lunedì 17 novembre 2014

Quanto costa l’ideologia sull’aborto alla sanità pubblica?


Non dovremmo essere tutti d’accordo sull’uso appropriato delle risorse? Sulla volontà di non sprecare soldi, soprattutto in un contesto di limitatezza delle risorse? Quali sono le soluzioni per garantire meglio i servizi sanitari e per spendere meno? Partiamo dall’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) e dall’ultima relazione ministeriale perché l’aborto è forse uno degli esempi migliori di come le ragioni ideologiche e pretestuose abbiano la meglio sulle valutazioni razionali e sulle buone pratiche sanitarie. L’altro ieri Bergoglio ha invitato i medici a compiere scelte coraggiose e controcorrente, opponendosi al «pensiero dominante», alla «‘falsa compassione’: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto» (come possa essere controcorrente una scelta adottata da più di 7 ginecologi su 10 non è chiaro). Nessuno ha parlato delle scelte delle donne e nessuno della garanzia del servizio. Un servizio garantito in modo eterogeneo e che costa molto più di quanto potrebbe. Inefficienza e sprechi economici: il peggio che si possa immaginare. Michele Grandolfo, epidemiologo, già dirigente di ricerca dell’Istituto superiore di sanità (ISS), ci spiega come si potrebbero risparmiare moltissimi soldi garantendo, al contempo, servizi migliori. «Il primo obbligo di un sistema sanitario nazionale (SSN) è quello di utilizzare le procedure che hanno una base scientifica – in questo caso le raccomandazioni internazionali dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO, Safe abortion: technical and policy guidance for health systems).

Next, 17 novembre 2014.

79 commenti:

Anonimo ha detto...

cioè l'argomento sarebbe che favorendo la corretta applicazione della norma si potrebbe spendere meno ?
temo che nella sanità pubblica italiana questo sia "argumentare contra se"

Anonimo ha detto...

aargh, argumentare leggasi argumentari (PD)

Anonimo ha detto...

Scopro per la prima volta che le raccomandazioni prodotte dal WHO siano un testo scientifico e non un documento politico, con tutto il valore politico che merita, forse importante ed eventualmente anche vincolante (anche se non mi sembra questo il caso), ma la “certificazione di scientificità” richiede un percorso del tutto diverso.

Per entrare nel merito:

> Prima di strillare alla bancarotta per obiezione di coscienza, bisogna vedere i numeri. L’annuale relazione del Ministro della Sanità sull’applicazione della 194 del 2012 dice che «dal 1983 al 2011 le IVG eseguite mediamente ogni anno da ciascun non obiettore si sono dimezzate, passando da un valore di 3,3 IVG a settimana a 1,7. [Omissis] Il numero globale dei ginecologi che non esercita il diritto all’odc è quindi sempre stato CONGRUO [maiusolo mio] al numero degli interventi di IVG complessivo e risulta tale anche nel 2011 relativamente ad ogni singola regione.» Siccome questi dati possono essere visti come i polli nella statistica di Trilussa, la relazione evidenzia che «eventuali difficoltà nell’accesso ai servizi sono probabilmente da ricondursi ad una distribuzione non adeguata degli operatori». Ho visto un’intervista pochi giorni fa ad un responsabile di una ASL con il 100% di obiettori che spiegava che il servizio era garantito in ogni caso da un unico operatore a contratto. Certo questo è probabilmente un aggravio della spesa, ma sembra chiaro che nel contesto nazionale si parla di cifre piuttosto residuali. La vera sorpresa, però, viene dall’efficienza del servizio di cui i tempi di attesa potrebbero essere assunti come uno degli indicatori significativi: dove si riesce a dare una risposta in tempi brevi? Anche se al Nord si hanno 1,3 interventi al giorno per medico non obiettore e al Sud 2,4, al Nord solo il 60,1% dei tempi d’attesa è inferiore ai 14 gg, contro il 70,4 al Sud! Entro il 21° giorno abbiamo 84,6 al Nord e 88 al Sud ed entro il 28° abbiamo il 95,55 contro il 96,1 (elaborazioni personali della tabella 21 della relazione).
Comunque, la relazione conclude sul problema dell’influenza dell’obiezione di coscienza sul servizio: «Per avere un quadro più dettagliato e preciso della situazione dell‟obiezione di coscienza il Ministero della Salute ha attivato un “Tavolo tecnico” a cui sono stati invitati gli Assessori regionali, allo scopo di avviare un monitoraggio riguardante le singole strutture ospedaliere e i consultori, per individuare eventuali criticità nell‟applicazione dell‟anzidetta Legge.»
Considerando i numeri di cui sopra, mi sembra una polemica un po’ forzata.

> A mio giudizio, però, la cosa più importante non è rappresentata dagli aggravi di spesa, ma dal valore dell’esercizio stesso dell’obiezione di coscienza in una società pluralista come quella in cui vogliamo vivere. Una società pluralistica è una società in cui si scommette sulla possibilità, che molti gruppi con filosofie di vita, ideologie, religioni e quant’altro si voglia, molto diverse tra loro, riescano a vivere in pace e con una relativa armonia. In una società di questo tipo sono fondamentali le regole formali nel costruire le leggi e nel rispettarle, ma è altrettanto essenziale che si dia la possibilità a coloro che si trovassero di fronte ad un obbligo che impatta disastrosamente con la loro coscienza, di astenersi con l’obiezione. Non è una perdita per la società perché il riuscire a mantenere all’interno il maggior numero di persone possibili, senza creare nemici civili, persegue un valore molto maggiore rispetto ad un “modesto” costo monetario. Non ci sono regole assolute per definire i limiti del diritto all’obiezione di coscienza, ma bisogna agire con prudenza legislativa. Bisogna però aver presente che altrimenti molti, anche se forse non è questo il caso, potrebbero vedere come unica soluzione l’opposizione armata.

Fra Diavolo

Giuseppe Regalzi ha detto...

«Bisogna però aver presente che altrimenti molti, anche se forse non è questo il caso, potrebbero vedere come unica soluzione l’opposizione armata».

Bum!

Unknown ha detto...

@Regalzi
Apprezzo l’adeguatezza sonora del commento, ma non quel che sarcasticamente vorrebbe suggerire. Come se oggi non ci fossero nel mondo gruppi che non riconoscendosi nella società in cui vivono non ricorressero alle armi (e in Italia non ne abbiamo avuto episodi?). Certamente fa un po’ ridere immaginare la scena in cui proprio quei medici che praticano l’obiezione di coscienza per non uccidere impugnano le armi. Volevo fare un discorso un po’ generale sulla società pluralista dei cui destini sono molto preoccupato, ma evidentemente era fuori luogo (nolite mittere…)

Fra Diavolo

Giuseppe Regalzi ha detto...

Se la scena, per sua stessa ammissione, «fa un po' ridere», non capisco perché poi si lamenta che le sue perle di saggezza siano state calpestate. Le spari meno grosse, in avvenire, e troverà risposte meno sarcastiche.

Anonimo ha detto...

@fra diavolo
vista la Sua attenzione alle statistiche, Le segnalo che nel mondo occidentale e cattolico gli antiabortisti hanno già sparato a medici che pratica(va)no IVG, e ne hanno pure ammazzati;
non mi risultano invece antiabortisti ammazzati da medici;
diciamo che il rischio della lotta armata non è un gran argomento

Marcoz ha detto...

Se lo scenario suggerito da Fra Diavolo si avverasse, cioè se non fosse più ammessa l'obiezione di coscienza del medico, che non vedrebbe alternativa all'eversione, si potrebbe disinnescare in gran parte l'esplosività della situazione permettendo l'IVG anche in strutture private.
Sarebbe comunque necessaria un'attività repressiva per soffocare l'inevitabile minoranza composta dai soggetti più fanatici.

Unknown ha detto...

Mi sembra evidente che sull’argomento alla base della discussione (il non servizio dovuto all’obiezione di coscienza) non abbiate molto da dire. Al riguardo, infatti, non avete portato nessun contributo preferendo la scappatoia di focalizzarvi sul medico armato, esplicitamente presentato come argomento paradossale. Voleva essere un invito a considerare il ruolo essenziale dell’obiezione di coscienza in una società pluralista come quella in cui vorrei vivere, ma ho il sentore che l’intolleranza si trovi albergo tra gli insospettabili.

@Marcoz
Sembra evidente a tutti che non siano probabili scenari terroristici nel caso dell’IVG, dal momento che non risulta necessaria nessuna imposizione draconiana per garantire il servizio minacciato dai “medici obiettori”. Il problema non esiste: Ministro dixit!

@Anonimo senza nome
Gli episodi di violenza contro medici abortisti cui fa riferimento sono americani e vecchi di qualche decennio. Se fosse più attento ai fatti di laggiù, saprebbe che sulla legislazione abortista o antiabortista c’è una una situazione controversa e in continua evoluzione anche a causa delle polemiche e delle forti opposizioni all’Obamacare. A me sembra che in fondo lei mi dia ragione in quanto l’obiezione costituisce proprio uno degli strumenti sociopolitici (non l’unico) per evitare episodi così deprecabili.

Giuseppe Regalzi ha detto...

«Mi sembra evidente che sull’argomento alla base della discussione (il non servizio dovuto all’obiezione di coscienza) non abbiate molto da dire. Al riguardo, infatti, non avete portato nessun contributo preferendo la scappatoia di focalizzarvi sul medico armato, esplicitamente presentato come argomento paradossale».

La frase «Bisogna però aver presente che altrimenti molti, anche se forse non è questo il caso, potrebbero vedere come unica soluzione l’opposizione armata» a me non sembra molto paradossale. Ripeto la mia esortazione: le spari meno grosse, in avvenire, e troverà risposte meno sarcastiche. Vedrà che sull'argomento abbiamo moltissimo da dire.

«Gli episodi di violenza contro medici abortisti cui fa riferimento sono americani e vecchi di qualche decennio».

Il dottor Tiller è stato ucciso 5 anni fa, non qualche decennio fa. La violenza dei no-choice è ancora ben viva, purtroppo. E auspicare che si mantenga l'obiezione di coscienza per evitare il ripetersi di simili episodi assomiglia molto ad auspicare di chiudere un occhio sugli affari della mafia per evitare in futuro altre stragi di Capaci.

Marcoz ha detto...

Fra Diavolo, io ho fatto mia quella che mi sembrava una sua ipotesi: "mantenere all’interno il maggior numero di persone possibili [agendo] con prudenza legislativa (…) altrimenti molti (…) potrebbero vedere come unica soluzione l’opposizione armata."

Anonimo ha detto...

@Fra Diavolo sono l'anononimo (ovviamente) senza nome:
il fatto è che i medici obiettori godono già una legislazione ultraprotettiva, che permette loro atteggiamenti ostruzionistici di ogni genere e che di fatto limita il diritto della donna. Per farle un esempio italiano, a causa della legge sull'obiezione, molti medici che non sarebbero obiettori lo diventano perchè altrimenti avrebbero ritmi di lavoro insostenbili, rischierebbero trasferimenti ovunque e sarebbero esposti ad altri fastidi di vario genere (anche se è vero che in Italia non hanno ancora sparato a un medico).
Allora, proprio perchè una società pluralista deve essere garantire tutti, un tipo di obiezione di coscienza ultragarantista per l'obiettore e ultralesiva per il titolare del diritto (come quella di cui stiamo parlando) è il peggior tipo di obiezione da sostenere.
Se si sceglie di sostenerla dicendo che si rischia la lotta armata beh, io dico che stiamo rischiando molto di più che si mettano a sparare le donne.

Anonimo ha detto...

scusate l'italiano, è difficile scrivere un concetto chiaro durante un monologo interiore governato da originalissime bestemmie

Unknown ha detto...

@Anonimo (ovviamente senza nome)
Anche lei non sembra cogliere la vera obiezione all’ipotesi di bancarotta per obiezione di coscienza: il Ministro ha detto, con il conforto dei dati in suo possesso, che il numero dei medici non obiettori è CONGRUO, in tutte le regioni. E, di conseguenza, io mi sono limitato a contestare che l’obiezione oggi in Italia comporti disfunzioni sostanziali del servizio dell’IVG e tanto meno che obblighi a “ritmi di lavoro insostenibili”. Se non è d’accordo, se la prenda con il Ministro.
Le contestazioni ai medici armati non c’entrano nulla relativamente all’argomento specifico del post.

