lunedì 6 marzo 2006

Ancora su Ru486 e Australia

I giornalisti del quotidiano dei vescovi, Avvenire, sembrano avere seri problemi a fornire resoconti accurati delle vicende australiane che riguardano la Ru486, la cosiddetta pillola abortiva. Dopo Eugenia Roccella e Assuntina Morresi, è la volta di Pierangelo Giovanetti («La forza dell’evidenza. L’Australia fa dietro-front», 4 marzo). Oltre a ripetere la storia del sondaggio anti-Ru486 (taroccato dai sostenitori della gravidanza coercitiva), Giovanetti ci fornisce una succulenta novità: «le case farmaceutiche si sono dichiarate indisponibili a commercializzare la pillola sul suolo australiano per la decisa opposizione dell’opinione pubblica al farmaco abortivo». Edotti dai precedenti di Avvenire andiamo subito a vedere la fonte della notizia: si tratta di un articolo apparso qualche giorno fa sul Sunday Telegraph (Glenn Milne, «Why companies won’t import abortion drug», 26 febbraio). Ecco il punto cruciale:

Pharmaceutical companies understand that their industry is already not particularly well regarded by the community – they therefore believe it is not worth stirring up a high-profile campaign against them by the so-called pro-life movement.
“Against that background it’s not particularly clever to register such a medicine (RU486) when we’re going to get a range of groups capable of generating a lot of publicity targeting the whole industry,” said one source close to the drug companies.
In italiano:
Le aziende farmaceutiche sanno che le loro industrie già non sono viste troppo favorevolmente dalla gente; credono quindi che non sia il caso di scatenare contro di sé una campagna ad alto profilo da parte dei cosiddetti movimenti pro-life.
«In questo contesto non sarebbe particolarmente astuto registrare una medicina come questa (la Ru486), quando così facendo si ottiene una quantità di gruppi capaci di generare molta propaganda contro le industrie del settore», afferma una fonte vicina alle compagnie farmaceutiche.
I fatti insomma sono questi: le aziende temono che in aggiunta ai motivi di risentimento già esistenti per altre ragioni (presumibilmente per i loro profitti ritenuti eccessivi, o qualcosa del genere), in futuro una massiccia campagna propagandistica sulla Ru486 possa costituire un’ulteriore pubblicità negativa a loro danno (il che, per inciso, rivela quanto una minoranza aggressiva e priva di scrupoli possa vanificare i fondamentali meccanismi democratici: l’introduzione della Ru486 era stata votata a grande maggioranza dal Parlamento australiano).
Un bel po’ differente dalla versione di Giovanetti, no? Altro che «decisa opposizione dell’opinione pubblica al farmaco abortivo»! Cari giornalisti di Avvenire, d’accordo che si tratta di una vicenda che si svolge agli antipodi, ma questo non è un buon motivo per rovesciare i fatti...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Uno dei miei preferiti aforismi.

L'informazione massmediale semplificata crea masse semplificate che si credono informate.

Giorgio Muccio

Anonimo ha detto...

Il succo della questione è che in tutto il mondo (basta documentarsi un po') il mifepristone viene introdotto solamente se richiesto dai governi. Se l'opinione pubblica è informata, invece, non viene distribuito neanche se lo chiede il parlamento.
La cosa dovrebbe far sospettare chiunque non sia in malafede, ma capisco che è chiedere troppo a chi parla di gravidanza coercitiva, termine abbastanza esilarante.
Sappi, comunque, che il brevetto della Ru è scaduto da un pezzo in tutto il mondo, ma nessuno si è fatto avanti per produrre la famosa pillola. eppure ci sono nazioni dove l'aborto chimico c'è da un pezzo (Francia, GB e Svezia) , e quindi che lo produca la compagnia X o la Y non dovrebbe importare granchè a nessuno, almeno in quei paesi, dove un boicottaggio non partirebbe neppure.
Eppure, questa miracolosa pillola non la vuole produrre nessun altro, oltre alla vecchia casa francese e ad una compagnia cinese.
Chissà perchè?
Chissà perchè in Cina l'hanno ritirata misteriosamente dalle farmacie e si può abortire con la pillola solo in cliniche specializzate, con degenza fino alla fase espulsiva, il tutto per "salvaguardare la salute delle donne"?
In Cina, noto paradiso dei diritti della donna....
E comunque, ritornando all'Australia, se quel sondaggio che tu ti ostini a dire falso lo è veramente, allora vuol dire che la maggior parte delle donne vuole la pillola abortiva. E allora perchè le compagnie farmaceutiche non vogliono registrare il mifepristone? Se è vero che la maggioranza delle donne lo vuole, lo userà SENZA PROBLEMI, non credi?

Assuntina Morresi

Giuseppe Regalzi ha detto...

La mia risposta al commento di Assuntina Morresi si trova qui.