domenica 11 dicembre 2011

Giuliano Ferrara ha ragione

Ha ragione quando conclude il suo pezzo sulla vicenda della 16enne, la gravidanza, il tribunale e poi l’aborto così (Adesso i cattolici che “capiscono” l’aborto non parlino di amore, Il Giornale di oggi):

Anche gli uomini di chiesa si sentono costretti a sociologizzare il problema, a dirsi come il direttore del giornale cattolico chiamato a commentare la storia, «amareggiati» per un aborto che non si può accettare, ma pieni di comprensione per le ansie dei genitori e per la situazione in cui si è trovata la ragazzina. La comprensione per chi può decidere da forte dell’esistenza dei deboli è solo l’altra faccia della spietatezza verso la vittima di una inversione e trasvalutazione di tutti i valori della vita e dell’amore. Non mi stiano più a disturbare, questi cattolici comprendenti, con il tema loro caro dell’amore e della solidarietà. Si tengano quelle parole falsamente religiose, e ci lascino una laica e sacra pietà.
Ha ragione a reclamare la coerenza: se l’aborto è l’uccisione di un innocente, il peggiore degli omicidi perché compiuto sul più debole, se è moralmente inammissibile (premessa che sembra essere comune alle gerarchie cattoliche e a Giuliano Ferrara), allora non si può essere teneri. Un omicidio è un omicidio, non si può tentennare. Unico neo: anche Ferrara si rifiuta di trarre le conclusioni coerenti con la premessa, rifiutandosi di appellare le donne con il termine che meriterebbero: assassine.
(Sulla vicenda ho scritto qui).

162 commenti:

annarosa ha detto...

Strano ma vero: sono d'accordo con il titolo al 100%. Per il resto è effettivamente una vecchia, e un po' ipocrita, polemica. Le donne incinte che abortiscono spesso, spessissimo non sono nelle condizioni psicologiche da essere considerate pienamente moralmente responsabili dell'uccisione del proprio figlio in quanto non "libere" fino in fondo di poter scegliere altrimenti rispetto all'aborto per le pressioni socio-economiche e familiari che possono ricevere e per la mancanza dell'aiuto e sostegno di cui avrebbero bisogno. Altrettanto spesso, spessissimo non sono consapevoli, visto i numerosi distinguo che la cultura moderna pone sul valore della vita di un figlio non ancora nato, di uccidere un essere umano e non, invece, un "grumo di cellule" un "aggregato biologico". Per la morale cattolica per commettere un peccato "mortale" (ovvero un atto moralmente illecito compiuto deliberatamente come, ad esempio un assassinio) ci vogliono la piena avvertenza e il deliberato consenso che, spesso, spessissimo -per le ragioni citate- nella questione aborto mancano. Il termine "omicida" e "assassino" hanno accezioni d'uso diverse che sottolineano il primo un fatto oggettivo ma non la sua valenza morale (uccisione di un essere umano, per i motivi più vari)mentre il secondo ha un significato dispregiativo che sottolinea motivi abietti. Chi uccide per legittima difesa o per un incidente è tecnicamente un omicida ma non un assassino. Una ragazzina di 16 anni "convinta" amorevolmente ad abortire da un giudice e due genitori è sicuramente vittima di questa società facilona quanto il suo bambino ucciso prima di nascere.
Quindi accusare i cattolici di non voler essere coerenti fino in fondo dando delle "assassine" alle madri che abortiscono è un argomento specioso, e un tantino viscido, anche perché in nessun documento del Magistero è mai stato utilizzato.

filippo ha detto...

La punizione massima prevista dai chierici nei loro codici è la scomunica.
Per l'aborto tale punizione massima non richiede neanche una valutazione ragionata del singolo caso ma viene comminata in automatico.

E non si commina il massimo della pena a tua disposizione per una legittima difesa.

Lo si commina se hai compiuto ciò che costituisce, agli occhi della "morale cattolica", un reato veramente spregevole.
E l'aborto, per la "morale cattolica", questo è, un reato spregevole punito col massimo della pena disponibile e comminato in automatico, cioè senza alcuna disamina e senza alcuna esitazione.
Senza pietà.

Ogni altra considerazione in merito appare come un argomentare specioso e decisamente viscido.
Un argomentare da cattolico.

annarosa ha detto...

oggi credevo di aver postato un commento. Non vedendolo mi sorge il dubbio di aver sbagliato qualche click. Nel caso fosse solo in moderazione cancellate pure questo che è il doppione.

La Scomunica vale solo per chi è Cattolico, adulto, in pieno possesso delle sue facoltà mentalI e consapevole del fatto che quello che sta per commettere è sotto pena di scomunica, e serve proprio per far capire -soprattutto all’intera Comunità- quanto grave sia il peccato di aborto che, proprio perché non sempre percepito come tale rischia –come è- di essere banalizzato anche dai cattolici. L’essere scomunicati (per un atto che spesso non viene pubblicamente reso noto e quindi di cui il resto della comunità non è per forza edotto) non comporta, udite udite!, particolari stigmi come tatuaggi sulla fronte o affissioni di manifesti pubblici o esclusione degli altri eventuali figli dal Catechismo con biasimi ufficiali e si applica non solo alla donna ma anche a chi la consiglia di abortire e a chi pratica l'aborto. E la scomunica, immagino si sappia ma forse qualche esperto di Diritto Canonico e Morale Cattolica non lo ricorda, è revocata con la Confessione (a condizioni particolari) e quindi non è "per sempre"!

filippo ha detto...

Quest'ultimo intervento sostanzialmente conferma, nella sua puntigliosa precisazione, quanto già detto.
Per i chierici e i loro aficionados l'aborto, ben lungi dal costituire un diritto della donna, rappresenta "un grave peccato" che corre il rischio di "essere banalizzato" e che quindi richiede di essere sanzionato con la più severa tra le punizioni a disposizione nell'armamentario del diritto canonico. Quale punizione più grande, infatti, di quella di essere estromessi dalla comunità dell'ecclesia, per giunta in automatico? Nulla salus extra ecclesiam. Sarebbe un po' troppo una condanna all'estromissione dalla comunità dei fedeli se stessimo veramente parlando di legittima difesa, come si è cercato di farci credere.
"Con un argomentare specioso e decisamente viscido.
Un argomentare da cattolico".

annarosa ha detto...

E tu, caro Filippo, confermi di saper leggere solo quello che ti pare. Ho "puntigliosamente" precisato che la scomunica non è per la peculiare gravità del peccato (l'omicidio volontario, la pedofilia, o la tortura sono altrettanto gravi mentre la profanazione di un'ostia consacrata è socialmente irrilevante ma è a pena di scomunica ugualmente) ma per sottolinearne la gravità quando non sempre è percepita.
E siccome "nulla salus extra Ecclesiam" la Chiesa è sempre pronta a revocarla. A chi gliene importasse qualcosa, ovviamente, e non capisco l'accanimento nella discussione di chi non gliene importa un tubo né della Chiesa né della Salvezza.

E comunque il punto è che la parola "assassina" nei confronti di una donna che abortisce non è presente in nessun documento ufficiale della Chiesa.

Come "con argomentare specioso e decisamente viscido" si continua a sostenere.

filippo ha detto...

Il punto è che, riprendendo quanto scritto da Chiara Lalli, appare arduo per i falangisti della morale cattolica trarre "le conclusioni coerenti con la premessa, rifiutandosi [pertanto] di appellare le donne con il termine che meriterebbero".

Molto più elegante quindi giustificare la condanna alla scomunica in automatico di chi si sottopone ad un aborto, ossia la condanna alla massima pena disponibile nel codice dei chierici, pena non prevista nemmeno per l'omicidio o la pedofilia, all'esigenza di "sottolineare la gravità [di un tale misfatto] quando non sempre percepita".

Sostanzialmente appare come un problema di propaganda. E di ipocrisia.
Alimentata "con argomentare specioso e decisamente viscido.
Un argomentare da cattolico".

annarosa ha detto...

Chiara Lalli può scrivere quello che vuole e Filippo idem ma questo non muta di una virgola il giudizio che la Chiesa dà sulle donne che abortiscono come si può leggere nella parte a loro dedicata nella Evangelium Vitae di G.P.II: condanna fermissima dell'atto e misericordia per chi si pente di averlo commesso.

Far finta di non capire, o non capire per davvero è il limite di chi vuole inchiodare la Chiesa a una definizione falsa per dimostrare l'indimostrabile.

Chiara Lalli ha detto...

Non entro nella disputa religiosa. Agire e pentirsi (durante l'azione? dopo? e dopo quanto tempo?) - così da essere oggetto di misericordia, mentre l'azione rimane oggetto di condanna ma noi agenti no perché ci siamo pentiti - è un esilarante meccanismo morale.

filippo ha detto...

E per chi non si "pente"?
Condannate in automatico. Senza neanche il fastidio di un processo.

Perchè i chierici, come già detto, non condannano nessuno in anticipo. Non gli omicidi, neanche i pedofili.
Ma l'aborto è un altro paio di maniche, in quel caso condanna alla massima pena senza neanche il fastidio di dover pronunciare la sentenza.

Certo, se non ti penti.

annarosa ha detto...

Quello che mi domando è: ma a voi che ve ne importa di una "condanna" così virtuale come la scomunica? Di una "condanna" che vale in realtà solo in specialissime circostanze e solo per chi ci crede? Di una "condanna" che non comporta nessuna pena? Di una "condanna" da cattolici a cattolici? La cosa che vi interessa è cercare di dimostrare che i cattolici sono tanto, ma tanto cattivi perché considerano grave uccidere esseri umani che gran parte della comunità umana vuole "scomunicati": quelli non ancora nati. La vera "scomunica" ovvero l'esclusione dalla "comunità" oggi è questa: ci sono esseri umani non degni di far parte della comunità degli uomini, e sono quelli che hanno la sfortuna di non essere ancora usciti dal ventre materno.

filippo ha detto...

Quello che importa è evidenziare l'atteggiamento ipocrita di chi da un lato spara ad alzo zero e senza esitazioni contro una donna "colpevole" sostanzialmente di voler esercitare il diritto di disporre del proprio corpo, riservandosi invece un atteggiamento possibilista nei riguardi di chi, ad esempio, è solito divertirsi more ferarum coi bambini.

Atteggiamento ipocrita che si ritrova pari pari in chi ha la sfrontatezza di giustificare tale differenza di trattamento con presupposte esigenze di moralizzazione legate alla necessità di "sottolineare la gravità [di un tale misfatto] quando non sempre percepita".

Quando invece si tratta di un problema di propaganda e di una situazione in cui i chierici si rendono conto di non esercitare più alcuna influenza su quello che definiscono gregge.
Perchè, nonostante la durezza "pedagogica" della punizione riservata a chi abortisce, le "pecore" hanno già espresso la loro opinione sull'argomento, nel 1981, con una maggioranza di proporzioni bulgare.

P.S.: se la scomunica costituisce, oggi, una condanna solo virtuale non lo si deve ai chierici, ma alla società civile che, nel frattempo, si è per l'appunto civilizzata, privando le tonache dei loro bracci secolari.
Almeno questo.

annarosa ha detto...

Forse e' un concetto più difficile di quel che pare a me.... Non e' la donna a essere scomunicata in quanto madre che chiede la soppressione di suo figlio ma tutti quelli che collaborano ma all'uccisione di un essere umano innocente. E solo se sono consapevoli di quello che fanno e che la cosa comporta la scomunica. Quindi scomunicati lo sono di sicuro i medici, e solo quelli che si reputano cattolici,
che non possono non sapere di uccidere un essere umano e non sono sottoposti a pressioni sociali o psicologiche; molto più difficilmente le donne...
Quanto alle "pecore".....secondo me le "maggioranze bulgare" ne sono piene.

filippo ha detto...

Ecco, appunto questo: nell'agosto 2006 una bimba undicenne, stuprata dal patrigno, viene sottoposta a IVG nell'ospedale Simon Bolivar di Bogotà. La reazione dei chierici non si fa attendere e giunge per bocca del card. Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che notifica la scomunica per il personale medico e per la famiglia. Infatti, secondo questo chierico, "la bambina è caduta nelle reti di malfattori che devono subire tutto il peso del Codice del diritto canonico".
Del violentatore, a quanto pare, nessuna notizia, almeno nei bollettini di guerra di Santa Madre Chiesa. Che non esita invece ad aprire il fuoco con l'artiglieria pesante contro i medici che compiono il loro lavoro e contro la famiglia, in ossequio ad una precisa scaletta dei valori, in base alla quale le colpe del violentatore sono molto meno gravi di quelle, se colpe vogliamo considerarle, di chi ha aiutato una bimba undicenne.

P.S. A proposito della responsabilità che ricade solo su chi "collabora", quanti casi è possibile citare di aborti che sono stati eseguiti senza la collaborazione della donna?

annarosa ha detto...

Secondo te l'aborto ha risolto i problemi della bambina? Io non credo proprio. Sicuramente lo stupro è un abominio (come tutti riconosciamo) e su una bambina è ancora più orribile ma l'uccisione di un altro essere umano non elimina la violenza subita e aggiunge un altro gravissimo torto ad un altro essere umano di cui in pochi hanno pietà.

Quanto alle donne che "subiscono" un aborto te ne posso raccontare a carrettate, a cominciare dalle donne cinesi. Ma anche vicino a noi molte donne sono costrette da mariti o fidanzati indifferenti alla sorte del figlio a scegliere tra uno o l'altro; altre rischiano di perdere il lavoro; altre hanno paura che i servizi sociali sottraggano loro i figli che magari già hanno.... L'elenco è lunghissimo e ci possiamo tranquillamente aggiungere "Sara", la ragazzina di Trento che il figlio se lo sarebbe voluto tenere e che è stata amorevolmente convinta (di nuovo) a sbarazzarsene perché figlio di un poco di buono Albanese.

filippo ha detto...

Stuprare una bimba undicenne oppure indurla (dopo) a divenire comunque madre, una madre undicenne.
Verrebbe da chiedersi quale sia l'abominio più ignobile.

L'elenco di motivazioni, più o meno gravi, per spiegare una IVG può essere parecchio lungo. Dev'essere per questo che per i falangisti della morale cattolica appare arduo trarre "le conclusioni coerenti con la premessa, rifiutandosi [pertanto] di appellare le donne con il termine che meriterebbero".
Dopotutto, si tratta di gente molto comprensiva.
Che considera l'aborto un omicidio ma che non ritiene opportuno "appellare le donne con il termine che meriterebbero: assassine".

annarosa ha detto...

Essendo che parlare con chi ti insulta con termini offensivi quando si cerca di ragionare non e' simpaticissimo e volendo evitare di passare anche io agli insulti a chi, comunque, non sa fare di meglio chiudo qui i miei interventi.

filippo ha detto...

Se, gentilmente, fosse possibile precisare i punti in cui abbiamo utilizzato termini tanto offensivi da risultare insultanti, non esiteremo a porgere le nostre scuse.

Ciò servirebbe anche a togliere l'impressione strisciante che, per i cattolici, ad essere considerata insultante sia la semplice dissonanza da quanto dettato dalla loro morale.

Una morale contorta che considera l'aborto un omicidio da sanzionare con la massima durezza, tanto da considerare auspicabile piuttosto l'indurre una bimba undicenne stuprata a divenire comunque madre, ma che si rifiuta a quanto pare di appellare come assassine le donne che vi fanno ricorso.

paolo de gregorio ha detto...

Non capisco, e faccio riferimento ai commenti di Annarosa, se quel che ha sostenuto nel primo messaggio, e coerentemente con i successivi, è che il termine "omicida" lo riterrebbe appropriato, o quantomeno compatibile con la dottrina cattolica, diversamente da "assassina", che non lo è. Perché per me non farebbe praticamente alcuna differenza.

annarosa ha detto...

dal Devoto Oli

omicidio: soppressione di una o più vite umane.

omicida: chi commette un omicidio.

assassinio: omicidio perpetrato proditoriamente e con premeditazione.

assassino: criminale che si rende colpevole di assassinio; chi uccide a tradimento e per scopi perversi.

Il fatto è lo stesso (soppressione di una o più vite umane) ma la qualifica "assassinio" ha una connotazione morale sempre e solo negativa. L'omicidio può essre preterintenzionale o addirittura per legittima difesa; l'assassinio no, per definizione è un atto abietto.

Chi uccide una essere umano è sempre omicida ma non sempre è un assassino. Non è Catechismo Cattolico, è Lingua Italiana.

filippo ha detto...

L'aborto un tantino premeditato lo è, a pensarci bene.

Però averlo derubricato a legittima difesa è già un bel passo in avanti.

annarosa ha detto...

Non volendo essere noiosa rimando ai precedenti miei commenti (a partire dal primo) in cui cerco di far capire cosa intende la morale cattolica per "piena avvertenza e deliberato consenso" che sono le condizioni senza le quali per la Chiesa non esiste la piena responsabilità di un atto, neanche il più grave. Che ovviamente valgono per gli adulti, sani di mente, non costretti da pressioni esterne o interne a compiere un atto di cui percepiscono tutta la gravità.

filippo ha detto...

Quindi siamo ben oltre la legittima difesa: qui si attesta la piena legittimazione dell'interruzione volontaria di gravidanza purchè effettuata in presenza di "pressioni esterne o interne".

Beninteso il mantra dei chierici, ossia il valore fondamentale della vita umana, resta di importanza preminente. Certo, subito dopo le "pressioni esterne o interne". La cui presenza ci impedisce di qualificare le donne che abortiscono col termine che sarebbe più appropriato a rigor di logica.

E la quadratura del cerchio è servita.

annarosa ha detto...

Vedo che cercare di ragionare è inutile. Si finge di scambiare per "legittimazione" la pietà per chi commette un gesto grave senza rendersene conto o perché costretta. Si dà dei "quadratori di cerchi" a chi cerca di ricordarsi (e non sempre è successo)dell'insegnamento a non scagliare pietre ma a ripetere "va e non peccare più". Vabbe'...allora, ciao.

Marcoz ha detto...

Allora, nel caso dell'aborto, per costrizione o per mancanza di consapevolezza, non si può parlare di assassinio.
In particolare, il secondo caso mi dà da pensare.
Seguendo la logica del "non rendersi conto della gravità di ciò che si sta facendo", uno schiavista e un aguzzino dei campi di sterminio non possono essere definiti assassini di un nero o di un ebreo perché essi non ritenevano le loro vittime persone a tutti gli effetti.

Io credo che saper distinguere la caratura di un embrione o di un feto di qualche settimana da quella di un nero o di un ebreo formato sia molto utile.

annarosa ha detto...

a Marcoz

Hai la stessa sicurezza di saper distinguere tra "esseri umani" di un certo grado e altri di grado inferiore (perché non ho ancora avuto smentite che un embrione o un feto NON siano "esseri umani")che avevano T. Jefferson, G.Whashington e B.Franklin che, mentre firmavano che i diritti umani sono inalienabili per ogni uomo, erano un proprietari di schiavi che consideravano "esseri umani" così EVIDENTEMENTE diversi da loro da non poter essere considerati "persone". E' molto interessante a proposito la lettera di Jefferson a J.Holmes. Io ritengo che sbagliassero, esattamente come sbaglia chi ritiene che le evidenti differenze tra un adulto e un embrione o un feto siano sufficienti a ritenere il primo più "persona" del secondo. Penso anche che gli intellettuali avessero meno scusanti del "popolino" di ritenere vere le premesse del razzismo e di agire di conseguenza ritenendo l'uccisione di un "negro" meno grave che quella di un "bianco". Per lo stesso motivo penso che se una donna abortisce convinta che suo figlio valga meno di lei perchè ancora "troppo poco persona" per la sua condizione di sviluppo, abbia -in genere- meno consapevolezza della gravità del suo gesto del medico che dovrebbe conoscere che ogni figlio generato in una donna è un essere umano unico, irripetibile e degno di rispetto come qualunque altro essere umano.

QUALUNQUE differenza vogliamo sottolineare tra esseri umani per stabilire quali valgano di più e quali di meno è arbitraria perché, o siamo tutti "figli della famiglia degli uomini" o siamo in qualche modo razzisti.

Marcoz ha detto...

Annarosa, che io discrimini tra esseri umani, è un fatto acclarato. Ma non certo per questioni di pelle o per mera provenienza geografica.
Però, anche se involontariamente mi tenti, non credo sia di gran interesse parlare di me.

Un feto e un un embrione sono, naturalmente, esseri umani, biologicamente parlando. Nessuno può smentire questo fatto ed è inutile chiederne conto.
Tuttavia, è stato già osservato molte volte che (per il momento?) questa è condizione necessaria ma non sufficiente affinché si possa parlare di persona (un individuo che non sviluppa appropriatamente l'encefalo e viene al mondo con i soli requisiti di una vita vegetativa è una persona?).
La natura umana, poi, potrebbe non essere neppure necessaria, in linea teorica: basti fare l'ipotesi di una specie senziente aliena. Non essendo composta da esseri umani, non avremmo a che fare con persone?

Quindi, l'idea di persona - e cioè l'individuo che matura progressivamente dei diritti che noi, come gruppo sociale, riteniamo sia giusto tutelare - è difficilmente sostenibile sulla base del prerequisito umano. E neppure considerando le modalità di fecondazione proprie della nostra specie e l'unicità dell'ovulo fecondato (unicità che è caratteristica comune a qualsiasi entità biologica che abbia superato un determinato livello di complessità e di processo evolutivo), che non sono altro che alcune delle tante variabili in gioco per il risultato finale.

L'individuo è "non ripetibile" perché le condizioni di fecondazione e di sviluppo del processo biologico di cui siamo semplici passeggeri cambiano costantemente, rendendoci di fatto solo il risultato di un'infinità di eventi casuali, compreso il fatto che i nostri genitori hanno fatto sesso martedì anziché lunedì e che la blastociti non è abortita spontaneamente (senza considerare, poi, che se quel lunedì mamma e papà avessero litigato senza fare pace o utilizzato un condom, mi avrebbero "ucciso").

Detto questo, e al di là del fatto che io ritengo primari quelli della donna, nello scenario di un conflitto di diritti tra madre e concepito, si conferma solo che sul momento in cui possaimo ragionevolmente ammettere di essere davanti a una persona (momento non facilmente determinabile, in verità) abbiamo punti di vista sempre decisamente diversi.

Saluti

filippo ha detto...

Si è parlato di "piena legittimazione dell'interruzione volontaria di gravidanza" da parte dei chierici con tono ironico, difficile ritenere che il diritto a disporre del proprio corpo costituisca qualcosa di più di una bestemmia per i maestri della cosidetta morale cattolica ma, con tutta evidenza, certe finezze espressive risultano troppo sottili per poter essere afferrate in determinati contesti.

La "pietà" di cui si parla è quella che i chierici non lesinano ai loro peccatori pentiti? Si riteneva che fosse incondizionata e non riservata solo a chi ha agito perchè costretto da "pressioni esterne o interne".
Vuol dire che le donne che si fanno sgravare senza essere costrette da "pressioni esterne o interne" è inutile che si pentano, resteranno sempre solo delle assassine, o sarà in ogni caso possibile rintracciare, nel caravanserraglio delle ipocrisie cattoliche, una qualche contestualizzazione che consenta ancora una volta di salvare capra e cavoli, permettendo ai chierici di violentare ogni logica considerando l'aborto il più efferato dei peccati ma evitando comunque di qualificare le donne che abortiscono col termine che sarebbe loro più appropriato?

Sarebbe un comportamento logicamente coerente con le premesse ma, come si è già detto, il problema è un altro. Il "gregge" non la prende tanto bene quando dai dell'assassina alle mogli, alle sorelle, alle fidanzate.

E' un viscido problema di propaganda.

filippo ha detto...

Cogito ergo sum.

Devi prima "cogitare".

Poi ne riparliamo.

annarosa ha detto...

a Marcoz

Tu non ne fai questione di colore o razza ma di sviluppo o di età o di autocoscienza e decidi che un feto è un essere-umano-non-persona. Bene. Io la ritengo una discriminazione perché per me il criterio dell'autocoscienza è un criterio arbitrario in quanto molti altri esseri umani già nati ne sono privi per patologie o incidenti e continuano (per ora?) ad aver diritto alla vita. Criterio non oggettivo, come minimo, visto che viene applicato solo in alcuni casi. E comunque arbitrario in quanto deciso da te sulla base di una tua visione della vita. Io mi baso su un dato oggettivo: l'appartenenza di un essere vivente alla specie umana. Io lo chiamo "essere umano" e per me, come scritto nella dichiarazione dei diritti umani, tutti gli esseri umani godono della stessa dignità. Quella dichiarazione il cui abbozzo era stato scritto proprio da gente che riteneva il SUO criterio di giudizio assolutamente logico e coerente con la loro visione della vita e non con il fatto oggettivo che erano "esseri umani" in quanto appartenenti come loro alla specie umana. Criteri soggettivi il loro e il tuo.

filippo ha detto...

Non c'entra molto con il tema del post, però trattasi di affermazione molto interessante, per cui non si può fare a meno di chiedere.

Di chiedere quali siano i criteri "oggettivi" la cui presenza consente di soddisfare il dato "oggettivo" dell'appartenenza di un essere vivente alla specie umana.
Criteri che, necessariamente, non includono il possesso di un encefalo funzionante dato che l'autocoscienza, come abbiamo visto, è solo un criterio "arbitrario", anzi una "discriminazione".

Ad esempio, la presenza di un naso costituisce il dato "oggettivo" dell'appartenenza di un essere vivente alla specie umana?

annarosa ha detto...

Mah...io pensavo a una cosa del genere:

Grissom : "A seguito degli esami di laboratorio sul reperto abbiamo potuto dedurre che l'organismo in esame appartiene alla seguente classificazione:

Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Mammalia
Sottoclasse Eutheria
Ordine Primates
Sottordine Haplorrhini
Superfamiglia Hominoidea
Famiglia Hominidae
Genere Homo
Specie H. sapiens
Sottospecie H. s. sapiens"

Willows: "Un essere umano?"
Grissom: "Sì, cazzo...un essere umano. Eppure sembrava un semplice grumo di cellule"

filippo ha detto...

Mah... il sottoscritto invece pensava ad una qualche risposta un po' più precisa, ad una qualche caratteristica "oggettiva", anzi peculiare per essere più espliciti, non importa poi se evidente a chiunque e a occhio nudo o desumibile solo da non meglio precisati "esami di laboratorio sul reperto", in grado però di attribuire senza margini di dubbio l'appartenenza di un essere vivente alla specie umana.
E di escluderne la possibile appartenenza ad altre specie.

In altre parole cosa distingue gli esseri umani da tutto il resto del "creato"?

annarosa ha detto...