Anonimo ha detto...

@fradiavolo
io ho sostenuto che un'obiezione così disciplinata non garantisce a sufficienza i diritti della donna, Lei mi dice che non è così perchè lo dice il ministro (non so perchè hanno fatto un tavolo tecnico, se tutto va bene); se Lei non vede "disfunzioni sostanziali" in un sistema per cui un'infermiera si sente di rifiutare una pillola, io non so che farci, se il Suo argomento è "va tutto bene perchè lo ha detto il Ministro, io me la prendo con Lei perchè è un argomento molto povero.

Fetente ha detto...

Se la società fosse veramente pluralista, libera, tollerante eccetera come vorrebbe il frate, allora l'IVG sarebbe liberamente praticabile nelle cliniche private. Il resto sono chiacchiere di chi vive di chiacchiere da un paio di millenni.

paolo de gregorio ha detto...

Fra Diavolo, non infierisco oltre sulla battuta infelice perché fatto da altri. In linea di massima posso essere d'accordo che, entro dei limiti ragionevoli, la spesa possa non essere un punto così importante quando si tratta di temi sensibili. Però questo è l'annoso problema dell'obiezione: una cosa siamo io o lei che in talune circostanze possiamo rivendicare un certo margine di libertà nel non dover essere costretti a travalicare la nostra coscienza, altra cosa per chi svolge una funzione al servizio di altri. Ammetterà per esempio che un insegnante non può accettare una cattedra a scuola di Storia e poi rifiutarsi di parlare della Santa Inquisizione per motivi di coscienza. Mi rendo conto che il tema sotto mano sia più complesso e tocchi nervi più scoperti, ma io sono dell'idea che un dipendente pubblico debba essere (o almeno sentirsi) prima un funzionario pubblico e poi, laddove c'è margine sufficiente, anche obiettore. Essere al servizio della collettività ed essere pagati per questo è già un'assunzione di responsabilità, una missione che si è liberamente accettato di svolgere. Siccome il servizio non può essere interrotto, il medico dovrà considerare almeno la possibilità ipotetica di dover essere disposto ad un sacrificio, se non nell'operare attivamente almeno nell'accettare l'imposizione di un trasferimento d'ufficio, per intenderci. Quindi torno alla battuta, ma solo per dire che una ipotetica insofferenza alle "pressioni esterne" sarebbe corollario di una ridotta comprensione della funzione di servizio che si svolge, che non può essere considerata dal soggetto obiettore come una qualifica del tutto privata e di cui si è investiti per diritto assoluto. Parimenti se si osservasse una ridotta tendenza ad un minimo senso di inadeguatezza rispetto ai colleghi medici che svolgessero la funzione pubblica in modo completo, permettendo loro quel margine ampio di libertà che non è certo espressione di totale parità nell'approccio alla funzione svolta.
Quindi ritengo che più che "ribollire" di pulsioni questi soggetti medici debbano sempre più e sempre con maggiore enfasi sentirsi del tutto riconoscenti verso i colleghi che garantiscono il funzionamento della struttura pubblica, il cui collasso porterebbe alla fine delle loro stesse carriere.

Anonimo ha detto...

Non solo la scelta dei ginecologi obiettori non è controcorrente, ma tanto meno è coraggiosa. Una scelta coraggiosa è quella che implica per chi la compie un rischio, un costo o una rinuncia e mi sembra che questo non sia proprio il caso dei nostri ginecologi obiettori. Chi opponeva obiezione di coscienza alla leva militare (alla quale tra l'altro era chiamato non per propria scelta) poi si vedeva precluso per sempre l'accesso ad alcune professioni incluso quella del vigile urbano o della guardia forestale. A questi "coraggiosi" medici osa viene precluso?

Unknown ha detto...

@Anonimo (penso che sia sempre quello)
Lei si chiede perché abbiano fatto un tavolo tecnico? Non lo deve chiedere a me perché basta che legga la relazione del Ministro (mi permetta di sottolineare ancora una volta che ha certamente più informazioni di lei). Per aiutarla le riporto il testo in cui ci si riferisce al tavolo tecnico (osservi che questo testo è immediatamente successivo all’affermazione che il numero dei medici non obiettori è congruo in tutte le regioni):

Eventuali difficoltà nell‟accesso ai servizi, quindi, sono probabilmente da ricondursi a una distribuzione non adeguata degli operatori fra le strutture sanitarie, all‟interno di ciascuna regione. A tale proposito si ricorda che l‟art.9 della Legge 194/78 dispone che: “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’art.7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5,7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.
Per avere un quadro più dettagliato e preciso della situazione dell‟obiezione di coscienza il Ministero della Salute ha attivato un “Tavolo tecnico” a cui sono stati invitati gli Assessori regionali, allo scopo di avviare un monitoraggio riguardante le singole strutture ospedaliere e i consultori, per individuare eventuali criticità nell‟applicazione dell‟anzidetta Legge in riferimento agli aspetti sopra menzionati. Una prima proposta di scheda per la raccolta dati è già stata inviata ai referenti regionali; i risultati di tale monitoraggio saranno presentati nella prossima relazione al Parlamento.

Per quanto riguarda l’episodio dell’infermiera che non ha dato la pillola, credo sia necessario tener conto anche dell’art. 8 del codice deontologico degli infermieri:

Articolo 8
L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza, facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito.

(non mi pare che si possa sostenere che l’incolumità o la vita della ragazza fossero in pericolo).

Per l’ultimo commento delle 14:27, non ho il tempo materiale per rispondere, ma penso di poterlo fare in nottata.

Anonimo ha detto...

@fra diavolo
la vita di una ragazza che rischia di dover affrontare una gravidanza che non vuole è in pericolo, la vita e l'incolumità di una ragazza che rischia di dover affrontare un intervento tardivo sono in pericolo; e comunque per dimostrare che la legge sull'obiezione non tutela il pluralismo non serve che sia in pericolo la vita di una ragazza, basta che sia conculcato il suo diritto ad autodeterminarsi, ma da questa sua risposta è fin troppo chiaro quanto sia farisaico il suo rispetto e quanto invece sia reale il suo desiderio di una società pluralista che faccia esattamente quello che vuole lei

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio
Con questa risposta vorrei chiarire il mio punto di vista sull’obiezione di coscienza intesa come uno dei tanti strumenti essenziali per il buon funzionamento di una società pluralista (e quindi liberale). Così penso di rispondere implicitamente anche a Fetente e all’Anonimo nascosto.
Io credo che lo scopo essenziale dell’obiezione di coscienza sia quello di consentire LA PIENA PARTECIPAZIONE DEL MAGGIOR NUMERO DI PERSONE POSSIBILE all’attività politica e sociale. Non vogliamo mezzi medici o mezzi infermieri, a meno che lo scopo non sia puramente punitivo.
L’esempio più evidente credo che sia quello dell’obiezione al servizio militare. L’Anonimo ci presenta una domanda retorica con la quale pensa di aver risolto il dilemma. Egli afferma in modo non tanto velato che l’obiezione di coscienza DEVE avere un contrappasso. Ma l’esempio del servizio militare gli è del tutto contrario perché nel porre il suo ragionamento ribalta totalmente la sequenza dei fatti. E’ vero che i primi coraggiosi che si sono dichiarati obiettori hanno sfidato danni morali e materiali, ma poi la società ha preso atto della possibilità di integrare queste persone nel proprio sistema senza penalizzarle. Il fatto stesso che trovino una collocazione nella società senza venir meno alla propria coscienza è il guadagno della società stessa. Si badi bene: QUALUNQUE SIA QUESTA COSCIENZA. Se si riesce ad evitargli l’uso delle armi senza che per questo lo scopo complessivo (discutibile dal mio punto di vista, ma non conta in questo momento) per il quale teniamo in piedi un costosissimo apparato militare, socialmente abbiamo vinto tutti. Nello stabilire le regole dell’obiezione, negli specifici ambiti si possono anche prendere in considerazione degli aggravi per gli obiettori, ma non in senso punitivo, ma solo a garanzia di scelte complessive negative (ad esempio: tutti in fureria!). Ora, mi sembra dimostrato dal Ministro, con buona pace dell’Anonimo, che il servizio dell’IVG non viene compromesso dall’obiezione di coscienza.
Per quanto riguarda il concetto di funzionario pubblico evidenziato da paolo de gregorio, qui si va su di un terreno scivoloso perché mettiamo in gioco il possibile contrasto tra il potere politico (democratico o meno che sia), le regole da esso stabilite e la coscienza dei cittadini. Ma sono convinto che quanto detto sopra sia comprensivo anche del funzionario pubblico ed anzi si attagli soprattutto ad esso (altrimenti credo che parleremmo forse di codice penale). L’esempio dell’insegnante di Storia è quasi un assist al centravanti avversario. Certo che debbo parlare della Santa Inquisizione perché fa parte del programma ministeriale, oltre ad essere un passo essenziale della storia europea e mondiale. Il punto, però, è che ho tutto il diritto, anzi il dovere, di esporre i fatti come io credo in piena coscienza che si siano svolti. Ed ho anche il diritto/dovere di interpretare l’evento storico “Inquisizione” in modo diverso da quel che io suppongo pensi la maggioranza dei partecipanti a questa discussione (e certamente diversamente da paolo de gregorio, almeno a giudicare del modo di porre la questione). Poi, paolo de gregorio, qualora avesse la sventura di mandare i suoi figli alla mia classe, avrà tutto il diritto di fargli fare un’altra scuola o, ancor meglio, di impartirgli un’istruzione parentale, ma non d’impormi di dire cose false o dare interpretazioni discutibili (adesso Regalzi affermerà che difendendo velatamente l’Inquisizione, la sto sparando grossa, ma tant’è… chissà perché, ma immagino che si schieri con paolo…)
Sono contento che si parli dell’insegnamento (è il mio mestiere) di cui la piena titolarietà è assegnata dalla Costituzione ai soli genitori e della libertà d’insegnamento, che mi sembra il massimo esempio di libertà e di diritto all’obiezione di coscienza.

paolo de gregorio ha detto...

Fra Diavolo, lei potrà elaborare quante volte vuole la Santa Inquisizione, inquadrandola dei contesti che vuole lei, ma ad un certo punto sarà obbligato, non dalla sua coscienza (è irrilevante) ma dal suo mestiere, a citare che persone sono state mandate a morte per essa. Se se ne "dimenticasse" lei non starebbe rispondendo alla coscienza, ma starebbe violando il patto che ha con lo Stato e che le consente di mangiare la pappa a pranzo e a cena. Potrà riconciliare tutto ciò non so in che modo e non mi interessa come con la sua coscienza di cui sopra, ma dal punto di vista della società "liberale" che invoca, lei ne sarebbe un parassita.
Per questo io ho fatto quell'esempio, per il fatto che chi avesse questi propositi in mente, e sapendo di non poterli attuare, non potrà chiedere l'insegnamento e chiedere poi esenzione: per questo ho fatto l'esempio e non per offrire un assist per parlare della legittima libertà e autonomia dell'insegnate. L'insegnante non insegna secondo coscienza, insegna secondo conoscenza, e quindi ciò che è espressione della sua massima conoscenza è accettabile e in parte libero, non così ciò che la coscienza gli suggerisce.

