mercoledì 22 marzo 2006

Altre due morti per la pillola abortiva?

La notizia è apparsa il 17 marzo sul sito della FDA, l’ente americano che regola i farmaci (e ci è stata prontamente comunicata dalla più faconda dei nostri commentatori): altre due donne sarebbero morte negli Stati Uniti dopo un aborto eseguito somministrando la Ru486 («FDA Public Health Advisory: Sepsis and Medical Abortion Update»). Se confermata, la notizia porterebbe a sette la conta delle morti negli USA collegate in qualche modo alla Ru486 (tredici in totale in occidente, a quanto pare).
Nonostante l’incertezza che circonda ancora queste ultime morti (e gran parte di quelle precedenti, per le quali il legame causale con l’aborto farmacologico rimane da dimostrare), la FDA ricorda a tutti i medici che l’unica procedura approvata per l’aborto farmacologico prevede la somministrazione di 600 mg di Mifeprex (il nome commerciale della Ru486 negli USA), seguiti dopo 48 ore da 400 µg per via orale di misoprostol, una prostaglandina che serve ad agevolare l’espulsione del prodotto del concepimento dall’utero. In almeno quattro dei cinque casi finora noti negli USA, invece, erano stati somministrati 200 mg di Mifeprex, e 800 µg per via vaginale di misoprostol (nel quinto caso, verificatosi nel Tennessee, la morte era stata causata da una gravidanza extrauterina non diagnosticata; una conduzione professionale dell’intervento dovrebbe evitare esiti come questo). Questa deviazione dalla procedura consigliata è ammessa negli USA, e si basa su studi scientifici che avrebbero dimostrato la parità di efficacia della dose più bassa di Mifeprex, e la maggiore tollerabilità del misoprostol somministrato per via vaginale; ma rimane il fatto che si tratta di una procedura non convalidata. Sembra in effetti che anche nelle due morti appena scoperte la procedura medica prevedesse la somministrazione vaginale: il New York Times (Gardiner Harris, «After 2 More Deaths, Planned Parenthood Alters Method for Abortion Pill», 18 marzo; l’articolo contiene qualche inesattezza, anche se non molto importante) rivela che i due aborti sarebbero stati eseguiti in cliniche di Planned Parenthood, la più grande organizzazione americana specializzata in contraccezione e aborto; i responsabili hanno già dichiarato l’immediato abbandono della procedura non approvata.
È interessante notare come anche alcuni dei casi mortali registrati al di fuori degli USA potrebbero essersi verificati in corrispondenza della somministrazione per via vaginale del misoprostol. Così è stato sicuramente nel caso della donna morta in Canada nel 2001 (200 mg di Mifeprex più 800 µg per via vaginale di misoprostol, cfr. E. Wiebe et al., «A fatal case of Clostridium sordellii septic shock syndrome associated with medical abortion», Obstetrics and Gynecology 104, 2004, 1142-44); così è stato probabilmente nel caso della giovane morta in Svezia nel 2003: stando ad alcune fonti che affermano di riprendere il rapporto governativo sul caso, sarebbe stato impiegato misoprostol, e all’inizio degli anni duemila la prassi svedese prevedeva appunto la somministrazione di questo farmaco (o del gemeprost, un farmaco dagli effetti analoghi) per via vaginale (Ing-Marie Jonsson, Catharina Zätterström e Kajsa Sundström, «Midwives’ role in management of medical abortion: Swedish Country Report», paper for the conference «Expanding Access; Advancing the Roles of Midlevel Providers in Menstrual Regulation and Elective Abortion Care», South Africa 2-6 December 2001, p. 11). Purtroppo non si sa quasi nulla delle tre morti avvenute nel Regno Unito dopo l’introduzione della Ru486 nel 1991, neppure quando si siano verificate; per quel che vale, comunque, nel 2002 anche in Gran Bretagna la prassi diffusa prevedeva la somministrazione di misoprostol (o di gemeprost) per via vaginale (cfr. Rachel K. Jones e Stanley K. Henshaw, «Mifepristone for Early Medical Abortion: Experiences in France, Great Britain and Sweden», Perspectives on Sexual and Reproductive Health 34, 2002, 154-61, a p. 155). La controprova sembrerebbe offerta dalla Francia, dove a partire dal 1992, dopo che il decesso di una donna l’anno prima aveva portato all’abbandono della prostaglandina allora usata (il sulprostone, nome commerciale Nalador), il metodo raccomandato e – a quanto pare – quasi universalmente seguito, prevede la somministrazione di 400 µg per via orale di misoprostol (o, anche qui, di gemeprost per via vaginale); da allora non si sono più registrati decessi, su un totale di interventi che è sicuramente cospicuo (cfr. l’articolo appena citato, e E. Aubeny, «Methods of Abortion in Europe During the First Trimester of Pregnancy», in Contraception Today: The Proceedings of the 4th Congress of the European Society of Contraception, a cura di C. Coll Capdevila, L. Inglesias Cortit e G. Creatsas, New York - London, 1998, pp. 173-82, a p. 178).
Stabilire un eventuale legame di causa ed effetto tra la modalità di somministrazione e i decessi fin qui verificatisi non sarà impresa da poco. Ma è comunque fonte di sollievo il fatto che nell’esperienza da poco in corso in Italia la somministrazione del misoprostol avvenga per via orale, come in Francia, e l’intera procedura sia quindi da considerarsi estremamente sicura. Bisognerà tenerne conto, di fronte alle grida che prevedibilmente si leveranno di nuovo in questi giorni contro l’aborto farmacologico.