Più oggettiva?
Cioè?
Quella che ti ho dato è l'unica cosa che rende simili tutti gli esseri umani. Ne trovi un'altra? Io non saprei proprio.

Perché di "esseri umani", poi, ce n'è di intelligenti, di idioti, di alti, di bassi, di maschi, di femmine, di belli, di brutti, di sani, di malati, di coscienti, di incoscienti, di capaci di relazioni, di autistici, di caucasici, di ottentotti, di amerindi, di mongolidi, di neri, di albini, di irsuti, di alopecici, di vecchi decrepiti, di neonati tenerissimi, di giovani vigorosi, di giovani paralizzati, di handicappati, di pazzi, di moribondi, di adulti, di feti, di anziani, di adolescenti e pure di embrioni. Tutti "esseri umani" da ogni punto di vista scientifico, oggettivo.
Alcuni hanno sviluppate alcune o tutte le caratteristiche tipiche dell'Homo Sapiens; altri le hanno perse o non le hanno ancora sviluppate o non le hanno mai potute sviluppare per tare genetiche o altri accidenti. Ma sono tutti EGUALMENTE "esseri umani" dal punto di vista biologico (o zoologico, volendo),scientifico, oso dire "oggettivo".

Oppure tu proponi una graduatoria tra esseri umani o una differenziazione da altri animali in base a qualche altro dato oggettivo condivisibile da tutti?

Perchè sì, ci sono cani, gatti, scimmie e formiche nel "Creato" alcune intelligenti e con un certo grado di autocoscienza ma che mai saranno "membri della famiglia umana" (Dich. Univ. dei Diritti Umani).

Perchè sono esseri viventi che fanno parte di altre specie. Volendo possiamo ricominciare dal "Regno" e arrivare alla "Sottospecie" ma è pallosetto...

<> Preambolo Dich. Univ. dei Diritti UMANI.

annarosa ha detto...

Nel post precedente è saltato il preambolo alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (sono rimaste solo le virgolette...)

"il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; (...)"

E già che ci siamo aggiungo anche l'incipit dell'art. 2

"Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di ALTRA CONDIZIONE."

Marcoz ha detto...

Ma, Annarosa, io discuto proprio la presunta oggettività del requisito biologico "essere umano", per determinare la nascita della persona. Pensavo di essermi spiegato chiaramente con gli esempi dell'individuo malformato e dell'alieno senziente fatti in precedenza.
Il tuo criterio di giudizio, insomma, non convince ed è tutt'altro dimostrato che l'embrione sia titolari di diritti.

annarosa ha detto...

In attesa della tua "graduatoria della dignità delle creature" basata su quello che spiegherai all'ONU essere un criterio oggettivo, io direi che attenerci tutti alla "Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo" parlando di Diritti e parlando di Esseri Umani, dovrebbe darci qualche sicurezza di essere non so se obiettivi ma senz'altro equi con i tutti i "membri della famiglia umana".

Marcoz ha detto...

Annarosa, ammettendo che gli estensori della Dichiarazione intendessero veramente, con "ALTRA CONDIZIONE", comprendere pure gli embrioni o, per esempio, i feti di 14 settimane, rimane il fatto che io ho sempre un approccio critico alle cose, anche quando queste si presentano animate da buone o ottime intenzioni.

Affascinante, piuttosto, il concetto di "equità" che introduci, il quale induce involontariamente a una forma di competizione i nostri simili di fronte alle nostre scelte, soprattutto quando queste sono determinanti per il loro benessere.
Per spiegarmi, propongo un esperimento mentale.
Ci troviamo su di un'imbarcazione in mezzo all'oceano che riceve, contemporaneamente, due SOS di due diversi naufragi in corso (se non altro, è attuale). Dalle notizie che riceviamo via radio, veniamo a conoscenza che il pericolo minaccia, da una parte, un gruppo di trenta persone (donne, uomini e bambini) che rischia di finire in acque infestate da squali; dall'altra, un ormai agonizzante marinaio responsabile di un piccolo container che racchiude trenta embrioni criocongelati, che finirebbero in qcque troppo profonde per poter essere recuperati in tempo, prima del loro deperimento.
Purtroppo, ci rendiamo conto che la distanza che separa le richieste di soccorso ci impedirà di salvare tutti, costringendoci a scegliere quale delle due soddisfare.
A questo punto, cercando di tener presente il citato "principio di equità", lascio a ciascuno il compito di decidere quale direzione prenderebbe e in quanto tempo lo farebbe; e, escludendo le ipotesi di rimanere bloccati come l'asino di buridiana memoria o del tiro di una monetina, di giustificare la scelta.

annarosa ha detto...

Ti risponderò dopo che tu mi dici chi scegli di salvare, nelle stesse condizioni, tra un'imbarcazione carica di persone "normali" e una carica di handicappati mentali. Se ti sembra una domanda intelligente.

filippo ha detto...

Siamo sempre in attesa, ormai da svariati commenti, di conoscere quale caratteristica consente di includere negri, ottentotti, alti, bassi etc... in quel mirabolante elenco di classi, sottoclassi, ordini, generi e famiglie snocciolato in precedenza e mutuato, a quanto pare, da una nota serie televisiva.

Caratteristica oggettiva e posseduta in esclusiva, ovviamente.

E' una domanda troppo difficile?

Marcoz ha detto...

Domanda intelligente? Guarda, Annarosa, hai tutta la mia comprensione. Non ti dico quale è stato il mio primo pensiero quando mi sottoposero il dilemma del grassone da buttare sui binari (sappi solo che dentro c'era la parola "cazzo")! Tuttavia, esperimenti mentali del genere (e con questo non intendo affermare che il mio sia particolarmente acuto ed efficace) sono molto utili per indagare a fondo i meccanismi del nostro pensiero morale.

Ma torniamo a noi.
È inutile che io risponda, ovviamente, perché si sa già chi salverei e per quale motivo. In pratica, metterei in evidenza quello di cui sono già consapevole, e cioè che la mia scelta non sarebbe in funzione di un principio di trattamento equo basato fondamentalmente (o esclusivamente?) sull'appartenenza alla "famiglia umana", biologicamente parlando.

Ora, non intendo fare il pedante e non pretenderò certo di avere una tua versione; ma, nel caso intendessi darmene una, ti vengo incontro nella speranza di metterti più a tuo agio: è riammessa l'opzione "lancio della monetina".
L'elemento casuale, a cui col senno di poi possiamo dare tutte le interpretazioni che vogliamo (metti il caso che lanci, viene fuori "salva embrioni" e dopo quarant'anni uno di questi trova la cura definitiva per il cancro), lo ritengo un aiuto non da poco.

annarosa ha detto...

a Filippo:
L'elenco è preso semplicemente da Wikipedia alla voce "Homo Sapiens" (il resto è una "drammatizzazione" tanto per fare la spiritosa ma capisco dal tuo commento di non esserci riuscita) e, spero tu lo sappia, include anche Ottentotti, alti, bassi, embrioni, vecchi e pure soggetti Down, essendo tutti "membri della famiglia umana" (come direbbe la Dichiarazione dei Diritti Universali dell'Uomo) o "soggetti con DNA umano" volendo continuare con la fiction. In parole povere UOMINI. E "l'esame di laboratorio" è una semplice analisi del genoma. A me come criterio sembra "necessario e sufficiente" per conferire a tutti la stessa dignità e trattare tutti con lo stesso metro: bianchi, neri, sani, malati, coscienti, incoscienti, decrepiti vecchi e giovanissimi embrioni.
Io comunque aspetto il tuo criterio di classificazione oggettivo degli esseri umani "per qualità" tra di loro e rispetto alle altre creature.

a Marcoz

Siccome non so rispondere a una domanda del genere, come neanche a quella del ciccione da buttare sui binari per evitare che il treno carico di gente finisca nel precipizio, in modo razionale -mi mandano in cortocircuito sia il cervello che la coscienza- evito di rispondere perché qualunque risposta è allo stesso tempo giusta e sbagliata.
Dovessi proprio mettere una crocetta in un test penso che la metterei sulla prima ipotesi ma con lo stesso senso di colpa che proverei nel lanciare il ciccione dal dirupo.
Hai visto "Io, robot"? Hai presente perché il protagonista ce l'ha tanto con gli automi? Perché la loro "coscienza" funziona in base ad algoritmi di probabilità di successo ma non così funziona la nostra. Ergo,test del genere sono delle bastardate!

Quanto alla tua domanda, cui ti sembrava non avessi risposto, a me la definizione di "persona" non interessa in quanto è filosofica e non scientifica e come tale soggetta a troppe trasformazioni e interpretazioni legate ai tempi, ai luoghi e alle culture. Io, leggendo quella che è la base laica della convivenza tra gli uomini vedo che non è intitolata "Dichiarazione sui diritti delle PERSONE" ma "degli UOMINI". Un perché ci sarà....visto che è stata fatta a ridosso di un periodo in cui c'erano svariate categorie di esseri umani trattati come materia prima per saponi.
Quindi per quello che si capisce da questa benedetta Dichiarazione TUTTI gli esseri umani di QUALUNQUE CONDIZIONE sono pari in dignità. Quindi anche gli anencefalici, direi.
Quanto agli alieni....prometto che affronterò il tema appena ne abbiamo notizia.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Annarosa: gli esperimenti mentali, come quelli sugli embrioni o sugli alieni che qui ti sono stati proposti, non servono a dirimere situazioni reali o probabili, ma a saggiare la tenuta logica dei propri principi morali. Ora, penso che tu sappia benissimo, in realtà, come i tuoi principi conducano a conseguenze del tutto assurde - come per esempio preferire che vivano un milione di embrioni surgelati di sei giorni piuttosto che un singolo bambino di sei anni. Però, siccome per te la tutela dell'embrione viene irrazionalmente prima della giustizia o della logica, allora cerchi di evitare a tutti i costi discussioni che ti mettano in imbarazzo. Come già in passato ti è stato fatto notare, questo è un atteggiamento da troll, e sei pregata quindi di rispondere alle domande, o di evitare di commentare.

Per inciso, la Dichiarazione Universali dei Diritti Umani non è una Tavola della Legge calata dal Cielo, ma un documento umano, e quindi perfettibile - anche se indubbiamente costituisce un'ottima approssimazione di come una dichiarazione ideale dovrebbe essere (anche perché sono in pochi a interpretarla nel modo che fai tu). Non puoi quindi continuare a citarla per giustificare le tue posizioni.

Marcoz ha detto...

Beh, Annarosa, "bastardate" è una definizione curiosa da attribuire a certi esperimenti mentali, ma potrei essere disposto ad ammettere che rende benissimo l'idea, avendoci avuto a che fare, in passato.

Nel merito, devo far notare che ho chiamato in causa l'esempio del ciccione solo per far riferimento a un genere e non perché questi possa essere messo in relazione con quanto ho ipotizzato io, per l'evidente diversità della dinamica dei due scenari.
Nel caso dei naufraghi, se proprio vogliamo esprimere come ci sentiremmo in seguito a una scelta forzata, dovremmo immaginare quali sarebbero le conseguenze emotive dell'una e dell'altra scelta e confrontarle: le sensazioni sono indistinguibili o sono diverse? se sono diverse, quanto lo sono? e perché?

La persona.
Temo che la definizione di persona sia inevitabilmente un problema filosofico e non so quanto ti sia utile qui invocare la scienza: se non ricordo male, essa ci dice che lo sviluppo dell'encefalo prevede i primi segnali di una abbozzata attività neuronale dopo la 23/24esima settimana, che è una distanza temporale sensibile rispetto al momento del concepimento. Dato che non credo ci siano dubbi sul fatto che la persona risiede nel cervello, potremmo affermare prudenzialmente che il nostro io incomincia a "registrare", forse, verso la seconda metà del sesto mese.

annarosa ha detto...

A Regalzi

Se leggi bene la risposta l'ho data, anche se questo e' un blog e non una succursale di una qualche Facoltà di Etica e quindi mi sentirei libera di rispondere un po' come mi pare, fatta salva la buona educazione.
Quanto al valore della Dich.dei diritti umani concordo con te. Ma essendo al momento condivisa (quasi) da tutti mi sembra un buon punto di partenza per ragionamenti su una base comune. Ma vedo che probabilmente non e' così....

A Marcoz.
Il termine era riferito alla brutta situazione in cui ti mettono a dover decidere cose del genere. Comunque, a denti stretti, ho risposto.
Quanto al concetto di persona la tua e' un'opinione che a te sembra molto sensata penso quanto sembrava sensata agli schiavisti la loro. Non che fossero tutti cattivi o in malafede ma, semplicemente usavano un criterio - il razzismo - che a noi oggi fa una pessima impressione ma che all'epoca si portava moltissimo anche tra insigni intellettuali e scienziati. A te il criterio delle funzioni cerebrali sembra bellissimo ed e' senz'altro modernissimo ma tra cent'anni sarà considerato datato al nostro periodo storico. Se vogliamo far bella figura con i posteri dobbiamo trovare un criterio un tantino più condiviso, no? Perché a un sacco di gente i cerebrolesi con EEG gravemente alterato non sembrano così tanto diversi per il solo fatto di non avere in atto una capacita' umana come un'altra.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ok, la risposta c'era, anche se fra molti contorcimenti: avrei dovuto leggere con più attenzione. Ma ci puoi spiegare perché così a freddo sceglieresti gli adulti e non gli embrioni? Se anche questi hanno pieno diritto alla vita, come i primi, allora perché non salvare loro, che in fondo sono molto più "giovani"? Così la quantità di vita salvata sarebbe con ogni probabilità molto superiore, ceteris paribus. Chi salva un bambino a preferenza di un adulto lo dice spesso: lui ha tutta la vita davanti a sé...

Marcoz ha detto...

Non so se il mio criterio è brutto o bello, mi pare che però, per quanto concerne la condivisione, non credo gli manchino le credenziali, se penso all'esito del referendum dell'81 (anche se non mi sento particolarmente gratificato dall'idea di far parte di una maggioranza).

annarosa ha detto...

a Regalzi

Immagino perchè sapendo che gli adulti si rendono conto di ciò che stanno passando e che la morte procurata dagli squali è decisamente peggiore di quella dello scongelamento, la mia empatia nei loro confronti sarebbe superiore ad altre considerazioni. Immagino che dovendo scegliere se far morire qualcuno tra atroci tormenti o qualcun altro in modo rapido e indolore sarebbe più istintivo scegliere la seconda opzione...ma questo non testimonia della dignità della vita degli uni o degli altri ma solo della mia scelta "meno terribile", diciamo così. Una scelta del genere non mi dice nulla sulla dignità degli uni o degli altri; tutt'al più mi dice che, per me, far morire qualcuno soffrendo è peggio che far morire qualcuno senza soffrire.
Ma è una domanda cui è molto ma molto odioso rispondere....un po' come tutte quelle di questi "esperimenti".

a Marcoz
L'esito del referendum dell'81 è un puntolino spaziale e temporale e demoscopico piccolissimo: fra cent'anni farà ridere prenderlo come riferimento per dare un qualche fondamento a un'opinione su un argomento come il concetto di persona, non credi?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Bene. Allora ci sono due camere: in quella a sinistra si trovano trenta adulti e bambini che credono di stare per assistere a uno spettacolo, nell'altra trenta embrioni immersi nell'azoto liquido. Tu hai a disposizione due pulsanti: premendone uno, un gas inodore e invisibile viene immesso nella stanza di sinistra, causando la morte istantanea e senza sofferenze delle trenta persone, che non si accorgeranno di nulla; premendo l'altro, provochi lo scongelamento degli embrioni (non premendone nessuno verrà immesso il gas e gli embrioni si scongeleranno). Che fai?

annarosa ha detto...

Dimmi dove vuoi arrivare che facciamo prima....

filippo ha detto...

Certo, se il criterio di appartenenza è il possesso di un DNA umano (e che ci è voluto per avere uno straccio di risposta...) allora questo indubbiamente ci consente di mettere dentro nella "grande famiglia umana" tutti quanti, alti, bassi, neri, vecchi bacucchi e giovanissimi embrioni.
E simpaticissime mole vescicolari, anch'esse dotate di un genuino e unico DNA umano.
Che però, attualmente, vengono estirpate senza pietà dai chirurghi quando vengono diagnosticate.
Chirurghi che, con tutta evidenza, non hanno mai visto una puntata di CSI chè, altrimenti, si porrebbero almeno un attimo il dilemma: preservo la salute della donna ed elimino la mola vescicolare oppure non faccio niente e lascio che la natura faccia il suo corso perchè tutti gli "esseri umani" sono eguali e sono tenuto a rispettarli?
Oppure corro il rischio di non fare bella figura coi posteri e procedo con l'asportazione della mola, confidando nel fatto che l'EEG della suddetta è più piatto di una tavola da surf?
Certo, il "criterio delle funzioni cerebrali" fra cent'anni potrebbe risultare datato (?!) ma ha l'indubbio vantaggio di trarti d'impaccio in certe situazioni altrimenti un tantino intricate...

P.S.: giusto per non sembrare troppo arretrati e cominciare a rifarci un'immagine per i posteri sarà il caso di bloccare subito questa pratica oscena dei trapianti d'organo, qui si continua a squartare impunemente dei poveri cristi appartenenti a pieno titolo alla famiglia umana, come certificato dal loro DNA, e c'è chi la considera addirittura una pratica dall'alto valore sociale, come se per salvare una vita sacrificandone un'altra diventasse lecito stilare una graduatoria tra persone...

Giuseppe Regalzi ha detto...

Io non voglio arrivare da nessuna parte. Voglio solo sapere cosa rispondi.

Marcoz ha detto...

"[il referendum dell'81] fra cent'anni farà ridere prenderlo come riferimento"

Annarosa, qui si stava ragionando sul concetto di persona, valutando i presupposti delle proprie posizioni. Sei tu che hai introdotto l'idea di considerare un'"ampia condivisione" dei miei criteri di giudizio. Quindi, non vedo che altro potrei fare, se non mettermi a confronto con le posizioni dei miei contemporanei.
Insomma, mi sembra di aver risposto a tono.

annarosa ha detto...

a Regalzi:
Tu mi stai facendo delle domande. Di solito si fanno per avere delle risposte per un qualche scopo. O sono domande oziose, le tue, oppure vuoi farmi arrivare a qualche conclusione sul valore della vita di esseri umani in varie condizioni di sviluppo. Siccome non faccio parte di un gruppo di studio di esperimenti sulla morale (oppure sì, ma allora mi piacerebbe esserne informata)vorrei uscir di metafora e arrivare al sodo.

a Marcoz
Cercando un criterio "oggettivo" scegliere l'opinione della maggioranza (neanche vera e propria perché non tutti andarono a votare) degli Italiani del 1981 non è detto che in altre nazioni o in altre epoche potrebbe essere accettato. Così come noi non accettiamo il criterio usato negli USA di fine '800.

Io continuo a proporre "appartiene alla specie umana" come criterio necessario e sufficiente di selezione di chi può godere dei "diritti umani" (checché dica Regalzi al momento è uno dei pochi assunti riconosciuti quasi da tutti e quindi non è "divino" come valore ma "universale" sì), e quindi anche di "persona". Il tuo criterio, visto per esempio che ci sono feti che hanno visto la luce e sono sopravvissuti anche prima del termine di cui parli tu, già non è così condivisibile: ipotizzi che "persona" si diventi? E che i diritti umani si acquisiscano un po' alla volta?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Annarosa, noi qui stiamo avendo una conversazione. In una conversazione si fanno anche domande e si danno risposte. E se uno vuole evitare le domande scomode, va a conversare da un'altra parte; altrimenti diventa un po' troppo facile avere ragione, non ti pare?

annarosa ha detto...

Stiamo avendo una conversazione, dici. Ma, Regalzi, sei tu ad essere intervenuto prima criticandomi per non aver risposto a una domanda e poi, dopo aver riconosciuto che invece l'avevo fatto, sei partito con una serie di domande modificandole quando le mie risposte non ti piacevano. Sono io che voglio aver ragione o sei tu che continui a cambiare le domande perché non riesci a trovare la domanda con cui ottenere la risposta che stai cercando? Domande che non sono direttamente inerenti al post che io stavo commentando con altri utenti e che sono un po' tanto "accademiche". Siccome non credo che questo blog faccia parte di una ricerca scientifica sulla morale dei cittadini italiani, cui comunque io non ho aderito, e visto che le tue domande "salgono di livello" ad ogni mia risposta chiedevo se, gentilmente, arrivi alla "Domanda finale" così evitiamo i vari passaggi. Ma,ovviamente il Blog è il tuo e, se sono tanto molesta, puoi dirmi chiaramente di togliermi dalle scatole. Senza usare la scusa, però, che sono io la troll perché non voglio rispondere a tue domande di cui non vuoi rivelare il senso finale.

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Domande che non sono direttamente inerenti al post che io stavo commentando con altri utenti".

Guarda, Annarosa, che la domanda sui naufraghi te l'ha fatta Marcoz, non io; la mia non è che una semplice variante di quella, non più "accademica" di quella (qualsiasi cosa tu voglia dire con quest'aggettivo). E ovviamente in qualsiasi discussione uno adatta le domande alle risposte dell'interlocutore: dai dialoghi socratici scendendo giù giù fino a questo blog. Se devi prendere una scusa per non rispondere cercala meglio.

Ti avverto che questo è l'ultimo commento tuo che pubblico, a meno che non mi rispondi.

Marcoz ha detto...

Infatti, Annarosa, come ho accennato, stare dalla parte della maggioranza non mi interessa granché. Poi, ripeto, non ho introdotto io il principio di "condivisione"; il quale, nei risvolti sociali, si materializza nelle regole della convivenza civile. Cosa vuoi, che si facciano norme cercando di immaginare quale sarà l'opinione dominante fra cento o duecento anni? È assurdo.

Certo, persona, cioè titolare di diritti (e doveri), si diventa, e progressivamente, per di più. In alcuni casi, non lo si diventa mai completamente: tanto per dire, voglio vederti portare come prova il tuo DNA umano, per avere la patente di guida, se hai un grave ritardo mentale.

Che alcuni feti al di sotto della fine del sesto mese di gravidanza possano essere sopravvissuti, è irrilevante; la personalità dell'individuo incomincia a formarsi con l'inizio del funzionamento, a un certo livello, dell'encefalo, a prescindere dalle capacità della medicina moderna di tenere un vita un prematuro "estremo". Molto probabilmente, in futuro, l'uomo sarà in grado di mettere a punto un utero artificiale che svolga tutta la gestazione e ciò non significa che un embrione sarà più persona di un embrione di adesso.

Naturalmente, di accettare «"appartiene alla specie umana" come criterio necessario e sufficiente» non se ne parla proprio. L'appartenenza biologica all'umanità, ai fini della determinazione della "persona", a rigor di logica e come già è stato dimostrato, non è condizione né necessaria (rivedere l'esempio dell'alieno) né sufficiente (vedere l'esempio dell'acefalo).
A meno che non si voglia affermare apertamente che l'extraterrestre non avrà mai requisiti per essere considerato persona e che l'acefalo, invece, li possiede tutti.

paolo de gregorio ha detto...

Nel consigliare a Regalzi di non essere troppo rigoroso in eventuali censure ad Annarosa, e menzionato però io stesso il fatto che in certe circostanze sarebbe preferibile e meno mal disponente, da parte dell'interessata, un modesto ed onesto "mi rifiuto di rispondere" o "non saprei cosa rispondere" piuttosto che discutibili divagazioni sulla liceità, o interesse, o legittimità od utilità di una domanda ben posta dal padrone di casa, vorrei esporre ad Annarosa quanto segue:
vi deve essere senza dubbio qualcosa di oggettivo nella riformulazione della domanda da parte di Giuseppe, rispetto al dilemma posto inizialmente da Marcoz. Non capisco pertanto le tue proteste. E questo lo dico perché prima che essa venisse formulata io stesso avevo pensato a varianti di identico contenuto sostanziale.

A mio avviso, come congetturo di Regalzi, è del tutto ininfluente il fatto o meno che la morte dei naufraghi sia violenta, essa è un elemento "di disturbo" rispetto al ragionamento e affatto essenziale. La tua risposta aveva addebitato unicamente a questa circostanza, al carattere di morte violenta e consapevole, una tua eventuale preferenza per il sacrificio di embrioni. Ci è perso, semplicemente, che rimuovere quell'elemento avrebbe resuscitato il fine principale del dilemma, che era quello di stabilire, o almeno soppesare la dignità personale di embrione (se congruente o meno con quella di essere umano più adulto), e non certo quello di sapere se si preferisce far soffrire o non far soffrire qualcuno (non apro però infinite divagazioni sulla componente del tutto "naturale" di squalo affamato).

[Certo non appare nemmeno a me accoglibile la richiesta che uno dichiari "dove vuole arrivare" prima che la controparte fornisca una risposta: mi sembra come voler chiedere la soluzione finale corretta di un quesito, come prerequisito per iniziare a svolgerlo (casomai la soluzione la si confronta alla fine)].

Più in generale mi sento di poter dire che questi esperimenti mentali sono certamente proposti, per quel che mi riguarda, a scopo indicativo e non definitivo, se non altro perché giocoforza riducono il numero di elementi di complessità che una persona si trova di norma a dover valutare e soppesare nella vita reale. Ma al tempo stesso ci "inchiodano" alla singola questione etica. Concordo quindi che sono utilissimi (seppur psicologicamente ed emotivamente spesso scomodi), proprio perché scorporano, sfrondano i ragionamenti di componenti poco rilevanti ai fini della discussione. Inoltre, proprio come nel caso di cui stiamo parlando, tendono e voler isolare l'elemento preponderante nei vari contesti che, seppur non identici, possono assomigliare all'esperimento mentale stesso.

A questo proposito io ritengo che essi siano spesso più vicini alla realtà di quanto si ritenga: se prendiamo la legge 40, tanto per fare un esempio, essa consente e ha consentito la concreta realizzazione di scenari che fino ad alcuni anni fa potevano essere ritenuti solo oggetto di fantasia in ipotetici esperimenti mentali.

Riassumo palesando la mia totale incomprensione per il fatto che tu abbia ritenuto legittimo, e quindi meritevole di risposta, il dilemma posto da Marcoz, ma non quello di Giuseppe, visto che tanto le rispettive idealità (o mentalità), quanto buona posizione quanto dignità le trovo personalmente del tutto indistinguibili.

Anonimo ha detto...