Per quanto concerne il servizio militare, io non sono d'accordo con la sua elaborazione, probabilmente perché le è sfuggito quello che almeno a me pare il nocciolo della questione. Chi era obiettore non veniva posto alla difesa della collettività. Le è chiara questa distinzione? Non poteva fare carriera militare e nemmeno nella polizia. In questo non vi era un intento punitivo: vi era la logica constatazione che la sicurezza dei cittadini (vera o presunta che fosse) non poteva dipendere da chi si era dichiarato incapace di garantirla. È questo aspetto dell'esempio, pur con le ovvie differenze, che viene invocato parlando dell'obiezione del medico. L'obiezione di coscienza, se tale è, non dovrebbe minimamente essere scalfita dalla rinuncia accessoria del posto eventuale, in caso di necessità: si presume che la coscienza in questo caso sia più forte delle contingenze ed anche, perché no, in casi estremi, compatibile con la rinuncia a questa o quella professione. Il fatto che ciò non venga nemmeno lontanamente contemplato non vedo come sia dimostrazione che la nostra società sia liberale più di quanto non dimostri che quella coscienza sia in fondo poco preponderante (quando non anche irrilevante) nella vita di quelle persone (visto che, a quanto pare sia stato da lei sostenuto, in tanti sarebbero più pronti a ribellarsi piuttosto che a cambiare struttura o professione).

Unknown ha detto...

@Anonimo che passa all’insulto (farisaico non mi va giù)
Mi ripeterò, ma in una società democratica e liberale il rispetto della legge è fondamentale. Se lei reputasse che la legge sia fatta male devrà agire sul piano politico per cambiarla, ma sempre nel rispetto delle regole. Il rispetto delle regole comporta anche che non si possano interpretare le parole delle leggi in modo arbitrario per far dire loro quel che ci sembra opportuno. Una gravidanza, per di più ipotetica, non verrebbe mai considerata da nessun giudice una possibile minaccia all’incolumità di una ragazza “normale” (non è né una malattia né un danno fisico) e tanto meno alla sua vita.
Come vede, non cerco di piegare le leggi alla mia visione dell’esistenza e della società, bensì, nelle sedi opportune, cerco di svolgere un’attività politica che le possa modificare (sempre nel rispetto delle regole) e nel sociale di parlare con il maggior numero di persone senza insultarle perché possano almeno apprezzare il mio pensiero. Ho poche speranze che ciò avvenga con lei, ma chissà…

Marcoz ha detto...

Fra Diavolo, il rischio della vita non c'entra, a mio avviso.
L'efficacia di certi farmaci si riduce notevolmente nel giro di poche ore, e la tempestività dell'assunzione è fondamentale, in certi casi.
La presenza di un medico o di un'infermiera che con il loro comportamento rendono difficoltosa la fruizione del servizio, con conseguente ritardo che influisce sul raggio d'azione del farmaco, non dovrebbero essere ammessa.

Se lei pensa invece che sia ammissibile, le comunico che non è ancora nella fase eversiva, ma in quella di sabotaggio sì.

Anonimo ha detto...

@fradiavolo
no guardi scusi, la colpa è solo mia, che sono così cretino da mettermi a discutere con un sanfedista che si dichiara affamato di pluralismo, così onesto intellettualmente che scrive di non conoscere il motivo per cui il Ministro ha (dovuto) convocare un tavolo tecnico sull'obiezione mentre conosce a menadito il codice deontologico dell'infermiere, che ha così introiettato il chiagn'e fotti, vero principio spirituale del cattolicesimo italiano, da invocare a tutela dell'amplissima maggioranza di medici obiettori un istituto sociale, politico e
giuridico come l'obiezione di coscienza nato a tutela delle minoranze (e che ha dato prova di funzionare pessimamente), ha ragione, la colpa è solo mia.
Un'ultima cosa, a dispetto di quanto scrive, la classe che Le è stata affidata non è "sua", se lo ricordi bene sempre.

Unknown ha detto...

In conclusione, abbiamo un uno che condanna senza appello la mia opinione sull’Inquisizione senza averne conoscenza. Avevo solo affermato di pensare che le nostre opinioni PROBABILMENTE differissero, e lui dà l’impressione di conoscerla meglio di me e di sapere che alla fin fine avrei delle “strategiche” dimenticanze. Se lo dice lui! Poi mi intima di insegnare secondo conoscenza e non secondo coscienza (non so che voto prenderebbe in filosofia ipotizzando questa senza quella!). Senza dimenticare quell’altro che gioca con la locuzione “mia classe”, dove il “mia” è chiaramente un termine specificativo e non una affermazione di proprietà.
Poi, in buona compagnia con altri partecipanti alla civile discussione, sembra disturbato dal fatto che possa essere possibile garantire l’obiezione di coscienza senza penalizzazioni per nessuno, pur garantendo il servizio richiesto (come per l’IVG). Ma io credo che in questo caso vincano tutti e la società nel suo insieme. Ma se la dimensione sociale dell’obiezione di coscienza verso il servizio militare comportasse l’impossibilità di garantire la sicurezza dei cittadini, allora si dovrebbe ricorrere all’imposizione anche nei confronti degli obiettori, ma solo in questo caso (ripeto per l’ennesima volta che non è il caso dell’IVG).
Poi ci sono altri che disinvoltamente modificano a loro piacimento il significato delle parole dei codici scritti (come ad esempio “incolumità” e “pericolo per la vita”) e quelli che pensano che le cose debbano andare come piace a loro anche nel caso ciò comportasse una violazione delle leggi (codici deontologici compresi), senza volersi convincere che nel caso le regole stabilite non piacessero loro, le uniche azioni a loro disposizione sono quelle della lotta politica legittima.
Poi c’è quello che sfodera una lunga sequenza d’insulti solo perché gli è stato suggerito di leggere i documenti, sia delle leggi che quelle ministeriali e dei codici deontologici.

Ma non vi sembra di aver alzato troppo il tono della discussione?

paolo de gregorio ha detto...

Fra Diavolo, prima di fare la vittima rilegga il mio primo messaggio, la sua risposta e la mia ulteriore risposta. A me non interessa nulla della sua opinione sulla Santa Inquisizione né l'ho mai inferita, ho solo introdotto l'argomento come esempio, trovandomi come risposta alcune considerazioni che perdevano completamente di vista il motivo per cui io avevo fatto quell'esempio. Al che ho replicato con un discorso ipotetico: se lei insegnasse questo invece che quello, allora [...]. Mi dice che ho problemi con la filosofia e però lei prende un periodo ipotetico per un'attribuzione. Mah.

Io non so quale filosofia dovrei aver studiato per rinnegare che si insegni secondo la propria conoscenza e non secondo coscienza, ma se questa filosofia esiste son lieto di averla dimenticata. Io penso che lei cerchi di far dire alle mie parole ciò che queste non dicono, e se permette farlo facendo poi anche la vittima mi sa di distorsione: perché è chiaro che in termini gergali nulla può esserci senza coscienza, nemmeno la conoscenza, come è chiaro che l'insegnate come tutti debba far buon uso della propria coscienza, ma non era questo ciò di cui stavamo parlando né era questa banale constatazione che avevo inteso eludere con quella mia frase. Si stava semplicemente richiamando il fatto che qualunque moto di coscienza o tribolazione interna non potrà mai e non dovrà mai far recedere l'insegnate dal descrivere ciò che per conoscenza egli sa essere corretto, o comunque che ha dimostrato al concorso di intendere per acquisito. Al massimo egli potrà usare il proprio giudizio e le proprie valutazioni per modulare il metodo o contemperare gli argomenti nel modo che egli ritiene migliori, ma ribattezzarli coscienza è stato solo utile a dirottare altrove l'attenzione rispetto al cuore della discussione.

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio
Direi che per non infilarci in una sequela infinita di “Io pensavo che tu pensassi che io credessi…” (con continuazione ad libitum), possiamo accordarci che bisogna insegnare con coscienza e conoscenza. Ottimo.

paolo de gregorio ha detto...

@ Fra Diavolo

Cos'è, un ricatto intellettuale?

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio
Non saprei… non pensavo di essere capace di fare ricatti culturali. Lo prenderò per un complimento!
Però potrebbe essere un modo interessante d’interagire: invece di combattere sulle differenze, potremmo cercare di capire su cosa potremmo essere d’accordo. Ad esempio, ho riletto tutto quel che lei ha scritto e quindi spero che lei possa concordare con me anche sul fatto di considerare un obiettivo da perseguire quello di far partecipare il maggior numero di persone alla vita sociale in modo da non essere costrette a trovarsi in conflitto con la propria coscienza. Ovviamente ciò non deve impedire che nella sostanza vengano raggiunti gli obiettivi che la società si è data tramite le sue leggi (pur sempre modificabili, ma con il rispetto delle regole del gioco).

paolo de gregorio ha detto...

@ Fra Diavolo

Io non comprendo se le sue siano provocazioni consapevoli oppure nemmeno se ne renda conto. Nel primo caso, fa un buco nell'acqua perché sono in grado di non caderci. Prima parlavo di ricatto perché aveva ribadito un'altra volta un concetto che non mi trova d'accordo, come da me esplicitato, ponendomi davanti al bivio se dichiararmi d'accordo con il travisamento del mio pensiero oppure di dover continuare a dibattere con lei ad limitum.

Se vuole che espliciti per l'ennesima volta cosa ci differenzia, le dico che a mio avviso prima di tutto lei gioca un po' con le ambiguità del linguaggio. Se io dico "in coscienza non posso promuovere quel ragazzo" non sto realmente attingendo alle mie convinzioni filosofiche, etiche o religiose come scriminante in opposizione alle valutazioni curricolari: sto usando una locuzione figurata per dire che la mia missione di insegnante mi obbliga, per questioni di giustizia e soprattutto efficienza, a considerare opportuno che lo studente si sottoponga ad ulteriore lavoro per assorbire le nozioni che ritengo indispensabili per la prosecuzione del suo percorso. Un discorso analogo riguarderebbe la mia scelta del metodo. La "coscienza dell'insegnante" in questi casi è un agente proiettato verso il risultato da ottenere per il bene di coloro che ne usufruiscono.

Le "questioni di coscienza" di cui stiamo parlando qui sono di tutt'altra natura: riguardano il proprio io, le proprie convinzioni, i propri limiti, la salvaguardia delle proprie convinzioni filosofiche, etiche e religiose, eventualmente in opposizione all'interesse altrui, e sono reclamate non a tutela degli altri ma delle proprie personali prerogative. Non esiste in questo caso un diritto assoluto a non entrare in conflitto con la propria coscienza, perché tutto dipenderà dal ruolo che si ricopre e dagli obblighi che si è voluto eventualmente assumere verso terzi. Così nessuno si aspetterà che un testimone di Geova assuma il ruolo di chirurgo e poi si rifiuti di operare con trasfusioni di sangue in nome di quella pluralità che lei invoca. Non è una società plurale e liberale quella che permette a tutti di fare o omettere di tutto di più in base alla propria coscienza, a prescindere dal ruolo che per la società si ricopre. Dire che io sono libero in coscienza di rifiutare una trasfusione di sangue non è una libertà su un piano equivalente a quella di dire che io sono libero in coscienza di rifiutare che il mio paziente riceva una trasfusione di sangue. Lo comprende, questo concetto, con questo esempio, o continuerà ad eluderlo abilmente? Io ho l'impressione che questa distinzione non possa non esserle ovvia ma che stia continuando a svicolarla deviando l'attenzione verso petizioni di principio che hanno poco a che fare con l'argomento di cui si discute.

Ci saranno pure contesti in cui alcune obiezioni saranno tutelate, ed il caso della legge sull'aborto è uno, ma che lei le ritenga un tributo scontato in nome di una pluralità che è realmente tutelata per tutti, invece che una generosa concessione che non viene universalmente (e lei probabilmente non vorrebbe che fosse) riconosciuta a tutti mi pare un po' troppo, ancor di più se pretende che io mi dica d'accordo.

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio
Cerco di limitarmi all’ultimo paragrafo, sempre per evitare d’interpretarci l’un l’altro ad infinitum e perché mi sembra quello aderente al problema posto dal post iniziale.
Insisto nel dire che siamo d’accordo perché evidentemente non sono riuscito a spiegarmi: non ho sostenuto, come lei mi fa dire, che l’obiezione debba essere «una concessione che… omissis… viene universalmente… omissis… riconosciuta a tutti» ed in qualsiasi condizione. Infatti, invece del termine “tutti”, ho usato la locuzione “il maggior numero di persone possibile nel rispetto dei fini che la società si è data” (cito me stesso a memoria, ma comunque è il mio pensiero, per cui, se in qualche passaggio risultasse un pensiero diverso, e non credo, lo disconosco in questo momento). In linea di massima mi sembra coincidente con il suo pensiero oppure ho delle difficoltà interpretative.
Le dà tanto fastidio essere d’accordo con me? Ne va di mezzo la sua reputazione nel blog? (lo confesso: questo vuole essere un piccolo sfottò e spero che non se la prenda…)

paolo de gregorio ha detto...

