lunedì 3 novembre 2008

Eugenia (Roccella) e Bobby (Sands)

Riceviamo dal nostro affezionato Epicuro e volentieri postiamo.

Fra le tante argomentazioni capziose che il sottosegretario Eugenia Roccella ha sciorinato durante la puntata dell’“Infedele” dedicata al caso Eluana, una mi ha particolarmente colpito per il suo cieco ideologismo abbinato a una notevole ignoranza. A un certo punto l’ineffabile ex portavoce del Family Day ha portato l’esempio di Bobby Sands, il più famoso dei dieci detenuti irredentisti nordirlandesi appartenenti all’Ira e all’Inla, movimenti di lotta armata contro la presenza britannica nell’Ulster, che morirono nel 1981 in seguito allo sciopero della fame intrapreso per chiedere che fosse loro riconosciuto lo status di prigionieri politici.

Cito a memoria perché non ricordo le parole esatte, ma il ragionamento di Eugenia suonava così: “Ho parlato di quel caso con un inglese, il quale mi ha detto che per loro, se Sands era disposto a perdere la vita, si poteva anche lasciarlo morire. Ma io sono contenta di appartenere a un paese di cultura cattolica, dove in una situazione del genere sarebbe successo il finimondo”.

Insomma, vituperio ai laicisti anglicani britannici (gli stessi così scandalosamente permissivi in fatto di bioetica), che hanno lasciato crepare Sands perché contagiati da una fredda cultura della morte, e gloria eterna alla Santa Chiesa Cattolica e Apostolica, paladina immacolata della difesa della vita. Peccato che presentare la vicenda in questo modo sia una grossolana falsificazione, dovuta certo più a scarsa conoscenza dei fatti che a malafede, ma non per questo meno grave.

Andiamo con ordine. E’ forse il caso di notare, innanzitutto, che i detenuti impegnati nello sciopero della fame nella prigione di Long Kesh erano tutti fedeli della Chiesa di Roma (basta leggere il diario di Sands per constatare che pregava tutti i giorni, andava regolarmente a messa, riceveva visite di sacerdoti) e che tra la popolazione cattolica del Nord Irlanda (a lungo oppressa dal potere dei protestanti unionisti, decisi a tenere la regione sotto la sovranità del Regno Unito) divennero enormemente popolari, tanto che Sands fu eletto al Parlamento di Westminster mentre conduceva la sua protesta in carcere. E altri due detenuti in sciopero della fame (hunger strikers) furono eletti al Parlamento di Dublino.

In secondo luogo non è affatto vero che i britannici li lasciarono morire per indifferenza verso la vita. Il punto è un altro: il premier britannico Margaret Thatcher, che al sottosegretario Roccella non dovrebbe essere poi così antipatica, era nettamente contraria a concedere un riconoscimento politico ai militanti dell’Ira. “Non sono pronta a prendere in considerazione l’idea – dichiarò la lady di ferro il 21 aprile 1981 – di concedere lo status politico a gruppi di persone che sono state condannate per aver commesso dei crimini. Un crimine è un crimine; non ha nulla di politico”. La sua posizione in fondo fu analoga a quella dei cattolicissimi governanti democristiani, Giulio Andreotti in prima fila, che tre anni prima avevano rifiutato ogni trattativa con i rapitori di Aldo Moro.

Si potrebbe obiettare che i britannici non sottoposero i detenuti a nutrizione coatta. E’ vero: “Se Sands persisterà nella sua volontà di commettere suicidio ciò sarà una sua scelta personale. Il governo inglese, da parte sua, non gli imporrà l’assistenza medica forzata”, dichiarò il 28 aprile 1981, una settimana prima della morte del detenuto, il segretario di Stato per l’Irlanda del Nord Humphrey Atkins. Quindi il governo di Londra tenne effettivamente la posizione rimproveratagli da Eugenia Roccella. Solo che la Chiesa cattolica non si sognò mai di chiedere l’alimentazione coatta: insistette sulle autorità britanniche perché accettassero le richieste degli hunger strikers, implorò questi ultimi di cessare l’azione di protesta, ma accettò il loro diritto all’autodeterminazione, quello che invece, secondo la Cei e i suoi pappagalli tipo Eugenia, non può essere il fondamento di una valida legge sul testamento biologico. E teniamo conto che gli hunger strikers non erano persone gravemente malate che chiedessero di cessare cure divenute per loro insopportabili: erano giovani sani che di loro volontà rifiutavano quella nutrizione che, sempre secondo la Chiesa e gli atei devoti, non deve mai essere fatta mancare a nessuno (nemmeno agli individui nella condizione di Eluana Englaro, anche se lo avessero richiesto quando erano ancora coscienti), perché non si tratta di terapia, ma di semplice assistenza.