Aggiornamento: il 10 aprile la FDA ha reso noto che uno dei due decessi segnalati a marzo non aveva nulla a che fare con l’aborto farmacologico. Il secondo caso rimane sotto esame.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

ABORTO MEDICO

Riassunto del protocollo per la sperimentazione della RU 486

Dimensione dello studio

[...]

400 donne divise in quattro gruppi di 100 donne:


- 200 mg di mifepristone e 400 mg di misoprostolo per via orale;


- 600 mg di mifepristone e 400 mg di misoprostolo per via orale;


- 200 mg di mifepristone e 800 mg di misoprostolo per via vaginale;


- 600 mg di mifepristone e 800 mg di misoprostolo per via vaginale.

[...]

fonte: Bioetica 4/2002

questo è il protocollo che ha usato Silvio Viale al S. Anna, che ha modificato da poco, dopo le morti. Come vedi, usava tranquillamente la procedura di somministrazione vaginale anche lui. Come la gran parte della gente che induce gli aborti medici. Adesso la sua sperimentazione prevede solo una variazione nella dose del mifepristone.

Puoi trovarlo in molti documenti, anche se fra quelli del sito internet dell'associazione adelaide aglietta queste informazioni, fatalità, non si trovano più. Ma il protocollo precedente era pubblicizzato, quindi la notizia è ancora verificabile, questa è solo una delle fonti.

Assuntina Morresi

Giuseppe Regalzi ha detto...

Questa però è una fonte del 2002 (in rete il documento si trova qui); allora l'unico decesso verificatosi in corrispondenza di somministrazione vaginale del misoprostol era stato quello della donna canadese, nel 2001 (e come se non bastasse il primo resoconto nella letteratura scientifica era apparso nel dicembre 2002!). Inoltre la proposta del 2002 era per una sperimentazione scientifica (e non era solo un escamotage), quindi la somministrazione del misoprostol con modalità e per indicazioni diverse da quelle registrate era del tutto legittima (e anzi consigliabile, visto che gli studi già disponibili sembravano dimostrare la maggiore tollerabilità del misoprostol somministrato per via vaginale).
Ma la sperimentazione vera e propria è iniziata il 9 settembre del 2005. A me risulta che la somministrazione sia avvenuta fin dall'inizio per via orale; ma se tu hai fonti che affermano cose diverse (come mi pare da capire da quello che scrivi) rendile note, e io poi eventualmente commenterò a mia volta.

Anonimo ha detto...

Ma se aveva richiesto una sperimentazione per via orale o vaginale, perchè poi l'ha cambiata?

Sai, Silvio Viale in un'intervista apparsa sul "Secolo XIX" aveva dichiarato che le perplessità espresse dalla FdA erano "balle messe in giro dal movimento per la vita americano".

Provare solamente le dosi di mifepristone è l'unica cosa inutile. Sai bene che quella è l'unica cosa certa, assodata, che 200 mg o 600 mg sono egualmente efficaci....

Ti faccio anche notare che in una fonte non sospetta, SaperiDoc, del servizio sanitario regionale dell'Emilia Romagna, viene tranquillamente spiegato che il misoprostol, indifferentemente per via vaginale o orale, viene dato anche in preparazione all'aborto chirurgico, nelle linee guida francesi e inglesi. datate 2001-2004, quando le morti per clostridium sordellii c'erano già.

Come mai fra le donne inglesi e francesi che hanno abortito chirurgicamente (nell' ultimo decennio, non sono state poi così poche) non c'è mai stato un solo caso di infezione da clostridium sordellii? Eppure molte avranno ricevuto misoprostol per via vaginale....
forse perchè c'è qualcosa che non va nell'accoppiata mifepristone/misoprostol?

AM

Giuseppe Regalzi ha detto...

