Il drammatico errore dell’aborto al San Paolo di Milano ha spalancato le porte di un inferno tragicomico. Quello dei goffi e insensati paragoni con l’eugenetica: basta consultare un sussidiario per coglierne l’infondatezza. E quello di controfattuali esistenziali terrorizzanti: “e se avessero abortito me?”.
La prima e impietosa risposta consisterebbe nel rammentare che il malcapitato non starebbe qui a domandare. Più seriamente, bisognerebbe ricordare che le persone potenziali non godono ancora di quella caratteristica necessaria per interrogarsi ed interrogare: l’esistenza. La possibilità di interrompere una gravidanza riguarda proprio questo tipo di persone – ma le persone potenziali, appunto, non esistono ancora e la loro futura esistenza non basta a renderle persone attuali (qui ed ora). L’essenza delle persone potenziali è tanto fluttuante ed eterea da somigliare all’onirico.
“E se avessero abortito me?” non è una domanda sensata (nemmeno se al “me” segue una caratterizzazione emotivamente coinvolgente: “me disabile”, tanto per rimanere intorno al recente fatto di cronaca), dunque, e apre un percorso temporale a ritroso indefinito (perché le persone potenziali sono tali anche prima del concepimento). “E se il 3 settembre 1933 non avesse piovuto?” sarebbe una domanda equivalente – perché se non avesse piovuto una giovane donna (mia nonna) non si sarebbe riparata sotto a una tettoia ove un giovane uomo (mio nonno) aspettava il sereno, non avrebbero cominciato a parlare, non si sarebbero innamorati, non si sarebbero sposati, non sarebbe nata mia madre e così via.
Per concludere: abortire un feto affetto da una qualche patologia non implica non rispettare le persone disabili o attribuire loro meno valore. Essere per la libertà di scelta (compresa quella di abortire) non implica avere l’animo di Carl Clauberg o del suo più famoso compare, Joseph Mengele. Annientare queste differenze rende ogni discorso su quanto accaduto a Milano privo di senso.
venerdì 7 settembre 2007
E se fossi stato io?
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9 commenti:
Non fa una piega.
Inoltre: dopo un figlio con una grave malformazione o malattia difficilmente una coppia sceglie di averne altri, se non altro per ovvî motivi di tempo e energie. Stando al ragionamento di certi cattolici, questo implicherebbe che la nascita del figlio disabile "uccida" i "potenziali futuri fratelli".
(On a lighter note: la foto è meravigliosa.)
La solita confusione tra vite ipotetiche e vite concrete. Piccole ma pulsanti che non vengono alla luce non perhè mai accese ma perchè spente.
Restodelmodno, e che dire di tutti i figli potenziali "uccisi" dall'astinenza? O anche solo da una modesta attività sessuale? Sono milioni e milioni le persone potenziali che non sono mai diventate attuali (ovvero, che sono state uccise...).
Annarosa, a me sembra che l'unica ad essere confusa sia tu, e che ripeta argomenti ai quali già si è obiettato senza cambiare una virgola (come se non le obiezioni non fossero mai state pronunciate).
Annarosa, e le piccole e pulsanti vite (umane, con un DNA che personalmente ritengo ottimo!) che uccido ogni volta che mi gratto un braccio?
Ottimo Chiara, molto ben scritto!
Non fa una piega. Quindi fatemi capire: in India, quando fanno una diagnosi prenatale e vedono che è una femmina e abortiscono, mancano all'appello 100 milioni di donne virtuali e non 100 milioni di donne vere?
No, fammi capire tu, Sebastian: quando in Italia la gente decide di non fare figli (usando i contraccettivi) e mancano all'appello tot milioni di bambini nelle nuove generazioni, vuol dire che i genitori li hanno assassinati?
Premesso che non ho certezza granitche in proposito, non penso (per le ragioni giò esposte su questo blog da altri e che mi sembra di poter condividere) che la contraccezione sia un omicidio. Ma credo che la realtà di un embrione sia una cosa un po' diversa rispetto alle infinite potenzialità di un possibile incontro tra spermatozoi e ovuli. Non sono un filosofo, ma credo che possiamo ben dire che, se molte donne rimangono incinte e dopo un'analisi che certifica il sesso del feto questo feto viene abortito, siamo in presenza di una "selezione". Tanto è vero che, per l'appunto, mancano all'appello milioni di donne, in cina come in india. Certo, eliminare un embrione che non è ancora persona, ossia non ha le caratteristiche che Chiara Lalli ci spiega, non è un omicidio. Ma mi sfugge l'altro nesso, chiamiamolo quello che possiamo valutare "a posteriori". Se non faccio nascere embrioni femmina non ci saranno più femmine, giusto? E se sopprimo embrioni (o pre-embrioni) disabili, al mondo fra qualche decennio non si troverà più un disabile, giusto? A me sembra che tutto ciò si possa chiamare selezione. Il giudizio morale non voglio darlo però a rigor di logica quell'appellativo mi sembra ci stia tutto.
Su questo possiamo anche essere d'accordo. La selezione del sesso rappresenta chiaramente un problema grave per una società in cui si dia più valore a un sesso che a un altro. Solo che mescolare questo problema a considerazioni sullo statuto dell'embrione mi sembra fuorviante: come osservavo più sopra, problemi analoghi sorgerebbero anche se non si usasse l'aborto. Alcune tecniche per la selezione del sesso, per esempio, comportano una selezione degli spermatozoi, che persone non sono; ma questo non fa sparire il problema dello squilibrio dei due sessi.
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