C’è di più: a un certo punto i britannici sostennero che uno degli hunger strikers, Raymond McCreesh, ormai prossimo al coma, aveva manifestato incertezza circa la sua volontà di proseguire nello sciopero della fame. E si rivolsero ai parenti, tra i quali c’era un fratello prete cattolico, Brian Mc Creesh, per chiedere il loro consenso onde procedere alla nutrizione di Raymond. Quale fu la risposta di Brian? Cito da “I cristiani d’Irlanda e la guerra civile (1968-1998)” dello storico cattolico Paolo Gheda: “Il sacerdote si assunse la responsabilità e confermò al medico di non avere avuto alcuna comunicazione da parte del fratello di una sua eventuale volontà di concludere lo sciopero. Nel frattempo ebbe anche modo di osservare che il fratello aveva subito trattamenti chimici e ipotizzò che fosse stato drogato”. Poi Brian si rivolse al primate d’Irlanda, cardinale Thomas O’Fiaich, e “questi fu d’accordo con lui nel sostenere che Raymond era stato drogato per indurlo a desistere dallo sciopero” (pp. 103-104). Insomma, la Chiesa cattolica mostrò un assoluto rispetto per il diritto all’autodeterminazione di McCreesh (morto pochi giorni dopo), a costo di subire in seguito una violenta polemica da parte della stampa inglese. Più tardi la gerarchia ecclesiastica fece pressione sulle famiglie perché chiedessero assistenza medica per gli hunger strikers entrati in coma, ma non chiese mai che venissero alimentati contro la loro volontà o contro quella dei loro cari.

Per concludere va ricordato che Sands e altri nove detenuti si lasciarono morire, ma la Chiesa cattolica non ebbe alcuna difficoltà a concedere loro i funerali religiosi, negati invece per suo marito alla moglie di Piergiorgio Welby. Quel rifiuto è stato giustificato parlando di “volontà suicida” da parte di Piergiorgio, ma è difficile trovare una determinazione più ferrea di quella dimostrata dagli hunger strikers nell’anteporre la lotta contro i britannici alla sacralità della vita. Solo che erano fervidi credenti, assurti al rango di eroi della comunità cattolica, e la Chiesa non avrebbe mai potuto escluderli dal rito. Il che dimostra come i tanto celebrati “valori non negoziabili” possano risultare sorprendentemente flessibili a seconda delle contingenze politiche.


5 commenti:

Weissbach ha detto...

Se credi che queste argomentazioni possano far emergere anche solo vagamente in un cattolico il dubbio che ci sia qualche incoerenza, ti sbagli.
Una cosa sono le scelte personali, un'altra è il martirio per difendere la Verità della Chiesa.
Lo dico senza ironia; qui non hai speranza di sfondare, ti possono dar ragione solo i laici.

Anonimo ha detto...

Caro Weissbach, qui non parliamo affatto di "martirio per difendere la Verità della Chiesa", ma di scelta deliberata di darsi la morte per una causa tutta politica, da parte di persone che non esitavano a ricorrere alla violenza per perseguire il loro scopo. L'unificazione dell'Irlanda sotto un regime repubblicano (obiettivo dell'Ira) non ha niente a che vedere con le pretese verità di qualsivoglia religione...

paolo de gregorio ha detto...

Secondo me la verità tra voi due sta nel mezzo: in una prospettiva moderna, certamente Epicuro ha ragione nel rilevare che la causa era del tutto politica. Ma in una prospettiva arcaica, tenendo conto del fatto che la Regina è anche capo della chiesa anglicana e che la posta in gioco era l'assoggettazione di una regione ad essa, Weissbach non avrebbe tutti i torti e si sarebbe anche potuto far passare quell'epilogo come una sorta di martirio di persone perseguitate per essere cattolici. Certamente una posizione forzata e moralemente cedevole, ma probabilmente inerente in parte alla realtà per quel che riguarda le cause di quel rispetto delle autorità cattoliche per la libera autodeterminazione di quei combattenti: la relativizzazione dei valori entra così in gioco nel confrontare quella determinazione con quella di Welby, che molto più profanamente si batteva in nome non del pontificato ma di un principio laico, cosa che per la chiesa è ripugnante.

Il pezzo è molto opportuno e lapidario, complimenti!

Anonimo ha detto...

Non per essere pedante, ma in Gran Bretagna (Scozia e Inghilterra), il 10 per cento della popolazione è costituito da cattolici (adesso lo è anche Tony Blair), che accettano pienamente l'autorità politica della corona senza essere minimamente in conflitto con la Chiesa di Roma. E del resto il movimento repubblicano irlandese ha tra i suoi martiri diversi calvinisti, quali Theobald Wolfe Tone e Robert Emmet. La Chiesa cattolica è sempre stata attentissima a tenere le distanze dall'Ira e non ha mai sposato la causa dell'irredentismo irlandese. Semmai si è battuta per i diritti umani dei cattolici nazionalisti nell'Irlanda del Nord. Insomma la causa di Sands riguardava un "principio laico" come quella di Welby: semplicemente era un principio politico di carattere patriottico e non la rivendicazione di un diritto individuale

Italy 32 CSM ha detto...

posso dire la mia, si che Bobby ha visto i preti in galera ma dovete anche capire che sono i prete erano permessi di vederli non sono morti per la Chiesa, anzi, la Chiesa ha fatto nulla per aiutare questi ragazzi e se guardi alla storia del mio bel paese e stato proprio la Chiesa a REGALARE l'irlanda agli inglese. La Chiesa e sempre stato nemico della lotta per la libetà. Nessuno in irlanda e morta per la chiesa. I miei compagni sono morti per il paese e la nostra libertà