@ Fra Diavolo

Trovo modo di rispondere solo ora, anche se mio malgrado dovrò riformulare concetti già espressi. Non ho mai problema rispetto a chi sia colui con cui mi trovo d'accordo, se non per cogliere lo spunto per fare qualche battuta dicendomi -all'occorrenza- al più preoccupato. Ma continua a non parermi questo il caso.

Cosa dovremmo di preciso garantire ad “il maggior numero di persone possibile nel rispetto dei fini che la società si è data”? A parte che già a parlare di fini che una società si dà ci inoltriamo sempre su terreni scoscesi. Io ho già ribadito che a mio avviso esiste già la libertà e l'autodeterminazione che garantiscono quel che c'è da garantire ai comuni semplici privati cittadini. Ma se tra quei "fini" che lei prospetta c'è anche l'uguaglianza, allora le cose non si disbrigano in modo così semplice come vuole suggerire: la coscienza non è una cosa che si può andare a far certificare dagli ufficiali civili.

Cosa diremmo se in tanti campi si scaricassero lavori sgraditi o ingrati ai colleghi semplicemente perché, grazie alla loro laboriosità ed efficienza, la società non ne risentirebbe? "Capisco il suo grave problema, ma io non posso compromettere la mia coscienza, si rivolga al mio collega qui di fianco". Facevo, non a caso, l'esempio dei testimoni di Geova: perché non arruolarli tra i medici e i chirurghi? Tanto, lavoro amministrativo e di consulenza ce n'è in abbondanza, e la società grazie ai loro colleghi volenterosi continuerà a perseguire ottimamente i propri fini.

Tornando per un attimo al caso dei militari: in quel caso c'era un obbligo, ma caduto l'obbligo caduta ovviamente l'opzione dell'obiezione. Eppure a lei le sembra che i fini che la società si prefigge sarebbero così incompatibili con un sottoesercito di militari da ufficio tutti rigorosamente volontari ma anche tutti rigorosamente obiettori?

Quando -quindi- dicevo di concederla a tutti e di dedurne i paradossi dicevo appunto che una società egalitaria non può permettersi troppo impunemente il lusso di accreditare agli uni e non agli altri una concessione di margine di obiezione su temi che sono per definizione così attinenti alla sfera individuale, ovviamente intendo dire quando si parla di funzionari al servizio della collettività. A lei sembrerà che in un caso particolare questa concessione non cozzi coi predetti "fini", ma io ritengo che questo rifletta una sua scala di valori e soprattutto non è sostanziata: basterà assumere qua e là in tanti ambiti qualche dipendente in più, et voilà si apriranno ampi margini per legittime obiezioni di coscienza nei più svariati ambiti, con le più personali richieste. Tanto, come ripeto, la coscienza non la si certifica.

In conclusione, no, se occorre rilegga e rilegga ancora perché non siamo così tanto d'accordo io e lei come continua a sembrarle. L'obiezione nel caso dell'aborto ha un prezzo in termini di mancata uguaglianza tra gli operatori, come descritto anche non da me (ma è solo un esempio ed uno dei temi annessi), che consiste nel fatto che altri medici perfettamente identici nel ruolo e nei diritti si sobbarchino un carico di lavoro sbilanciato nelle modalità rispetto alla normale aspettativa della professione e come da suoi primi messaggi e dall'aria che tira, invece che chinare rispettosamente capo e cappello verso quei colleghi, si arriva a pretendere di ribellarsi al solo paventare che si riconsideri (almeno parzialmente se non radicalmente) questa situazione. Una pessima lezione di quei "fini che la società si è data" che lei prende a riferimento.

filippo ha detto...

E, al limite, si possono esprimere gli stessi concetti in maniera più semplice e diretta:

Caro Ostetrico-Ginecologo, hai voluto la bicicletta? Perchè sei stato tu a volerla questa bicicletta, nessuno ti ha costretto a forza di botte a prendertela, no? E allora, da bravo, adesso pedala. Il tuo lavoro prevede tante belle attività tra le quali capita anche qualche IVG. Che dici, solo perchè la cosa potrebbe turbare la tua coscienza, le IVG le facciamo fare a qualcun altro, magari ai Dermatologi? Lo immagini un Dermatologo alle prese con un’IVG?
Per cui, se ritieni comunque di dover esercitare il tuo inalienabile diritto di obiezione al riguardo, e ci mancherebbe altro, la coscienza è una cosa seria, allora fai un piacere a te ed a tutti noi, “società pluralistica”, e vedi di obiettare quanto vuoi ma da subito, scegliendoti qualcos'altro da fare.
Ne guadagneremo tutti in chiarezza e onestà.

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio (vale anche per filippo)
Rinuncio all’idea che siamo d’accordo… peccato! Comunque credo che il punto a creare incomprensione sia effettivamente quello su cui lei insiste: “i fini che la società si è data”. Lei insiste nel farmi dire che vada concessa a tutti e sempre e fa un po’ d’ironia nel dire che
«basterà assumere qua e là in tanti ambiti qualche dipendente in più, et voilà si apriranno ampi margini per legittime obiezioni di coscienza nei più svariati ambiti, con le più personali richieste. Tanto, come ripeto, la coscienza non la si certifica.»
E’ proprio così e non c’è nulla di paradossale perché costituisce una delle tante opportunità in cui esercitare la capacità legislativa da parte dei politici. Quando facevo riferimento «ai fini che la società si è data», pensavo che dal contesto si comprendesse (ed evidentemente non era così, cosa della quale mi scuso) che i fini fossero quelli specifici di una particolare legge. Facciamo delle leggi per ottenere risultati rilevanti e utili per la società: nel contesto di quel che scrivevo, sono questi a costituire i fini di cui sopra. Abbiamo fatto una legge per l’IVG e il legislatore, che non vive sulla luna, sapeva benissimo che molti medici ed infermieri si sarebbero potuti trovare in forte contrasto con la loro coscienza. Si sarebbe potuta adottare la logica del “dentro o fuori”, logica che a me sembra voi auspichiate. Uno stato totalitario fa proprio così, magari contrabbandandola come scelta egualitaria. In uno stato pluralista si può (e a mio giudizio si deve) valutare se, a quali condizioni ed in che limiti si possa esentare coloro che si possono trovare in gravi problemi di coscienza senza nullificare la legge. Non si tratta di rimandare ad una impossibile “certificazione della coscienza”, ma una sensibilità politica e civile che prende atto della necessaria coesistenza in una società pluralista (cioè veramente liberale) di minoranze, a volte grandi e a volte grandissime, con visioni della vita radicalmente diverse tra loro.
Attraverso le procedure democratiche che ci siamo dati ed usate correttamente, si è deciso che l’IVG fosse un servizio essenziale da fornire tramite l’SSN, ma se è possibile, come di fatto lo è stato, garantire il raggiungimento di questo specifico fine cercando di evitare gravissimi e probabili problemi di coscienza (giudizio che darà il singolo in modo soggettivo e insindacabile, come detto da voi stessi), si può e si deve fare. La legge prevede, per di più, che il Ministro verifichi che «i fini che la società di è data» vengano raggiunti e ne faccia una relazione annuale. Visto che provocatoriamente ripropone il caso dei chirurghi testimoni di Geova, in questo caso non si è concessa l’obiezione di coscienza proprio per quel che dice lei e che non contraddice quel che dico io: è consapevolezza comune che un testimone di Geova chirurgo non può assolvere nei fatti il ruolo di chirurgo e che non possiamo fargli fare altro; i ginecologi, per fortuna, non sono abortoiatri (mio neologismo: un vero ossimoro).
Anche il caso del servizio militare è il medesimo, anche se oggi non c’è il servizio obbligatorio. Se ci fosse la necessità, cosa purtroppo che non può mai essere esclusa a priori, di una leva obbligatoria per garantire la “salus rei publicae”, il codice militare potrebbe prevedere (e credo lo faccia) l’obiezione di coscienza, magari limitandola al solo non uso delle armi, purché lo scopo complessivo della difesa sia garantito. Sarà una prudente valutazione politica a decidere se ci sia o meno il rischio che la dimensione del fenomeno incida negativamente sul fine principale e dovrà prevedere eventuali correttivi se ciò dovesse poi accadere. Nel creare nuove leggi, a causa delle quali è probabile si possano creare gravi problemi di coscienza in una parte significativa della popolazione, non prevedere MAI queste misure può comportare l’esclusione dalla vita civile di interi gruppi sociali, a volte molto grandi. Questo non sarebbe uno stato che voglia provare ad essere liberale.

filippo ha detto...

Uno stato totalitario adotta la logica del dentro o fuori nel senso che è lo stato, per l'appunto, a decidere se devi stare dentro o fuori.
Uno stato liberale adotta la logica del dentro o fuori ma nel senso che è il singolo a decidere se vuole stare dentro o fuori. Si chiede solo di saperlo per tempo, così da regolarsi.
D'altronde, avendo delle leggi da applicare, serve un minimo di pianificazione. Metti che non ci badiamo e poi magari ci ritroviamo con un bel 100% di Ostetrici-Ginecologi 'obiezionisti', a quel punto l'IVG a chi la facciamo fare? Ai Dermatologi? Agli idraulici?

Unknown ha detto...

@filippo
Il metodo del dentro e fuori che lei suggerisce come “liberale”, è il metodo classico di tutti i sistemi totalitari che non vogliono presentarsi come tali. Basta scrivere una legge che imponga dei doveri inaccettabili per una coscienza (laica o religiosa o di qualsiasi natura lei possa immaginare) e poi, come dice lei, non verrà imposto niente a nessuno perché sarà «il singolo a decidere se vuole stare dentro o fuori», così, tanto perché noi ci si possa regolare!
Facciamo un esempio classico italiano? Il giuramento chiesto dal Fascismo agli universitari italiani per poter continuare a fare i professori. Se ricordo bene, la classe degli accademici non fece una gran bella figura perché solo cinque si rifiutarono…
Un esempio dei giorni nostri? Basterebbero delle semplici linee guida ministeriali destinate ai giornalisti per poter pilotare l’opinione pubblica. Non è un caso ipotetico, purtroppo, ma per fortuna sembra rientrato, almeno per ora (le ripeto che non stiamo parlando del Minculpop, anche se lo stile è quello). Che dovrebbe fare il giornalista? O dentro o fuori, per cui o pubblica e scrive come desiderato, anche se in contrasto con la propria coscienza, o cambia mestiere? D’altronde, non possiamo proprio accettare che ogni giornalista scriva quel che gli pare!
Ma non sono sicuro che lei legga con attenzione questi noiosissimi commenti che ci scambiamo, perché ho detto più volte e chiaramente che l’obiezione di coscienza non può essere tale da impedire il raggiungimento degli obiettivi che la società si è data nel formulare una legge. Lei insiste nel chiedermi retoricamente se gli aborti li debbano fare gli idraulici (forse i dermatologi sarebbero in grado di farlo e, a pensarci bene, anche gli idraulici, così come all’epoca dimostrò benissimo la Bonino). Nel caso dell’IVG, questo non è avvenuto e probabilmente non avverrà nel futuro e in compenso i ginecologi continuano a fare il loro mestiere, che per fortuna non è quello dell’abortoiatra. Ricordo ancora che il Ministro della Sanità ha dichiarato che il numero dei medici non obiettori è risultato congruo in tutte le regioni!

paolo de gregorio ha detto...