Ho visto questo post solo adesso, e devo dire che sono pienamente d'accordo con Annarosa: il criterio che indica per definire l'essere umano, cioè l'apparteneza alla specie umana, è il più oggettivo e affidabile. E non ho alcuna difficoltà a rispondere alla domanda: "Tu hai a disposizione due pulsanti: premendone uno, un gas inodore e invisibile viene immesso nella stanza di sinistra, causando la morte istantanea e senza sofferenze delle trenta persone, che non si accorgeranno di nulla; premendo l'altro, provochi lo scongelamento degli embrioni (non premendone nessuno verrà immesso il gas e gli embrioni si scongeleranno). Che fai?"
Faccio scongelare gli embrioni, ovvio.
Simone Emili

filippo ha detto...

Non si capisce cosa gli abbiano fatto di male questi trenta poveretti, tanto da dichiarare disinvoltamente di essere pronto ad accopparli.
E non si capisce neanche quando e come questi embrioni siano stati promossi hic et nunc al rango di persona, anzi di più: nel loro nome ci si dichiara pronti alla strage. Strage di persone vere.
Una cosetta che, nel mondo reale, ti garantisce l'ergastolo.

Si potrebbe definire questo atteggiamento in tanti modi, ma non certo come "ovvio".

Anonimo ha detto...

@Filippo
"Non si capisce cosa gli abbiano fatto di male questi trenta poveretti, tanto da dichiarare disinvoltamente di essere pronto ad accopparli." Nulla, infatti ho detto che li salverei.
"E non si capisce neanche quando e come questi embrioni siano stati promossi hic et nunc al rango di persona, anzi di più: nel loro nome ci si dichiara pronti alla strage." E' vero che li considero persone, ma ho detto esattamente il contrario di quanto mi attribuisce: io salverei i 30 poveretti facendo scongelare (cioè uccidendo) gli embrioni.
"Si potrebbe definire questo atteggiamento in tanti modi, ma non certo come "ovvio"." Siamo d'accordo, infatti ho detto che farei l'esatto contrario, sacrificherei gli embrioni. Mi sarei però aspettato che lei o qualcun altro mi chiedesse: "Come mai ritieni ovvio sacrificare gli embrioni?".....

Giuseppe Regalzi ha detto...

Allora glielo chiedo io: come mai lo ritiene ovvio?

filippo ha detto...

Intanto, scuse doverose al commentatore di cui sopra per avere completamente frainteso il senso del suo intervento.

Detto questo, e messo agli atti che lui dichiara di considerare gli embrioni delle persone, pur non adducendo alcunchè per supportare questa affermazione, a parte una tautologia che di per sè non dimostra niente ("il criterio..per definire l'essere umano [è] l'appartenenza alla specie umana"), la domanda sorge allora spontanea: sacrifichiamo alcune "persone" (gli embrioni) per salvarne altre?

Dobbiamo a questo punto pensare a delle distinzioni tra persone che giustifichino "l'ovvietà" di salvare qualcuno e sacrificare qualcun altro?

Anonimo ha detto...

@Giuseppe Regalzi @Filippo
Prima di entrare nel merito della domanda, una specificazione: d'ora in poi userò l'espressione "essere umano" al posto di "persona", perchè per me un essere umano va rispettato in quanto tale, non mi interessa se è "persona" oppure no. Anzi, non capisco nemmeno questa distinzione. Veniamo alla domanda. Sacrificherei gli embrioni perchè è ovvio che, essendo costretto a scegliere, sceglierei colui che mi muove maggiormente a compassione, per la morte del quale soffrirei di più. E tra un embrione e un bambino certamente mi muove maggiormente a compassione un bambino. Così come, se mia moglie avesse un aborto spontaneo soffrirei, ma non come soffrirei se perdessi un figlio di 5, 10, 15 anni. Allo stesso modo, se fossi costretto a scegliere tra salvare un uomo giovane e sano, con tutta la vita davanti, e un uomo vecchio e malato, probabilmente sceglierei di sacrificare il secondo, perchè mi dispiacerebbe infinitamente di più troncare una vita che ha ancora tanti sogni e opportunità. Anche se non è detto. Mettiamo che magari il vecchio malato sia una brav'uomo mentre il giovane è un serial killer: in tal caso probabilmente sacrificherei il secondo. Ma qui sta il punto che voglio sottolineare: il giovane bastardo è meno "essere umano" del vecchio brav'uomo? No, giusto? Il vecchio malato è meno "essere umano" del giovane sano? No. E allora perchè l'embrione deve essere meno "essere umano" di un uomo di 5, 10 o 50 anni? I criteri che io userei se costretto a scegliere tra sacrificare un essere umano piuttosto che un
altro (la compassione, il desiderio di farla pagare a un bastardo assassino ecc ecc) non comportano che uno dei perda la qualità di "essere umano". Quindi, posto che l'embrione è un essere umano, in quanto tale va tutelato, non lo si può trattare come un grumo di cellule, come fosse un tumore. Poi, in certi frangenti estremi, potrebbe essere sacrificato, ma da qui a dire che non è un essere umano c'è una bella differenza. Tornando all'interrogativo posto da Giuseppe Regalzi, e concludendo: scegliere, come farei io, di scongelare gli embrioni piuttosto che gasare 30 tra uomini, donne e bambini, non comporta che gli embrioni non siano esseri umani.
Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

E se la scelta fosse fra un singolo bambino da una parte e i trenta embrioni dall'altra?

Anonimo ha detto...

Penso che sceglierei il bambino anche in questo caso, per i motivi addotti nel commento precedente. Ma siamo sempre lì: i miei criteri di scelta non hanno alcun valore nello stabilire se uno è "essere umano" oppure no. Lei fra 30 bambini sani e 30 bambini malati terminali di cancro chi sceglierebbe? Non ha importanza: che scelga i sani o i malati, sono tutti bambini, quindi esseri umani, allo stesso modo.
Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Cioè lei sta dicendo che sacrificherebbe 29 esseri umani in più solo perché le dispiacerebbe sacrificare quello per cui prova più empatia? Il suo dispiacere personale vale la vita di 29 esseri umani? Mi sembra una strana idea della moralità... Supponiamo che la scelta sia fra un bambino di 4 anni che conosce di vista, vispo e simpatico con cui ogni tanto scambia qualche frase scherzosa, ma che non è suo parente, da una parte; e dall'altra parte 30 bambini sudcoreani della stessa età, che non ha mai visto, di cui non sa nulla e che appartengono a un'altra cultura. Uno prova più empatia con il bambino conosciuto, certo; ma cosa sarebbe giusto fare in questo caso?

Anonimo ha detto...

@Giuseppe Regalzi
Il mio dispiacere non vale la vita di 29 esseri umani (e neanche quella di 29 embrioni). Però, se mi si obbliga a compiere una scelta devo usare un criterio. Nel caso della scelta tra un bambino e uno o più embrioni sceglierei il bambino; nel caso dei trenta bambini coreani sceglierei questi ultimi. Un criterio quantitativo nel secondo caso, affettivo nel primo. Ammetto che la vista di 1, 10 o 1000 embrioni non mi suscita lo stesso affetto della vista di un bambino. Così come sentire alla televisione della morte per cancro di un ragazzo di 20 anni sconosciuto mi suscita dispiacere, ma non come quello che proverei se il ragazzo in questione fosse uno che conosco che magari ho visto crescere. D'altro canto, non me la sentirei mai di far morere 30 bambini per salvarne uno. Lei ritiene i miei criteri ingiusti, immorali? Io non credo lo siano, ma che sia giusto scegliere in un modo piuttosto che in un altro non fa parte di ciò di cui stiamo discutendo. Se uno decidesse di salvare 30 embrioni piuttosto che 30 bambini lei lo troverebbe ingiusto? Anch'io. Ma questo non significa che i 30 embrioni non siano esseri umani. Idem per l'esempio dei bambini coreani: io salverei i 30 bambini, e anche lei suppongo; un altro magari salverebbe il bambino che conosce. Io e lei troviamo giusto il primo criterio, e sono convinto che abbiamo ragione. Ma anche usando il secondo, resta il fatto che tutti e 31 sono bambini allo stesso modo, il criterio usato per sceglierli non intacca la loro natura di esseri umani. Idem dicasi per gli embrioni.
Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Mi pare che dalle sue risposte emerga con chiarezza che lei considera sì gli embrioni come esseri umani, ma non come esseri umani uguali agli altri; sicuramente non come bambini a tutti gli effetti, solo più piccoli degli altri: altrimenti non applicherebbe due criteri diversi per i 30 bambini coreani e per i 30 embrioni. Se capisco bene lei risponde: d'accordo, ma preferire 30 bambini a 30 anziani non significa che i primi sono più umani degli altri. Il problema è che in questo caso è molto chiaro il criterio alla base della nostra preferenza: i bambini hanno in media "più vita" da passare degli esseri umani, e quindi è giusto salvare loro. Ma con gli embrioni è chiaro che non si applica un criterio del genere, visto che gli embrioni hanno in media più vita da vivere di qualsiasi altro esssere umano. Allora il criterio qual è?

Anonimo ha detto...

@ Giuseppe Regalzi
Tutti e nessuno, ognuno usa il criterio che vuole: come le ho già detto, non è questione di criteri. Lei dice che fra trenta bambini e trenta vecchi userebbe il criterio della maggior vita da trascorrere e probabilmente lo farei anch'io. Un altro invece potrebbe scegliere gli anziani perchè magari si trova in un contesto in cui persone esperte sono di maggior aiuto alla comunità rispetto ai bambini. Un altro potrebbe usare un altro criterio ancora: non ha importanza. Il criterio di scelta, giusto o sbagliato che sia, morale o immorale che sia, non è un elemento utile ai fini di stabilire se un embrione è un essere umano oppure no.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

@Giuseppe Regalzi
Mi preme chiarire un punto.
"Mi pare che dalle sue risposte emerga con chiarezza che lei considera sì gli embrioni come esseri umani, ma non come esseri umani uguali agli altri; sicuramente non come bambini a tutti gli effetti, solo più piccoli degli altri: altrimenti non applicherebbe due criteri diversi per i 30 bambini coreani e per i 30 embrioni"
No, io considero gli embrioni esseri umani uguali agli altri. Certamente l'embrione non è un bambino, ma nemmeno un vecchio di ottant'anni è un bambino, ciononostante a nessuno verrebbe in mente di considerarlo meno umano Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Bene; mi potrebbe allora esplicitare la ragione che le fa preferire un singolo bambino di 4 anni a trenta embrioni?

Giuseppe Regalzi ha detto...

O meglio ancora: la ragione per cui nel caso degli embrioni vale la sua empatia maggiore nei confronti del bambino e nel caso dei piccoli coreani questa non vale più.

Anonimo ha detto...

Perchè un bambino che piange, ride, parla, cammina, mi suscita una tenerezza ben diversa rispetto a un embrione, mentre tra un bambino e un altro non sono in grado di distinguere e perciò ricorro a un più freddo e razionale criterio quantitativo. Non vedo comunque come questo possa essere utile alla nostra discussione: anche un vecchiaccio bavoso che fa lo sporcaccione con le ragazzine mi suscita un sentimento ben diverso rispetto a un bambino, e penso anche a lei, ma ciononostante continuiamo a ritenerlo un essere umano, giusto? Ribadisco: i criteri del tutto personali che ciascuno di noi userebbe in determintae circostanze sono del tutto irrilevanti per stabilire cosa è umano e cosa non lo è. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Prima di tutto una precisazione: quando qualche settimana fa ho proposto questo esperimento mentale la mia intenzione non era affatto di dimostrare che gli embrioni non sono persone. Sto piuttosto cercando di capire che cosa pensiamo esattamente dello statuto degli embrioni.

Torniamo un attimo indietro: la morte di un bambino suscita in ciascuno di noi più pena della morte di un numero superiore - anche molto superiore - di embrioni. Allo stesso modo, la morte di un bambino che conosciamo pesa di più per noi della morte di un numero superiore di bambini sconosciuti (basta pensare alla nostra reazione a notizie di tragedie avvenute in paesi lontani, e paragonarle a una tragedia che tocchi invece persone note). Però in questo secondo caso sappiamo bene cosa è giusto: se toccasse a noi scegliere chi deve vivere e chi deve morire, la nostra empatia non avrebbe nessun ruolo nella decisione; ceteris paribus, decideremmo in modo da salvare il numero maggiore di vite. Invece nel primo caso questo non avviene: lasciamo che la nostra pena personale abbia il sopravvento. Perché? Che criterio stiamo usando? Non si può rispondere: "perché mi dispiace di più per il bambino", visto che "ci dispiace di più" anche per il bambino che conosciamo, eppure in quel caso optiamo per la decisione più costosa per la nostra emotività.

Anonimo ha detto...

@giuseppe Regalzi
"la morte di un bambino suscita in ciascuno di noi più pena della morte di un numero superiore - anche molto superiore - di embrioni." Beh, in me e in lei sì, ma io non generalizzerei: come possiamo escludere che qualcuno possa soffrire di più all'idea di sacrificare cento o mille vite piuttosto che una?

"Allo stesso modo, la morte di un bambino che conosciamo pesa di più per noi della morte di un numero superiore di bambini sconosciuti...Però in questo secondo caso sappiamo bene cosa è giusto: se toccasse a noi scegliere chi deve vivere e chi deve morire, la nostra empatia non avrebbe nessun ruolo nella decisione; ceteris paribus, decideremmo in modo da salvare il numero maggiore di vite."
Anche questo è relativo: è vero per me e per lei, ma qualcuno potrebbe anche dire: "che mi frega di quei coreani? Io salvo il piccolo Franceschino, il figlio dei miei vicini, perchè lo conosco e gli voglio bene"

"Invece nel primo caso questo non avviene: lasciamo che la nostra pena personale abbia il sopravvento. Perché?" Perchè io e lei siamo fatti così; qualcun altro potrebbe ben decidere diversamente.
Quindi, come vede, si tratta sempre di criteri soggettivi e, in quanto tali, del tutto inadeguati a spiegarci qual'è lo statuto dell'embrione. Per me il criterio più oggettivo e sicuro per attribuire lo statuto all'embrione è quello descritto da Annarosa, il quale sancisce inequivocabilmente che l'embrione è un essere umano. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

«"Invece nel primo caso questo non avviene: lasciamo che la nostra pena personale abbia il sopravvento. Perché?"
Perchè io e lei siamo fatti così; qualcun altro potrebbe ben decidere diversamente».


"Perché siamo fatti così" non è una gran spiegazione. Provi a esaminare le sue intuizioni morali: qual è la ragione di questa strana disimmetria nel suo atteggiamento verso quelli che per lei sono tutti esseri umani?

«Quindi, come vede, si tratta sempre di criteri soggettivi e, in quanto tali, del tutto inadeguati a spiegarci qual'è lo statuto dell'embrione».

Lei continua ad attribuirmi l'intenzione di dimostrare una cosa che non sto cercando di dimostrare. Ripeto: lo statuto oggettivo dell'embrione non c'entra nulla nell'esperimento che avevo sottoposto ad Annarosa.

Anonimo ha detto...

"Perché siamo fatti così" non è una gran spiegazione”.
La sua spiegazione invece qual è?

“Provi a esaminare le sue intuizioni morali: qual è la ragione di questa strana disimmetria nel suo atteggiamento verso quelli che per lei sono tutti esseri umani?”
Ciascuno di noi nutre sentimenti diversi a seconda dell’essere umano che ha di fronte, non ci trovo nulla di strano. Anche fra il mio atteggiamento verso il vecchiaccio sporcaccione e quello verso un bambino c’è un’enorme disimmetria, ma non vedo come questo possa aiutarci a riflettere su cosa l’embrione è o non è.

“lo statuto oggettivo dell'embrione non c'entra nulla nell'esperimento che avevo sottoposto ad Annarosa”.
L’avevo capito. Ma allora a che serve questo esperimento? Per stabilire lo statuto soggettivo dell’embrione? Di statuti soggettivi ce n’è uno per persona, è un ginepraio che non porta ad alcuna conclusione utile.
Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

"La sua spiegazione invece qual è?"

Per quanto mi riguarda, l'embrione non è una persona, e quindi ha uno statuto morale inferiore a quello degli esseri umani dotati di coscienza. Questo spiega alla perfezione perché la mia intuizione mi porta a preferire un singolo bambino a 30 - o 300, o 3000, o 30.000 - embrioni nell'esperimento mentale di cui ci stiamo occupando. Per lei questo tipo di differenza non ha senso, e quindi mi aspetterei da parte sua una spiegazione diversa. Che però non arriva.

"Anche fra il mio atteggiamento verso il vecchiaccio sporcaccione e quello verso un bambino c'è un'enorme disimmetria".

Disimmetria però perfettamente spiegabile, perché il vecchiaccio sporcaccione è moralmente indegno ed è anche dannoso per gli altri. L'embrione non è nessuna di queste cose.

"Ma allora a che serve questo esperimento? Per stabilire lo statuto soggettivo dell'embrione? Di statuti soggettivi ce n'è uno per persona, è un ginepraio che non porta ad alcuna conclusione utile".

Io sospetto invece che lo statuto soggettivo dell'embrione sia molto più omogeneo di quanto sospettiamo, e che non ci sia riguardo a questo una grande differenza fra pro-choice e pro-life. Finora ho trovato solo conferme a questo sospetto.

filippo ha detto...

Detto in altri termini: se veramente l'embrione fosse una persona, o un essere umano che dir si voglia, io non mi permetterei certo di "sceglierlo" in negativo rispetto a un bambino, così come di certo non sceglierei mai tra un bambino di qui e trenta bambini di là.
Semplicemente rifiuterei di scegliere, perchè tutte le persone, tutti gli individui godono di pari dignità, anche il vecchiaccio dell'esempio di cui sopra, e non si capisce perchè dovrei e potrei permettermi il lusso di giudicare.

Il nostro invece questo lusso se lo prende tutto, sceglie tra persone, cioè tra soggetti che godono o dovrebbero godere di pari diritti, solo sulla base delle sue simpatie. Non è ovvio.

Cerchi piuttosto di dimostrarci in base a quale considerazione gli embrioni andrebbero considerati persone, o individui, o esseri umani, e in quanto tali meritevoli delle stesse tutele che accordiamo agli esseri umani.
Magari evitando le tautologie che non dimostrano niente e richiedono piuttosto di essere dimostrate.

Anonimo ha detto...

L’embrione è un essere umano non dotato di coscienza, ok. Ma è comunque un essere umano, quindi che abbia coscienza o meno non ha importanza: sopprimere un embrione è un omicidio. Il fatto che non abbia coscienza del male che gli facciamo non rende l’embrione “non umano”, e non rende meno criminale il nostro comportamento. La presenza o meno di coscienza fa solo comodo a noi: dovendo scegliere per forza, preferiamo sopprimere gli embrioni, siano 30 o 30000, piuttosto che un bambino, perchè gli embrioni, non urlando e non sanguinando, non guardandoci disperati come a dirci “perché mi fai questo?”, non urtano la nostra sensibilità. E’ per questo che, di fronte al dilemma di scegliere fra un bambino e tanti embrioni, molto probabilmente anche un pro life sacrificherebbe gli embrioni (come del resto aveva già detto Annarosa, se non ricordo male) Ma questo non ci dice nulla sullo statuto dell’embrione e quindi non conferma affatto il suo sospetto: anche un uomo sotto anestesia non ha coscienza del male che gli stiamo facendo, e se lo infiliamo in una cella frigorifera muore senza accorgersene e senza sanguinare. Eppure questo è un omicidio. Esattamente come per l’embrione. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

@Filippo:

"Semplicemente rifiuterei di scegliere, perchè tutte le persone, tutti gli individui godono di pari dignità, anche il vecchiaccio dell'esempio di cui sopra, e non si capisce perchè dovrei e potrei permettermi il lusso di giudicare".

Quando ho proposto l'esperimento (commento del 23/1/12, 22:02) ho specificato che se non si sceglie sarebbero morti tutti, bambini ed embrioni. Quindi il rifiuto di scegliere non è un'opzione, temo.


@Simone:

"preferiamo sopprimere gli embrioni, siano 30 o 30000, piuttosto che un bambino, perchè gli embrioni, non urlando e non sanguinando, non guardandoci disperati come a dirci “perché mi fai questo?”, non urtano la nostra sensibilità"

Ma il bambino dell'esperimento non sanguina e non ci guarda disperato. Se vuole, si può congegnare l'esperimento in modo che dorma; non credo che cambierebbe niente...

Non si offenda, ma lei mi sembra paragonabile a una persona che condannasse con fervore il razzismo, argomentando appassionatamente per l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, esecrando sdegnato discriminazioni, schiavitù e linciaggi; e che poi, di fronte alla domanda: chi salvi fra un ragazzo bianco e trenta ragazzi neri?, rispondesse candidamente: ma il ragazzo bianco, è ovvio.

Anonimo ha detto...

@Simone Emili
“Ma il bambino dell'esperimento non sanguina e non ci guarda disperato. Se vuole, si può congegnare l'esperimento in modo che dorma; non credo che cambierebbe niente...”
Come avevo già detto, neanche l’uomo anestetizzato e ucciso per assideramento sanguina, urla e ci guarda disperato, cionondimeno lo consideriamo giustamente un omicidio. La mia descrizione così drammatica serviva solo per ribadire che, in condizioni estreme, io istintivamente prediligo il soggetto che mi fa più compassione, e certamente fra un bambino e un numero anche elevato di embrioni mi fa più compassione un bambino, indipendentemente che dorma o meno. L’idea di sopprimere una vita che ride, piange, parla e cammina mi fa soffrire di più che sopprimere una vita che è ancora a un livello cellulare, embrionale appunto. Ma ho anche detto che questo è un criterio del tutto soggettivo, e che qualcun altro, al mio posto, potrebbe benissimo sacrificare il bambino. Lei pretende di trarre conclusioni morali generali dai miei personalissimi criteri, che potrebbero essere viziati da un certo egoismo e non essere condivisi da altri.

“Non si offenda, ma lei mi sembra paragonabile a una persona che condannasse con fervore il razzismo, argomentando appassionatamente per l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, esecrando sdegnato discriminazioni, schiavitù e linciaggi; e che poi, di fronte alla domanda: chi salvi fra un ragazzo bianco e trenta ragazzi neri?, rispondesse candidamente: ma il ragazzo bianco, è ovvio.”

Io tendo a discriminare scegliendo, egoisticamente, la soluzione che mi fa soffrire meno. Un altro magari discrimina solo in base al numero, e quindi tra un bambino e anche solo 2 embrioni, sceglie gli embrioni. Quindi lei ha ragione: la mia è una forma di razzismo, come discriminare tra due ragazzi in base al colore della pelle. Sono come un attivista che si batte contro le discriminazioni razziali ma che, essendo bianco, prova una maggiore empatìa verso quelli della sua razza, e quindi tra un bianco e un nero, se costretto, sacrifica un nero. Ha perfettamente ragione, e quindi non ho motivo di offendermi. Lei invece discrimina in base al fatto di essere dotati di coscienza: gli esseri umani sono tutti uguali biologicamente parlando, ma quelli dotati di coscienza sono moralmente superiori a quelli che non ne sono dotati, e quindi non esita a sacrificare questi ultimi. Eppure sono esseri umani anche loro, così come è un essere umano un nero né più né meno che un bianco. Il suo criterio è arbitrario e razzista come il mio. Con la differenza che io sono cosciente dell’ arbitrarietà e della limitatezza del mio criterio, ragion per cui mi guardo bene dal dargli una valenza generale e vado a cercare un criterio oggettivo, quello indicato da Annarosa. Lei invece ha la convinzione, del tutto erronea, che il suo criterio sia oggettivo, e arriva addirittura a dare patenti di superiorità o inferiorità morale. In altre parole, lei è razzista come me ma, al contrario di me, ne va pure fiero. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Lei pretende di trarre conclusioni morali generali dai miei personalissimi criteri".

Nonostante tutte le mie precisazioni, lei non ha ancora capito cosa sto tentando di fare. Pazienza, forse non sono stato chiaro.

"arriva addirittura a dare patenti di superiorità o inferiorità morale".

Ma dove?? Mai fatto niente del genere.

La discussione per quanto mi riguarda può finire qui. Nonostante le apparenze, è stata illuminante - almeno per me.

Anonimo ha detto...

@Giuseppe Regalzi
"Per quanto mi riguarda, l'embrione non è una persona, e quindi ha uno statuto morale inferiore a quello degli esseri umani dotati di coscienza".
Non è stato forse lei a scrivere questo?
Comunque è stata una discussione illuminante anche per me: ho constatato che nessuno è in grado di negare che l'embrione è un essere umano, e che quindi sopprimere l'embrione è veramente un omicidio, come ho sempre pensato. Grazie per avermi consentito di trovare ulteriori conferme a questa mia convinzione. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Non è stato forse lei a scrivere questo?"

Ok, avevo capito male: pensavo che mi stesse accusando di aver dato patenti di inferiorità morale a lei.

"ho constatato che nessuno è in grado di negare che l'embrione è un essere umano, e che quindi sopprimere l'embrione è veramente un omicidio, come ho sempre pensato".

Io neanche ci ho provato, qui: sarebbe stata una discussione troppo lunga, e anche inutile.

Anonimo ha detto...

@Giuseppe Regalzi
io ritengo che le discussioni non siano mai inutili, se vengono svolte in maniera civile e argomentata come è avvenuto in questa sede, cosa di cui la ringrazio. Ma sono d'accordo che proseguire questa discussione non sarebbe più proficuo, ormai le posizioni mi sembrano chiarite. Mi resta solo un dubbio. Lei in un post ha scritto: "quando qualche settimana fa ho proposto questo esperimento mentale la mia intenzione non era affatto di dimostrare che gli embrioni non sono persone. Sto piuttosto cercando di capire che cosa pensiamo esattamente dello statuto degli embrioni.". Io da ciò ho dedotto che lei, da quello che ciascuno di noi sente nei confronti degli embrioni, volesse individuare un criterio generale per stabilire se è corretto o meno, se è morale o meno trattarli come esseri umani. Mi ha detto allora che non ho capito qual'era il suo scopo, e ci può stare, non sono Einstein. Me lo potrebbe spiegare meglio? Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

In breve: io credo che esista una importante differenza fra ciò che gli antiabortisti dicono di credere (dicono anche a se stessi, credono di credere): che l'embrione è a tutti gli effetti uno di noi; e ciò che credono veramente, nel profondo: che l'embrione è un quasi-uomo, qualcosa che ha valore ma non quanto un essere umano sviluppato. Il problema che mi pongo è capire da che cosa dipenda questa incongruenza.

Anonimo ha detto...

Capisco. Io però prima mi chiederei se questa incongruenza c'è davvero. Lei è convinto che gli anti abortisti credano di considerare l'embrione un essere umano mentre in realtà lo considerano un "quasi essere umano", ma questa sua convinzione potrebbe anche essere sbagliata. Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Vedremo...

