Assuntina Morresi non è nuova alle interpretazioni fantasiose e poco attente alla letteratura scientifica.
Ieri se la prende, per l’ennesima volta, con la Ru486, con l’interruzione di gravidanza e con la contraccezione d’emergenza che in realtà sarebbe un mezzo abortivo camuffato (La scorciatoia bugiarda dell’aborto inconsapevole, Avvenire, 18 giugno 2011). Ma andiamo per ordine.
Il primo problema è l’affermazione di Morresi sulla Ru486, ovvero il farmaco che induce farmacologicamente l’interruzione di gravidanza - il cosiddetto aborto medico o farmacologico - invece di intervenire chirurgicamente. Morresi sostiene che il suo uso sarebbe difficilmente conciliabile con la legge 194 che nel 1978 ha normato l’interruzione di gravidanza. Nel 1978 questa possibilità non esisteva, tuttavia all’articolo 15 si legge: “Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza” (il corsivo è mio).
L’altro ostacolo pretestuoso riguarda il ricovero in una struttura sanitaria - così come previsto dall’articolo 8 della 194. Due anni fa l’Agenzia Italiana per il Farmaco aveva sottolineato la necessità di garantirlo come prova del rispetto della legge sulla interruzione di gravidanza. Il motivo di questa decisione? La risposta non è semplice, ma il richiamo all’articolo 8 sembra insoddisfacente (qui Giuseppe Regalzi aveva commentato il comunicato stampa dell’Aifa).
Il problema dunque non sembra tanto essere che la legge 194 non possa conciliarsi con la Ru486, ma che Morresi non approvi l’interruzione di gravidanza, soprattutto se eseguita in modo meno invasivo per le donne (già abortire è moralmente ripugnante, ma almeno che si soffra il più possibile e che non si possa scegliere). Nel corso del tempo le strategie di Morresi sono passate dall’affermazione della pericolosità della Ru486 per le donne all’accusa di “aborto fai da te”, colpevole anche di eliminare lo spazio di colloquio con la donna da parte di quanti vorrebbero dissuaderla. Scriveva infatti nel 2008: “La 194 invece, propone una casistica e pretende la valutazione e la certificazione di un medico. Proprio per permettere di discutere le motivazioni che spingono ad abortire, dà molto spazio al colloquio con le donne e prevede un periodo di riflessione - sette giorni - fra la concessione del certificato per abortire e l’intervento. Avere uno spazio in cui inserirsi per incontrare le donne e per ascoltarle è fondamentale: è questo il momento in cui lavorano i volontari dei “Centri di Aiuto alla Vita”. È questo il motivo per cui stiamo lottando contro la pillola abortiva Ru486, sinonimo di “aborto fai da te”, un modo di abortire in cui incontrare le donne diventa impossibile” (Una battaglia per la vita a trent’anni di distanza, ilsussidiario.net, 17 marzo 2008).
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