@ Fra Diavolo

Credo di aver spiegato in abbondanza il mio punto di vista, quindi tenerò di fare solo una ultima integrazione. Se io ho un amico che mi dice: "quel tale mi sta antipatico perché è biondo", potrei replicare «visto che ti stanno antipatici tutti i biondi» e sentirmi rispondere "perché insisti nel farmi dire che mi stanno antipatici tutti i biondi". Questo per quanto concerne il suo appunto che mi fa: "Lei insiste nel farmi dire che vada concessa a tutti". Io non le faccio dire, io deduco secondo logica. Lei enuncia un principio generale però poi le vuole applicare in un unico contesto. Perché? Perché in quel contesto vuole che si applichi perché lei ha questa preferenza. Ma non è oggettiva questa preferenza: la coscienza è individuale ed eterogenea. Ci sono infiniti campi in cui certe persone potrebbero voler fare una professione a patto di non assumere un particolare dovere per motivi di coscienza personale, ma lei non vuole che li si consideri.

Per quanto riguarda gli operatori nelle strutture pubbliche: non entro nemmeno troppo in considerazioni riguardanti l'eventualità che, dopo così tanti anni dall'entrata in vigore della legge che regola il settore, la stessa possibilità di obiezione possa venir riconsiderata. Mi limito però ad osservare che la legge esiste da anni e quindi da anni chiunque si affacci in quella professione ed aspiri ad operare nel pubblico sa che le strutture sono obbligate a fornire il servizio che permetta le interruzioni di gravidanza. L'unica cosa che volevo mettere in evidenza era che alla luce di ciò si chiede come minimo che questi aspiranti (o ex aspiranti ora reali) operatori siano consci del fatto che possa essere previsto un contingentamento della presenza degli obiettori, a garanzia della massima funzionalità ed equità professionale del servizio che le strutture sono obbligate a garantire, che essi sanno essere obbligate a garantire, piuttosto che ritenersi intoccabili pronti (a leggere le sue parole) ad insorgere al solo suggerimento che si debba considerare ciò. Punto.

filippo ha detto...

Nessuno ha chiesto a chi era già Ostetrico-Ginecologo alla data del 22 Maggio 1978 di decidere se stare dentro o fuori. Ma adesso che l’IVG è legge dello Stato, non si vede dove starebbe il problema nel ricordare, a chi vuole divenire Ostetrico-Ginecologo nell’ambito di un servizio pubblico quale è la Sanità in Italia, che tra le attività professionali di un Ostetrico-Ginecologo è per l’appunto contemplata anche l’IVG. Oppure sarebbe troppo chiedere di regolare in anticipo i conti con la propria coscienza?
Lei insiste nel dire che “l’obiezione di coscienza non può essere tale da impedire il raggiungimento degli obiettivi che la società si è data nel formulare una legge” e questo ci rassicura. Ci rassicura un po’ meno invece il fatto che il Ministro ammetta candidamente, nelle sua relazione, che solo il 64% delle strutture ospedaliere preposte è in grado di assicurare il Servizio di IVG. Ma la 194 prevede l’obiezione del singolo operatore, non della struttura, per cui abbiamo un terzo delle strutture ospedaliere che, per ammissione del Ministro, violano la 194 non garantendo un servizio cui sono istituzionalmente preposte? E con percentuali di obiezione del personale che spesso superano l’80 % il numero degli operatori sarebbe congruo in tutte le Regioni? Ma allora per quale motivo lo scorso 8 marzo il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto che l'Italia, a causa dell'elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, viola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978?
Probabilmente al Comitato non avevano letto la relazione del Ministro...

Unknown ha detto...

@paolo de gregorio
Ho scritto che
Nel creare una nuova legge, se ci fosse evidenza che essa possa creare gravi problemi di coscienza in una parte significativa della popolazione, non prevedere MAI queste misure può comportare…
Le sue deduzioni secondo logica non sembrano impeccabili: dire (come faccio io) che “Non è opportuno non prevedere mai” non significa dire che “È opportuno prevedere sempre” (come mi vorrebbe far dire lei).
Quindi, nessuna obiezione di coscienza generale valida sempre, per tutti e per qualunque legge, come lei paventa. Rientra invece tra le facoltà del legislatore la possibilità di concedere l’obiezione di coscienza, ma solo in casi specifici e per serie motivazioni e a condizione che lo scopo primario della legge non venga vanificato e sia tenuto sotto controllo. Questo è quello che è avvenuto nel caso dell’IVG e, quindi, non si capisce la vostra battaglia della secchia rapita contro un nemico che non c’è.

Lei chiude con un perentorio «Punto». Per essere all’altezza ricorrerò a Totò: «Punto? Due punti! Ma sì, fai vedere che abbondiamo!»

Unknown ha detto...

@filippo
Prendo per buona la sua affermazione che «solo il 64% delle strutture ospedaliere preposte è in grado di assicurare il Servizio di IVG» (ho provato a cercarla nella relazione del Ministro senza riuscirci e confesso di non aver insistito moltissimo per motivi di tempo, per cui potrebbe indicarmi la pagina dove si trova questa affermazione). Ammettiamo e non concediamo che sia vero, ma quel che conta è la distribuzione sul territorio e il potervi accedere facilmente, senza spostamenti penalizzanti. La relazione ministeriale affronta esattamente questo problema e (so che mi ripeto…) dopo aver affermato che il numero di medici non obiettori è CONGRUO IN TUTTE LE REGIONI, prende in esame il problema (riporto un’altra volta l’intero passo relativo):

«Eventuali difficoltà nell‟accesso ai servizi, quindi, sono probabilmente da ricondursi a una distribuzione non adeguata degli operatori fra le strutture sanitarie, all‟interno di ciascuna regione. A tale proposito si ricorda che l‟art.9 della Legge 194/78 dispone che: “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’art.7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5,7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.
Per avere un quadro più dettagliato e preciso della situazione dell‟obiezione di coscienza il Ministero della Salute ha attivato un “Tavolo tecnico” a cui sono stati invitati gli Assessori regionali, allo scopo di avviare un monitoraggio riguardante le singole strutture ospedaliere e i consultori, per individuare eventuali criticità nell‟applicazione dell‟anzidetta Legge in riferimento agli aspetti sopra menzionati. Una prima proposta di scheda per la raccolta dati è già stata inviata ai referenti regionali; i risultati di tale monitoraggio saranno presentati nella prossima relazione al Parlamento.»

È evidente come l’eventuali carenze, ammesso che ci siano, non siano imputabili alla legge che prevede l’obiezione di coscienza, ma ad un’eventuale carenza di gestione da parte delle regioni (motivo del “Tavolo tecnico”). C’è perfino la possibilità di ricorrere alla mobilità, per cui esercitandoci nella sterile analisi delle possibili opzioni dei medici obiettori per opportunismo, qualcuno potrebbe benissimo non essere obiettore solo per evitare di essere “mobilitato”.
Lei contesta il Ministro chiedendosi retoricamente come si possa, in presenza di un’obiezione superiore all’80%, affermare che sia congruo il numero degli operatori! La risposta a lei e al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa è già presente nella relazione: sebbene al Nord si abbia una percentuale del 63,9% di obiettori contro il 77,1% del Sud (e con una punta dell’87,9% in Molise), al Nord il servizio sembra peggiore dal momento che solo il 60,1% dei tempi d’attesa è inferiore ai 14 gg mentre al Sud è il 70,4% (una bella dimostrazione di efficienza meridionale!) L’impressione è proprio quella che né lei, né la Commissione, abbiate letto adeguatamente la relazione, forse vittime di un pregiudizio ideologico.
Ma insomma, se il servizio è accettabile e contemporaneamente riusciamo a limitare il numero di medici costretti a venire a patti con la propria coscienza per fare il proprio mestiere, non è un bene per tutti? Non è un approccio liberale alla gestione della società?

filippo ha detto...

Per quanto riguarda il dato del 64% si trova nel sito del Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=1781
Per quanto riguarda invece le percentuali degli obiettori di coscienza, cerchiamo di leggere bene i numeri: al Nord 64,1% di obiettori, non 63,9%; al Sud 80,4% e non 77,1%; nel Molise 90,3% e non 87,9%, come si desume dalla lettura della Tabella 28 della relazione ministeriale.
Dopodichè questi sono comunque solo i dati del Ministero, e non perché provengano dal Ministero vanno considerati come oro colato. La Laiga (Libera Associazione Italiana dei Ginecologi per l’Applicazione della legge 194), tanto per dire, in una relazione risultato di un monitoraggio eseguito sul territorio nella Regione Lazio riporta il dato del 91,3% di obiettori nelle strutture pubbliche del Lazio a fronte dell’81,9% indicato nella relazione ‘benzodiazepinica’ del Ministero. Più che in Molise, per dire.
Al di là del numero degli obiettori, quello che sconcerta è la nonchalance con cui il Ministero ci comunica l’esistenza di fatto di una obiezione di struttura, espressamente vietata dalla legge 194, che si desume solo indirettamente dal dato forzatamente ottimistico del 64% di strutture che riescono (per ora) a garantire il servizio, un dato che resta comunque nel limbo del non indagato. Ci pensa però sempre la Laiga a scendere nei particolari: nel Lazio 10 strutture su 31 non eseguono IVG, in tre province (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile usufruire del servizio. In una parola: far west!
Mentre il Ministero attiva tavoli e suppellettili varie allo scopo di aumentare la cortina fumogena sul sabotaggio in corso della legge, noi ci permettiamo di indicare il rimedio più semplice a questa situazione di diffusa (e incoraggiata) illegalità dilagante: la fine di questa cosa che ci ostiniamo a chiamare obiezione di coscienza ma che in realtà è solo un ingiustificato privilegio di cui, stando così le cose, appare in effetti stupido non avvalersi. L’obiettore, chiamiamolo così, non è minimamente penalizzato per la sua scelta anzi, viene pagato uguale per lavorare di meno sottraendosi alla routine dell’IVG e ritagliandosi il tempo per altro come, ad esempio, la lucrosa diagnostica prenatale.
C’è del marcio in tutta questa faccenda.

Unknown ha detto...

@filippo
Sulla diversità di cifre: è dovuta al fatto che ho usato la relazione che avevo già sul computer, ma è quella dell’anno scorso (ammonizione verbale da parte dell’arbitro). Sono d’accordo con lei che non cambiano i termini della questione.

Fortuna che a sostenere la mia tesi ci sia la Laiga. Per chi non ha tempo o voglia di sapere cosa sia: Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194. Dal loro “Chi siamo” (grassetto originale): «L’associazione LAIGA nasce dall'impegno di un gruppo di ginecologi non obiettori […] Lo scopo […] è contarci, conoscerci e cercare di migliorare e salvaguardare l’applicazione della legge 194». Penso sia difficile supporre che siano prezzolati da Fra Diavolo per dire le stesse cose. Però è proprio così! Infatti chiedono chiarimenti relativamente ad un comunicato all’AOGOI (l’Associazione ginecologi ospedalieri italiani) in cui questa denunciava possibili rischi per l’obiezione di coscienza in occasione della discussione in Parlamento proprio sulla Relazione del Ministro. Senza entrare troppo nello specifico delle beghe tra associazioni, è sufficiente riportare il paragrafo conclusivo:

Ci chiediamo cosa abbia spinto la sollecita reazione del Presidente e del Segretario nazionali AOGOI a difendere un principio che non è mai stata messo in discussione. Forse invece il problema riguarda la richiesta della piena applicazione dell’articolo 9 della legge, che prevede sì la possibilità per il medico di sollevare obiezione di coscienza, ma anche l’obbligo per le strutture di garantire l’espletamento delle procedure. Anche attraverso la mobilita’ del personale.

È esattamente quel che sostengo io: non è sbagliato il principio dell’obiezione di coscienza (mai messo in discussione!), ma la legge va applicata rigorosamente. Se l’accesso al servizio non è adeguato, le regioni debbono provvedere ad una più corretta gestione (alla Zingaretti?). La cosa è semplice e, se lo dicono loro… e se nemmeno loro chiedono che quegli infingardi degli obiettori vengano “penalizzati” come lei sostiene dovrebbe essere… (e magari, non sapendo nulla di specifico dal di dentro e solo per mettermi sullo stesso suo piano, potrei perfino malignare che siano loro ad avere dei vantaggi dalla situazione attuale)

filippo ha detto...

