domenica 4 dicembre 2011

Far finta di dormire


Te l’avevan detto che finivi male
Francesco Guccini, Piccola storia ignobile

I’ve been running through these promises
to you that I made and I could not keep
Leonard Cohen, I’m your man


È senza dubbio ripugnante obbligare qualcuno a compiere un gesto che non vuole compiere. Ma il significato di «obbligare» dipende dal contesto: quando un gesto obbligato deriva da una nostra precedente libera scelta, possiamo ancora usare lo stesso verbo?
Sembra difficile, senza che il significato genuino del verbo obbligare sia disgiunto dalla parola, dal suono o dalla traccia nera su un foglio bianco.

La possibilità di fare obiezione di coscienza in campo sanitario delinea scenari preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza. Sia quando la possibilità concessa dalla legge è applicata correttamente, sia e a maggior ragione quando è applicata in modo disinvolto. D’altra parte la legge non stabilisce un tetto massimo – e come potrebbe farlo? – ma si limita a distinguere l’obiezione del singolo da quella della struttura. Quando va bene, perché non sempre è così e spesso poi la distinzione viene ignorata e si finisce con l’attribuire una coscienza anche alle strutture.
Che cosa faremmo se tutti i medici decidessero di essere obiettori di coscienza? Come garantiremmo le scelte dei pazienti?

Ci ritroveremmo forse a dover obbligare alcuni medici? E secondo quali criteri? Di certo non si può pensare di risolvere la questione aggrappandosi all’improbabilità di un simile scenario, all’idea che i medici sono persone e che le persone sono diverse e quindi sarebbe inverosimile che tutti i medici scegliessero di essere obiettori. È solo l’ennesimo tentativo di eludere queste domande. È solo un modo per non vedere che, in scala ridotta, succede già perché in alcuni ospedali tutti i medici sono obiettori.

Abolire la possibilità di fare per legge obiezione di coscienza sarebbe un gesto troppo brutale? Forse. Ma sarebbe ingiusto e illegittimo? Forse no, se il dominio su cui si vuole esercitarla è disegnato dalle nostre scelte e non è un dovere che vale per tutti.

Possiamo provare a rispondere prima a un’altra domanda: quali alternative abbiamo? Perché dovremmo almeno smettere di fare finta che non ci sia un conflitto desolante. «È sempre possibile svegliare uno che dorme, ma non c’è rumore che possa svegliare chi finge di dormire» scrive Jonathan Safran Foer. [1]
Quali alternative abbiamo per evitare che quanti si rivolgono a un medico non vengano schiacciati dalla sua visione del mondo? Per evitare che ciò che la legge concede a una persona venga corroso e annientato dalla coscienza altrui?

È senza dubbio ripugnante sgretolare le richieste che hanno a che fare con la nostra libertà di scegliere riguardo alla nostra esistenza, quando queste richieste non costituiscono una violazione di un diritto di qualcun altro in senso forte.
Il conflitto [2] tra la richiesta del paziente e quella del medico non sarà forse sanabile, ma per non rimanere sospeso in uno spazio senza significato, deve essere risolto attribuendo un peso a ciascuna richiesta. Il paternalismo sceglie di assegnare più peso alla scelta del medico. Quale peso vogliamo scegliere noi?

Ho raccontato solo alcune delle storie che si potrebbero raccontare sulla difficoltà di abortire o di esaudire una richiesta medica, che non è mai una richiesta solo medica, e temo di non essere stata esaustiva nemmeno sulla tipologia delle storie – ammesso che abbia senso parlare di una tipologia di storia. Queste storie meritano una risposta. Meritano la nostra veglia.

Conoscere quanto accade nei corridoi degli ospedali rende difficile continuare a pensare che si possa continuare a dormire. Certo, si può sempre fare finta.

NOTE

[1] Jonathan Safran Foer, Se niente importa, op.cit.
[2] Il conflitto è ben espresso da Sean Murphy: «Il tentativo di raggiungere un “equilibrio praticabile e rispettoso” tra gli interessi confliggenti di pazienti e operatori sanitari è lodevole, ma tralascia di considerare la natura del conflitto. Nei casi di obiezione di coscienza, i pazienti hanno interesse a ottenere un particolare prodotto o servizio, mentre gli operatori sanitari perseguono l’interesse di vivere e lavorare secondo le convinzioni della loro coscienza. Con sufficiente immaginazione e volontà politica, si potrebbe trovare il modo di conciliare gli interessi di entrambi. Ma i loro interessi non possono essere equilibrati, perché non sono misurabili; riguardano benefici radicalmente diversi». (Service or Servitude: Reflections on Freedom of Conscience for Health Care Workers). La soluzione auspicata da Murphy – dialogo, pianificazione, bilanciamento di interessi, immaginazione e volontà politica – potrebbe essere condivisibile; tuttavia la sua posizione sembra sbilanciata dalla parte degli operatori sanitari quando afferma che, in fondo, chi si vede rifiutare da un farmacista la contraccezione d’emergenza può sempre andare a cercare un’altra farmacia. O forse più che essere sbilanciata sembra non considerare un possibile scenario: che succede se anche il secondo, il terzo, il quarto farmacista rifiutano di vendere il farmaco? Che succede se tutti i farmacisti rifiutano?

Estratto pubblicato su Micromega, 3 dicembre 2011.

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