Aldo Schiavone, «Parzialità confessa», La Repubblica, 2 luglio 2009, p. 1:
L’idea che ogni comportamento e ogni scelta personale di chi riveste funzioni pubbliche delicatissime debbano essere sottratti a qualunque obbligo – anche elementare – di opportunità, di misura e di riservatezza è semplicemente aberrante.Da leggere tutto.
E rovescia nella sostanza delle cose – mentre pretende di applicarlo letteralmente – un caposaldo dell’etica liberale. Che questo modo di ragionare – dove si eleva l’anomia e l’arbitrio individuale a principio universale di condotta – sia quello di un giudice della Corte Costituzionale, se non arriva ancora a farci disperare del futuro del nostro diritto e della nostra Costituzione (c’è ben altro, per fortuna, alla Consulta), ci fa interrogare però con angoscia sul degrado del nostro discorso pubblico, e sul senso dello Stato che circola in ambienti giuridici e politici tutt’altro che marginali.
La lettera aperta che il giudice Mazzella ha scritto al presidente del Consiglio è un testo troppo meschino per essere veramente preoccupante dal punto di vista culturale: ci senti dentro un’aria di combriccole, di tavole imbandite, di domestiche fedeli e di chiacchiere, che nulla ha che fare con quello che dovrebbe essere lo spirito, il costume, lo stile mentale di un grande Servitore del diritto e della giustizia, quali che siano i suoi punti di riferimento ideali. I giudici costituzionali avrebbero da rispettare uno status, che qui risulta violato nella forma e nella sostanza. Non c’è nella lettera una sola parola che rimandi all’altissima funzione ricoperta da chi la scrive, e ai doveri che essa prescrive – doveri scritti e non scritti: nulla di nulla; un silenzio agghiacciante.
2 commenti:
la democrazia è fondamentalmente basata sull'etica. basta cambiare questa per modificare l'altra, senza carri armati e soldati per strada.
I metodi con cui la Repubblica seleziona i suoi servitori producono risultati inquietanti.
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