Anonimo ha detto...

Nel momento in cui lei costruisce le fondamenta della sua casa, le considera "casa" o "quasi-casa"? Se viene un terremoto e le fa crollare, lei grida disperato "No, la mia casa!" o grida "No, la mia quasi-casa!"? Per quello che può valere, le dò un parere di un anti abortista che conosco abbastanza bene: me. Se uno mi fa vedere un embrione appena formato e mi dice "fra 9 mesi sarà tuo figlio", per me è già mio figlio da quell'istante. E se vale per lui, vale per qualunque altro embrione: sono tutti figli di qualcuno.

Anonimo ha detto...

Mi sono dimenticato di firmare, ovviamente sono sempre Simone Emili.

filippo ha detto...

Solo una suggestione: se si è esseri umani anche senza possedere una coscienza, e se sopprimere un siffatto "essere umano" dotato di vita ma privo di coscienza "non rende meno criminale il nostro comportamento", diviene impossibile giustificare tutta la pratica dei trapianti d'organo.
Ci permettiamo il lusso di strappare organi a delle persone che non sono, stando a quanto si è appena disinvoltamente affermato, meno persone solo perchè prive di coscienza. Ciò sembra determinare un'incongruenza insanabile con la linea di pensiero che vuole le persone tali anche in assenza della consapevolezza di sè.

E non è di alcuna utilità tirare in ballo gli individui sotto anestesia o chi dorme. Questi sono coscienti perchè hanno un'attività elettrica evidente all'EEG. Gli embrioni e i candidati all'espianto no. I secondi l'hanno persa in maniera irreversibile, anche se il loro cuore batte. I primi non la possiederanno mai, a meno di iniziare una gravidanza.
E stando in provetta diventa piuttosto difficile, senza una donna disposta ad accoglierti.

In altri termini: possiamo fare tutti i discorsi filosofici possibili e immaginabili su di un seme. Ma non possiamo pretendere che quel seme ci faccia ombra. Non sarebbe più un seme ma un albero. E se nessuno lo pianta in terra, non diventerà mai un albero, cioè un'altra cosa.

Ah, e non possiamo mica costringere qualcuno a piantare il seme solo perchè riteniamo, in maniera assolutamente soggettiva e personale, che per oscuri e mistici motivi quel seme sia GIA' un albero. Così come non possiamo obbligare una donna a portare avanti una gravidanza che non desidera pensando di poter decidere, noi, sul suo corpo.

Anonimo ha detto...

“se si è esseri umani anche senza possedere una coscienza, e se sopprimere un siffatto "essere umano" dotato di vita ma privo di coscienza "non rende meno criminale il nostro comportamento", diviene impossibile giustificare tutta la pratica dei trapianti d'organo.”

Ma i soggetti espiantati, a differenza degli embrioni, sono morti.

“Ci permettiamo il lusso di strappare organi a delle persone che non sono, stando a quanto si è appena disinvoltamente affermato, meno persone solo perchè prive di coscienza. Ciò sembra determinare un'incongruenza insanabile con la linea di pensiero che vuole le persone tali anche in assenza della consapevolezza di sè.”

La mia linea di pensiero è che gli esseri umani, non le persone, sono tali a prescindere dalla consapevolezza di sé. In ogni caso, rimane il fatto che le persone espiantate sono morte, a differenza degli embrioni e a differenza delle persone cui gli organi vengono trapiantati. Non mi pare che ci permettiamo un lusso, direi piuttosto che, di fronte ad un persona morta e un’altra che rischia di morire, cerchiamo di fare in modo che almeno quest’ultima sopravviva: uno morto e uno vivo è sempre meglio che due morti.

“I secondi l'hanno persa in maniera irreversibile, anche se il loro cuore batte.”

Ma devono essere cerebralmente morti: mi corregga se sbaglio, ma un individuo in coma irreversibile non può essere espiantato. Quindi non si discrimina tra privi di coscienza e non, si discrimina tra morti e vivi: c’è una bella differenza.

“non possiamo pretendere che quel seme ci faccia ombra. Non sarebbe più un seme ma un albero.”

L’embrione è un albero, il seme sono lo spermatozoo e l’ovulo.

“non possiamo mica costringere qualcuno a piantare il seme solo perchè riteniamo, in maniera assolutamente soggettiva e personale, che per oscuri e mistici motivi quel seme sia GIA' un albero.”

Nessun oscuro e mistico motivo, pura e semplice appartenenza alla specie umana.

"non possiamo obbligare una donna a portare avanti una gravidanza che non desidera pensando di poter decidere, noi, sul suo corpo."

Però non possiamo nemmeno dimenticare che dentro di lei c’è un altro corpo, umano quanto il suo, che non le appartiene.

filippo ha detto...

I soggetti candidati all'espianto (a differenza dei pazienti in coma, reversibile o meno, che non hanno un EEG piatto) sono considerati morti solo se si certifica l'assenza di attività elettrica cerebrale (oltre alla presenza di altri segni clinici che non staremo a descrivere in questa sede per brevità). Devono cioè essere, in parole povere, "cerebralmente morti", cioè privi di quelle funzioni elettriche cerebrali che costituiscono il substrato della coscienza di un individuo. Che ne costituiscono, in sostanza, la sua essenza di essere umano. Ma se, come già detto spensieratamente, "si è esseri umani anche senza possedere una coscienza", non si capisce in base a quale argomento si debba considerare morto, cioè non più persona, un tizio le cui altre funzioni vitali sono ancora presenti: il suo cuore batte, i suoi polmoni respirano, i suoi reni filtrano, il suo sangue circola. Certo, il suo cervello è ormai una poltiglia inutile e inerte ma che importa, "si è esseri umani anche senza possedere una coscienza".
Mentre di converso si dovrebbe considerare vivo, nel senso di persona a tutti gli effetti, un embrione congelato che di funzioni vitali operative non ne possiede nessuna. Oltre a non possedere coscienza di sè, naturalmente.

Riguardo alla "pura e semplice appartenenza alla specie umana", riesce così difficile uscire dalle tautologie e stilare un breve elenco delle caratteristiche che consentano di riconoscere gli appartenenti alla suddetta specie? Sappiamo già che la coscienza è solo un optional, sarebbe allora possibile venire informati su cosa deve possedere irrinunciabilmente qualcuno (o qualcosa) per potersi fregiare del titolo di essere umano?

L'embrione, a gravidanza iniziata, è un'appendice del corpo della donna. Ne è parte integrante. Diventerà un individuo (un alberello) a fine gravidanza. Prima di tale evento, ed a maggior ragione se non c'è nessuna aspirante mamma a disposizione, l'embrione è solo una cartella contenente una serie di informazioni genetiche. Niente di meno e niente di più.

E finora non ci è stato presentato alcun argomento in grado di dimostrarci il contrario.

Anonimo ha detto...

"non si capisce in base a quale argomento si debba considerare morto, cioè non più persona, un tizio le cui altre funzioni vitali sono ancora presenti".
Pienamente d'accordo. Io considero essere umano anche un cadavere, figuriamoci come posso non essere d'accordo con lei. Resta il fatto che, una volta cessata l'attività cerebrale, la persona è morta. Le altre attività potranno protrarsi ancora un poco ma poi si spegneranno comunque; il destino di quella persona è segnato, non c'è più alcuna vita da salvaguardare, a differenza dell'embrione. Ciò non significa che un essere umano possa essere messo alla mercè di chiunque, per qualsiasi uso,anzi. Però, nel caso estremo in cui una vita ancora salvabile potrebbe avvalersi di un organo sano e funzionante proveniente da una persona morta, ritengo accettabile espiantare e trapiantare l'organo. Ovviamente, però, si tratta di casi estremi, come quello dei 30 bambini e l'embrione.

"Riguardo alla "pura e semplice appartenenza alla specie umana", riesce così difficile uscire dalle tautologie e stilare un breve elenco delle caratteristiche che consentano di riconoscere gli appartenenti alla suddetta specie?" La definizione data da Annarosa è tautologica solo se si parte dal presupposto che un essere umano, per essere tale, debba avere una coscienza. Altrimenti non ci trovo nulla di tautologico. Scusi, ma se lei vede un cane morto per la strada cosa dice: "toh, un essere che da vivo era un cane"? Un cane non è cane anche da morto? O bisogna avere una coscienza canina per essere veramente cani?

"l'embrione è solo una cartella contenente una serie di informazioni genetiche. Niente di meno e niente di più. E finora non ci è stato presentato alcun argomento in grado di dimostrarci il contrario." Informazioni genetiche che portano alla nascita di un essere umano. Anche un'unghia o un tumore contengono DNA umano, ma se la teniamo in grembo, dopo nove mesi non nasce un bambino. Quindi, sta a voi dimostrare che l'embrione non è un essere umano. Simone Emili

filippo ha detto...

Se "una volta cessata l'attività cerebrale, la persona è morta", parrebbe di capire che non si può più parlare di persona senza un'attività cerebrale. Cioè senza una coscienza, che dell'attività cerebrale costituisce il logico corollario.
A seguire però scopriamo di dover considerare "essere umano anche un cadavere", il che potrebbe renderci un tantino difficoltoso avallare tutta la procedura degli espianti. Ma il problema viene risolto brillantemente dal nostro ineffabile commentatore che, con la disinvoltura propria di una mente limpida, ci rassicura sulla liceità, anzi l'opportunità di prelevare quanto ci serve da chi ci capita a tiro, con l'unica accortezza però di scegliere solo tra quelli il "cui destino è segnato". Vorrà includere nel novero anche i pazienti colti da tumore maligno, il cui destino è notoriamente segnato?

Se vedo un cane morto per strada vedo qualcosa che prima era un cane e adesso è una carogna. Se Lei invece per strada vede delle persone, o presunte tali, in base a cosa le considera persone? Se possedere una coscienza non è più un requisito necessario perchè non posso considerare persona anche la porcellina Peggy o il cane citato in precedenza, naturalmente da vivo?

"Anche un'unghia o un tumore contengono DNA umano, ma se la teniamo in grembo, dopo nove mesi non nasce un bambino". Anche tenendo in grembo un embrione non è per niente sicuro che ne nasca un bambino: in una certa percentuale di casi verrà fuori una mola vescicolare, cioè un qualcosa dotato di DNA umano e privo di coscienza, in altri termini un tumore (benigno). Può un essere umano trasformarsi in un tumore? O, più semplicemente, non è [l'embrione ndr] un essere umano ma un aggregato di cellule che può dar luogo all'una o all'altra cosa, ad un bambino come ad un tumore?

L'embrione non è un essere umano perchè non ha coscienza. Pareva di essere stati sufficientemente chiari in merito.
Adesso, rimettiamo la palla al centro e aspettiamo di vedere dimostrato il contrario.

Anonimo ha detto...

“ci rassicura sulla liceità, anzi l'opportunità di prelevare quanto ci serve da chi ci capita a tiro, con l'unica accortezza però di scegliere solo tra quelli il "cui destino è segnato". Vorrà includere nel novero anche i pazienti colti da tumore maligno, il cui destino è notoriamente segnato?”

Quando subentra la morte cerebrale il paziente è morto, quel processo biologico che si chiama “morte” è entrato in una fase irreversibile, anche se alcune parti del corpo sono ancora in una certa misura vitali. Era questo che intendevo per “destino segnato”. I pazienti colpiti da tumore incurabile moriranno, ma per il momento sono vivi come me e lei. E poi non ho mai parlato di prendere chi “ci capita a tiro”: donare gli organi è una scelta, almeno nel nostro paese.

“Se vedo un cane morto per strada vedo qualcosa che prima era un cane e adesso è una carogna”.

Di cane, però. Non di un altro animale. E come fa a capire che si tratta di un cane, quando la carogna è troppo decomposta? Dall’analisi del DNA. Idem dicasi per l’uomo: se le cellule hanno DNA umano, siamo in presenza di un essere umano, che abbia o meno coscienza è irrilevante. O dobbiamo pensare che lei “se vede un uomo morto per strada vede qualcosa che prima era un uomo e adesso è una carogna”?

“Se Lei invece per strada vede delle persone, o presunte tali, in base a cosa le considera persone?Se possedere una coscienza non è più un requisito necessario perchè non posso considerare persona anche la porcellina Peggy o il cane citato in precedenza, naturalmente da vivo?”

Perché Peggy e il cane hanno rispettivamente il DNA di un maiale e di un cane, non di un uomo. E poi la domanda sbaglia destinatario: è Lei che usa la presenza di coscienza per discriminare tra esseri umani, non io.

“Anche tenendo in grembo un embrione non è per niente sicuro che ne nasca un bambino: in una certa percentuale di casi verrà fuori una mola vescicolare, cioè un qualcosa dotato di DNA umano e privo di coscienza, in altri termini un tumore (benigno).“

Se è per quello, può anche darsi che l’embrione muoia spontaneamente durante la gravidanza: anche in quel caso non nascerà un bambino. Ma non cambia il concetto: solo l’embrione, dopo nove mesi, porta ad un bambino.

“non è [l'embrione ndr] un essere umano ma un aggregato di cellule che può dar luogo all'una o all'altra cosa, ad un bambino come ad un tumore?”

Assolutamente no. Le cellule dell’embrione possono andare incontro ad una degenerazione tumorale, come qualsiasi altra cellula. In altre parole, anche l’embrione si ammala di tumore. Ma non è che lo genera. Dire che l’embrione dà luogo a un tumore vescicolare è come dire che una donna dà luogo a un carcinoma alla mammella.

“L'embrione non è un essere umano perchè non ha coscienza. Pareva di essere stati sufficientemente chiari in merito. Adesso, rimettiamo la palla al centro e aspettiamo di vedere dimostrato il contrario.”

E’ stato chiarissimo. Per lei un essere umano per definirsi tale deve avere una coscienza: se non ha una coscienza, o è un tumore o è una carogna. Non poteva essere più chiaro di così
Simone Emili

filippo ha detto...

"I pazienti colpiti da tumore incurabile moriranno, ma per il momento sono vivi come me e lei" Se non si considera il requisito della coscienza come sostanziale per definire una persona, anche i pazienti in morte cerebrale sono vivi come me e Lei. Anche loro “moriranno”, se vogliamo usare il Suo criterio di giudizio, ma per il momento sono vivi. Il punto è un altro, che tali pazienti sono invece effettivamente morti mentre i loro organi sono ancora vivi e per questo noi li utilizziamo.
Li utilizziamo perché, pur essendo ben vivi e vitali e con tutto il loro bellissimo corredo di DNA umano in perfetto ordine, appare arduo definire gli organi espiantati come degli esseri umani a loro volta.

Bene, abbiamo scoperto che alla base di tutto c'è il DNA. Questo purtroppo taglia fuori il cane e la porcellina Piggy. Restano in lizza tutte le neoplasie, i pazienti candidati all'espianto perchè in morte cerebrale e i nostri carissimi embrioni. E le mole vescicolari.
Perchè a questo si giunge se si considera il dio DNA come unico elemento determinante per mettere in moto la tautologia cui Lei si è dimostrato particolarmente affezionato. Oppure dovremo inventarci qualcos'altro, DNA a parte, per uscire dall'impiccio. Allora, qual è il prossimo step per non trovarci a dover includere tutti insieme appassionatamente nella grande famiglia degli esseri umani qualunque cosa ci capiti tra le mani col proprio bravo corredino di DNA umano in bella vista?

Una donna si ammala di tumore, non vi si trasforma completamente. Cosa che invece succede all'embrione, anzi al pre-embrione giacchè tutto avviene in una fase estremamente precoce. Non è detto però che sia un evento negativo: se si è esseri umani solo sulla base del possesso di un DNA umano, anche la mola vescicolare è un essere umano. E come tale, si ricordi, titolare di diritti. Aspettiamo fiduciosi il primo integralista che si alzi in piedi a dirci che l'aborto è immorale in presenza anche di una mola vescicolare, cioè comunque di "un altro corpo, umano quanto il suo [della donna, si capisce]".

P.S.: Certo, se un essere umano non ha coscienza è altro. E, di converso, se un tumore o una carogna di qualsiasi animale avessero una coscienza, non si vede perchè non dovrebbero essere equiparabili agli esseri umani. A prescindere dal loro DNA.
Da questo punto di vista, vedo molta più "umanità" in prospettiva in una grande scimmia o in un delfino che non nei suoi coccolatissimi embrioni.
E’ una questione di elasticità mentale.

Anonimo ha detto...

"I pazienti colpiti da tumore incurabile moriranno, ma per il momento sono vivi come me e lei" Se non si considera il requisito della coscienza come sostanziale per definire una persona, anche i pazienti in morte cerebrale sono vivi come me e Lei. Anche loro “moriranno”, se vogliamo usare il Suo criterio di giudizio, ma per il momento sono vivi.”
La morte è un processo che, con la morte del cervello, diventa irreversibile. Quindi, non sono vivi e non moriranno, sono già morti, anche se alcune parti del cuore mantengono ancora una certa vitalità. Peraltro, ai fini del trapianto, tale vitalità è sostenuta artificialmente, segno che in realtà il processo di morte è ormai arrivato a un punto di non ritorno. Quindi prelevando gli organi a queste persone non si uccide nessuno.
“Il punto è un altro, che tali pazienti sono invece effettivamente morti mentre i loro organi sono ancora vivi e per questo noi li utilizziamo. Li utilizziamo perché, pur essendo ben vivi e vitali e con tutto il loro bellissimo corredo di DNA umano in perfetto ordine, appare arduo definire gli organi espiantati come degli esseri umani a loro volta.”
Non mi sono mai sognato di definirli come tali. E come le ho già detto, da un rene o da un cuore non viene fuori un bambino, quindi dire che un rene non è un essere umano non equivale a dire che non lo è l’embrione.

“Bene, abbiamo scoperto che alla base di tutto c'è il DNA. Questo purtroppo taglia fuori il cane e la porcellina Piggy. Restano in lizza tutte le neoplasie, i pazienti candidati all'espianto perchè in morte cerebrale e i nostri carissimi embrioni. E le mole vescicolari. Perchè a questo si giunge se si considera il dio DNA come unico elemento determinante per mettere in moto la tautologia cui Lei si è dimostrato particolarmente affezionato. Oppure dovremo inventarci qualcos'altro, DNA a parte, per uscire dall'impiccio.”
L’impiccio ve lo create voi abortisti introducendo il concetto di coscienza. Per me, quando c’è DNA umano, siamo in presenza di un essere umano. Se trovo delle ossa e non riesco a capire se sono umane, lo capisco analizzando il DNA. Poi, ovviamente, nessuno ha mai detto che le ossa o la pelle o i testicoli di un uomo sono esseri umani. Ma l’embrione sì, perchè tutti noi siamo stati embrioni, ma non mi risulta che qualcuno sia mai stato rene o polmone, nelle fasi iniziali del proprio sviluppo. Ed è un essere umano vivo, sennò non si svilupperebbe. Solo che, se le cose stanno così, sopprimere l’embrione è un omicidio, e allora che si fa? Semplice, si inventa che un essere umano è tale sono se ha coscienza, così, impedendo all’embrione di svilupparsi e acquisirla, possiamo dire che è solo un ammasso di cellule, come un tumore qualsiasi.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

“Una donna si ammala di tumore, non vi si trasforma completamente. Cosa che invece succede all'embrione, anzi al pre-embrione giacchè tutto avviene in una fase estremamente precoce. Non è detto però che sia un evento negativo: se si è esseri umani solo sulla base del possesso di un DNA umano, anche la mola vescicolare è un essere umano. E come tale, si ricordi, titolare di diritti. Aspettiamo fiduciosi il primo integralista che si alzi in piedi a dirci che l'aborto è immorale in presenza anche di una mola vescicolare, cioè comunque di "un altro corpo, umano quanto il suo [della donna, si capisce]".
La mola vescicolare è un tumore dell’embrione, al pari del tumore alla mammella per la donna, non è un esito dello sviluppo embrionale. Tant’è che vi sono casi di mole vescicolari in assenza di embrione, e altri casi nei quali l’embrione cresce in concomitanza con la mola riuscendo ad arrivare in fondo alla gravidanza. Ora, se vi può essere mola in assenza di embrione, o embrione che convive con la mola, come può la mola essere l’embrione stesso trasformato? Quindi la mola è un tumore, e in quanto tale non ha diritti umani, altrimenti li avrebbe anche il carcinoma della mammella, il quale non potrebbe essere estirpato o combattuto con la chemioterapia, con buona pace della vita di tante donne.

“P.S.: Certo, se un essere umano non ha coscienza è altro. E, di converso, se un tumore o una carogna di qualsiasi animale avessero una coscienza, non si vede perchè non dovrebbero essere equiparabili agli esseri umani. A prescindere dal loro DNA. Da questo punto di vista, vedo molta più "umanità" in prospettiva in una grande scimmia o in un delfino che non nei suoi coccolatissimi embrioni. E’ una questione di elasticità mentale.”
Sarò rigido, ma io vedo molta più umanità in un embrione, visto che “in prospettiva” diventa come me e lei. Non ho mai visto un delfino fare altrettanto.
Simone Emili

filippo ha detto...

E' una questione di logica. Se per essere definiti persone, o individui, o esseri umani, si scelga pure il sinonimo che più Le aggrada, non è obbligatorio possedere una coscienza, come Lei si premura di farci sapere, ma è sufficiente un corredino cromosomico di un certo tipo, allora diviene impossibile includere o escludere determinati organismi solo sulla base della propria convenienza e del proprio basso tornaconto retorico. Per cui se il prodotto del concepimento è un essere umano sulla base solo dei suoi 46 cromosomi, allora anche la mola vescicolare dovrà essere considerato un essere umano titolare di diritti, al pari degli altri tumori e di tutto quanto di vivente si può rintracciare in circolazione dotato di 46 cromosomi di DNA umano e sprovvisto di coscienza.

E qui non si discute di ciò che può originarsi da una mola o da un embrione, perchè anche due singole cellule seminali danno origine ad un individuo, ma nessuno le considera già un individuo.

Anonimo ha detto...

"anche due singole cellule seminali danno origine ad un individuo, ma nessuno le considera già un individuo". Se si uniscono; uno spermatozoo o un ovulo, presi singolarmente, rimangono uno spermatozoo e un ovulo.
Le garantisco che è proprio la logica a condurmi alla conclusione che l'embrione è un essere umano. Nel momento in cui uno spermatozoo feconda un ovulo, si forma qualcosa che nel corso di 9 mesi diventerà un bambino, e non c'è mai un istante nel corso di questi 9 mesi in cui il frutto di quell'incontro tra seme maschile e ovulo femminile può diventare qualcosa di diverso da un bambino; non esiste un momento in cui lo sviluppo dell'embrione potrebbe portarlo a diventare un gatto o un pomodoro, sarà sicuramente un uomo. Certo, alcune sue cellule, nel corso delle settimane possono andare incontro ad una degenerazione tumorale, ma questo succede a qualunque essere umano. Insomma, io cerco di figurarmi lo sviluppo di un essere umano dal momento in cui si forma l'embrione al momento in cui, qualche decennio dopo, l'essere umano che era quell'embrione muore, e per quanti sforzi faccia non vedo soluzioni di continuità. La storia biologica di ciascuno di noi è una storia lineare che finisce con la morte e comincia con la formazione di un embrione, senza interruzioni e possibili cambiamenti di direzione. Anche un rene, un polmone e un fegato, come ho detto, contengono DNA umano, ma restano quello che sono, finchè non si decompongono, l'embrione no. L'embrione diventa (e non può che diventare) uno di noi: come si fa a dire che non è già uno di noi fin dalla sua formazione? Se io vengo nominato ufficialmente direttore di un'importante orchestra e muoio d'infarto un istante dopo la nomina, il mio nome figurerà comunque tra i direttori di quell'orchestra, avrò un predecessore e un successore. Eppure come direttore di quell'orchestra sono stato inesistente, ero un direttore "in embrione", che non ha avuto il tempo di mostrare le sue doti e di trasmettere la sua arte agli orchestrali e al pubblico, ma ero già il direttore di quell'orchestra: il fatto che la mia coscienza di artista non abbia avuto il tempo di esprimersi non toglie nulla a questo fatto. Simone Emili

filippo ha detto...

Come già avuto modo pazientemente di spiegare, se l'unica logica alla base di questo ragionamento consiste nel fatto che l'embrione è destinato a divenire un individuo e per questo vogliamo abbonargli la patente di individuo bello e finito, lo stesso ragionamento sic et simpliciter è applicabile alle cellule da cui l'embrione stesso ha avuto origine.

Se il sig. X viene nominato Direttore di un'orchestra, egli lo è a tutti gli effetti, in atto e non già in potenza, perchè ne ha le doti e i titoli e la nomina ne è l'ufficiale riconoscimento.
Se il sig. X studia al conservatorio e si dimostra un giovane dal brillante talento tanto da potergli preconizzare un futuro da Direttore d'orchestra, allora egli è un "direttore in embrione" perchè dimostra di averne, in potenza, i requisiti necessari e sufficienti.
Ma resta solo una possibilità e, finchè non si traduce nella realtà, sarà un Direttore d'orchestra solo nella immaginazione e nelle speranze di chi lo desidera. Ad esempio dei suoi genitori, che si comporteranno nei riguardi di questo progetto di Direttore esattamente come nel caso di un inizio di gravidanza ci si comporta nei riguardi di quel progetto di persona che è l'embrione: gli si proiettano i propri desideri e, nella immaginazione di mamma e papà diviene già una persona.
Senza esserlo ancora.

Anonimo ha detto...

"se l'unica logica alla base di questo ragionamento consiste nel fatto che l'embrione è destinato a divenire un individuo e per questo vogliamo abbonargli la patente di individuo bello e finito, lo stesso ragionamento sic et simpliciter è applicabile alle cellule da cui l'embrione stesso ha avuto origine"
Lo spermatozoo e l'ovulo in se per se non sono altro che uno spermatozoo e un ovulo,non sono in grado di diventare nient'altro che quello che sono, non sono esseri umani né effettivi né potenziali. L'essere umano nasce quando lo spermatozoo e l'ovulo si uniscono, non prima. E da quel momento è già un essere umano a tutti gli effetti, non è destinato a diventarlo. Da quel momento comincia una "storia biologica" che si concluderà con la morte e la decomposizione, e che attraverserà varie fasi. ma tutte queste fasi sono capitoli di un unico romanzo. Stabilire che l'embrione diventa "essere umano" solo a partire dal capitolo "formazione del cervello e della capacità di avere una coscienza" è un'evidente forzatura, un criterio del tutto arbitrario, inventato per poter ammazzare gli embrioni senza farsi scrupoli di coscienza.