Esattamente di cosa dovremmo stupirci? Del fatto che l’AOGOI inalberi una monumentale coda di paglia se solo si sfiora l’argomento della mancata applicazione della 194? Non credo, all’AOGOI sanno benissimo che il problema nasce proprio da loro, dai beneficiari legalizzati di questa cosa che continuiamo a chiamare, con un affettuoso eufemismo, “obiezione di coscienza” e che invece, in modo più consono alla realtà, dovremmo definire con un ‘faccio i miei comodi tanto ci sono quei pirla di non obiettori che fanno anche il mio lavoro, guadagniamo uguale ed il tutto garantito per legge’. Oppure sarebbe motivo di stupore il fatto che la LAIGA si permetta di ricordare che esiste una legge inapplicata e che, forse, bisognerebbe pure inventarsi qualcosa per applicarla nei limiti del realisticamente fattibile, dato che il provvedimento più semplice e ovvio per risolvere il problema, la cancellazione dell’obiezione, appare allo stato attuale di difficile e laboriosa attuazione?
Surreale poi l’accenno ai possibili ‘vantaggi’ di cui potrebbero godere, nella situazione attuale, i medici non obiettori. A cosa ci si riferisce, a possibili forniture gratis di vaselina?
Comunque, non vogliamo entrare nello specifico delle beghe tra associazioni? Riconosciamo la difficoltà insita, diciamo così, nel cambiare la legge allo scopo di cancellare questo privilegio privo di giustificazioni? Bene, esistono altre misure atte allo scopo, che non richiedono impervie procedure legislative ma solo dei semplici provvedimenti amministrativi, misure riassumibili con il termine cumulativo di incentivazione. Abbiamo bisogno di medici non obiettori per garantire il servizio di IVG, tra l’altro di medici che lavorino di più rispetto ai loro colleghi con la coscienza delicata? Incentiviamoli agendo sulla leva della retribuzione di risultato, che varia da medico a medico e consente di premiare chi svolge mansioni importanti per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda ospedaliera. Serve solo la volontà di farlo.
E quando le buste paga di chi assicura le IVG cominceranno a pesare di più, anche 1000 o 1500 euro di più tanto per scendere nel concreto, vedremo allora quale sarà la tenuta della coscienza dei nostri amici obiettori.

Unknown ha detto...

Ho solo evidenziato che i medici non obiettori, riuniti in un'associazione che ha per scopo l'applicazione della 194, considerano, contrariamente a quanto fa lei, del tutto legittima l'obiezione di coscienza.

filippo ha detto...

L'obiezione di coscienza è formalmente legittima, sostanzialmente non ragionevole.
E' formalmente legittima perchè è prevista dalla legge, o pensa che la LAIGA dovrebbe dire il contrario?
Sul perchè non sia sostanzialmente ragionevole ho portato un paio di quintalate di motivi per cui non ritengo necessario ripetermi.

Unknown ha detto...

@filippo
La dichiarazione dell’associazione dei medici non obiettori nella quale si afferma (in grassetto originale) che l’obiezione di coscienza è «un principio che non è mai stato messo in discussione» fa giustizia delle sue quintalate di motivi. Osservi bene che parlano di un “principio” da non mettere in discussione e non di una norma di legge da rispettare, anche se irragionevole. Rimane un suo rispettabilissimo parere, ma del tutto isolato almeno tra coloro che più dovrebbero essere dalla sua parte.

filippo ha detto...

Le quintalate di motivi restano. Motivi di irragionevolezza dell’obiezione elencati con dovizia di ragioni e di particolari nei precedenti interventi. Motivi cui Lei non è stato in grado di rispondere nel merito. Motivi a quintali, tutt’altro che disinvoltamente aggirabili (o ‘giustiziabili’) da una frase che non può certo intaccare le ragioni obiettive che li sostengono.

Unknown ha detto...

@filippo
Non basta, né da parte mia, né da parte sua, continuare ad affermare di aver dimostrato di aver ragione e che l’altro non ha dimostrato un bel nulla. Potremmo finire nel prossimo millennio. Per ora, mi accontento di essere in buona e qualificata compagnia.

Anonimo ha detto...

cioè io sto leggendo tuit di quelli contenti perchè all'Umberto I è andato in pensione l'unico e ultimo medico che effettuava IVG per dire il livello di democraticità di 'sta gente

filippo ha detto...

Non serve aspettare il prossimo millennio. Ci siamo accorti già adesso di come Lei non abbia granchè da ribattere.

Nel frattempo, mentre Lei cerca di sdoganarci le relazioni falsamente tranquillizzanti del Ministero, nel mondo reale la percentuale di medici obiettori in Italia è passata in cinque anni dal 50,7% del 2005 al 70% circa del 2010, all’Umberto I di Roma non ci sono più medici non obiettori e fra 3-4 anni, come ci dice la Fiapac (Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione), ci sarà un crollo improvviso dei medici non obiettori perché si sta esaurendo una generazione che ha vissuto la legalizzazione dell’aborto un po’ anche sul piano ‘militante’.

C’è chi le considera buone notizie. E c’è chi cerca elegantemente di prenderci per i fondelli, propinandoci improbabili visioni di “società pluralistiche” dove tutti possano fare un po’ quello che vogliono. Anche se poi, al dunque, in queste bellissime società pluralistiche qualcuno finisce inevitabilmente per prenderla in quel posto.

Unknown ha detto...

@Anonimo (5/12/14 08:54)
Anche in questo caso, debbo ripetere anche a lei che il problema non è l’obiezione di coscienza ma l’applicazione della legge 194, anche ricorrendo alla mobilità (se necessario, naturalmente).
Ma il principio dell’obiezione di coscienza è un principio che il legislatore ha opportunamente inserito nella legge in un’ottica pluralista e libertaria.

filippo ha detto...

La mobilità, certo. E chi dovremmo ‘mobilizzare’ per risolvere il problema dell’applicazione della legge 194, problema creato dall’obiezione di coscienza? Ma i non obiettori naturalmente, che domande! Li facciamo lavorare di più, li paghiamo uguale e, oltre a ciò, li spostiamo dove serve come dei sacchi di patate per risolvere il problema creato dai nostri amici obiettori dalla coscienza delicata, che intanto continuano bellamente a fare i loro comodi.
E’ la ‘società pluralistica’ all’italiana, dove alcuni si prendono le loro ingombranti libertà e gli altri invece se la prendono in quel posto.

Sì, certo, l’ottica libertaria e pluralista. Ci si è solo dimenticati di tracciare i limiti di questo diritto a obiettare, che si è tradotto nel diritto a non fare determinate cose non bilanciato da alcun dovere. In soldoni io, azienda ospedaliera, ti consento di essere esentato da una certa mansione e tu, Ginecologo dalla coscienza sensibile, in cambio cosa mi dai? Niente. Niente di niente.
Dobbiamo stupirci se, a queste condizioni, l’obiezione si è diffusa a valanga? Io mi stupisco di come, a queste condizioni, ci sia ancora qualcuno disposto a non obiettare.

Unknown ha detto...

@filippo
Non so che altro dire di fronte a tanto furore savonaroliano. Non sembra che t’interessi molto se il numero dei medici non obiettori sia congruo ai fini della legge. Il Ministro, che ha certamente più possibilità di te di conoscere la situazione, dice di sì, ma tu dici di no. E dice anche che la legge stessa dà gli strumenti per fare in modo che si possano correggere le cose nel caso così non fosse.
Dai proprio l’impressione che non t’interessi più di tanto se la legge funziona, ma solo di stigmatizzare e richiedere una qualche penalizzazione per gli obiettori. Non capisco perché, a tuo dire, gli obiettori non potrebbero essere “mobilitati”: logica vorrebbe che se in una struttura ad organico pieno fossero tutti obiettori, allora si dovrebbe spostare proprio uno di questi per metterne un altro non obiettore. Tendo a credere che all’Umberto I, anche solo per l’ottima localizzazione del Policlinico a Roma, si troverebbe più di uno tra gli abortoiatri a volerci andare molto volentieri…
Sull’ottica libertaria e pluralista forse non sarebbe male ci facessi una riflessione serena. Continuo a non capire perché se gli scopi della legge fossero raggiunti senza obbligare nessuno a trovarsi in contrasto con la propria coscienza, questo non dovrebbe essere considerato un risultato positivo anche da te.

filippo ha detto...

Che il numero di medici non obiettori sia congruo è solo un’affermazione del Ministro. Altri (LAIGA, FIAPAC, Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa) la vedono diversamente. E vedono un numero sempre crescente di coscienze delicate ed un servizio, sancito in teoria dalla legge, di sempre più difficile attuazione. Per cui, alla fine, sono i medici senza pruriti di coscienza e le donne in difficoltà a pagare in prima persona affinché nessuno possa “trovarsi in contrasto con la propria coscienza”.

Sull’ottica libertaria e pluralista la riflessione serena è semplice e lineare: per non “trovarsi in contrasto con la propria coscienza” sarebbe bene che ognuno facesse le sue scelte per tempo.
Perché, di questo passo, il problema dell’applicazione della legge verrà risolto alla radice. Col ritorno alle mammane ed ai cucchiai d’oro. Alla cui attività già adesso, molto probabilmente, si deve la riduzione delle IVG ufficiali. Per non dire del contemporaneo, sospetto aumento delle IVG ‘spontanee’.
Ma su questo non si trova granchè traccia nella relazione del Ministero…

Anonimo ha detto...

abortoiatri si commenta da solo, le difficoltà che incontra un unico medico che pratica l' IVG in termini di organizzazione del lavoro lei non le immagina neanche, lo scopo della legge è quello di tutelare la libertà della donna, quello di tutelare a tutti i costi l'obiezione, se il diritto della donna è conculcato (anche solo perchè è obbligata ad andare in un altro ospedale, ad esempio adesso una danna chje vuole effettuare un IVG all'Umberto Primo non ci può andare) la legge non funziona; ma per curiosità come si applica l'obiezione di coscienza ai "principi non negoziabili"? ah, già lì non si può certo applicare
fariseismo purissimo

Unknown ha detto...

@Anonimo 9/12/14 09:18
– “Abortoiatra”: vedo che l’ossimoro la disturba, ma non è chiaro il perché. Immagino che lei veda positivamente la professione dello “iatra” e come una conquista sociale l’ “aborto”. Perché mettere insieme due parole positive la disturba tanto?
– Credo che il Policlinico di Roma rientri tra le strutture che debbono garantire l’accesso all’IVG e nel caso sia previsto che rimangano senza abortoiatra, allora attendiamo di vedere quali misure prenderà Zingaretti (che già si è dimostrato molto sensibile a garantire il servizio). Sempre nel rispetto della 194.
– O lei non vive a Roma, oppure non considererebbe una tragedia andare in un altro ospedale, anche perché gli ospedali dove si pratica l’IVG sono numerosi e accessibili a tutti i romani e circonvicini. Pensa lei che a Roma tutti gli ospedali offrano tutti i servizi? Solo per fare un esempio, l’unico ospedale specializzato per gli ustionati una volta era solo il Sant’Eugenio all’Eur (non so se sia ancora così o se si è aggiunta qualche altra struttura).
– Non ho capito a cosa si riferisca quando parla di “principi non negoziabii”.

@filippo
Sul fatto che il numero dei medici non obiettori sia congruo o meno penso che si siamo detto tutto. Io rimango del parere che il Ministro abbia tutte le carte in mano per conoscere i numeri e lei no.
Per quanto riguarda la sua particolare visione di una società liberale e pluralista, voglio sprecare qualche parola ripetendole ancora una volta che il suo approccio alla questione è tipicamente totalitario: “Vuoi fare il professore universitario? Benissimo! Basta che tu faccia le tue scelte per tempo e faccia un bel giuramento di fedeltà al regime fascista.” Patti chiari e amicizia lunga!!!

Anonimo ha detto...

fra diavolo,
l'uso di "abortoiatra" mi disturba perchè lei dichiara che è un ossimoro ciò che in realtà non lo è (e questo è sufficiente a qualificarLa); vedo però che le piace ripetere il termine come ai bimbi piace ripetere le parolacce appena imparate

filippo ha detto...

