“Per la vita” (prolife) vuol dire essere per l’eliminazione o per la forte restrizione dell’autodeterminazione. Opporsi all’autodeterminazione significa immaginare un mondo in cui se una donna rimane incinta – per errore, per distrazione o per qualsiasi altra ragione – deve portare avanti la gravidanza, anche se non l’ha mai voluta, anche se ha cambiato idea, anche se corre dei rischi. In altre parole, significa riportare l’interruzione di gravidanza nel dominio dei reati e supportare la gravidanza forzata. Non è chiaro come si farebbe ad applicare tale proposito: tramite un regime di controllo e contenzione delle donne incinte, previo monitoraggio per sapere chi è gravida e chi ha solo mangiato troppo?
Essere “per la vita”, forse, vuol dire anche costringere Marlise Munoz in morte cerebrale a restare attaccata ai macchinari che la tengono in vita contro la volontà espressa, violare il suo living will in nome di quella sacralità del feto che ossessiona i detrattori dell’interruzione volontaria di gravidanza. Un feto che s’è scoperto essere “abnormal” . Oppure affermare che un aborto non cancella uno stupro (“An abortion doesn’t un-rape a woman”; sull’eccezione dello stupro ho già scritto qui).
Negli ultimi 3 anni le restrizioni sull’aborto negli USA sono state più numerose dell’intero decennio precedente, e soprattutto in alcuni stati è difficile accedere al servizio di interruzione volontaria di gravidanza (qui una mappa). La violenza antiabortista è sempre più diffusa: picchetti davanti alle cliniche e alle abitazioni degli operatori sanitari, aggressioni, incendi, attentati, omicidi. L’ultimo ginecologo a essere ammazzato è, nel 2009, George Tiller.
In Italia lo scorso maggio la legge 194 ha compiuto 35 anni. Non se la passa molto bene, schiacciata tra un numero sempre più alto di obiettori di coscienza e una condanna morale sempre più invadente. Una delle prime dichiarazioni di Jeremy Hunt, ministro della salute inglese, riguardava l’intenzione di dimezzare il termine legale per abortire. In Spagna è in corso uno scontro feroce: Mariano Rajoy vorrebbe riformare l’accesso all’aborto, cioè restringerlo.
Wired.it, 24 gennaio 2014.