"Se il sig. X viene nominato Direttore di un'orchestra, egli lo è a tutti gli effetti, in atto e non già in potenza, perchè ne ha le doti e i titoli e la nomina ne è l'ufficiale riconoscimento" Esatto, e idem dicasi per l'embrione: ha tutti i titoli e le doti per essere considerato uun essere umano.
Simone Emili

filippo ha detto...

"Lo spermatozoo e l'ovulo [...] non sono in grado di diventare nient'altro che quello che sono...".
Mica vero, se li piazziamo a distanza utile, qualcosa può anche venirne fuori. Il che li rende degli esseri umani potenziali. Come l'embrione, peraltro.

"Lo spermatozoo e l'ovulo [...] non sono in grado di diventare nient'altro che quello che sono...".
All'incirca come un embrione sul suo vetrino. Niente impianto nell'endometrio, niente gravidanza; niente gravidanza, niente lieto evento.

"...l'embrione: ha tutti i titoli e le doti per essere considerato uun essere umano...".
E siamo sempre in attesa di vederli enunciati e motivati, questi fantomatici titoli. Non è che vuole farsi pregare?

"...che l'embrione diventa "essere umano" solo a partire dal capitolo "formazione del cervello [...] è un criterio del tutto arbitrario...".
E' un criterio arbitrario che però poggia su precise constatazioni obiettive, legate alla presenza ed alla funzionalità di determinate strutture corticali, certificabili da adeguate indagini cliniche e strumentali che ne costituiscono il necessario fondamento scientifico.
Il Suo di criterio arbitrario, fondato esclusivamente, a quanto pare, sulla presenza di quei famosi 46 cromosomi, appare alquanto contraddittorio, giacchè ci consente di dare la medesima patente di individuo anche a tutta una serie di organismi che, in prima battuta, proprio individui non sembrerebbero, e che Le sono già stati elencati a mo' di esempio.

Mettiamola così: quando vedremo un embrione sul podio dirigere la nona di Beethoven, o anche qualcosa di meno impegnativo, saremo disposti a rivedere certe posizioni.

Relativamente però. Perchè un embrione in grado di dirigere un'orchestra sinfonica è difficile che non abbia un cervello...

Anonimo ha detto...

"Il che li rende degli esseri umani potenziali.
E' come dire che il rame e lo zinco, messi a debita distanza, sono "ottone potenziale". Finchè non si uniscono a formare l'ottone, il rame è rame e lo zinco è zinco. Idem dicasi per spermatozoo e ovulo. E comunque, fingendo per un attimo che siano davvero esseri umani potenziali, rimane il fatto che l'embrione invece è un essere umano a tutti gli effetti.

"All'incirca come un embrione sul suo vetrino. Niente impianto nell'endometrio, niente gravidanza; niente gravidanza, niente lieto evento"
Perchè viene violentemente strappato al suo contesto naturale. Anche un gabbiano, se viene imprigionato in una gabbia strettissima, non riesce a volare. Allora non è più un gabbiano?
Rimettetelo nel suo contesto naturale e volerà, e lo stesso per l'embrione.

"un criterio arbitrario che però poggia su precise constatazioni obiettive, legate alla presenza ed alla funzionalità di determinate strutture corticali, certificabili da adeguate indagini cliniche e strumentali" Strutture che sono frutto dello sviluppo dell'embrione. Da quando in qua la mancanza, peraltro momentanea, dei frutti toglie all'albero la sua natura? Un melo è tale solo quando comincia a fare le mele? Prima di fare le mele potrebbe essere indifferentemente pero,pesco o palo della luce?

"Il Suo di criterio arbitrario, fondato esclusivamente, a quanto pare, sulla presenza di quei famosi 46 cromosomi, appare alquanto contraddittorio, giacchè ci consente di dare la medesima patente di individuo anche a tutta una serie di organismi che, in prima battuta, proprio individui non sembrerebbero, e che Le sono già stati elencati a mo' di esempio."

Il mio criterio è perfettamente oggettivo. Tutto ciò che ha i cromosomi dell'essere umano è riferibile all'essere umano. Se noi prendiamo delle ossa, come ho già detto, vediamo il DNA per sapere se sono umane. Ovviamente, però, le ossa restano ossa, l'embrione no, l'embrione si sviluppa. Ma, a ben vedere, anche quello che lei definisce essere umano, e cioè l'essere con 46 cromosomi dotato di coscienza, si sviluppa. Un bambino appena nato non ha denti, non ha barba, non sa camminare. E anche la coscienza si sviluppa, quella di un neonato non è certo quella di un uomo adulto. Come vede, è tutto un processo unitario, dall'embrione al cadavere in decomposizione. Stabilire che solo da un certo punto in poi di questo processo si possa parlare di essere umano è del tutto arbitrario e privo di senso. Anzi, no, un senso ce l'ha: poter usare gli embrioni per i propri porci comodi.

"Mettiamola così: quando vedremo un embrione sul podio dirigere la nona di Beethoven, o anche qualcosa di meno impegnativo, saremo disposti a rivedere certe posizioni."
Perchè, un bambino appena nato o di pochi mesi è in grado di dirigere la Nona o anche qualcosa di meno impegnativo?Allora non è un essere umano nemmeno lui?
Simone Emili

filippo ha detto...

Un gabbiano in gabbia è un gabbiano ingabbiato che non vola ma è sempre un gabbiano, per quanto in gabbia. Un uovo di gabbiano, fecondato o meno, in gabbia o meno, non è un gabbiano, se non in potenza. E così il seme del melo rispetto al melo, l'embrione rispetto al bambino etc. etc.
Il punto è che questo nostro interlocutore continua, più o meno consapevolmente, a confondere atto e potenza. Gli piace pensare ad un embrione come a qualcosa che non è, ossia come a un individuo in atto, mentre individuo lo è ma solo in potenza, non possedendo ancora, dell'individuo "vero" quelle caratteristiche che dovrà appunto sviluppare, se ne avrà la possibilità, per modificare la sua sostanza di embrione in quella di bambino.
In concreto continua a sfuggirgli, più o meno consapevolmente, che l'unico criterio da Lui addotto, peraltro dopo reiterate richieste, per ascrivere un ente alla categoria degli esseri umani, ossia il possesso di un determinato patrimonio genetico genericamente "umano", non è sufficiente ai suoi scopi, cioè allo sdoganamento dell’embrione come persona. Perchè sulla base del solo DNA , come già ricordato e come finora non smentito, anche le neoplasie, organismi vivi, in continuo sviluppo e dotate di DNA, vanno considerate come esseri umani. Che non riescono per lo più a svilupparsi perchè vengono, loro sì, "strappate al loro contesto naturale" (nello specifico il malcapitato paziente che le ospita).
E anche gli individui in morte cerebrale, non considerando criterio elettivo la coscienza ma solo il DNA, andranno considerati non come cadaveri ma come esseri umani a tutti gli effetti, anche se in questo caso il nostro crede di poter salvare capra e cavoli (la pratica dei trapianti da un lato e questi suoi concetti di persone tali anche in assenza di coscienza dall'altro) aggirando il problema con lo sproloquiare di irreversibilità del quadro clinico del paziente in morte cerebrale. Come se a un paziente in prognosi infausta, per il semplice fatto di trovarsi in una situazione irreversibile, fosse possibile fare tutto quello che vogliamo, ad esempio strappargli una serie di organi per darli a qualcun altro.

Adesso, ad ogni modo, riteniamo che le chiacchiere stiano a zero e che sia giunto il momento di dirci, finalmente, quale altro criterio, oltre al possesso di DNA umano, potrebbe autorizzarci a considerare l'embrione un individuo. Fermo restando che non ha alcuna importanza ciò che dall'embrione può svilupparsi, perchè non ci consente di dare all'embrione stesso una qualifica che, qui ed ora, non possiede.
Quella di persona.

P.S. Se col termine di “porci comodi” ci si riferisce all’accesso alle metodiche di fecondazione assistita, riteniamo tale terminologia oltremodo offensiva nei riguardi delle coppie sterili che, in questo paese, oltre alle difficoltà insite nella loro condizione hanno anche dovuto affrontare le ubbie fondamentaliste della cricca vaticana e della feccia integralista di contorno.

Anonimo ha detto...

“Un gabbiano in gabbia è un gabbiano ingabbiato che non vola ma è sempre un gabbiano, per quanto in gabbia. Un uovo di gabbiano, fecondato o meno, in gabbia o meno, non è un gabbiano, se non in potenza. E così il seme del melo rispetto al melo, l'embrione rispetto al bambino etc. etc”

Io ho parlato di melo, non di seme di melo. Quando è ancora una piantina e non fa le mele, cionondimeno è già un melo, anche se non ha ancora sviluppato la capacità di fare le mele. Lo stesso per l’embrione: anche prima di sviluppare la corteccia cerebrale e quindi la capacità di avere una coscienza è già un essere umano.

“Il punto è che questo nostro interlocutore continua, più o meno consapevolmente, a confondere atto e potenza. Gli piace pensare ad un embrione come a qualcosa che non è, ossia come a un individuo in atto, mentre individuo lo è ma solo in potenza, non possedendo ancora, dell'individuo "vero" quelle caratteristiche che dovrà appunto sviluppare, se ne avrà la possibilità, per modificare la sua sostanza di embrione in quella di bambino.”

Non è che confondo atto e potenza, non li considero proprio, così come non distinguo tra individui e non, tra persone e non persone. L’ho detto fin dalla mia prima risposta: per me esiste solo il concetto di “essere umano”, cioè quell’essere che ha quel determinato DNA con 46 cromosomi, che lo portano ad avere quel determinato sviluppo biologico che dall’embrione porta al cadavere. Purtroppo non sono un biologo e non ho quindi la terminologia per dare una definizione più precisa, ma credo che il concetto sia abbastanza chiaro.

“In concreto continua a sfuggirgli, più o meno consapevolmente, che l'unico criterio da Lui addotto, peraltro dopo reiterate richieste, per ascrivere un ente alla categoria degli esseri umani, ossia il possesso di un determinato patrimonio genetico genericamente "umano", non è sufficiente ai suoi scopi, cioè allo sdoganamento dell’embrione come persona.”

Non mi sfugge, è che io non ho alcuna intenzione di sdoganare alcunchè, questo interessa solo a lei. E’ lei che introduce la distinzione tra persona e non persona, non io.

“Perchè sulla base del solo DNA , come già ricordato e come finora non smentito, anche le neoplasie, organismi vivi, in continuo sviluppo e dotate di DNA, vanno considerate come esseri umani. Che non riescono per lo più a svilupparsi perchè vengono, loro sì, "strappate al loro contesto naturale" (nello specifico il malcapitato paziente che le ospita)”

Le ho già risposto con l’esempio del melo. Il melo è già un melo anche prima di sviluppare la capacità di produrre mele. Ugualmente l’essere umano è già essere umano prima di sviluppare quelle strutture cerebrali che gli permettono di avere una coscienza. Per quanto riguarda il tumore, si sviluppa e cresce, ma tumore era e tumore rimane. La sua storia biologica non è quella dell’essere umano, quindi non è un essere umano.



“il nostro crede di poter salvare capra e cavoli (la pratica dei trapianti da un lato e questi suoi concetti di persone tali anche in assenza di coscienza dall'altro) aggirando il problema”.

Qui l’unico che batte sul tasto del concetto di persona è lei, io ho sempre parlato di “essere umano”. E ho sempre detto che tra un embrione di poche settimane e un bambino la differenza è solo in un maggior grado di sviluppo di quest’ultimo, ma la natura è la stessa: sono esseri umani entrambi e devono quindi avere lo stesso rispetto. Il fatto che ad un certo punto dello sviluppo dell’embrione si sviluppino strutture cerebrali che permettono di avere una coscienza che prima non c’era non è motivo sufficiente per discriminare tra i due.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

“con lo sproloquiare di irreversibilità del quadro clinico del paziente in morte cerebrale.”

Quello che lei chiama sproloquio è il testo della legge 578/93, che le riporto:
“Art. 1 Definizione di morte
1. La morte si identifica con la cessazione IRREVERSIBILE di tutte le funzioni
dell'encefalo.
Art. 2 Accertamento di morte
1. La morte per arresto cardiaco si intende avvenuta quando la
respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale
da comportare la perdita IRREVERSIBILE di tutte le funzioni dell'encefalo”
Ovviamente il maiuscolo è mio. Se lei la ritiene uno sproloquio, vada a dirlo a chi l’ha scritta e a tutti i medici che la applicano.

“Come se a un paziente in prognosi infausta, per il semplice fatto di trovarsi in una situazione irreversibile, fosse possibile fare tutto quello che vogliamo, ad esempio strappargli una serie di organi per darli a qualcun altro.“

Mai detta una cosa del genere. Anzi, in un commento dissi: “Ciò non significa che un essere umano morto possa essere messo alla mercè di chiunque, per qualsiasi uso, anzi. Però, nel caso estremo in cui una vita ancora salvabile potrebbe avvalersi di un organo sano e funzionante proveniente da una persona morta, ritengo accettabile espiantare e trapiantare l'organo.”
Ho corretto la citazione perché nell’originale la parola morto mancava, anche se dal contesto si capiva lo stesso. Come vede io ho sempre detto il contrario di ciò che lei mi attribuisce. E avevo anche sottolineato che, almeno in Italia, donare gli organi è una volontà della persona, quindi “strappare” è un termine decisamente inappropriato. Lei mi attribuisce frasi assurde che non ho mai detto e poi le confuta con successo: a ottenere ragione in questo modo siamo capaci tutti.

“Adesso, ad ogni modo, riteniamo che le chiacchiere stiano a zero e che sia giunto il momento di dirci, finalmente, quale altro criterio, oltre al possesso di DNA umano, potrebbe autorizzarci a considerare l'embrione un individuo. Fermo restando che non ha alcuna importanza ciò che dall'embrione può svilupparsi, perchè non ci consente di dare all'embrione stesso una qualifica che, qui ed ora, non possiede.
Quella di persona.”

Come ho già risposto, quel criterio serve solo a lei.

“P.S. Se col termine di “porci comodi” ci si riferisce all’accesso alle metodiche di fecondazione assistita, riteniamo tale terminologia oltremodo offensiva nei riguardi delle coppie sterili che, in questo paese, oltre alle difficoltà insite nella loro condizione hanno anche dovuto affrontare le ubbie fondamentaliste della cricca vaticana e della feccia integralista di contorno.”

Se si accetta l’idea che un embrione non è un essere umano, o che, non avendo coscienza, è un essere umano che non merita lo stesso rispetto di quelli che hanno coscienza, lo si può usare per tutte le sperimentazioni, anche le più aberranti. Quindi, faccio ammenda se le coppie sterili si sono sentite offese, ma il concetto non cambia
Simone Emili

filippo ha detto...

E, secondo il Suo modo di vedere, come mai il pensiero medico mette l'accento proprio sulle funzioni dell'encefalo, tanto da identificare la morte con la perdita irreversibile delle funzioni giusto di quest'organo e non di altri? E, ancora, non è forse uno sproloquio privo di senso, ed anche un tantino autolesionistico, cercare prima di far passare l’idea che il possesso di una coscienza, e quindi di un cervello, non sia essenziale per definire la sostanza di un essere umano per poi andare a citare proprio una prassi che pare formulata appositamente per smentire quanto Lei afferma con tanta leggiadra disinvoltura?

Che Lei non consideri la distinzione tra atto e potenza non ci stupisce. Per Lei la Logica è solo un optional. Il che Le consente di parlare di melo e di seme del melo come se fossero la stessa cosa. Come se un seme potesse farci ombra.
E Le consente parimenti di definire, con una deliziosa mistificazione, solo il sottoscritto interessato a certe definizioni. Perché Lei, invece, è uso discutere di qualcosa senza preoccuparsi di dargli prima una definizione precisa. O meglio, preferisce fornirci le Sue definizioni senza preoccuparsi troppo delle incongruenze che si porta appresso. E che non ci consentono, ad esempio, di distinguere tra un tumore e un embrione. Se non per la “storia biologica” che il secondo possiede e il primo, sfigatissimo, invece no.
Sfugge un attimo quale possa essere lo spessore della storia biologica di un embrione congelato, ma questo probabilmente non conta più di tanto nel Suo pensiero.

Ha ragione, in questo contesto solo il sottoscritto è interessato a definizioni chiare e obiettive.



P.S. La fecondazione assistita non è una sperimentazione, tanto meno aberrante. E’ una prassi medica consolidata che serve ad ovviare al problema medico della sterilità di coppia, nell’ambito della quale i medici utilizzano allo scopo gli embrioni prodotti per quello che sono: contenitori di informazioni genetiche.
Quegli stessi medici che ritengono la funzione cerebrale tanto importante da collegarvi il concetto di morte della persona, oltre che di nascita.
Cominci a riallineare i concetti, non è mai troppo tardi.

Anonimo ha detto...

"Se si accetta l’idea che un embrione non è un essere umano, o che, non avendo coscienza, è un essere umano che non merita lo stesso rispetto di quelli che hanno coscienza, lo si può usare per tutte le sperimentazioni, anche le più aberranti. Quindi, faccio ammenda se le coppie sterili si sono sentite offese, ma il concetto non cambia
Simone Emili"

Non ho capito da dove venga questo sillogismo,come al solito se la canta e se la suona da sola

Gianni

Anonimo ha detto...

“E, secondo il Suo modo di vedere, come mai il pensiero medico mette l'accento proprio sulle funzioni dell'encefalo, tanto da identificare la morte con la perdita irreversibile delle funzioni giusto di quest'organo e non di altri?"
Perché “la perdita irreversibile e completa della funzionalità dell’encefalo e del tronco equivale alla cessazione definitiva delle funzioni di coscienza e psichiche e della regolazione degli organi extracranici (cuore, circolo, respirazione, metabolismo) che permettono la “vita”, e coincide perciò colla “morte”. (http://www.portaledibioetica.it/documenti/000597/000597.htm)
Quindi non si tratta soltanto di perdita della coscienza, come piace a pensare a lei. Quando interviene la morte cerebrale, il soggetto è morto, non è “vivo ma privo di coscienza”, e non è la mancanza di coscienza a decretarne la morte. Sennò dovrebbero essere considerate morte anche le persone in stato vegetativo e si dovrebbe poterne asportare gli organi, cosa che invece è giustamente vietata.
Ribadisco che la natura di essere umano dell’embrione è indiscutibile, per il motivo che ho più volte addotto: dal concepimento alla morte e decomposizione siamo di fronte a un processo unitario che non ha soluzioni di continuità né alternative (se non l’interruzione, ma questa può avvenire anche a in essere umano adulto). Non c’è mai un momento in cui l’embrione possa diventare gatto o cane (e nemmeno tumore: l’embrione caso mai si ammala di tumore, come può succedere a un qualunque essere umano), e tutti siamo stati embrioni ma nessuno è mai stato cane, gatto o tumore. Questo, tra le altre cose, chiude anche la questione del perché un tumore non dovrebbe essere considerato un essere umano: mi presenti un tumore che è diventato un uomo e sarò pronto a cospargermi il capo di cenere.
Quindi l’essere umano è tale fin dal concepimento. Che poi sviluppi una coscienza solo a partire da una certa fase dello sviluppo in poi è irrilevante. Non è ancora una persona? E chi se ne frega! Non avere ancora una coscienza non è motivo sufficiente per trattare l’embrione come un qualunque ammasso di cellule: è un essere umano e tanto basta. Sennò dovremmo considerare non umani anche i nati acefali. Cosa che peraltro ho letto, nei primi commenti, e che non è assolutamente condivisibile. Un bambino acefalo non è un bambino, non è un essere umano? E cos’è? Che altra forma di vita potrebbe essere? Un topo? Un ragno? Plancton??
Quello della coscienza è solo un pretesto per poter usare gli embrioni a piacimento, anche per gli scopi più aberranti. Il che non vuol dire che la fecondazione assistita sia una sperimentazione aberrante. Il vizio di attribuirmi frasi che non ho mai detto non lo perde proprio mai, eh?
Simone Emili

Anonimo ha detto...

@Gianni
A parte il fatto che sono un uomo, non riesco a comprendere cosa non ha capito.
Simone Emili

filippo ha detto...

“La perdita irreversibile e completa della funzionalità dell’encefalo e del tronco equivale alla cessazione definitiva delle funzioni di coscienza e psichiche” in primo luogo e, come corollario, “[alla cessazione] della regolazione degli organi extracranici”. In parole più accessibili, la fine dell’encefalo significa fine di tutto, ma viene certificata in primo luogo come fine del possesso di una coscienza. Perché pare che la coscienza risieda nell’encefalo. Anche se in giro c’è parecchia gente abituata a ragionare col culo.
Quindi non è solo perdita della coscienza, ma è soprattutto perdita, e perdita irreversibile della coscienza, a consentirci di decretare la morte della persona (o dell’essere umano, o dell’individuo, faccia Lei col sinonimo che Le sta più a genio). A consentircelo in senso medico e filosofico. Perché, cessata la coscienza, è possibile mantenere in vita tutto il resto, se non all’infinito certo per il tempo necessario per un espianto. Ma non manteniamo in vita un individuo, ormai morto, bensì le sue frattaglie, il che dovrebbe non essere proprio la stessa cosa. Almeno se si ammette il ruolo imprescindibile di una coscienza nella definizione di una persona (scusi, di un essere umano). In caso contrario, coscienza o meno, finchè il cuore batte, e i polmoni ventilano e i reni filtrano (credo di averlo già detto…) il tizio deve essere considerato vivo e come tale intoccabile. Almeno da parte di quelli come Lei, che considerano la coscienza niente di più di un fastidioso impiccio.

Per il resto, Lei ribadisca pure quello che vuole, qui di imprescindibile c’è solo lo spessore, notevole quello sì, della sua teca cranica nel riproporre acriticamente i suoi dogmi personali. D’altronde, in uno pseudoragionamento che fa acqua da tutte le parti, non si capisce perché tenere fuori dal “processo unitario” le cellule seminali da cui ha origine l’embrione. Hanno il loro bravo DNA, hanno la loro storia biologica, pare altamente improbabile possano diventare gatto o cane o altro. O Lei può presentarci qualche cellula seminale umana che si è felicemente unita in un embrione di Opossum? Eppure Lei le cellule seminali non le considera neanche di striscio.
E, sempre per quanto riguarda le presentazioni, ci presenti Lei, Egregio, un embrione che, comodamente posizionato sul Suo vetrino e messo adeguatamente in coltura con tutti gli accorgimenti del caso, sia diventato un uomo o al limite, meno presuntuosamente, qualcosa di diverso da una colonia cellulare. Esattamente come nel caso di un campione di tessuto tumorale messo nelle medesime condizioni. Non si stupisca, hanno lo stesso DNA, si comportano nello stesso modo. Evidentemente sono due esseri umani!
C’è come un qualche limite in questo Suo modello di definizione dell’uomo, tutto dio DNA e storia biologica. Ed è il limite insito nel tentativo disperato di ficcarci dentro a forza qualcosa, l’embrione, che è solo una raccolta di dati e che Lei, e quelli come Lei, vorrebbero tanto promuovere a qualcosa di più, senza averne i mezzi. E allora via con le arrampicate sugli specchi.
Coraggio allora, si inventi qualcos’altro, siamo tutt’orecchi…

E lo dica, che sotto sotto la fecondazione assistita, con tutti quei poveri embrioni prodotti e scartati, se proprio non è aberrante non è neanche una pratica di cui andare tanto fieri.
E chi se ne frega poi delle coppie sterili…


Però c’è una affermazione della quale devo presumibilmente pentirmi. Non è vero che non è mai troppo tardi.
Per qualcuno può essere irrimediabilmente tardi. Decisamente troppo tardi.

Anonimo ha detto...

“in primo luogo e, come corollario” è una sua arbitraria interpolazione. La perdita di coscienza è sicuramente uno degli effetti, peraltro inevitabili, della morte cerebrale ma non è la ragione per cui il corpo si considera morto. Lo dimostra il fatto, come ho già detto, che anche i soggetti in stato vegetativo permanente sono privi di coscienza ma sono considerati vivi, e giustamente non possono quindi essere privati dei propri organi. Ecco un altro istruttivo documento che spiega come “Una volta accertata la morte cerebrale, si attenderà la morte cardiaca che inevitabilmente si verifica entro 24-48 ore (la morte cardiaca va registrata con ECG continuo per 20 minuti). QUESTA ATTESA NON HA UNA GIUSTIFICAZIONE CLINICA POICHE’,COME SI E’ DIMOSTRATO, MORTE CEREBRALE EQUIVALE A MORTE DELL’INTERO ORGANISMO.”
(http://www.manliodipietro.com/index.php?option=com_content&view=article&id=46&Itemid=54)

“Le cellule seminali non le considera neanche di striscio.”

Come ho già detto, rame e zinco, finchè non si uniscono in lega per formare l’ottone, restano rame e zinco e nessuno, (nemmeno lei, scommetto) li considera ottone, né effettivo né potenziale.

“ci presenti Lei, Egregio, un embrione che, comodamente posizionato sul Suo vetrino e messo adeguatamente in coltura con tutti gli accorgimenti del caso, sia diventato un uomo o al limite, meno presuntuosamente, qualcosa di diverso da una colonia cellulare. Esattamente come nel caso di un campione di tessuto tumorale messo nelle medesime condizioni.”

Come ho già detto, non può imprigionare un gabbiano, o tarpargli le ali, e poi dire “Visto? Non vola!” Del resto, anche il tumore, in vitro, non mi pare che aggredisca metastaticamente il vetrino. Dovremmo concludere che non è più un tumore?

“si inventi qualcos’altro, siamo tutt’orecchi…” Non ho altro da inventare per il semplice motivo che non ho inventato nulla finora. Mi spieghi invece lei perché un alberello di melo, anche se non è ancora in grado di produrre i frutti, è già un melo, mentre un piccolo essere umano, se non ha ancora sviluppato certe funzioni cerebrali, non è ancora un essere umano. Che differenza c’è fra le due cose? Nessuna. In entrambi i casi introduciamo un elemento di discriminazione in modo del tutto arbitrario.
Simone Emili

Giuseppe Regalzi ha detto...

Signori, questa discussione sta diventando sempre meno produttiva e sempre più accalorata. Prego tutti di essere sintetici e cortesi, per quanto è possibile. Grazie.

filippo ha detto...

