto il controllo del capovillaggio e dello stregone.
Quindi vendere e commerciare e fare "reality" e speculare su qualunque cosa va bene, ma non si tocchi il biologgico, altrimeni lo stregono ti lancia la maledizione, l'anatema, la scomunica.
Per questo, ad esempio, qualunque lavoro va bene, ma non la libera vendita del sesso.
Certo, poi, è proibito dire che lo stregone vuole proibire la vendita o l'acquisto del rene o del sesso per i (suoi?) tabù culturali, e allora saltano fuori tutti i discorsi alati & vacui sulla "dignità della persona", "l'essenza della natura umana", il "rispetto della legge natura", e altri pseudodogmi di comune banalità.
Già.
Capovillaggio mi ha fatto tanto ridere. Sembra una descrizione molto calzante per molti teatrini.
Azzardo un danneggiato: chi è in attesa di un trapianto di rene, che per la decisione di Lisa di ricorrere al reality invece che alla normale procedura (quale che sia in Olanda) ha una possibilità in meno di avere un rene nuovo.
In generale, le domande davvero importanti qui sono:
- quali sono i criteri per assegnare gli organi? (il gradimento del pubblico è iniquo?)
- una persona è proprietaria dei propri organi come dei propri averi, e può disporne in piena libertà? (un neonazista potrebbe chiedere di donare il rene ma solo ad ariani?)
Il pubblico pùo suggerirla ma alla fine è Lisa a decidere.
E poi gia oggi un paziente puo decidere se donare i suoi organi. Mica lo stato li espopria perchè c'è ne bisogno
Le mie peplessità su di un programma del genere stanno nel fatto che quello è uno "show"…
Sono d'accordo con ivo silvestro. Qua non si tratta tanto di paura della fisicità e della mercificazione del corpo (anche perchè a ben vedere la nostra società è solo questo, anche se ipocriticamente), ma personalmente trovo ingiusto l'iniquo modo di determinare chi sarà graziato. Se uno ha la forza di aprtecipare ad un tale "show" buon per lui, ma l'escludere per simpatia o gradimento è disumano.
Naturalmente ieri è venuto fuori il vero scopo dello show: era una provocazione, la 'malata terminale' era un'attrice e i dializzati erano d'accordo per sensibilizzare la gente al problema dei trapianti. Come al solito i nostri 'fustigatori di costumi' hanno perso l'ennesima occasione per stare zitti...
Meno male, va là…
Ivo (e in parte Anonimo che concorda),
sul danneggiato che azzardi ho qualche perplessità. In molte circostanze si hanno meno possibilità di altri per avere un rene o un altro organo per il quale si aspetta (non basta che ci sia una lista nazionale, anche perché chi vive a 1 km dal confine può andare facilmente nell’ospedale dello Stato accanto dove magari c’è una attesa molto inferiore – e chi abita al centro del prima Paese non ne sarebbe discriminato? O chi non lo sa? Inoltre qualsiasi criterio scelto per stabilire una priorità rischia di essere ingiusto: se ho 1 rene e 3 aspiranti, e scelgo chi ha le migliori possibilità di guarigione, discrimino chi sta peggio e magari non può aspettare il prossimi rene senza morire. E così via). Inoltre è difficile decidere se il paragone deve essere compiuto rispetto a una condizione alternativa controfattuale o reale.
Sono d’accordo sui problemi che poni come importanti e sugli aspetti spinosi dei criteri ho in parte già detto.
Sulla proprietà del nostro corpo (e di conseguenza la libertà di disporne) credo sia difficile trovare buoni argomenti per negarla. Una sfida che urta il buon senso e tante altre ragionevoli emozioni è la BIID, un disordine mentale che spinge chi ne soffre a desiderare (e a cercare in tutti i modi) di amputarsi un arto sano… Prima di urlare allo scandalo e di invocare i costi sanitari e pubblici etc. etc. bisognerebbe indagarne i risvolti morali e coercitivi. Ovvero rispondere alla domanda: bisogna impedire loro di realizzare quanto vogliono intensamente, dopo mille colloqui psichiatrici, dopo mesi di attesa, dopo innumerevoli inviti a ripensarci?
(Aggiungo un dettaglio: che dovrebbe fare il Sistema Sanitario? Dire: se ti tagli un braccio sano te lo paghi - e sembra ragionevole! - oppure comportarsi come davanti ad una malattia - in fondo la BIID è riconosciuta come una patologia, mentale non fisica, ma una patologia e porre la condizione del pagamento sarebbe discriminatorio verso chi i soldi non ce l'ha ma il braccio se lo vuole tagliare).
scusate, ma il sistema migliore di allocazione delle risorse (scarse per definizione) non è forse il mercato?
perché allora non organizzare una "borsa degli organi" in cui la domanda e l'offerta da tutto il mondo di parti del corpo si incontrano e il prezzo viene determinato dalla leggi economiche?
magari con indici aggiornati on line per tutti gli organi: quotazioni del cuore, del fegato,dei reni...
mangiatore di pesce del venerdì
Caro mangiatore di pesce del venerdì: non se la tua proposta sia ironica o seria, comunque i sostenitori del libero mercato sono in genere concordi che il mercato NON funziona in caso di scarsità di beni...
Aggiungerei che esiste una differenza profonda tra i cosiddetti beni primari e quelli secondari. Nonostante la difficoltà nel darne una precisa definizione, sembra verosimile considerare la salute un bene primario.
Inoltre, tra gli scopi della legalizzazione del commercio di organi c'è l'intento di arginare il mercato selvaggio... (non è detto che lo scopo sarebbe raggiunto, ma l'intento c'è).
beh, certo, una cosa illegale diventa legale e zac! il problema sparisce!
mangiatore di pesce del venerdì
"beh, certo, una cosa illegale diventa legale e zac! il problema sparisce!"
Chi ha mai detto questo?
Sicuramente per molte cose una legalizzazione, o una regolamentazione o una liberalizzazione tendono a favorire un minor impatto sulla società da parte del problema in questione.
Mai sentito parlare di "politica di riduzione del danno"?
In caso contrario, prova a darti un'occhiata alle statistiche sull'aborto prima e dopo l'entrata in vigore della legge 194. Per quanto a certi punti di vista possa sembrare paradossale, vietare l'aborto *non* riduce il numero degli aborti effettivi. Idem dicasi per le droghe attualmente illegali in Italia.
Certo, poi, se si parte per partito preso...
Mangiatore di Nutella del martedì
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