lunedì 30 aprile 2012

Le difettose


“Ho sempre fatto. Lavorato. Prodotto. Realizzato. Ora devo solo vivere e aspettare. Con il rischio che non succeda nulla”. È l’attesa di Carla, la protagonista di Le difettose, primo romanzo di Eleonora Mazzoni (Einaudi, 2012). È l’attesa di tutte le persone che desiderano un figlio e che ricorrono alle tecniche di riproduzione.

Un’attesa che può diventare straziante e insopportabile, che galleggia nelle sale d’attesa che somigliano a manicomi, che deve essere domata quando si inizia un percorso di stimolazione ormonale, prelievo degli ovociti, tentativo di impianto, analisi del sangue, monitoraggio delle Beta. E che puoi moltiplicare indefinitivamente. Un desiderio che può diventare come una “vera ossessione amorosa”. La legge 40 e i dibattiti al riguardo sono spesso confusi e freddi, non si immagina il vissuto delle tante donne come Carla, la loro angoscia e le difficoltà che devono affrontare, alcune delle quali evitabili e imposte da una legge che per fortuna sta crollando sotto la scure di sentenze e tribunali. Angoscia e difficoltà reali: la legge 40 limita ancora l’accesso alle tecniche alle coppie sposate o conviventi e impone il requisito della sterilità, vieta il ricorso alla donazione dei gameti (la cosiddetta fecondazione eterologa), vieta la maternità surrogata e la sperimentazione embrionale. “Se la medicina ti offre una opportunità - mi dice Mazzoni - per quale motivo dovrebbe essere vietato farvi ricorso? Non posso pensare alle reazioni clericali che il nobel a Robert Edwards (pioniere delle tecniche, NdA) ha scatenato: la riproduzione artificiale banalizzerebbe la maternità e paternità? È il contrario, perché fai un percorso che altrimenti non avresti fatto”.
Le condanne hanno alcuni punti fermi, come la cantilena del figlio a tutti i costi, cioè un desiderio che diventerebbe cieca ostinazione, un desiderio sbagliato. Eppure solo in questo caso “a tutti i costi” ha un’accezione negativa: “ti sei laureata a tutti i costi” è positivo. C’entra la hýbris? “Credo di sì. Si ha paura che l’uomo voglia diventare Dio. Non ti fa essere come Dio - continua Mazzoni - ma molto umile nei confronti della vita, perché i risultati non sono garantiti, provi ma può andarti male. E poi la convinzione che la natura sia buona e la scienza cattiva è davvero ingenua. La natura può essere spietata, la natura è indifferente. D’altra parte se ti rompi una gamba te l’aggiusti, non subisci passivamente il tuo destino. E poi c’è uno scollamento tra le regole e la vita reale, anche tra gli adepti più intransigenti. Ho conosciuto molte persone che fanno parte di movimenti ultracattolici che hanno fatto ricorso all’eterologa - per loro abominevole - senza però dire nulla”.
In Le difettose molti dei luoghi comuni più feroci sono pronunciati dalle madri delle donne che stanno provando ad avere un figlio: è contro natura, i figli vanno fatti sotto le lenzuola e altri simili. “In parte è un fatto generazionale, chi non è preparato alla tecnica e alla scienza ha un sacco di false paure. Mi piaceva - prosegue Mazzoni - anche creare un conflitto tra Carla e una madre, assente e anaffettiva, che verso la fine si scopre avere avuto a sua volta una madre distante, chiusa in una depressione dopo la morte di un figlio. Volevo raccontare come la maternità fosse culturale, come si diventa madre e non lo si è perché si partorisce. È una categoria dell’anima che si trasmette di madre in figlia, sia in positivo che in negativo. Si cercano anche le madri, non solo i figli. Gli schemi della famiglia sono ancora così rigidi! La sacra famiglia può essere soffocante, violenta, brutale. Pensiamo alla violenza domestica. Sacralizzare è sempre rischioso”.

Su Il Mucchio di maggio.

giovedì 26 aprile 2012

mercoledì 25 aprile 2012

Predeath

Diagnosis of ‘pre-diseases’ is a growing trend

FEELING A bit left out because you are disease-free? Perhaps coffee mornings or lunches are somewhat one-sided as you listen to the health adventures of friends or colleagues?

There is a growing trend to diagnose people with “pre-diseases”. If you are about to develop diabetes, then you are “pre-diabetic”. And if you’re on the verge of being told you have high blood pressure, then you have “pre-hypertension”.

When you Google pre-disease, one of the first references to pop up is a website called predisease.com. This is its opening blurb: “Pre-disease is early disease. Disease has already begun and the complications and co-morbidities have started in the body. This is the stage when the body’s optimum balance or homeostasis is being disturbed. For example, in pre-diabetes, damage to kidneys, eyes, heart and nervous system have already begun and will progressively worsen, if not treated. When your cholesterol levels are slightly elevated, inflammation and damage to the coronary arteries has started with accumulation of plaque and this progressively worsens, if not treated.”

