lunedì 11 maggio 2009

Sotto un Arcobaleno le famiglie “diverse” che l’Italia non vede

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Ieri era la festa della mamma; meno di due mesi fa quella del papà. L’Associazione Famiglie Arcobaleno ha festeggiato, in alcune città italiane, la festa delle famiglie.
L’uso del plurale non è un dettaglio o un vezzo, ma è profondamente significativo: non c’è una Famiglia, giusta e invariabile nel tempo e nello spazio, cui conformarsi per poter essere considerati a tutti gli effetti un nucleo familiare. Non c’è un modello imposto dall’alto o deciso da qualcuno. Basterebbe avere una conoscenza, anche superficiale, della realtà che ci circonda per esserne consapevoli. Molte delle definizioni più comuni di famiglia rischiano di essere anguste: si pensi alla cosiddetta “famiglia tradizionale” intesa come costituita da madre, padre e figli, uniti da un legame genetico. Forse non dovrebbe essere considerata come una famiglia quella formata da un solo genitore? O quella in cui uno o entrambi i genitori non hanno legami genetici con i figli? E allora, quale potrebbe essere la condizione necessaria per rilevare la presenza di una famiglia? Il legame affettivo, la responsabilità, la condivisione. Nulla che si possa assicurare rispettando un modello formale e strutturale.
Accogliendo questa premessa l’orientamento sessuale dei componenti dovrebbe essere assolutamente irrilevante. Cosa c’entra, infatti, con la capacità o il desiderio di costruire una famiglia?
Famiglie Arcobaleno muove proprio da questa convinzione, e si propone di far conoscere una realtà familiare che, in Italia, si distingue dalle altre soltanto per un aspetto: la discriminazione.
Giuridica, prima di tutto. E poi culturale. Giuridica perché non ci sono norme, per esempio, a protezione di una famiglia omosessuale (non esiste il matrimonio; non c’è la possibilità di adottare; non si può accedere alle tecniche di procreazione assistita). Culturale: c’è una idea radicata di inconciliabilità tra omosessualità e genitorialità. Basta domandare al primo che capita per rendersene conto.
Ieri molte famiglie arcobaleno hanno festeggiato e, tra un panino e un pallone, sembravano proprio “come tutte le altre famiglie”.

(DNews, 11 maggio 2009)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarei più contento se lo stato togliesse ogni beneficio a tutte le famiglie, anche quelle "giuste", invece che dare diritti a destra e a manca.
Basta con l'assalto alla diligenza!.
Occorre ridefinire gli ambiti pubblico e privato della nostra società.
Occorre smetterla di pensare a uno stato dispensatore di alcunchè.
E' finito il tempo dei riconoscimenti. Non c'è da riconoscere niente e nessuno. Il più bravo e il più bello è colui che poco chiede e molto fa.
Meno politica (e politici), meno assistenza, meno tutto.....la scomparsa dello stato da ogni orizzonte....la definiva morte del papà.....che splendido sogno.
a-m

xxx ha detto...

sognando i diritti dei singoli, non posso non passare prima per i diritti di tutte le famiglie.
però anonimo non ha tutti i torti.

paolo de gregorio ha detto...

@ Babbia

"però anonimo non ha tutti i torti".

Se non fosse che anonimo (a-m) pecca spesso di coerenza. Nel suo ideale di stato assente sembra sempre partire dalle cose di cui egli non ha bisogno: nel chiedere di "ridefinire gli ambiti pubblico e privato della nostra società" non vuole mai partire dall'allaccio elettrico, avendo lui bisogno del caro computer, o dalla via fogniaria o strada comunale, perché gli fanno comodo, ma guardacaso sempre dalla famiglia, non avendone una.

gabibbo ha detto...

…e intanto 56 senatori 56 sottoscrivono una proposta di revisione costituzionale per cambiare l’articolo 29, in modo da chiudere ogni possibilità al matrimonio gay: “«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna»”, e le motivazioni della proposta sono tutte da leggere…

Costanza ha detto...

@gabibbo

Questo sì che è davvero raccapricciante. Il mondo va nella direzione dell'inclusione e noi ovviamente a passo di gambero :-(

@anonimo
io non voglio benefici, voglio diritti e parità. tu parli di morte del papà, io se parlo di morte della mamma rabbrividisco: se la mamma in questione sono io, mia figlia non potrà ereditare da me come se fossi la mamma biologica; se la mamma in questione è quella che l'ha partorita, mia figlia potrebbe finire con i nonni (biologici, ovviamente) e non con me che l'ho cercata da prima che nascesse, presa in braccio appena nata, curata e amata da sempre come se l'avessi partorita.