I soggetti in SVP (Stato Vegetativo permanente) non sono morti, risposta esatta; gli individui con l’EEG piatto, cioè nella condizione di morte cerebrale, invece sono morti, altra risposta esatta. Questo cosa dovrebbe suggerirLe? I primi sono privi di coscienza, ma mantengono ancora segni di attività di quelle strutture corticali dove ha sede la coscienza. I secondi non hanno più segni di attività corticale e quindi non recupereranno mai più lo stato di coscienza. Allora qual è l’elemento discriminante tra un tizio messo clinicamente molto male ma ancora vivo ed uno morto? Il cuore, i reni, i polmoni o l’encefalo? Di cosa può fare a meno un uomo senza cessare di essere tale?
In altri termini, se la coscienza e quindi il suo supporto anatomofisiologico, l’encefalo, non sono sostanziali in un uomo, Lei sarà tenuto a rispettare quanto ritiene fondamentale per un uomo, ossia DNA e storia biologica, e a rispettarli fino all’ultimo, finchè l’ultima catena di DNA dell’ultima cellula di quest’uomo non avranno vissuto fino in fondo la loro storia biologica, a prescindere da ogni previsione di irreversibilità successiva alla fine dell’encefalo. Perché si espiantano i morti e non i vivi. Ma cosa resterebbe da espiantare a quel punto?

Rame e zinco, finchè non si uniscono, restano tali e nessuno li considera altro.
Così come l’embrione, finchè non si unisce ad un endometrio uterino, resta tale. Anche se qualcuno si intestardisce a considerarlo altro, cioè qualcosa in più di quello che è.

Da un alberello di melo ci aspettiamo sostanzialmente che prima o poi produca delle mele. Da un seme di melo ci aspettiamo che produca delle mele? Da un bambino sempre sostanzialmente ci aspettiamo invece che prima o poi produca un pensiero cosciente. Da un seme di bambino, cioè da un embrione, possiamo aspettarci che produca un pensiero cosciente?
Ma Lei ci dice che la coscienza è un optional. Quindi può risparmiarsi l’obiezione e passare direttamente al paragrafo successivo, dove si dice che…

…Un campione di tessuto tumorale non”aggredisce metastaticamente il vetrino”, qualunque cosa ciò possa significare nella Sua immaginazione. Un campione di tessuto tumorale su un vetrino si sviluppa producendo una linea cellulare che cresce all’infinito se gli diamo quanto gli serve per alimentarsi. Esattamente lo stesso comportamento di un embrione.
E allora, tornando alla Sua definizione di essere umano, abbiamo due organismi, entrambi privi di coscienza, che presentano le due caratteristiche che Lei stesso ci ha invece elencato come necessariamente inclusive per definire un essere umano: un DNA umano e una storia biologica. Il che ci consente, anzi ci impone per Logica di dire che si tratta di due esseri umani.

Se vuole tenere dentro l’embrione e sbattere fuori il tumore, è Lei a dover inventarsi qualcos’altro.

Anonimo ha detto...

“I soggetti in SVP (Stato Vegetativo permanente) non sono morti, risposta esatta; gli individui con l’EEG piatto, cioè nella condizione di morte cerebrale, invece sono morti, altra risposta esatta. Questo cosa dovrebbe suggerirLe?”

Mi suggerisce che, quando le funzioni cerebrali non sono completamente perdute, il paziente, pur non avendo coscienza, è però in grado di svolgere altre attività, come quella respiratoria, che invece nella morte cerebrale si perde completamente. Infatti lo stato di apnea è uno dei criteri con cui si stabilisce la morte cerebrale. La coscienza non c’entra niente. Quando, in un soggetto in SVP interviene la morte cerebrale, la coscienza se n’è già andata da parecchio tempo.

“I primi sono privi di coscienza, ma mantengono ancora segni di attività di quelle strutture corticali dove ha sede la coscienza. I secondi non hanno più segni di attività corticale e quindi non recupereranno mai più lo stato di coscienza. Allora qual è l’elemento discriminante tra un tizio messo clinicamente molto male ma ancora vivo ed uno morto?”

Ce ne sono diversi, uno è la presenza o l’assenza di movimenti respiratori spontanei, misurata con apposito test. Nel secondo documento che le ho linkato i criteri per stabilire la morte cerebrale sono indicati dettagliatamente, e da nessuna parte è nominata la coscienza.

“In altri termini, se la coscienza e quindi il suo supporto anatomofisiologico, l’encefalo, non sono sostanziali in un uomo, Lei sarà tenuto a rispettare quanto ritiene fondamentale per un uomo, ossia DNA e storia biologica, e a rispettarli fino all’ultimo”

Il suo è un sofisma. L’encefalo è il supporto di tutto l’organismo, non solo della coscienza. La coscienza è solo una delle manifestazioni dell’attività encefalica. Quando quest’ultima viene meno, vengono inevitabilmente meno, anche se in tempi diversi, tutte le funzioni dell’organismo, da quella respiratoria a quella cardiaca, ed è per questo che con la morte cerebrale il paziente si può già considerare morto a tutti gli effetti. Ovviamente si perde irrimediabilmente anche la coscienza. Ma è solo un effetto tra gli altri, non è il motivo per cui si decreta la morte di un essere umano.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

“Rame e zinco, finchè non si uniscono, restano tali e nessuno li considera altro”
Esatto. Idem dicasi per spermatozoo e ovulo.

“Così come l’embrione, finchè non si unisce ad un endometrio uterino, resta tale.”

Esatto. Tolto dal suo contesto non può svilupparsi, cosi come un uccello a cui hanno tarpato le ali non può volare.

“Da un alberello di melo ci aspettiamo sostanzialmente che prima o poi produca delle mele”

E dall’embrione ci aspettiamo che prima o poi sviluppi una coscienza, fra le altre cose.

“Da un seme di melo ci aspettiamo che produca delle mele?”
L’embrione è l’alberello, non è il seme. Comunque, in genere, se uno pianta un seme di melo, si aspetta di avere delle mele, prima o poi, non certo arance o pesche.

“Da un bambino sempre sostanzialmente ci aspettiamo invece che prima o poi produca un pensiero cosciente.”

Anche da un embrione ce lo aspettiamo. Tutti i grandi pensatori sono stati embrioni.

“Da un seme di bambino, cioè da un embrione, possiamo aspettarci che produca un pensiero cosciente?”

Premesso che l’embrione non è un seme di un bambino, è un bambino, la risposta è comunque: certo, lasciamolo crescere e, prima o poi, lo produrrà. Basta non ammazzarlo prima.

“abbiamo due organismi, entrambi privi di coscienza, che presentano le due caratteristiche che Lei stesso ci ha invece elencato come necessariamente inclusive per definire un essere umano: un DNA umano e una storia biologica. Il che ci consente, anzi ci impone per Logica di dire che si tratta di due esseri umani. “

Assolutamente no. La storia biologica dell’embrione è completamente diversa. Infatti l’embrione, sviluppandosi, forma gli organi, i vari tessuti, il cervello etc etc. Ha mai visto un tumore fare altrettanto? Ha mai visto il cuore di un carcinoma, o il fegato di un melanoma, o le unghie di sarcoma? . I suoi amati tumori non sono embrioni e quindi non sono nemmeno esseri umani, se ne faccia una ragione.
Simone Emili

filippo ha detto...

L’encefalo è, innanzitutto, il substrato fisiologico della coscienza, e secondariamente la centrale direttiva delle funzioni meccaniche dell’organismo. Se per Lei la coscienza non è determinante, allora è tenuto a rispettare quello che Lei ritiene invece determinante: il DNA di questo organismo, cioè le sue frattaglie, che di DNA vivo e vegeto ne hanno ancora da vendere, anche quando l’encefalo ci ha ormai lasciato. Partendo dalla Sua definizione materialistica di essere umano non come individuo pensante ma come depositario di un determinato codice genetico, Lei non può neanche lontanamente pensare di appropriarsi di un cuore che batte ancora, di un rene ancora filtrante e così via. Perché quando questi organi vegono prelevati sono ancora vivi, lapalissianamente vivi giacchè non impiantiamo carne morta, e quindi anche l’organismo da cui Lei pensa di poterli prelevare e che Lei interpreta come un insieme di questi organi e nulla di più, è ancora vivo. Più che di un sofisma si tratta di un esercizio di Logica, per cui date determinate premesse (il possesso di una coscienza non è determinante nel definire un individuo) si traggono determinate conseguenze (chi non ha più una coscienza, -come chi non la possiede ancora-, non per questo non è più –o non ancora- un individuo) il che Le impone una scelta: o dare alla coscienza il Suo valore: quello di cardine irrinunciabile per la definizione di un essere umano. Oppure rinunciare all’idea stessa della pratica dei trapianti d’organo.
Più facile di così non so come presentagliela, se non basta Le farò un disegnino.



“Tolto dal suo contesto [l’embrione] non può svilupparsi”.
Per essere più precisi, non può trasformarsi in qualcosa d’altro. Come una cellula seminale se non la mettiamo nel suo contesto (a contatto con una cellula seminale di genere opposto NdR). Ma il primo è un individuo, la seconda no. Fidarsi sulla parola.

“Tolto dal suo contesto [l’embrione] non può svilupparsi”.
Strano però, se è già un individuo e non un progetto di individuo, perché non può? Lo mettiamo ben comodo sul suo vetrino, temperatura ottimale, le sostanze nutritive che servono nelle proporzioni che servono, e invece di sfornarci un bebè, cioè di iniziare il processo di differenziazione cellulare, il birbone si mette a replicare le sue cellule moltiplicandole anonimamente all’infinito. Comportandosi impudentemente come un tumore. Con la stessa storia biologica di un tumore. Indistinguibile da un tumore.
Però l'embrione è un individuo, l'altro no. Fidarsi sulla parola.

“Tolto dal suo contesto [l’embrione] non può svilupparsi”. E non può quindi costruire tutte quelle belle cosette, (organi, tessuti etc. etc.) che ne rendono peculiare la storia biologica. Una peculiarità proiettata in un futuro ipotetico che dovrebbe costringerci ad assimilarlo ad altro nel presente reale. Che dovrebbe costringerci a conferirgli la patente di individuo prima che, eventualmente, un individuo lo divenga realmente. In altri termini, ancora, e sempre, fidarsi sulla parola.

Parola del Signore?

filippo ha detto...

Solo per la precisione:

"...l’embrione, sviluppandosi, forma gli organi, i vari tessuti, [...] Ha mai visto un tumore fare altrettanto?"
Ha presente i teratomi?

Anonimo ha detto...

“L’encefalo è, innanzitutto, il substrato fisiologico della coscienza, e secondariamente la centrale direttiva delle funzioni meccaniche dell’organismo. “

Come al solito introduce parole, come “innanzitutto” e “secondariamente”, del tutto arbitrarie, che le servono solo per ottenere definizioni che facciano al comodo suo. La coscienza è solo una delle manifestazioni dell’attività encefalica, e non è la sua mancanza a far decretare la morte di una persona. Lo dimostra il fatto che le persone in SVP sono prive di coscienza ma cionondimeno sono vive. Il fatto che mantengano ancora segni di attività di quelle strutture corticali dove ha sede la coscienza non significa che abbiano ancora una coscienza. Sono vivi perché il loro danno cerebrale, anche se vasto, consente loro di svolgere ancora delle attività autonomamente, come la respirazione; la coscienza non c’entra nulla. E quando subentra la morte cerebrale è perché l’encefalo, ormai completamente perduto, non permette più nemmeno lo svolgimento di quelle attività. Ragion per cui, se noi preleviamo un organo da un paziente in SVP peggioriamo la sua situazione, perché compromettiamo anche il funzionamento di quelle poche attività di cui quel corpo era ancora capace, se invece preleviamo l’organo da una persona il cui encefalo è irreversibilmente perduto non compromettiamo nulla perché la sua situazione è già la peggiore possibile: è morto. E non è che se gli lasciamo l’organo “muore di meno”, mentre se glielo leviamo “muore di più”. E’ per questo che non c’è alcuna contraddizione tra la tecnica dei trapianti e il considerare l’embrione un essere umano.

“Più che di un sofisma si tratta di un esercizio di Logica, per cui date determinate premesse (il possesso di una coscienza non è determinante nel definire un individuo) si traggono determinate conseguenze (chi non ha più una coscienza, -come chi non la possiede ancora-, non per questo non è più –o non ancora- un individuo)”

No, è proprio un sofisma. Infatti si basa sul presupposto, falso, che una persona che non ha più coscienza sia morta (falso: vedere pazienti in SVP) oppure che la perdita irrimediabile della coscienza sia il criterio chiave per stabilire se una persona è morta (falso: i criteri per stabilire la morte di una persona sono numerosi, e tra essi la mancanza di coscienza, come ho già mostrato, non è contemplata).

invece di sfornarci un bebè, cioè di iniziare il processo di differenziazione cellulare, il birbone si mette a replicare le sue cellule moltiplicandole anonimamente all’infinito. Comportandosi impudentemente come un tumore. Con la stessa storia biologica di un tumore. Indistinguibile da un tumore.”

Però se lo mettiamo dove deve stare, cioè nell’utero materno, invece che svilupparsi all’infinito, invadere gli organi e i tessuti circostanti e creare metastasi a distanza, si sviluppa secondo uno schema ordinato diventando un bambino (non un mostriciattolo informe con pezzi di dente mescolati a unghie e peli di culo); il tumore invece tumore era e tumore resta. Segno evidente che embrione e tumore sono due cose ben diverse: il primo è un essere umano, il secondo no. Certo, appena si forma, e anche nelle prime settimane, è ben diverso da un bambino o da un uomo. Ma anche un bambino è diverso da un uomo di cinquant’anni. Io, che ho 35 anni, sono ben diverso da quando ne avevo 3: sono più alto, ho meno capelli (che oltretutto all’epoca erano tutti neri, a differenza di adesso), ho 32 denti mentre all’epoca ne avevo 28 ed erano altri denti rispetto a quelli attuali. Etc etc. Però se uno prende una mia foto di quando avevo 3 anni e mi chiede “chi è?”, io rispondo “sono io”, chi altro potrebbe essere? E lei farebbe lo stesso. E quindi ero io anche appena nato, e anche durante la gravidanza, e anche al momento del concepimento. Non c’è nessun ragionevole motivo per pensare che fossimo qualcos’altro, in quel momento. Simone Emili

filippo ha detto...

Le persone in SVP sono vive perchè hanno ancora una attività corticale tracciabile elettrofisiologicamente, per quanto residua o alterata che sia. Quindi non è del tutto possibile affermare che la loro mancanza di coscienza sia definitiva e irreversibile. E perciò, non per altro, sono vive.
Chi è morto lo è perchè non ha più alcuna possibilità di esprimere un pernsiero cosciente, in ragione della morte corticale. Le prove e i test cui Lei accenna determinano la fine dell'individuo in quanto entità capace di un pensiero, desumendola per estrapolazione dalla perdita delle funzioni corticali. Questo è il motivo per cui Lei non trova scritto in bella evidenza tra tali segni la voce “Mancanza della coscienza”. Quello è il risultato finale. Tutto il resto ha poca importanza.
Ma non per Lei, naturalmente, e per la concezione materialista dell'individuo che Lei cerca di ammannirci, tutta appiattita sul suo DNA e su funzioni vitali concettualmente di secondaria importanza ma cui Lei vuole dare invece somma importanza cercando, in un ottimistico cerchiobottismo, l'impossibile quadratura del cerchio, ossia la compatibilità della pratica dei trapianti con la negazione del ruolo sostanziale della coscienza nella definizione di un individuo.
Se non è la coscienza a definire un uomo sarà qualcos'altro, e Lei, ma solo Lei e quelli come Lei naturalmente, quel qualcosa non può permettersi di toglierglielo. Altro che trapianti.
Vede, come premesso Lei avrebbe proprio bisogno di un disegnino.
In mancanza d’altro continuerò a stressarLe per benino questi concetti nella possibilità, per quanto virtuale, che Le si accenda una lampadina…

Bene, Internet è proprio una gran cosa e adesso il nostro amico trentacinquenne sa che un teratoma è “un mostriciattolo informe con pezzi di dente mescolati a unghie e peli di culo”. Non troppo dissimile in fondo da quel bambino acefalo tirato in ballo alcuni commenti addietro. Stesso casino organicistico e tessutale, stessa storia biologica con stesse, scarse prospettive. Ma il secondo sarebbe un individuo, il primo no. Perché? Come già detto, fidarsi sulla parola.
A proposito, il teratoma non invade un bel niente e non crea alcuna metastasi a distanza. Se ne sta lì buono buono a formare i suoi tessuti, anche se difficilmente arriverà alla nascita e tantomeno ad un pensiero cosciente. Grosso modo come l’acefalo del Suo esempio.

* * * * *

Tutto nasce dal fatto che questo simpatico giovanotto ha deciso di infischiarsene della distinzione tra atto e potenza, naturalmente perché ciò gli consente di mescolare spensieratamente le carte e di fare ciò che vuole, nello specifico di dare sostanza di altro a qualcosa che altro non è. Per cui l’embrione è già un individuo, anche se non pensante, sostanzialmente perché è destinato a diventarlo, e perché sta “dove deve stare”. Un po’ come considerare cittadino elettore un minorenne perché è destinato a diventarlo, e quindi spedirlo con la scheda e la matita nell’urna, oppure come dare in mano la cloche di un aereo ad un aitante giovane solo perchè si è iscritto alla scuola di volo per corrispondenza e quindi, stando "dove deve stare", è destinato a diventare pilota.
Ciò non sarebbe corretto neanche se esistesse la certezza assoluta di tale trasformazione. E comunque, questa certezza non c’è: l’embrione può risultare acefalo (meglio, anencefalo), può trasformarsi in una mola, può non attecchire, così come il giovanotto può essere bocciato agli esami di pilotaggio (e decidere di guidare il tram).

In fondo è semplice da capire.

filippo ha detto...

Le persone in SVP sono vive perchè hanno ancora una attività corticale tracciabile elettrofisiologicamente, per quanto residua o alterata che sia. Quindi non è del tutto possibile affermare che la loro mancanza di coscienza sia definitiva e irreversibile. E perciò, non per altro, sono vive.
Chi è morto lo è perchè non ha più alcuna possibilità di esprimere un pernsiero cosciente, in ragione della morte corticale. Le prove e i test cui Lei accenna determinano la fine dell'individuo in quanto entità capace di un pensiero, desumendola per estrapolazione dalla perdita delle funzioni corticali. Questo è il motivo per cui Lei non trova scritto in bella evidenza tra tali segni la voce “Mancanza della coscienza”. Quello è il risultato finale. Tutto il resto ha poca importanza.
Ma non per Lei, naturalmente, e per la concezione materialista dell'individuo che Lei cerca di ammannirci, tutta appiattita sul DNA e su funzioni vitali concettualmente di secondaria importanza ma cui Lei vuole dare invece somma importanza cercando, in un ottimistico cerchiobottismo, l'impossibile quadratura del cerchio, ossia la compatibilità della pratica dei trapianti con la negazione del ruolo sostanziale della coscienza nella definizione di un individuo.
Se non è la coscienza a definire un uomo sarà qualcos'altro, e Lei, ma solo Lei e quelli come Lei naturalmente, quel qualcosa non può permettersi di toglierglielo. Altro che trapianti.
Vede, come premesso Lei avrebbe proprio bisogno di un disegnino.
In mancanza d’altro continuerò a stressarLe per benino questi concetti nella possibilità, per quanto virtuale, che Le si accenda una lampadina…

Bene, Internet è proprio una gran cosa e adesso il nostro amico trentacinquenne sa che un teratoma è “un mostriciattolo informe con pezzi di dente mescolati a unghie e peli di culo”. In fondo non troppo dissimile da quel bambino acefalo tirato in ballo alcuni commenti addietro. Stesso casino organicistico e tessutale, stessa storia biologica, dalle prospettive invero assai scarse. Ma il secondo sarebbe un individuo, il primo no. Perché? Come già detto, fidarsi sulla parola.
A proposito, il teratoma non invade un bel niente e non crea alcuna metastasi a distanza. Se ne sta lì buono buono a formare i suoi tessuti, anche se difficilmente arriverà alla nascita e tantomeno ad un pensiero cosciente.
Grosso modo come l’acefalo del Suo esempio.

* * * *

Tutto nasce dal fatto che questo simpatico giovanotto ha deciso di infischiarsene della distinzione tra atto e potenza, naturalmente perché ciò gli consente di mescolare spensieratamente le carte e di fare ciò che vuole, nello specifico di dare sostanza di altro a qualcosa che altro non è. Per cui l’embrione è già un individuo, anche se non pensante, sostanzialmente perché è destinato a diventarlo, e perché sta “dove deve stare”. Un po’ come considerare cittadino elettore un minorenne perché è destinato a diventarlo, e quindi spedirlo con la scheda e la matita nell’urna, oppure come dare in mano la cloche di un aereo ad un aitante giovane solo perchè si è iscritto alla scuola di volo per corrispondenza e quindi, stando “dove deve stare”, è destinato a diventare pilota.
Ciò non sarebbe corretto neanche se esistesse la certezza assoluta di tale trasformazione.
E comunque, questa certezza non c’è: l’embrione può risultare acefalo (meglio, anencefalo), può trasformarsi in una mola, può non attecchire, così come il giovanotto può essere bocciato agli esami di pilotaggio (e decidere di guidare il tram).

In fondo è semplice da capire.

Anonimo ha detto...

“Le persone in SVP sono vive perchè hanno ancora una attività corticale tracciabile elettrofisiologicamente, per quanto residua o alterata che sia. Quindi non è del tutto possibile affermare che la loro mancanza di coscienza sia definitiva e irreversibile. E perciò, non per altro, sono vive.”

Nient’affatto. Le persone in SVP Sono vive perché il loro encefalo, per quanto danneggiato, permette loro di svolgere autonomamente certe funzioni, come la respirazione e il ritmo sonno veglia. Ma facciamo finta per un attimo che sia come dice lei: le persone in SVP sono prive di coscienza, ma sono vive perché non è detto che tale mancanza sia definitiva. Beh, ma anche nell’embrione la mancanza di coscienza non è definitiva, gli dia il tempo di svilupparla e vedrà. Invece per lei un adulto temporaneamente privo di coscienza è un essere umano, un embrione temporaneamente privo di coscienza non lo è. Due pesi e due misure. Per lei, la persona in SVP è viva, è persona, perché incosciente in atto ma cosciente in potenza; l’embrione invece, incosciente in atto ma cosciente in potenza, per lei non è vivo, non è persona. E poi sarei io quello che confonde atto e potenza?

“Chi è morto lo è perchè non ha più alcuna possibilità di esprimere un pensiero cosciente, in ragione della morte corticale. Le prove e i test cui Lei accenna determinano la fine dell'individuo in quanto entità capace di un pensiero, desumendola per estrapolazione dalla perdita delle funzioni corticali. Questo è il motivo per cui Lei non trova scritto in bella evidenza tra tali segni la voce “Mancanza della coscienza”. Quello è il risultato finale. Tutto il resto ha poca importanza.”

No, chi è morto è morto perché, una volta che l’encefalo è andato perduto, l’organismo si ferma definitivamente, anche se questo arresto non è istantaneo, perché la morte non è un evento istantaneo, è un processo graduale, cosa che lei continua volutamente ad ignorare.

“la concezione materialista dell'individuo che Lei cerca di ammannirci, tutta appiattita sul DNA e su funzioni vitali concettualmente di secondaria importanza”

è la concezione che hanno i medici, sia atei che credenti, visto che sono loro a dire che non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona. Vada a insegnargli come stanno le cose, a questi ignoranti di medici, vada ad insegnargli il mestiere….

“A proposito, il teratoma non invade un bel niente e non crea alcuna metastasi a distanza” Se ne sta lì buono buono a formare i suoi tessuti”

Cresce localmente, come tutti i tumori benigni. E non si è mai visto un teratoma diventare uno scienziato, mentre pare che Einstein, Galileo, Newton siano stati tutti embrioni, all’inizio della loro carriera. I

“anche se difficilmente arriverà alla nascita e tantomeno ad un pensiero cosciente”

Anche se SICURAMENTE non arriverà alla nascita e tantomeno ad un pensiero cosciente. La cosa non mi sorprende, visto che, non essendo un embrione, non è neanche un essere umano.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

“Per cui l’embrione è già un individuo, anche se non pensante, sostanzialmente perché è destinato a diventarlo, e perché sta “dove deve stare”.

No, l’embrione è già un essere umano non perché lo diventerà ma perché lo è fin dal suo concepimento, perché da quel momento in poi è solo uno sviluppo, ma le informazioni genetiche che guideranno questo sviluppo sono già tutte presenti fin dall’inizio (anche quelle che porteranno alla coscienza).

“Un po’ come considerare cittadino elettore un minorenne perché è destinato a diventarlo, e quindi spedirlo con la scheda e la matita nell’urna”

Io non dico che il minorenne debba essere mandato a votare prima del tempo, dico che lei gli impedisce di diventare maggiorenne e quindi elettore ammazzandolo prima.

“oppure come dare in mano la cloche di un aereo ad un aitante giovane solo perchè si è iscritto alla scuola di volo per corrispondenza e quindi, stando “dove deve stare”, è destinato a diventare pilota”

Idem come sopra. Io non voglio che il giovanotto si metta già alla cloche, contesto la Sua pretesa di impedirgli di frequentare il corso. L’esempio comunque è inadeguato, perché l’embrione, a differenza del giovane, ha già, fin dall’inizio, le conoscenze per diventare un bambino, è già quindi un essere umano, mentre il giovane le conoscenze di volo deve acquisirle.
Simone Emili

filippo ha detto...

Il paziente in SVP una coscienza l’ha avuta, incontrovertibilmente. Non sarebbe una persona, altrimenti. Una persona in atto. L’embrione invece, questo aggregato paucicellulare, persona solo in potenza, una coscienza non l’ha mai avuta. Se e quando arriverà ad averla, diventerà (si trasformerà in) una persona in atto. Oppure in un catorcio anencefalico che, divenuto tale, persona non lo è comunque mai stato.
Non è il sottoscritto, qui, a voler usare misurare entità diverse tra loro con lo stesso metro.