Scroll on and you will find how to order pre-emptive meds, special “pre-disease” therapies “to arrest the progression before it becomes irreversible”.
We all have a fatal condition: it’s pre-death, The Irish Time, april 24, 2012.

domenica 15 aprile 2012

No One Called Me a Slut

TWO weeks ago, a bomb went off outside a Wisconsin abortion center. In recent years, several states have passed or tried to pass laws requiring women seeking legal, constitutionally protected procedures to first undergo medical examinations. A young woman has been called a slut after testifying in favor of insurance coverage for contraceptive care. These are but a few of the stories about attacks on a woman’s right to choose.

It wasn’t always like this.

This is a story of how it used to be:

It’s 1978, five years after Roe v. Wade. I’m 38, I have four sons — the oldest is 17, the youngest is turning 12. I’m at school, getting a B.A., and I’m loving it.

I’m about two and a half months pregnant.

I don’t want this child.

I have a family, a large family. I love my children with a passion, but I don’t want any more. I know this with absolute certainty. I’ve got other things to do, and I don’t have it in me to be a good enough mother to a fifth child. I delight in newborn babies with their delicate weightlessness, the curl of their small fingers around my thumb, but the best thing about them now is that they belong to other people. I don’t want to bear them, feed them, bring them up, be responsible for them.

I don’t want this child.
Susan Heath.
Da leggere tutto. The New York Times di ieri.

Quando il bullismo è adulto e femmina

«Niente mi diverte come la disperazione amorosa e la parola perfida mi ha sempre fatto piacere». «Non c’è dunque donna che non abusi del potere che è riuscita ad ottenere!». Così conversano la marchesa di Marteuil e il visconte di Valmont nel romanzo Le relazioni pericolose. Nel XVIII secolo nessuno avrebbe usato il termine bullismo, ma Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos delinea un carattere prepotente e spietato che nulla avrebbe da invidiare ai moderni bulli. Anzi, alle moderne bulle che a scuola o in ufficio tormentano sottoposti o persone più deboli e incapaci di difendersi (sul lavoro si parla di mobbing). E a volte nemmeno se ne rendono conto. È possibile essere aggressivi senza esserne consapevoli? Parte proprio da questa domanda la riflessione di Meghan Casserly su Forbes Women di alcuni giorni fa. Casserly ricorda alcuni episodi della sua infanzia e adolescenza: com’è oggi la ragazzina un po’ bulla di allora?

Su la Lettura #22, 15 aprile 2012.

Verità e Vita

Il mese passato il Comitato Verità e Vita fa un comunicato stampa in occasione dei numeri relativi ai nati con tecniche riproduttive: Avvenire esulta: aumentano in Italia i figli della provetta.
Il Comitato condanna la legge 40 ed è coerente nel farlo, a differenza dei tanti difensori degli embrioni ma sostenitori della legge che ne fa scempio (chi difende gli embrioni non può giustificarne lo spreco nei tentativi di impianto e nei numerosi fallimenti, ovverto morti degli embrioni). Il Comitato condanna anche chi difende la legge 40 come male minore. E anche in questo caso è coerente.
La premessa del Comitato per difendere gli embrioni può essere attaccata (e non è la mia premessa), tuttavia ha un merito che manca a molti: posta la premessa, trae le conseguenze. E non si annoda la croda al collo come fanno gli altri, da Eugenia Roccella agli altri comitati cosiddetti prolife - che meglio sarebbe chiamare no choice - come Scienza&Vita.
Ecco alcune parti del comunicato del 16 marzo scorso.

Il quotidiano della Conferenza Episcopale “celebra” l’aumento dei cosiddetti “figli in braccio” da fecondazione artificiale. Ma produrre esseri umani in provetta è un bene o un male? Ancora una volta, il mito della legge 40 genera mostri.
[...]
Il teorema è, a questo punto, chiarissimo: si appoggia una legge definita “imperfetta”, elogiandola perché non fa diminuire, ma anzi incrementa, il successo della provetta. Dunque, si plaude a una legge che incoraggia il ricorso a tecniche intrinsecamente malvagie. Dimenticando completamente un paragrafo della recente Istruzione della Congregazione DIGNITAS PERSONAE, che tratta proprio  questi aspetti. Vi si legge al par. 14:
“Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo. (…….) In realtà è assai preoccupante che la ricerca in questo campo miri principalmente a ottenere  migliori risultati in termini di percentuale di bambini nati rispetto alle donne che iniziano il trattamento, ma non sembra avere un effettivo interesse per il diritto alla vita di ogni singolo embrione”.