Che il Ministro abbia i numeri giusti e tutti gli altri che io ho citato invece no, è solo una Sua (beata) opinione.

Non ci si aspetta certo che tutti gli ospedali offrano tutti i servizi. Ma che tutti gli ospedali dotati di una Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia offrano il servizio di IVG, che è parte integrante delle attività di un reparto di Ostetricia e Ginecologia, oltre che delle competenze professionali di un Ostetrico-Ginecologo, questo in effetti sì, rientra un po’ nelle nostre aspettative.

E questo concetto ci consente pure di identificare come non pertinente l’esempio dei professori universitari in epoca fascista, che Lei ci ha ammannito per la seconda volta, anche se fuori luogo. . In quel caso infatti il regime pretese un atto politico di adesione al fascismo, che tra l’altro non interessò solo i docenti universitari ma tutti i dipendenti pubblici, finanche gli impiegati del catasto, ai quali venne richiesta l’iscrizione al Partito Fascista come prerequisito all’ammissione in ruolo. Essere fascista non era ovviamente indispensabile ai fini dello svolgimento delle proprie mansioni, non è che conoscendo la Mistica Fascista al catasto le timbrature venissero meglio, era bensì un atto chiesto dal Partito nell’ottica totalitaria di identificazione tra lo Stato e la nazione.
Per gli Ostetrici-Ginecologi il discorso è diverso: eseguire un’IVG è parte integrante del mestiere. In altri termini non puoi dirti Ginecologo se non sai ( o se non vuoi) fare IVG. Almeno finchè continueremo a trovare descritte le tecniche di IVG nei manuali di Ostetricia piuttosto che in quelli di Dermatologia.
Quindi sì, patti chiari e amicizia lunga. Perché nessuno pretende di farti diventare fascista o vegano o qualcos’altro, ma se vuoi entrare nel club devi avere bene in mente tutte le mansioni che ci si aspetta da te.

Aldo ha detto...

Se il problema è solo l'applicazione della 194 allora non ci dovrebbero essere obiezioni circa la possibilità di fare bandi per soli ginecologi non obiettori e che si impegnino a rimanere tali pena la perdita del loro posto di lavoro per sopravvenuta inutilità.
O magari anche alla possibilità di praticare le IGV pure in strutture private convenzionate.

Unknown ha detto...

@Anonimo 9/12/14 16:06
Sul termine “abortoiatra”: la professione del medico si giustifica con lo scopo di curare e l’aborto non è una cura. Che poi possa essere considerata una conquista di civiltà non cambia la cosa perché la gravidanza non è una malattia da curare. Ergo, è un ossimoro (e non a caso la disturba come una parolaccia).

@filippo
Lei continua a dimostrare che il suo interesse non è costituito dalla possibilità che le donne possano usufruire del servizio, ma che gli obiettori vengano puniti. Da questo punto di vista, sono costretto ancora una volta a ripetere che il Ministro ha dati migliori dei suoi, tanto che, giusto per dire una cosa da poco, con i dati a sua disposizione si determinano stipendi e pensioni.
L’esempio del fascismo è ben pertinente perché quel che mette in evidenza è che il potere politico decise, sulla base di una particolare visione della vita e della società, quali fossero i requisiti indispensabili per poter esercitare una professione, anzi, vista la pervasività della richiesta che lei giustamente mette in evidenza nel caso del giuramento fascista, quali fossero i requisiti per il semplice poter vivere nella società. È evidente che l’aborto è una scelta che rientra in una visione dell’esistenza specifica e solo parzialmente accettata dall’intero corpo sociale. Indipendentemente dal fatto che lei la veda una conquista di civiltà, imporre questa visione della vita a tutti (escludere da una professione è uno degli aspetti, come quella di impedire di essere dipendente pubblico se non a condizione di essere fascista) è un modo totalitario di concepire e di voler gestire la società.

@Aldo
Perché non dovrei essere in d’accordo con lei nell’ipotizzare carriere separate? Posso solo immaginare che la determinazione numerica degli organici nelle due categorie sarebbe fonte di polemiche ben più accese di quelle attuali.
Comunque, in linea di principio, nessuna difficoltà ad avere due categorie e a consentirel’IVG nelle cliniche private (forse non parleremmo più di cucchiai, ma di “pompe da bicicletta” d’oro…).

P.S. Credo che da tempo sia possibile praticare l’IVG nelle strutture private. Rammenterei a tal proposito (e con raccapriccio), il caso della clinica “Villa Gina” a Roma.

Anonimo ha detto...

fradiavolo, complimenti per l'altezza del pensiero liberale che emerge dal paragone tra i deliquenti di villa gina ed i ginecologi che praticano regolarmente l'IVg.
ps ho scritto fin troppo chiaramente perchè mi disturba(va) l'uso che Lei fa del termine abortoiatra ed il disturbo non ha nulla a che vedere con le parolacce (che mi piacciono molto, come del resto i bestemmioni); il Suo patetico tentativo retorico, riassumbile in "ti disturba perchè sai è vero", lo spenda con i superstiziosi impressionabili, non con me

Unknown ha detto...

@Anonimo 12/12/14 08:54
Non ho fatto nessun paragone tra Villa Gina e coloro che praticano regolarmente l’IVG, proprio perché lì non si praticava “regolarmente” (noti che per non disturbarla ulteriormente ho evitato il termine “abortoiatri”)! Mi sono limitato a ricordare una vicenda di cui lei ha gentilmente confermato la veridicità.

Anonimo ha detto...

"Credo che da tempo sia possibile praticare l’IVG nelle strutture private. Rammenterei a tal proposito (e con raccapriccio), il caso della clinica “Villa Gina” a Roma".

Unknown ha detto...

@Anonimo 12/12/14 18:51
Ammettendo che lei sia sempre lo stesso, se rileggesse con attenzione, le dovrebbe risultar chiaro che ho citato Villa Gina solo a conferma che l’IVG si possa praticare da tempo nelle strutture private. Che ci fosse un paragone tra il modo un po’ troppo “disinvolto” in cui si praticava in quel luogo l’IVG (che ha provocato il mio “con raccapriccio”) ed altri che la praticano regolarmente (immagino significhi secondo la legge 194) è una sua libera fantasia.

filippo ha detto...

La richiesta del potere politico in epoca fascista era, per l’appunto, una richiesta politica fondata su considerazioni politiche, una richiesta di principio senza alcuna attinenza con i requisiti tecnici necessari in pratica all’espletamento di una determinata mansione, come nel caso della timbratura delle pratiche al catasto o dell’insegnamento della matematica nelle scuole di ogni ordine e grado.
Nel nostro caso il problema è diverso. Chi non sa effettuare una IVG o non vuole effettuare una IVG si esclude di fatto, a rigor di logica, dalla possibilità di praticare una professione che per l'appunto prevede l'esecuzione di IVG. Che la legge attuale consenta di definirsi Ginecologi senza di fatto esserlo veramente, costituisce un atto illogico.
L’obiezione dilagante mette sempre di più a rischio il diritto della donna, sancito da una legge dello Stato confermata da un referendum popolare, di essere sottoposta a IVG.
Quindi al sottoscritto interessa che le donne abbiano la possibilità di usufruire del servizio. Non è dato sapere invece quanto interessi a chi, come Lei, chiude gli occhi sul sempre crescente numero di obiettori.

Unknown ha detto...

@filippo
I suoi “dalli all’untore” sembrano del tutto allarmistici senza alcun motivo dal momento che dal 1983 al 2011 le IVG eseguite mediamente ogni anno da ciascun non obiettore si sono dimezzate (citazione dalla vituperata relazione del Ministro, sempre quello che ha i numeri che lei non ha). Insomma, le cose migliorano e lei parla di obiezione dilagante!!! Mah!

Il suo tentativo di smarcarsi dall’accusa di essere totalitario si basa su di una peregrina affermazione secondo la quale sembra che i requisiti richiesti per essere ammessi per l’espletamento di una qualsiasi professione siano ontologicamente preordinati e non siano una scelta politica. Prima della 194 non si poteva legittimamente praticare l’aborto e dopo, grazie agli strumenti politici che ci siamo dati, si è deciso di sì. La 194 è, quindi, una volontà politica che si motiva grazie ad una visione dell’esistenza non universalmente condivisa dall’intero corpo sociale e fortemente contrastata da molti. I poteri dittatoriali decidono che chi non si adegua deve venire espulso dalla professione o addirittura dalla società stessa. È chiaro che qualsiasi legge avrà sempre la disapprovazione di alcuni e non si può far contenti tutti, ma in una società liberale, ossia in una società in cui non esiste una visione unica della vita, uno dei compiti politici più importanti è proprio quello di cercare di non acuire i contrasti , soprattutto tra gruppi numerosi di cittadini. L’obiezione di coscienza nei confronti dell’aborto non riguarda solo i medici, ma ha valore per tutti coloro che lo considerano in modo fortemente negativo perché rappresenta la conferma sociale che anche la loro coscienza (anche quella dei non medici) è stata in qualche modo rispettata. Se non riesce a comprendere il valore essenziale in una società liberale di questo rispetto reciproco, allora, secondo me, lei ha un atteggiamento totalitario. Tutto questo, naturalmente, purché le finalità della legge vengano rispettate e il dimezzamento delle IVG pro capite sembra proprio confermarlo. Ma lei ha mostra di avere interessi punitivi più che costruttivi.

Infine, tornando al paragone del regime fascista e la sua richiesta di giuramento di fedeltà chiesto pure agli educatori, agli insegnanti e agli accademici, non credo proprio che si possa affermare insieme con lei che fosse « una richiesta di principio senza alcuna attinenza con i requisiti tecnici necessari in pratica all’espletamento di una determinata mansione, come nel caso della timbratura delle pratiche al catasto o dell’insegnamento della matematica nelle scuole di ogni ordine e grado». Vorrebbe forse dire che lei, dopo quel giuramento, sarebbe stato in grado d’insegnare una qualsiasi materia (magari storia! così per fare un esempio qualsiasi) senza alcun problema di coscienza? Spero proprio che lei non copra nessun ruolo nel mondo dell’educazione.

filippo ha detto...

Pare di capire che lei stia guardando un altro film, genere commedia a lieto fine. Noi stiamo guardando un horror in cui l’obiezione E’ un fenomeno in continua, dilagante crescita, con il 70% in media di obiettori su scala nazionale e punte che oltrepassano il 90% (Novanta per Cento) in realtà regionali importanti come il Lazio. Con intere strutture ospedaliere in cui il servizio non viene più espletato, strutture di fatto fuori legge.
Ma, inforcando gli occhiali rosa e facendosi una pera coi numeri del Ministero si può anche continuare a sostenere che tutto procede per il meglio. Per chi usa l’obiezione come grimaldello per cercare di scardinare dall’interno una legge dello Stato difesa dal 68% dei votanti nel 1981, le cose procedono certamente per il meglio.
Infatti c’è solo da attendere che la percentuale continui a salire. E salirà ancora perché, come già detto, io mi stupisco di come, alle condizioni già enunciate, ci sia ancora qualcuno disposto a non obiettare.

Visto che Lei insiste col regime fascista, Le dirò che francamente riesce molto difficile immaginare, ad esempio, la crisi di coscienza di un impiegato delle Poste e Telecomunicazioni, dopo l’iscrizione al partito, in merito all’espletamento delle sue mansioni di smistamento raccomandate.
E che riesce parimenti arduo seguirLa nella pretesa equiparazione tra un regime effettivamente totalitario in cui il partito al potere si identificava con lo Stato e si dilatava fino a costituire un tutt’uno con il corpo della nazione, omogeneizzando il tutto in unico stampo, e uno stato laico e liberale che consente, meglio favorisce la libera espressione delle idee, chiedendo solo il rispetto delle leggi. Per cui se sei un vigile fai le contravvenzioni quando è il caso di farlo, se sei un carabiniere apri il fuoco quando è il caso di farlo, se sei un Ginecologo esegui una IVG quando è il caso di farlo. Non ti piace, fai qualcos’altro perché sembra decisamente fuori luogo che tu, funzionario pubblico, decidi di non adempiere ai tuoi compiti istituzionali per le più svariate e personali motivazioni. Eppure nel caso della 194 è proprio quello che avviene, senza contropartite, senza alcun obbligo in cambio e, a quanto pare, anche senza alcun rispetto per chi deve accedere al servizio statuito dalla legge. E ciò è decisamente ingiusto.