Quello che Lei invece continua ad ignorare, tanto da autorizzare fondati dubbi sulla Sua comprensione della lingua italiana, è il fatto che se il requisito della coscienza non è essenziale nella definizione di un individuo, allora Lei non potrà permettersi il lusso di anticipare i tempi accelerando la fine di un individuo solo perché “una volta che l’encefalo è andato perduto, l’organismo si ferma definitivamente, anche se questo arresto non è istantaneo”. L’encefalo è andato, ma nella Sua visione questo resta un evento secondario, per cui Lei è tenuto a considerare ancora vivo il paziente e ad aspettare il sopraggiungere dell’evento primario, della fine effettiva che arriva con la cessazione delle funzioni e aggiungerei, tanto per andare sul sicuro nell’interpretazione del Suo pensiero, con la decomposizione di ogni singolo tessuto del nostro paziente. Di questo paziente che dobbiamo considerare, spento l’encefalo, come un grosso embrione, un insieme di cellule targate DNA umano che, come Lei ci ha ripetuto ad abundantiam, è comunque meritevole di rispetto. Cosa dovremmo concludere altrimenti, quando ci si dice che “non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona”?.
E se, pur perso l’encefalo (meglio, pur perso lo strato corticale dell’encefalo) il resto dell’organismo rifiuta di fermarsi e prosegue imperterrito? Può succedere dopo un arresto di una certa durata seguito da misure rianimatorie prolungate. Situazioni in cui il cuore continua a battere, sostenendo un respiro autonomo. Abbiamo quindi un individuo morto perché irreversibilmente privo di coscienza o vivo perché Lei, da fine neurofisiologo, ci dice che “non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona”?.
Modestamente credo che i medici, da Lei citati ampiamente a sproposito, in questo caso darebbero un certo peso alla perdita irreversibile delle funzioni corticali. Cioè alla perdita della capacità di elaborare un pensiero cosciente pur in presenza di un certo grado di attività vegetative.

filippo ha detto...

Einstein, Galileo… sono stati tutti embrioni. E sono stati cellule seminali ancora prima che embrioni. Ma non tutti gli embrioni saranno Einstein, Galileo… come non tutte le cellule seminali d’altronde. Allora cosa accomuna Einstein, Galileo e gli embrioni da doverli considerare tutti individui attuali, escludendo però cellule seminali e teratomi? Non il DNA umano, teratomi e cellule seminali lo possiedono. Non la potenzialità, abbiamo già visto che la possibilità di diventare qualcos’altro è solo un assegno non trasferibile, che non si tramuta in soldi finchè l’intestatario non lo versa in banca, e comunque questa potenzialità in ogni caso è presente anche nelle cellule seminali, che però non sono individui. E allora? Pare che dobbiamo proprio fidarci sulla parola....

P.S. Mai detto che il sottoscritto voglia sopprimere il ragazzo per non farlo divenire elettore. Detto solo che il sottoscritto non ritiene di poterlo considerare un elettore finchè non lo diviene effettivamente.
E Lei, Egregio, forte dei suoi convincimenti salirebbe su un aereo guidato da uno che si è iscritto il giorno prima alla scuola di pilotaggio o preferirebbe qualcuno che il diploma di volo lo ha conseguito effettivamente?

P.P.S.: Il giovane diviene pilota imparando a sviluppare le sue doti potenziali di pilota entrando in una scuola che gli insegna come fare. Da solo non riuscirebbe (forse).
L’embrione diviene persona imparando a differenziare le sue cellule in tessuti e organi impiantandosi in un endometrio, che gli insegna come fare. Da solo non riuscirebbe (di certo).
Quindi è la Sua critica all’esempio, non l’esempio, ad essere inadeguata.

Anonimo ha detto...

“Il paziente in SVP una coscienza l’ha avuta”
Che l’abbia avuta non ha importanza, ora non l’ha più. Quindi se è persona lo è solo in potenza, esattamente come l’embrione. Altrimenti lei usa due pesi e due misure.

“se il requisito della coscienza non è essenziale nella definizione di un individuo, allora Lei non potrà permettersi il lusso di anticipare i tempi accelerando la fine di un individuo solo perché “una volta che l’encefalo è andato perduto, l’organismo si ferma definitivamente, anche se questo arresto non è istantaneo”.

Qui nessuno accelera niente, la fine dell’individuo sopraggiunge con la morte cerebrale. Quando l’encefalo si spegne definitivamente, l’uomo è morto: punto. Ragion per cui prelevandogli un organo non lo uccidiamo, perché è già morto. Tutto il suo tentativo di confutarmi su questo punto si fonda sul presupposto che la morte cerebrale si basi sulla perdita irreversibile della coscienza, cosa che semplicemente non risponde al vero, come le ho già ampiamente mostrato.

“L’encefalo è andato, ma nella Sua visione questo resta un evento secondario”
Ma quando mai? E’ un evento fondamentale. Infatti decreta che la persona è morta e quindi asportarle un organo non è un omicidio. Come ripeto, lei pensa che la morte cerebrale si fondi sul fatto che l’essere umano, perdendo la coscienza per sempre, non è più da considerarsi persona e quindi è già morto a tutti gli effetti: morta la coscienza, morto l’uomo. Ma questa è solo una sua personale visione filosofica, che non trova alcun riscontro nella pratica medica, che non fonda assolutamente la sua definizione di morte cerebrale sulla coscienza. Lei pretende di dare valenza generale a quella che è soltanto una sua opinione.

"Lei, da fine neurofisiologo, ci dice che “non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona”? Modestamente credo che i medici, da Lei citati ampiamente a sproposito, in questo caso darebbero un certo peso alla perdita irreversibile delle funzioni corticali. Cioè alla perdita della capacità di elaborare un pensiero cosciente pur in presenza di un certo grado di attività vegetative."

“modestamente credo che”.. Ossia, semplicememte una sua opinione, come prima, alla quale pretende di dare valenza generale. Alla faccia della modestia.

Anonimo ha detto...

“Einstein, Galileo… sono stati tutti embrioni. E sono stati cellule seminali ancora prima che embrioni. “
No, il nuovo essere umano nasce nel momento del concepimento, perché ha un patrimonio genetico nuovo, rispetto allo spermatozoo e all’ovulo da cui ha preso vita. Galileo era già Galileo nel momento in cui è stato concepito ma non prima, perché lo spermatozoo e l’ovulo avevano il DNA rispettivamente di suo padre e di sua madre, non il suo.

“Ma non tutti gli embrioni saranno Einstein, Galileo…”
Non c’è dubbio, soprattutto se si nega loro la possibilità e il tempo di diventarlo.

"Allora cosa accomuna Einstein, Galileo e gli embrioni da doverli considerare tutti individui attuali, escludendo però cellule seminali e teratomi? Non il DNA umano, teratomi e cellule seminali lo possiedono.”

Sulle cellule seminali ho già detto. Sui teratomi…ancora con questa storia? I teratomi sono tumori, provengono da cellule dell’embrione che, impazzite, prendono a svilupparsi in maniera disordinata anche se mantengono la capacità di differenziarsi in tessuto umano. Come ho già detto parecchi post fa per la mola vescicolare, questo significa solo che dalle cellule dell’embrione si possono sviluppare tumori. E allora? Questo accade a tutte le cellule del corpo umano, anche e soprattutto di quello adulto. L’embrione ha già tutto il corredo genetico dell’essere umano, e quindi è un essere umano. In miniatura, certo, è ancora all’inizio, ma anche un neonato è molto più piccolo di un pallavolista ventenne di 2 metri, cionondimeno sono esseri umani allo stesso modo. E come al pallavolista o al neonato, anche all’embrione può capitare che alcune sue cellule vadano incontro a trasformazione tumorale. Questo non fa di queste ultime degli esseri umani, infatti crescendo diventano altro da un essere umano, non sono esseri umani nemmeno in miniatura.


“Il giovane diviene pilota imparando a sviluppare le sue doti potenziali di pilota entrando in una scuola che gli insegna come fare. Da solo non riuscirebbe (forse). L’embrione diviene persona imparando a differenziare le sue cellule in tessuti e organi impiantandosi in un endometrio, che gli insegna come fare. Da solo non riuscirebbe (di certo).”

Il fatto che l’embrione abbia bisogno del supporto dell’endometrio per svilupparsi non significa niente. Anche il neonato, o il bimbo molto piccolo, per proseguire nel suo sviluppo, ha bisogno di una madre o chi per essa che lo nutra, da solo morirebbe dopo poche ore. Eppure è un essere umano, come l’embrione. Anche un bambino molto piccolo in molte cose è equiparabile a un giovane allievo pilota: non sa parlare, né leggere né scrivere, né camminare, si fa la pipì e la pupù addosso. Eppure il suo status di essere umano è indiscusso. E anche come coscienza, non è che ne abbia poi granchè. Se ci fosse un neonato in una culla, sveglio, e un cane, e entrasse un uomo con cattive intenzioni verso il neonato, il cane ringhierebbe e abbaierebbe, percependo l’ostilità verso il bambino, quest’ultimo non si accorgerebbe di niente. Un cane adulto ha molta più coscienza di un essere umano appena nato, ma nessuno si sognerebbe mai di considerare più umano il primo che il secondo. Giustamente.
Simone Emili

filippo ha detto...

“Il paziente in SVP una coscienza l’ha avuta”. E infatti continua ad avere quelle strutture corticali che hanno generato in passato quella coscienza e che potrebbero ricominciare a funzionare, chi può escluderlo, cioè potrebbero ricominciare a creare nuovamente un pensiero. Cosa che per un aggregato paucicellulare come l’embrione è semplicemente impossibile. A meno di non diventare qualcos’altro come già detto. Strano che per Lei la cosa non abbia importanza.
Cioè non è strano, è solo funzionale al Suo castello di carte.

“Quando l’encefalo si spegne definitivamente, l’uomo è morto”: bravo, e perché? Perché ciò che lo qualifica come tale non c’è più. E infatti “se, pur perso l’encefalo (meglio, pur perso lo strato corticale dell’encefalo) il resto dell’organismo rifiuta di fermarsi e prosegue imperterrito? Può succedere dopo un arresto di una certa durata seguito da misure rianimatorie prolungate. Situazioni in cui il cuore continua a battere, sostenendo un respiro autonomo. Abbiamo quindi un individuo morto perché irreversibilmente privo di coscienza o vivo perché Lei, da fine neurofisiologo, ci dice che -non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona-?”.

“Qui nessuno accelera niente...”. Come già pazientemente detto, se la fine dell’individuo sopraggiunge con la morte corticale, che precede comunque, in determinati casi, la morte del resto dell’organismo, noi possiamo appropriarci degli organi ancora vivi che ci servono per l’espianto solo ammettendo che l’uomo si identifica con il suo pensiero. In caso contrario, se non è essenziale una coscienza per definire un uomo, l’uomo resta tale anche senza cervello, e privarlo dei suoi organi PRIMA che questi si decompongano determina una accelerazione della fine di quest’uomo che in termini legali viene definita omicidio.
Barnard si sentì dire qualcosa del genere quando per la prima volta propose di asportare un cuore battente ad un uomo per impiantarlo nel torace di un altro, veda un po’ se trattasi solo di opinioni personali del sottoscritto, modeste o immodeste che siano.

filippo ha detto...

Ancora sui teratomi, certo, perché i teratomi possono esibire un DNA 100% umano e una storia biologica che li porta a differenziare determinati tessuti. Se Lei storce il naso all’idea di considerarli individui sarà solo perchè ha in mente una storia biologica diversa, che porta alla formazione di individui in grado di formulare una coscienza? Ma ci era parso di capire che, nella sua diciamo pure concezione filosofica, coscienza e pensiero non fossero determinanti per concedere la qualifica di individuo. Non avverte una certa contraddizione?

“Ma non tutti gli embrioni saranno Einstein, Galileo…”
“Non c’è dubbio, soprattutto se si nega loro la possibilità e il tempo di diventarlo”.
Più che altro se non vi riescono, non serve impegnarsi in questo senso, giacchè l’85-90% degli embrioni che si formano in utero non si impianta. E imboccano una storia biologica diversa. Ancora meno brillante di quella dei teratomi di cui sopra.
Certo che un tasso di mortalità dell’85-90% equivarrebbe ad una vera e propria ecatombe. Com’è che, a parte giocare all'obiezione di coscienza, nessun bravo ginecologo cattolico si è ancora applicato al problema?

“No, il nuovo essere umano nasce nel momento del concepimento, perché ha un patrimonio genetico nuovo, rispetto allo spermatozoo e all’ovulo da cui ha preso vita”.
Ma anche le cellule seminali hanno un patrimonio genetico unico e diverso da quello dei loro proprietari, altrimenti tutti i fratelli e sorelle nati dagli stessi genitori sarebbero gemelli. Ogni cellula seminale ha bisogno di una cellula di genere opposto per proseguire nella totale trasformazione di sé in qualcosa d’altro così come l’embrione ha bisogno dell’endometrio, l’unica cosa su questa terra in grado di attivare la differenziazione delle sue cellule in tessuti.
In vitro, come già detto, quel birbone dell’embrione fa l’indolente e si diverte a imitare i teratomi, per quante cure generiche noi gli si possa fornire. E quindi ad entrambi, embrioni e cellule seminali, serve qualcosa di molto diverso e ben più specifico delle generiche cure parentali da prestare a un individuo in tenera età, o anche ad uno in età adulta, cure queste che chiunque potrebbe fornire.

Ma Lei non ci ha ancora risposto, Egregio; Lei considera un embrione come già un individuo, quindi forte dei suoi convincimenti salirebbe su un aereo guidato da uno che si è iscritto il giorno prima alla scuola di pilotaggio o preferirebbe qualcuno che il diploma di volo lo ha conseguito effettivamente?

Anonimo ha detto...

“Il paziente in SVP una coscienza l’ha avuta”. E infatti continua ad avere quelle strutture corticali che hanno generato in passato quella coscienza e che potrebbero ricominciare a funzionare, chi può escluderlo, cioè potrebbero ricominciare a creare nuovamente un pensiero. “

Ma per il momento non funzionano, quindi, in atto, il paziente in SVP non ha coscienza e perciò non è persona, secondo la sua concezione. Lo è in potenza, ma allora lo è anche l’embrione: come le strutture corticali del paziente possono ricominciare a funzionare, ugualmente l’embrione può formarle e sviluppare una coscienza. Per entrambi siamo nell’ambito della potenzialità. Quindi o sono persone entrambi oppure non lo sono nessuna delle due.

“A meno di non diventare qualcos’altro come già detto.”

Non diventa qualcos’altro, si sviluppa. Come un neonato che cresce, diventa più alto e più forte, impara a camminare, a parlare, a leggere e scrivere, a elaborare un pensiero autonomo, ma è già un essere umano prima di acquisire tutte queste capacità, esattamente come l’embrione.

“Quando l’encefalo si spegne definitivamente, l’uomo è morto”: bravo, e perché? Perché ciò che lo qualifica come tale non c’è più.”
Ho già ampiamente mostrato che questo è falso, non trova riscontro in nessun protocollo medico. Ma capisco che lei certi documenti, scritti da persone competenti in materia, preferisca non leggerli: potrebbero mettere in dubbio la sua fede.

“se non è essenziale una coscienza per definire un uomo, l’uomo resta tale anche senza cervello, e privarlo dei suoi organi PRIMA che questi si decompongano determina una accelerazione della fine di quest’uomo che in termini legali viene definita omicidio.”
In termini legali assolutamente no, visto che la legge non lo considera tale. E nemmeno in termini tecnici, visto che con la morte cerebrale l’uomo è considerato morto a tutti gli effetti (e non perché non ha più una coscienza, ma perché non è più in grado di svolgere certe funzioni che, anche in mancanza di coscienza, si possono svolgere, come la respirazione autonoma) Diciamo che è un omicidio in termini suoi personali.

“Barnard si sentì dire qualcosa del genere quando per la prima volta propose di asportare un cuore battente”
Non ho mai pensato che lei fosse l’unico ad avere una simile opinione, ma si tratta comunque di opinione non confermata dalla scienza. Infatti io ho portato dei documenti scritti da persone competenti in materia, lei mi porta un aneddoto, anzi, il riassunto di un aneddoto.

“i teratomi possono esibire un DNA 100% umano e una storia biologica che li porta a differenziare determinati tessuti.”
Appunto, “determinati tessuti”, l’embrione li differenzia tutti. Si è risposto da solo.

Più che altro se non vi riescono, non serve impegnarsi in questo senso, giacchè l’85-90% degli embrioni che si formano in utero non si impianta.”
Qullo che fa la natura non si discute, limitiamoci a non metterci lo zampino a nostra volta.

"anche le cellule seminali hanno un patrimonio genetico unico e diverso da quello dei loro proprietari, altrimenti tutti i fratelli e sorelle nati dagli stessi genitori sarebbero gemelli.”

Ma il DNA è quello del proprietario, sennò come si potrebbe capire di chi sono? Il DNA dell’embrione, invece, è diverso sia da quello della madre che da quello del padre, pur provenendo ovviamente da entrambi.

“Lei non ci ha ancora risposto, Egregio; Lei considera un embrione come già un individuo, quindi forte dei suoi convincimenti salirebbe su un aereo guidato da uno che si è iscritto il giorno prima alla scuola di pilotaggio o preferirebbe qualcuno che il diploma di volo lo ha conseguito effettivamente?”
Le ho già risposto eccome: io non salirei mai su un aereo guidato da uno che non ne è capace, ma non mi arrogherei mai il diritto di impedire a un aspirante pilota di diventarlo, come pretende di poter fare lei.
Simone Emili

Marcoz ha detto...

"non mi arrogherei mai il diritto di impedire a un aspirante pilota di diventarlo"

Be', l'alternativa è arrogarsi il diritto di far pagare le lezioni per il brevetto di un perfetto sconosciuto alla donna che, accidentalmente, dovesse passare nei pressi di un aeroporto.

Anonimo ha detto...

@Marcoz
Gran parte delle persone che riempiono e rendono più piacevole la mia vita sono state, fino a un certo momento, dei perfetti sconosciuti. Magari c'è stato anche un momento in cui alcune di loro mi stavano antipatiche, poi ho imparato a conoscerle e apprezzarle e adesso sono contento che le mia strada si sia, accidentalmente, incrociata con la loro. Se avessi avuto verso queste persone lo stesso atteggiamento che lei ha verso gli embrioni, oggi sarei più solo e più triste. Insomma,non è una tragedia dover pagare delle lezioni di volo a uno sconosciuto, anzi, alla fine del corso quella donna potrebbe ricevere grande soddisfazione nel dire: "come è bravo quel pilota, e sono io che gli ho permesso di imparare". Non trova? Simone Emili

Anonimo ha detto...

@Marcoz
Non è una tragedia pagare delle lezioni a un aspirante pilota, anzi, potrebbe rivelarsi una grande soddisfazione poter dire "com'è bravo quel pilota e sono io che gli ho permesso di spiccare il volo!". Non trova?
Simone Emili

Marcoz ha detto...

"Non trova?"

Simone Emili,
quello che trovo io è irrilevante, e commetterei un errore tragico elevando a norma un'esperienza personale, se non addirittura le mie sensazioni e i miei desideri.
Poi, se vogliamo considerare gli "inaspettati" risvolti positivi dell'avvento di uno sconosciuto, non dobbiamo dimenticare l'eventuale rovescio della medaglia.
A questo proposito, per esempio, avendo sotto mano una medium, sarebbe interessante chiedere il parere alla signora De Nardo di Novi Ligure e a suo figlio. Non trova?

"Se avessi avuto verso queste persone lo stesso atteggiamento che lei ha verso gli embrioni, oggi sarei più solo e più triste."

Be', se lei non si fosse rifugiato in una caverna a fare l'eremita, disdegnando quelle persone antipatiche avrebbe avuto magari l'opportunità di frequentarne altre che oggi, chissà, la renderebbero ancora più felice.
Queste considerazioni a posteriori, come vede, lasciano il tempo che trovano, sul piano razionale; valgono solo per la buona pace del singolo, che può leggere in esse il senso della propria esistenza.

Saluti

filippo ha detto...

Il paziente in SVP una coscienza l’ha avuta. E le strutture corticali che generano la coscienza le possiede tuttora e le possiede funzionanti, come ci viene certificato dall’EEG, anche se non funzionanti al punto da produrre un pensiero cosciente, come ci certifica sempre l’EEG e l’esame neurologico del paziente. Il suo amato embrione invece non ha niente di tutto questo. Uno dei due è persona, nel senso di persona in atto, l’altro è una manciata di cellule, persona solo in potenza. Pensare di poter equiparare queste due entità costituisce solo uno di quei salti illogici in cui Lei ama dilettarsi con puerile spensieratezza.
Ma queste sono considerazioni logiche che non Le conviene percepire e che quindi ha semplicemente deciso di scotomizzare. Molto comodo.

“Diciamo che [espiantare organi a morte cerebrale avvenuta] deve essere considerato un omicidio” solo ed esclusivamente, per un minimo di coerenza, da chi non ritiene che l’uomo si distingua da tutto ciò che gli gira intorno per la presenza di una coscienza. Pare di averlo già detto, peraltro.
Vede, Egregio, è Lei in forza di ciò, cioè in forza di quanto sostiene, a dover considerare ancora vivo questo tizio, non io e neanche la medicina ufficiale e nemmeno la legge che sul tema si è allineata a quanto suggerito dalla medicina. La contraddittorietà di non dare importanza alla coscienza nella definizione di un uomo per poi tirarla precipitosamente fuori quando si discute di trapianti per uscire dal circuito illogico di considerare persona l’embrione e non il candidato all’espianto in morte cerebrale, questa contraddittorietà è tutta sua. Non può disfarsene facendo dire alla medicina cose che la medicina non dice.
E, come già precisato, ma evidentemente in un momento in cui era distratto, Lei non troverà mai un esplicito riferimento alla coscienza nelle definizioni tecniche di morte perché quello è il risultato finale. I test che si usano servono solo per dire che quella coscienza, che ora non c’è più, come nell’SVP, non tornerà mai più, al contrario (statisticamente perlomeno) che nell’SVP.

L’accenno alla situazione descritta da Barnard serviva, ma evidentemente si trattava di una allusione troppo sottile per le Sue possibilità, ad evidenziare come certi criteri siano stati il frutto di un ripensamento messo in moto dall’avanzare delle possibilità tecnologiche. Per cui se prima dell’epoca dei trapianti la morte veniva desunta dall’arresto cardiocircolatorio, oggi si usa il concetto di morte cerebrale, che non era riconosciuto all’epoca, e che ci consente di fermare noi il cuore di un uomo, “uccidendolo” secondo quelli che erano i criteri dell’epoca. E secondo i Suoi, dato che per Lei la coscienza è irrilevante e l’uomo è tale per il suo patrimonio genetico.

D’altronde, che succede “se, pur perso l’encefalo (meglio, pur perso lo strato corticale dell’encefalo) il resto dell’organismo rifiuta di fermarsi e prosegue imperterrito? Può succedere dopo un arresto di una certa durata seguito da misure rianimatorie prolungate. Situazioni in cui il cuore continua a battere, sostenendo un respiro autonomo. Abbiamo quindi un individuo morto perché irreversibilmente privo di coscienza o vivo perché Lei, da fine neurofisiologo, ci dice che -non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona-?”.
In altri termini, tradotto for dummies, uno così possiamo espiantarlo anche se i suoi organi potrebbero ancora tirare avanti per un periodo di tempo non precisabile a priori o dobbiamo aspettare finchè “non è più in grado di svolgere certe funzioni”, come Lei, che legge sui siti giusti scritti da persone competenti, si premura di farci sapere, qualunque cosa ciò possa significare?

filippo ha detto...

“Quello che fa la natura non si discute, limitiamoci a non metterci lo zampino a nostra volta”. Limitiamoci anche a definire le cose per quello che sono adesso, non per quello che (forse, eventualmente, magari) diventeranno domani o dopodomani. Che poi è ciò che Lei stesso fa all’atto pratico, quando mi dice che non salirebbe mai su un aereo guidato da un aspirante pilota. Perché, in effetti, NON è ancora un pilota e noi, Lei compreso, non lo consideriamo tale solo perché aspira a diventarlo.
Oh, e naturalmente dire che non lo consideriamo un pilota non vuol dire che vogliamo impedirgli di diventarlo, come Le salta in mente una simile conclusione?

“Ma il DNA [delle cellule seminali] è quello del proprietario […] il DNA dell’embrione, invece, è diverso”…
Vede, questa è la differenza tra una sottocultura mordicchiata sbirciando qua e la su Internet e la cultura del conoscere gli argomenti. Il DNA delle cellule seminali NON è uguale a quello del loro proprietario. Altrimenti in ogni famiglia troveremmo solo gemelli. Come mai?
Se non sa darsene ragione, e dato che Le piace sbirciare, vada a cercarsi su qualche sito (o meglio, sul primo testo di Biologia per le Scuole medie inferiori che dovesse capitarLe sottomano) qualcosa sulla divisione meiotica, profase I.
Magari si convincerà di come sia difficile sostenere che l’embrione è un individuo e la cellula seminale no, dato che entrambi hanno un patrimonio genetico peculiare e possono trasformarsi solo a determinate condizioni in qualcosa d’altro. Condividendo così la medesima storia biologica.

Che poi questo battere il tasto su una storia biologica peculiare risulta molto interessante. Lei non può sostenere che l’embrione, di per sè, è un individuo, e quindi si attacca all’idea della storia biologica, cioè all’assunto di ciò che può venir fuori da questo embrione, arrogandosi il diritto di dire, in una deriva priva di logica, che ciò rende di per sé l’embrione un individuo. Mentre il teratoma no, perché il teratoma ha anch’esso una storia biologica, ma siffatto diversa, diciamo una storia di serie B, solo perché non origina entità dotate di coscienza.
Ma a parte la contraddizione, di cui si è già detto, tra atto e potenza che sono grandezze non interscambiabili tra loro, ecco che, guarda caso, elemento discriminante per rifilare all’embrione una patente di individuo risulta una storia biologica di seria A il cui risultato è proprio produrre un’entità dotata di pensiero autonomo. Ed ecco che quel criterio, il possesso di una coscienza, prima rifiutato nella definizione dell’uomo adesso rientra dalla finestra, richiamato in servizio obtorto collo dinanzi alla palese insufficienza di quanto detto finora per sdoganarci questo concetto dell’embrione-persona. Che deve essere persona, per quanto priva di coscienza, perché originerà, se tutto va bene, proprio individui dotati di coscienza.
Se non è illogica contraddittorietà questa…

Anonimo ha detto...