Allora: per prima cosa noto che sembri convenire sul fatto che la sperimentazione effettiva dell'aborto medico in Italia si è svolta fin dall'inizio con la somministrazione per via orale del misoprostolo. E questo è ciò che mi interessa: che il protocollo segua la procedura che, al momento, appare più sicura; per quanto riguarda le motivazioni di Viale, io non le posso divinare, né del resto sono il suo avvocato difensore. Devo però aggiungere che non riesco a capire cosa ci sia di tanto tenebroso nel cambiamento di protocollo: una spiegazione possibile è che abbia tenuto conto dell'avvertimento della FDA del 19 luglio dell'anno scorso (e della lettera della Danco, che produce negli USA la Ru, dello stesso giorno).
Ma come – dirà chi ha letto il tuo commento – se Viale nell'intervista al Secolo XIX aveva dichiarato che le perplessità espresse dalla Fda erano «balle messe in giro dal movimento per la vita americano»? Solo che nell’intervista Viale non diceva esattamente questo, ma piuttosto: «Balle messe in giro dal movimento per la vita americano, che sfrutta cinque righe che la Fda ha ordinato di inserire nelle controindicazioni della Ru 486: la probabilità di morte di un caso ogni centomila è omologa a quella dell’aborto chirurgico». Questo veniva detto il 18 novembre; la prospettiva adesso è un po' cambiata, ma solo dopo il commento di Greene sul NEJM, che è del primo dicembre (e tu comunque sai bene qual è la conclusione dell'articolo di Greene, anche se voi dell'Altra Parte non la citate mai).

Quanto al perché il misoprostol causerebbe (eventualmente) sepsi nell'aborto medico ma non nell'aborto chirurgico: le spiegazioni possono essere tante. Forse c'entra la bizzarra distribuzione geografica dei casi fatali, con quattro su cinque in California (il quadro potrebbe cambiare quando si avranno maggiori dettagli sugli ultimi due decessi e su quelli avvenuti in Gran Bretagna); forse c'entra il fatto che l'aborto medico si effettua nelle prime sette o nove settimane di gravidanza, mentre l'aborto chirurgico avviene di norma più tardi; o forse effettivamente la cosa dipende dall'associazione mifepristone + misoprostol per via vaginale, come suggerisci tu: è un'ipotesi valida, per quel che ne posso capire. Ma in questo caso basterà variare la modalità di somministrazione della prostaglandina, senza rinunciare al mifepristone: per fare la polvere pirica occorrono zolfo, salnitro e carbone, ma questo non vuol dire che il salnitro sia un esplosivo...

Anonimo ha detto...

Hai proprio interpretato male: il fatto è che il protocollo è stato cambiato, senza mai dirlo pubblicamente, senza mai dire quando, nè le ragioni.
E non è detto che la somministrazione sia stata orale fin dall'inizio.

Perchè Viale non mette in rete tutti i protocolli, prima e dopo la sospensione di Storace?
Solo l'America è tenuta alla trasparenza?

Se noi non abbiamo citato la conclusione di Greene, che dire di Viale, che ha la responsabilità di una sperimentazione, e non cita le morti e le percentuali di mortalità? Doveva aspettare l'editoriale di Greene per calcolare la mortalità dell'aborto chirurgico?

Noi scriviamo solo opinioni basate su dati, lui gioca con la salute delle donne.

AM

Giuseppe Regalzi ha detto...

Cos'è che avrei interpretato male, scusa? Quanto alla trasparenza, d'accordo, è una buona cosa; ma se Viale mettesse in rete tutti i protocolli, e dicesse «l'ho cambiato per via dell'avvertimento del 19 luglio», che cosa cambierebbe? Gli rimproveresti di non averci pensato prima della FDA? Quanto all'articolo di Greene (che invita i regolatori a non trarre conclusioni drastiche!), se quando è apparso in stampa il protocollo italiano era già cambiato, dov'è il problema?

Infine, dici bene, in un certo senso: se qualcosa va male nella sperimentazione, Viale paga di persona. Non credo, quindi, che stia tentando di ammazzare quante più donne è possibile... Se un integralista «dissuade» una donna dall'abortire, e poi questa muore per complicanze dovute alla gravidanza (il che è molto più probabile che morire per la «kill pill»), nessuno gliene chiederà mai conto.

Anonimo ha detto...

Cosa cambia se Viale ha stravolto il protocollo di sperimentazione, senza dire quando né perchè, sperando che la cosa passasse inosservata?

Cambia tutto. Cambia proprio tutto.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Un commento proprio informativo, grazie! «Sperando che la cosa passasse inosservata»? Con tanti occhi puntati addosso? Andiamo, su...