Unknown ha detto...

@filippo
Chiunque seguisse il film sullo schermo di filippo (indipendentemente dal colore degli occhiali usati) avrebbe difficoltà a immaginare che la percentuale dei medici non obiettori negli ultimi tre anni è rimasta stazionaria ed anzi è leggermente diminuita. Ma naturalmente questo non conta perché lo si trova solo nei fumetti di fantasia del ministro della salute. E sempre chi ascoltasse filippo, non potrebbe neanche immaginare che il numero di aborti eseguiti da un medico non obiettore si è dimezzato dall'inizio della legge ad oggi.
E non credo ci sia persona che viva a Roma che possa immaginare che sia difficile trovare un ospedale comodamente raggiungibile dove praticare l'aborto.
Continuo a pensare che ormai su questo argomento ci siamo detto tutto quello che possiamo dire per convincerci l'un l'altro e che potremmo continuare fino al terzo millennio, rimanendo ciascuno dove già si trova.
Rinuncio anche definitivamente a farle comprendere perché in uno stato liberale e pluralista un uso oculato e moderato della obiezione di coscienza sia una esigenza essenziale, ma provo a fare un ultimo disperato tentativo. Il suo errore è quello di pensare che uno Stato possa richiedere sempre e comunque il rispetto della legge al di là della coscienza del cittadino senza diventare totalitario, come se la patente di Stato liberale fosse acquisita una volta per tutte senza verifiche di sorta sulle leggi che vengono fatte e come vengono applicate!. Dopo Norimberga questo è risultato chiaro a tutti (tranne che a lei) tanto che oggi perfino il codice militare di uno stato democratico come il nostro prevede la possibilità da parte del singolo combattente di rifiutarsi di obbedire agli ordini di un superiore se in contrasto con la propria coscienza. Ecco un altro esempio chiarissimo e significativo (al massimo possibile) di obiezione di coscienza previsto dai codici e che forse lei vorrebbe abolire.

filippo ha detto...

Il pubblico che invece decidesse di seguire la trama raccontata nel film disneyano visto da questo signore finirebbe per perdersi alcuni particolari di non secondaria importanza, come il fatto che il numero di Ginecologi dalla coscienza delicata in Italia sia balzato in meno di dieci anni dal già allarmante valore del 58% del 2005 alla catastrofica percentuale di oltre il 70% dei giorni nostri, con punte da delirio di oltre il 90%.
Anestetizzato dai numeri della tanto osannata relazione del Ministro, potrebbe anche non dare tanta importanza all’allarme lanciato dalla LAIGA (sempre loro) che paventa, in conseguenza del prossimo pensionamento di tutta una generazione storica di medici non obiettori, l’ulteriore riduzione dei medici Ginecologi disposti ad applicare la legge 194. Medici di cui in tutta Italia non ne resterebbero più di 150, e questo non nel 2099 ma nel giro di appena cinque anni. Ma, come è noto, i numeri li possiede il ministro, non certo la LAIGA o altri sovversivi del medesimo livello.
Che poi un giorno sì e l’altro pure venga scoperto un ambulatorio clandestino per aborti in nero, che ci si trovi di fronte ad un incremento perlomeno sospetto degli aborti ‘spontanei’ senza che nessuno si chieda quanti di questi siano in realtà aborti ‘fai da te’ finiti male per l’impossibilità di adire alle strutture legali, che intere strutture e intere province siano prive, completamente prive della possibilità di eseguire IVG alla faccia della legge 194 e di quelli che ancora credono nel rispetto delle leggi e della legalità in questo paese da dittatura delle banane, be’ di questo proprio è perfettamente inutile sperare di trovare traccia alcuna nel cartone animato propostoci da questo signore.

Che insiste a ridisegnare i manuali di educazione civica nel tentativo di gabellarci una definizione di stato liberale dove l’obiezione di coscienza sarebbe ormai diventata l’ultima, irrinunciabile frontiera. E, ovviamente, trascurando il non trascurabile particolare per cui, anche in uno stato liberale, le leggi vengono comunque rispettate e fatte rispettare.
Che insiste con il mantra dell’obiezione di coscienza, come se l’obiezione di coscienza avesse un senso in una struttura sociale in cui ogni legge è soggetta in ogni momento alla possibilità di essere discussa, criticata, attaccata e modificata, da chiunque. Caratteristica questa che distingue gli stati laici e liberali, come in teoria vorrebbe essere il nostro, dalle strutture veramente e dispoticamente totalitarie tra cui, a titolo di esempio, s può annoverare la piccola monarchia assoluta della Città del Vaticano.

Unknown ha detto...

@filippo
– Il numero degli aborti per ogni medico si è dimezzata dall’entrata in vigore della legge.
– La Laiga, a differenza di lei, non contesta il principio dell’obiezione di coscienza.
– Sono d’accordo con lei che le leggi di uno stato democratico vadano rispettate, anche quando prevedono l’obiezione di coscienza per il medico o per il combattente. Oppure vuol fare l’obiezione di coscienza all’obiezione di coscienza?
– È vero che le leggi possono essere modificate (lo fanno anche gli stati totalitari) ma questo non ha niente a che fare con la nostra discussione perché l’obiezione di coscienza ha senso solo nei confronti delle leggi finché sono in vigore. Nulla di più ovvio! Altrimenti cosa obietterebbe l’obiettore?
– Le regioni sono chiamate ad intervenire e le lamentele relative ai pochi casi di difficoltà attuali dovrebbe rivolgerle a queste per non aver vigilato a sufficienza e di non aver usufruito degli strumenti che offre la 194, mobilità compresa. È stato aperto un “tavolo” con il Ministero per analizzare le situazioni critiche. Vedremo i risultati, ma la situazione attuale complessiva non è drammatica. Infatti, perfino lei adesso parla soprattutto di scenari drammatici prossimi venturi.

Ed infine: che ci azzecca il Vaticano con la nostra discussione?

filippo ha detto...

La situazione attuale complessiva non è drammatica? Un terzo delle strutture a ciò preposte non fornisce il servizio cui sono tenute per legge e Lei non trova la situazione drammatica? Che concetto ha Lei di drammatico? Intere province dove non si trova un medico Ginecologo disposto a fare il suo lavoro e Lei trova la situazione accettabile quando non rosea? Che il numero di IVG diminuisca mentre però aumenta il numero delle IVG “spontanee” per non parlare di come un giorno sì e l’altro pure vengono scoperte strutture dove si pratica l’aborto clandestinamente è cosa che la lascia tranquillo? Ma Lei lavora all’ufficio propaganda del Ministero della Salute? Lo stile sembra quello. E tutto questo succede adesso, non in un prossimo futuro dove comunque le cose non potranno che peggiorare, continuando a tollerare gente che, con l’alibi dell’obiezione, semplicemente si fa gli affari propri.

Ho citato i numeri forniti da LAIGA per dimostrare che esistono altri dati oltre a quelli graziosamente dispensati dal Ministro. Che poi LAIGA non contesti l’obiezione, ammesso che effettivamente non intenda contestarla, è cosa che non mi tange più di tanto, anche se Lei invece ne sembra deliziato. Bene, la notizia è che, per quanto mi riguarda, potrei anche trovarmi ad essere l’ultimo rimasto sull’ultima ridotta di Fortezza Bastiani a difendere l’idea di abolire l’obiezione di coscienza dalla 194 (e non lo sono) e la cosa non intaccherebbe certo le mie convinzioni.

Certo che obietto all’obiezione di coscienza! Obietto al ridicolo di un’obiezione che diviene norma di legge, per di più a costo zero. Snaturando il significato della vera obiezione, che è l’atto di chi, costretto contro la sua volontà in determinati ruoli, decide di opporsi qualunque sia il prezzo da pagare. Ma chi costringe chi oggi nel ruolo di Ginecologo?

Le leggi vengono proposte e approvate e cambiate dai parlamentari eletti dal popolo. Se anche gli stati totalitari possono cambiare delle leggi, è molto dubbio che lo facciano dopo aver sentito il parere del popolo. Per cui una rischiosa, ma a quel punto sincera, obiezione di coscienza in un ambito totalitario avrebbe un senso, per non essere costretto a fare qualcosa che la tua coscienza non accetta in un posto dove certo non sei tu a fare e disfare le leggi.
Ed ecco che arriviamo così al Vaticano, il perfetto esempio di una monarchia assoluta, equiparabile ad uno stato totalitario, in cui le leggi, immutabili e divine, calano dall’alto dell’autorità incontrastata di un unico ‘infallibile’. Ecco, lì l’obiezione di coscienza avrebbe un senso.
Le risulta che qualcuno ci provi, di tanto in tanto, a obiettare, magari mandando a quel paese l’infallibile di turno, la sua cricca di porporati e tutto il resto della banda?

Unknown ha detto...

@filippo
Purtroppo, nel suo caso, “Repetita NON iuvant”.

P.S. Guardi che la battuta è mia e non la ribalti nei miei confronti: s’inventi qualche altra cosa (più o meno come fa con alcune delle sue incrollabili certezze).

P.P.S. Continuo a non capire perché le sembri rilevante il Vaticano in una discussione sul valore dell’obiezione di coscienza in uno stato democratico, visto che democratico non lo è.

filippo ha detto...

Il Vaticano può rappresentare l'esempio di organizzazione totalitaria nel cui ambito l'obiezione di coscienza avrebbe senso.
Immagino ad esempio un prete con una visione personale del matrimonio focalizzata sulla procreazione che obietti per motivi di coscienza e decida di non sposare in chiesa due vecchi eterosessuali perché non potranno mai avere figli. Magari dichiarando anche, per soprammercato, che piuttosto sarebbe più sensato sposare due lesbiche. E affrontando le prevedibili conseguenze del suo gesto.
Ma magari, in qualche commissione vaticana, stanno già pensando a degli emendamenti che consentano di introdurre e legalizzare in casi come questo una qualche forma di obiezione di coscienza. Così, pensando ai vantaggi di una società pluralistica…

Unknown ha detto...

@filippo
Perché racconta le sue fantasiose elucubrazioni a me? (Ammesso che sia io il destinatario…) Provi a scrivere una sceneggiatura e a mandarla a un produttore di fiction TV. Uno stato teocratico mi pare del tutto fuori in argomento.

filippo ha detto...

Merce inflazionata, la TV italiana è già piena di storie edificanti su martiri, santi e papi.
L'idea era di presentare un esempio di situazione in cui l'obiezione fosse giustificabile come risposta della coscienza ad una costrizione subìta.
Ma mi rendo conto di come l’esempio non calzi. Perché, anche in questo caso, nessuno ti ha costretto a forza a farti prete. Forse ti piaceva l’idea della missione, dell’evangelizzazione, della predica la domenica, oppure più semplicemente ti piacevano i bambini, in ogni modo sei entrato nel club, ti sei fatto prete ed ora non puoi rifiutare le regole del padrone del club.

No, neanche in questo caso l’obiezione di coscienza regge come opzione valida.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Direi che la conversazione può fermarsi qua. Avrei voluto dire qualcosa in proposito, ma mi manca il tempo. Sarà per un'altra volta.

Unknown ha detto...

@Regalzi
Ma non ti sembra che un post sulla "questioncella" della Planned Parenthood in America meriterebbe un post in un blog di Bioetica?

Scrivo su questa discussione (anche se l'hai dichiarata chiusa) perché sembra il post più recente che affronti il problema aborto.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Troppe sono le questioni che meriterebbero un post! Vediamo, appena il lavoro e il caldo lo permetteranno (anche se la vicenda di Planned Parenthood non mi sembra spostare per nulla i termini generali dei problemi dell'aborto).