Il nodo è esattamente questo: che si osserva la FIVET esclusivamente dal punto di vista dei “successi attesi” dagli adulti, occultando il cimitero di fallimenti che ad essi si accompagnano, in cui sono seppellite decine di migliaia di vite innocenti.
Verità & Vita ritiene che per un giudizio corretto sugli effetti pratici della legge 40 del 2004 è indispensabile non trascurare né tacere che, per ogni donna con figlio in braccio, vi sono numerosi figli e figlie che sono stati “sacrificati” (abortiti) in forza di questa legge.
Una legge che va contrastata sul piano culturale, invitando le coppie a non usarla, e a non produrre figli in provetta.  Una legge gravemente ingiusta contro il diritto alla vita, che è necessario contrastare e  superare non già con l’abrogazione libertaria, ma con una legge che vieti il dominio dell’uomo sull’uomo della fecondazione artificiale.

lunedì 9 aprile 2012

Greenpeace, imprecisioni e dubbi marchi di qualità

Ora, se nemmeno sanno di che si tratta, di che parliamo? Là dove non ci sono competenza e analisi vince la retorica, ecco perché ti mostrano un attivista con la tuta antiradiazione che distrugge un campo di piante ogm. Di cosa si può discutere? Ci sono i buoni e puri in tuta che ci proteggono dai cattivi. Detta in breve, le campagne di Greenpeace tendono a estorcere un’emozione. Emozionatevi pure, ma non pensate.
[...]
Insomma, senza un metodo d’analisi scientifico e condiviso, non abbiamo la possibilità di distinguere la dose che ci salva la vita da quella che inquina il mondo. La preoccupazione dunque è che Greenpeace esageri nelle sue battaglie: solo se spaventi bene i cittadini puoi sperare di mantenere la leadership del settore. I problemi ci sono, ma i rimedi proposti? Sono realistici?
L’ecologismo che si incarta, Antonio Pascale, la Lettura di ieri.

sabato 7 aprile 2012

Esistono ancora le mezze stagioni?


Qualche giorno fa Michela Marzano commentava su la Repubblica il ricorso ai test genetici (Quel virus del dubbio che ha contagiato gli uomini).
Di fiducia ce n’è veramente poca in questo momento. Non solo nei confronti della politica e dell’economia, ma anche all’interno delle coppie. Come se il virus del dubbio avesse contagiato veramente tutti, soprattutto gli uomini. Che ormai non sopportano più l’idea di essere stati traditi. E allora cercano in tutti i modi di rassicurarsi. Spiano, controllano, verificano. Fino a quest’assurda moda dei test del Dna per determinare con certezza la propria paternità. Come se essere padri si limitasse a trasmettere un pezzetto di codice genetico. Come se la fiducia, per esistere, avesse bisogno di un’accumulazione di prove irrefutabili… Peccato che siano proprio le persone in cui abbiamo veramente fiducia che hanno poi la possibilità di tradirci. E che fedeltà e tradimento vadano spesso di pari passo. Come spiega il sociologo Georg Simmel, la fiducia è come l’amore: è sempre e solo una "scommessa"; non può che essere un "salto nel buio". È per questo che, in amore, si è vulnerabili. Ci si aspettano tante cose, talvolta "tutto". E che il pensiero del tradimento è quasi intollerabile. Nessun essere umano, però, è affidabile al cento per cento. Chi lo pretende mente, a se stesso o agli altri. Perché il desiderio evolve e si trasforma. E forse l’unico modo per tenerlo acceso è quello di non cedere al fascino discreto del dubbio. Shakespeare lo aveva già detto parlando di Otello: le certezze non esistono e, quando le si cerca in modo ossessivo, finiscono solo col produrre una tragedia.
Un “signora mia” l’avrei aggiunto dopo la prima frase, e forse l’avrei ribadito anche in seguito.
Com’era la fiducia prima, com’era in quel dorato mondo che fu? Chi lo sa, ma la tentazione di immaginare la caduta dei tempi attuali è irresistibile. Ecco il virus della sfiducia invadere le nostre vite, ecco che gli uomini non sopporterebbero più di essere traditi: perché prima lo sopportavano? E poi l’intolleranza al tradimento è una questione di gender? A chi fa piacere essere traditi? Ah, non ci sono più i cornuti d’una volta!
Assurda oppure no la moda dei test del Dna non è valutabile in base al fatto che la paternità non è riducibile al legame genetico. Su questo non c’è dubbio. E poi, soprattutto, è proprio vero: in amore vince chi fugge...

mercoledì 4 aprile 2012

Napoli, 16 aprile 2012


UDISALUTE Napoli presenta

Obiezione di coscienza nella legge 194 (legge sulla maternità libera e responsabile e interruzione volontaria di gravidanza), presso la sala Santa Maria la Nova della Provincia di Napoli, ore 17 del 16 aprile 2012.

Modera ed introduce Simona Ricciardelli (udisalute-comitato 194).
Ne parlano: Chiara Lalli e Filomena Gallo (segretaria associazione Luca Coscioni).

Intervengono: Prof. Giovanni Persico (Direttore generale AOU Federico II di Napoli) e Dott. Riccardo Bonafiglia (ospedale Civile di Caserta).

Il dibattito sarà sostenuto dalle testimonianze dal territorio sulla severa riduzione dei servizi deputati all’applicazione della legge con i contributi dell’Assessore alle pari opportunità del Comune di Napoli, le consigliere Provinciali, le Consigliere Comunali, le donne dei Consultori e le associazioni in lotta per l’applicazione della legge.