“le strutture corticali che generano la coscienza le possiede tuttora e le possiede funzionanti, come ci viene certificato dall’EEG, anche se non funzionanti al punto da produrre un pensiero cosciente”
Ossia non ha una coscienza, quindi non è un essere umano, secondo la sua definizione. Se possedere una coscienza è la condizione per essere considerati esseri umani, il paziente in SVP non ha coscienza e quindi non è un essere umano, esattamente come l’embrione. Certo, potenzialmente potrebbe riacquisirla, ma al momento ne è privo: è un essere umano in potenza, come l’embrione. Anche quest’ultimo, infatti, è potenzialmente in grado di avere una coscienza (anzi, ci sono più probabilità che un embrione sviluppi una coscienza di quante ne abbiano certe persone in SVP di tornare ad averne una). Il che non significa affatto che siano sullo stesso piano, per me infatti non lo sono. Ho sempre detto, fin dal mio primo intervento, che, se costretto, non esiterei a sacrificare degli embrioni per salvare un bambino. E farei lo stesso anche se al posto del bambino ci fosse un paziente in stato vegetativo, perché sicuramente mi muove a compassione più di un embrione. Ma il mio criterio della compassione è solo un criterio soggettivo e arbitrario, che in nessun modo può essere di qualche utilità per stabilire la natura dell’embrione. Esattamente come il criterio della coscienza da lei usato. Come ho già ampiamente detto e ridetto, stabilire che l’essere umano è tale solo dal momento in cui sviluppa certe strutture corticali è un puro arbitrio. Se uno stabilisse che un essere umano è tale solo quando impara a parlare, o a leggere e scrivere, o quando diventa alto almeno un metro, userebbe un criterio non più arbitrario del suo. Come stabilire che un melo diventa tale solo quando comincia a produrre le mele, cosa anche questa detta e stradetta. Mi ripeto, lo so, ma il fatto è che la discussione non ha fatto un solo reale passo avanti, da quando le ho dimostrato la totale arbitrarietà del suo criterio proprio con l’esempio dell’alberello di melo. L’uomo possiede sicuramente una coscienza particolarmente sviluppata che lo distingue dal resto degli esseri viventi, ma essa non può essere il criterio per stabilire se un essere è umano o no. Anche l’usignolo si distingue per la sua capacità di emettere suoni particolarmente gradevoli, ma se nasce un usignolo con problemi all’apparato vocale che gli impediscono di cantare, resta comunque un usignolo, non diventa un tordo o un passero o una qualche indefinita specie di volatile. Pensiamo a un bambino che nasce con gravi lesioni cerebrali che, fino alla morte, gli impediscono di avere un pensiero cosciente: possiamo forse dire che non è mai stato un essere umano? Ovviamente no. Come non possiamo dire che un melo che secchi senza aver mai fatto una mela non sia mai stato un melo. Eppure anche fare le mele distingue il melo da qualunque altro essere vivente, solo lui ne è capace. Ma se ogni tanto capita un melo che non ne è capace, non per questo lo consideriamo qualcosa di diverso. Quindi, avere una coscienza è una possibilità dell’essere umano, una caratteristica che lo distingue dagli altri esseri viventi ma non lo definisce: si può nascere, vivere e morire senza aver mai avuto una coscienza ed essere comunque esseri umani. Al massimo potremmo forse dire che l’essere umano è colui che ha la possibilità di avere una certa coscienza particolarmente sviluppata, ma allora questa possibilità è già dell’embrione (e non certo del teratoma). Simone Emili

filippo ha detto...

Certo, l’embrione (meglio il pre-embrione, come viene correttamente definito il prodotto del concepimento nel periodo antecedente l’impianto), “è potenzialmente in grado di avere una coscienza”. Se e quando arriverà ad averla, se ne potrà riparlare. Il paziente in SVP, così come chi ronfa nel suo letto o chi è in anestesia per un intervento, presenta invece una sospensione dello stato di coscienza, più o meno reversibile a seconda dei casi, in presenza però delle strutture corticali che producono tale coscienza. Come già pazientemente sottolineato, e come continueremo a sottolineare, non è esattamente la stessa cosa ed il fatto che Lei continui a battere su questo tasto, in mancanza di meglio presumo, non servirà certo a dare più forza al Suo argomentare, se così vogliamo definirlo in un momento di bonaria indulgenza.

Sul Suo criterio della compassione non saprei proprio cosa dirLe, è semplicemente irrilevante nella questione in oggetto. Che poi la “compassione” debba autorizzarci a discriminare tra esseri umani, ponendoli su “piani diversi” è affermazione quanto meno criticabile, ma comunque relegata al Suo personalissimo punto di vista e come tale irrilevante, per l’appunto.

“Al massimo potremmo forse dire che l’essere umano è colui che ha la possibilità di avere una certa coscienza particolarmente sviluppata, ma allora questa possibilità è già dell’embrione (e non certo del teratoma)”.
E della cellula seminale, Egregio. Lei non ha fatto il compitino in Biologia, non si applica. E poi continua a discriminarmi quel povero cristo del teratoma, solo perché nella sua storia biologica non è contemplata la possibilità di una coscienza…

“L’uomo possiede sicuramente una coscienza particolarmente sviluppata che lo distingue dal resto degli esseri viventi, ma essa non può essere il criterio per stabilire se un essere è umano o no”.
Mah, che bizzarro, ha appena detto che “una coscienza (… ) lo distingue dal resto degli esseri viventi”. Comunque, se “una coscienza … non può essere il criterio per stabilire se un essere è umano o no”, ci piacerebbe sapere perché e, soprattutto, quale criterio si può allora usare allo scopo.


“Pensiamo a un bambino che nasce con gravi lesioni cerebrali che, fino alla morte, gli impediscono di avere un pensiero cosciente: possiamo forse dire che non è mai stato un essere umano?”
Lei che dice? Un anencefalo per Lei è qualcosa di diverso da un aborto?
E, a proposito, se un alberello di melo non produce mele, se non ha mai prodotto neanche un abbozzo di mela, se non ha mai manifestato la sia pur minima possibilità di produrre qualcosa che nella più sfrenata e ottimistica immaginazione possa definirsi come una mela, Lei da cosa desume che trattasi comunque di un albero di melo? Se l’usignolo dell’esempio non ha mai cantato,cosa la autorizza a definirlo tale? Porta forse scritto “usignolo” sulla carta d’identità?

Nota: forse si è distratto, ma siamo ancora in attesa di sapere cosa fare con un paziente in cui “pur perso l’encefalo (meglio, pur perso lo strato corticale dell’encefalo) il resto dell’organismo rifiuta di fermarsi e prosegue imperterrito”. Come ben sa chi si informa seguendo i siti scritti da persone competenti, questa è un’evenienza che “può succedere dopo un arresto di una certa durata seguito da misure rianimatorie prolungate. Situazioni in cui il cuore continua a battere, sostenendo un respiro autonomo”. Le avevamo chiesto un parere fidando sulle Sue competenze da esperto Neurofisiologo per capire se ci si trova dinanzi “un individuo morto perché irreversibilmente privo di coscienza o vivo perché, come ci è stato detto, -non è la mancanza di coscienza a determinare lo stato di morte di una persona-?”
Guardi che bisogna pur dire qualcosa ai ragazzi del team degli espianti, e allora che facciamo, tiriamo in aria una monetina?...

Anonimo ha detto...

"se un alberello di melo non produce mele, se non ha mai prodotto neanche un abbozzo di mela, se non ha mai manifestato la sia pur minima possibilità di produrre qualcosa che nella più sfrenata e ottimistica immaginazione possa definirsi come una mela, Lei da cosa desume che trattasi comunque di un albero di melo?"

Ah, quindi, secondo lei, un botanico, per riconoscere se ha davanti un melo, un pero o un banano deve aspettare la stagione in cui fruttifica?

"Se l’usignolo dell’esempio non ha mai cantato,cosa la autorizza a definirlo tale? Porta forse scritto “usignolo” sulla carta d’identità?"

Ah, quindi secondo lei un ornitologo ha bisogno di sentirlo cantare, per sapere se è un usignolo? Finchè non canta rimarrà lì indeciso, a chiedersi: "Mah, che razza di uccello sarà questo? Un tordo? Una quaglia? O forse un condor??"
In entrambi i casi, essi ricorreranno all'aspetto macrospico della pianta o dell'uccello, e qualora fossero ancora indecisi, analizzeranno il DNA, che in un caso sarà quello di un melo e nell'altro quello di un usignolo. A dimostrazione che è il DNA a dirci se siamo in presenza di un melo, di un usignolo o di un essere umano, non le mele, non il canto, non la coscienza.
Lei mi ha appena dato la prova che la coscienza caratterizza l'essere umano ma non è condizione necessaria per definirlo, come avevo sempre sostenuto. Quindi, stabilire che l'essere umano è tale solo quando sviluppa certe strutture corticali è un arbitrio in piena regola, funzionale solo all'esigenza di poter utilizzare gli embrioni come se fossero semplici oggetti. Simone Emili

francesco ha detto...

Simone continui a sbagliare paragone.
Un embrione non si può certo paragonare ad un albero di mele,ma semmai al seme di un albero di mele.
E così come il seme di un albero di mele non è un melo,un embrione non è un essere umano.

filippo ha detto...

Si tratta solo di mettersi d’accordo.
Se l’albero di melo è tale non perché produce frutti di melo ma perché, ad esempio, si riempie di foglie di melo, allora avremo un albero di melo quando avrà prodotto la prima foglia. Se un usignolo è tale per il suo aspetto macroscopico, sempre che sia un aspetto esclusivo dell’usignolo e di nient’altro, allora avremo un usignolo quando avrà acquisito tale aspetto, non prima. Altrimenti dovremmo accreditarli rispettivamente come meli e come usignoli prima che lo diventino, un po’ come nel caso dell’aspirante pilota a cui, seguendo questa Sua luminosa di pensiero, dovremmo dare in mano un aereo solo perchè si è iscritto alla scuola di pilotaggio.
E comunque Lei è il primo a non crederci quando ci dichiara di non avere nessuna intenzione di salire sul suddetto aereo…

“Lei mi ha appena dato la prova che la coscienza caratterizza l'essere umano ma non è condizione necessaria per definirlo”.
Fermo restando che ci sfugge in quale punto avremmo fornito questa “prova”, ci permettiamo allora di chiedere, come già fatto invano giusto nell’ultimo intervento, quale sia mai questa condizione necessaria.
Perché, e questo è il punto intorno al quale Lei continua a svolazzare con la stessa inconcludenza di un moscone, noi si attende ancora una risposta valida ed esauriente. Che non arriva. Perché Lei non è sufficientemente acuto o perché tale risposta non esiste?

Ricapitolando: Lei ci ha provato col DNA, solo per scoprire che con tale criterio sarebbe costretto a definire esseri umani anche i teratomi. Ci ha provato con la “storia biologica” propria del pre-embrione solo per scoprire che tale storia può portare il pre-embrione suddetto a dare origine a… un individuo dotato di coscienza, cioè in ultima analisi a un individuo dotato di una cosa che, a suo modo di vedere, non è “condizione necessaria per definirlo". Una caratteristica che comunque condivide con la cellula seminale, anch’essa dotata di DNA umano e unico e anch’essa in grado di dare origine ad un essere dotato di coscienza. Quindi essa stessa un essere umano, secondo la Sua visione.

Non so se Lei riesce ad afferrare l'enormità di queste incongruenze, vista la dedizione, degna di miglior causa, con cui continua a propinarcele incurante di ogni confutazione.

Anonimo ha detto...

"Lei ci ha provato col DNA, solo per scoprire che con tale criterio sarebbe costretto a definire esseri umani anche i teratomi".

Ma nemmeno per sogno. Se un teratoma fosse un essere umano, crescendo svilupperebbe due gambe, due braccia, occhi, polmoni, fegato, cervello etc etc. Siccome non lo fa, non è un essere umano. Ripeto: esistono esseri umani che, all’inizio della loro esistenza erano qualcosa di diverso da un embrione? No. L’embrione è la prima tappa della vita di un essere umano, è l’essere umano all’inizio della sua vita., ergo è un essere umano. Il teratoma è la prima (o una) tappa della vita di un essere umano? No. E allora non è un essere umano.

"Ci ha provato con la “storia biologica” propria del pre-embrione solo per scoprire che tale storia può portare il pre-embrione suddetto a dare origine a… un individuo dotato di coscienza, cioè in ultima analisi a un individuo dotato di una cosa che, a suo modo di vedere, non è “condizione necessaria per definirlo".

Come al solito lei mi attribuisce frasi mai dette e poi le confuta con successo. Io ho detto: “potremmo forse dire che l’essere umano è colui che ha la possibilità di avere una certa coscienza particolarmente sviluppata, ma allora questa possibilità è già dell’embrione”. Che è ben diverso dal dire che l’embrione può dare origine a un essere dotato di coscienza. L’embrione non dà origine a un essere umano, non si trasforma in un essere umano, l’embrione E’ un essere umano all’inizio della sua vita: questo è quello che ho sempre detto. Il fatto che non abbia coscienza è irrilevante, essa fa parte di un altro momento del suo sviluppo. Il neonato non parla, non legge, non cammina, eppure nessuno gli nega la patente di essere umano: parlare, camminare e leggere verranno in un secondo momento. Ha persino una coscienza inferiore a quella di un cane adulto, come ho già detto, ma nessuno considera il cane più umano del neonato, e ci mancherebbe.

"Una caratteristica che comunque condivide con la cellula seminale, anch’essa dotata di DNA umano e unico e anch’essa in grado di dare origine ad un essere dotato di coscienza. Quindi essa stessa un essere umano, secondo la Sua visione."

La cellula seminale è in grado di dare origine a un essere umano, l’embrione è un essere umano: c’è una bella differenza. Se il seme di Vincenzo Galilei e l’ovulo di Giulia Ammannati si fossero prima suddivisi e poi combinati in modo differente, avremmo avuto un essere umano ma non sarebbe stato il Galileo Galilei che conosciamo, anche se probabilmente lo avrebbero chiamato comunque così (se fosse nato maschio). Ma una volta che le loro cellule seminali hanno dato luogo a quella nuova cellula con 46 cromosomi corrispondenti al DNA di Galileo, ecco che in quel momento è nato il Galileo Galilei che conosciamo. Certo, vicissitudini varie avrebbero potuto impedirgli di diventare il grande scienziato che tutti conoscono, ma sarebbe stato comunque “quel” Galileo, non altri. Quindi, la vita di Galileo è cominciata al momento del concepimento, non prima. E lo stesso la vita di qualunque essere umano. Simone Emili

filippo ha detto...

Premessa: il cane non ha nessuna coscienza di sé, solo pacchetti di comportamenti istintivi, e l’istinto non è coscienza, per cui è dura affermare che il neonato ha “meno” coscienza di un cane. Dato che meno di zero non esiste.

Dopo di che il neonato, a differenza del pre-embrione, possiede tutte le strutture corticali necessarie all’elaborazione di un pensiero cosciente, elaborazione che sarà in grado di raggiungere da solo, non necessitando di niente se non di quelle che vengono definite cure generiche, che chiunque è in grado di fornire. In altri termini è sufficiente versargli del latte entro l’orifizio posto nella sua estremità cefalica, popolarmente conosciuto come bocca, ed evitare che prenda freddo. Al contrario del pre-embrione, che non è altro che una raccolta di informazioni. E che senza lo specifico, insostituibile contatto con un endometrio che inneschi il processo di differenziazione, con relativa trasformazione in qualcosa di completamente diverso, si dimostra per quello che è: solo una colonia cellulare in grado, se gli diamo da mangiare e lo coccoliamo a sufficienza, di replicarsi all’infinito. Esattamente come il teratoma del vetrino accanto. E come le cellule seminali nel frigorifero immediatamente di fronte.
Eppure il pre-embrione sarebbe un essere umano, gli altri no.

Il Galileo poi che Lei conosce è il risultato di una storia che, biologicamente, inizia con la creazione, per divisione meiotica, di due entità uniche, due cellule seminali diverse, per patrimonio genetico, dai propri progenitori. Se l’essere umano, come Lei aulicamente ci insegna, è colui che ha la “possibilità” di sviluppare una coscienza, ebbene queste cellule già singolarmente sono degli esseri umani, perché indubbiamente possiedono tale capacità quanto il pre-embrione e prima del pre-embrione.
Ma Lei ci racconta che il pre-embrione sarebbe un essere umano, gli altri no.

E allora ripartiamo dai preliminari: “Se un teratoma fosse un essere umano, crescendo svilupperebbe due gambe, due braccia, occhi, polmoni, fegato, cervello. Siccome non lo fa, non è un essere umano”. Da questa frase, che ci permettiamo di attribuirLe, siamo autorizzati a dedurre che il possesso di due braccia e due gambe è condizione essenziale per definire qualcosa come un essere umano? Oppure, in questo interessante elenco di frattaglie testè compilatoci, c’è allo scopo qualcosa di più importante di tutto il resto, magari un telencefalo funzionante, in grado di produrre quel pensiero cosciente, quella “coscienza particolarmente sviluppata che lo distingue [l'essere umano] dal resto degli esseri viventi”* anche se “non può essere il criterio per stabilire se un essere è umano o no”*. Giusto, possiedi qualcosa che ti distingue da tutto il resto del creato** e però non ti consente di definirti come un essere umano.
Allora cosa sei, un tronchetto della felicità che si distingue dal tutto il resto per la capacità di fare le parole crociate senza però potersi definire per questo un essere umano?




*Intervento del 28.04.2012 h 09.17, perché è troppo comodo cavarsela col dire che certe frasi che La mettono in imbarazzo "Le vengono attribuite".

**creato, ovviamente, è solo un modo di dire.

Anonimo ha detto...

"Premessa: il cane non ha nessuna coscienza di sé, solo pacchetti di comportamenti istintivi, e l’istinto non è coscienza, per cui è dura affermare che il neonato ha “meno” coscienza di un cane. Dato che meno di zero non esiste."

Li chiami come vuole; rimane il fatto che il cane è cosciente del pericolo che si avvicina, il neonato no. Se il suo è solo istinto , dobbiamo allora dire che l'istinto del cane adulto è ben superiore alla coscienza del neonato, e lo rende molto più simile a un essere umano rispetto a quest'ultimo. Il risultato non cambia. Senza contare che anche il neonato non ha alcuna coscienza di sè (mai lette le riflessioni di un neonato).

"Dopo di che il neonato, a differenza del pre-embrione, possiede tutte le strutture corticali necessarie all’elaborazione di un pensiero cosciente,"

Anche l'embrione le possiede, non si sono ancora formate (come tante altre cose) ma si formeranno, è tutto già scritto nel suo DNA. Mentre non è scritto nel DNA dello spermatozoo e dell'ovulo. Essi, o si trasformano in qualcosa di completamente diverso unendosi (ossìa l'embrione), dando vita a qualcosa che ha un DNA differente dal loro, oppure campano pochi giorni o poche ore senza neppure sognarsi di sviluppare strutture corticali capaci di elaborare un pensiero cosciente.

"elaborazione che sarà in grado di raggiungere da solo, non necessitando di niente se non di quelle che vengono definite cure generiche, che chiunque è in grado di fornire. "

Generiche o specifiche, sempre cure sono, senza le quali addio neonato e addio coscienza. E poi nessuno qui ha mai affermato che l'embrione è in grado di svilupparsi senza il supporto dell'endometrio, ma questo non cambia la sostanza dei fatti. Se nell'endometrio ci metto un pezzo di vetro, non è che questo si sviluppa fino a diventare una bottiglia. Mettiamoci un teratoma o uno spermatozoo,nell'endometrio, e vediamo un pò cosa viene fuori.... Quindi, anche se il supporto dell'endometrio è fondamentale, l'embrione ha già una sua autonoma capacità di sviluppo, che non ha nessun'altra cellula.

"Il Galileo poi che Lei conosce è il risultato di una storia che, biologicamente, inizia con la creazione, per divisione meiotica, di due entità uniche, due cellule seminali diverse, per patrimonio genetico, dai propri progenitori."

Che poi, unendosi, formano un' entità, l'embrione, che ha un patrimonio genetico ancora diverso. Quindi, la storia biologica di Galileo comincia quando si forma l'embrione. In altre parole: ogni essere umano ha un DNA di 46 cromosomi diverso dagli altri? Si. Quando si forma quel DNA di 46 cromosomi? Al momento del concepimento. Spermatozoo e ovulo hanno quel DNA? No. Dunque l'essere umano nasce quando si forma l'embrione, spermatozoo e ovulo non sono esseri umani.

"possiedi qualcosa che ti distingue da tutto il resto del creato** e però non ti consente di definirti come un essere umano. Allora cosa sei, un tronchetto della felicità che si distingue dal tutto il resto per la capacità di fare le parole crociate senza però potersi definire per questo un essere umano?"

No. L'essere umano è un essere che ha la capacità di fare le parole crociate, contrariamente al resto del creato, ma resta umano anche se perde o non acquisisce o non ha ancora acquisito questa capacità. Un cerebroleso non sa fare le parole crociate ma è un essere umano, un neonato non sa fare le parole crociate ma è un essere umano. Ribadisco e concludo: la coscienza distingue l'essere umano da tutti gli altri esseri viventi, ma la sua mancanza non gli toglie la dignità e lo status di essere umano.

P.s. Quanto alle frasi che mi metterebbero in imbarazzo, sarà comodo ma è un dato di fatto: io non ho detto quello che lei mi ha attribuito.
Simone Emili

Marcoz ha detto...

"Anche l'embrione le possiede [le strutture corticali], non si sono ancora formate (come tante altre cose) ma si formeranno"

Ovvero, vendere la pelle dell'orso prima di averlo accoppato.

filippo ha detto...

“l'istinto del cane adulto è ben superiore alla coscienza del neonato”. Non è coscienza comunque. Pare che la coscienza sia qualcos’altro. Ha presente? Conosce cani dotati di coscienza?

“mai lette le riflessioni di un neonato”. Mai lette neanche le riflessioni di un pre-embrione, se per questo. Ma del neonato possiamo dire con certezza che le leggeremo, queste riflessioni, a meno che non muoia. Non deve trasformarsi in nient’altro. Per il pre-embrione il discorso è diverso, perfino uno come Lei ormai dovrebbe aver afferrato la differenza.

“Anche l'embrione le possiede, [le strutture corticali] non si sono ancora formate”. Lei sta vedendo un altro film, egregio, genere fantasy. Le piacerebbe infatti che il pre-embrione possedesse queste famose strutture corticali in grado di elaborare un pensiero cosciente, ma possiede solo cellule indifferenziate. E quello che c’è scritto nel suo DNA, oltre a non essere sufficiente allo scopo, è comunque esattamente quello che è scritto nel DNA delle cellule da cui ha avuto origine, cellule che contengono già tutta e identica l’informazione genetica del pre-embrione. Affermare, per usare le sue parole, che spermatozoo e ovulo “si trasformano in qualcosa di completamente diverso unendosi [e] dando vita a qualcosa che ha un DNA differente dal loro” costituisce un errore oppure un tentativo di mistificazione, dipende dall’ampiezza della sua ignoranza sull’argomento.

Ancora: la differenza tra cure generiche e specifiche, che dovrebbe essere inesistente per assecondare il suo castello di carte sul pre-embrione, è invece basilare: le cure generiche da prestare al neonato servono solo per tenerlo in vita e non per svilupparne l’autocoscienza. A questo penserà senza altri aiuti il suo telencefalo, ossia quella cosetta che il neonato possiede all’interno della sua scatola cranica e che costituisce la garanzia, unica e sufficiente, della comparsa di una coscienza. Le stesse cure generiche, se vogliamo, possiamo prestarle al pre-embrione sempre per tenerlo in vita ma anche in questo caso non per svilupparne l’autocoscienza. Ma per il motivo opposto, perché per questo non c’è niente da fare, lui il telencefalo non lo possiede. A meno di non fornire un elemento specifico, che inneschi una trasfomazione. Vediamo se indovina a cosa ci stiamo riferendo.

“anche se il supporto dell'endometrio è fondamentale, l'embrione [il pre-embrione] ha già una sua autonoma capacità di sviluppo”. Tanto autonoma da non riuscire a combinare niente senza. O meglio, da riuscire a comportarsi come un teratoma, producendo tante belle cellule indifferenziate. Non è che l’abbiamo già detto? Ormai dovrebbe avere imparato la lezioncina di Biologia.

“Quando si forma quel DNA di 46 cromosomi? Al momento del concepimento. Spermatozoo e ovulo hanno quel DNA? No” Strano, su qualunque testo di Biologia si trova scritto che invece Sì hanno proprio quel DNA. A meno che non si tratti invece del DNA del vicino di casa. E quindi affermare che “l'essere umano nasce quando si forma l'embrione, spermatozoo e ovulo non sono esseri umani” costituisce solo l’ennesima scempiaggine che Lei cerca di ammannirci. O esseri umani tutti o nessuno. Galileo era tale già nelle cellule seminali dei suoi genitori, insistere a individuarne l’atto d’inizio in un passaggio intermedio quale quello della formazione del pre-embrione può indicare solo ignoranza o malafede.

Gran finale: (rullo di tamburi) “la coscienza distingue l'essere umano da tutti gli altri esseri viventi, ma [eh, c’è sempre un ma] la sua mancanza non gli toglie la dignità e lo status di essere umano”. Ossia come affermare una cosa ed il suo esatto contrario nell’ambito della stessa frase. Delizioso. Per cui la coscienza identifica l’uomo, perché lo distingue da tutto il resto. Ma non è poi così importante perché anche senza coscienza sei un uomo lo stesso, daì.
Garantisce questo tizio.

Anonimo ha detto...

“l'istinto del cane adulto è ben superiore alla coscienza del neonato”. Non è coscienza comunque. Pare che la coscienza sia qualcos’altro. Ha presente? "

A dire il vero, no. Cosa vuol dire coscienza? Mi illumini lei.

“mai lette le riflessioni di un neonato”. Mai lette neanche le riflessioni di un pre-embrione, se per questo".
Non stento a crederlo.

"Ma del neonato possiamo dire con certezza che le leggeremo, queste riflessioni, a meno che non muoia."
Anche dell'embrione, basta lasciarlo sviluppare senza ammazzarlo prima.

"Non deve trasformarsi in nient’altro."

E infatti l'embrione non si trasforma, si sviluppa, che è cosa ben diversa. Quando il neonato Mario Rossi, dopo vent'anni, diventa un ragazzone di 2 metri noi diciamo che si è trasformato? No, è il solito Mario Rossi che è cresciuto. Lo stesso fa l'embrione: cresce.

"Per il pre-embrione il discorso è diverso"
No, è per lo spermatozoo e per l'ovulo che il discorso è diverso. Sono loro che si trasformano, sono loro che da cellule con 23 cromosomi (quindi non umane) si fondono diventando una cellula con 46 cromosomi (cioè umana). Ergo, spermatozoo e ovulo non hanno lo stesso DNA dell'embrione. Ergo, non sono esseri umani. L'essere umano nasce nel momento in cui si forma l'embrione.

“Anche l'embrione le possiede, [le strutture corticali] non si sono ancora formate”. Lei sta vedendo un altro film, egregio, genere fantasy. Le piacerebbe infatti che il pre-embrione possedesse queste famose strutture corticali in grado di elaborare un pensiero cosciente, ma possiede solo cellule indifferenziate."

Che mi piaccia o no, le possiede. Se non le possedesse nel suo DNA, non si formerebbero.

"E quello che c’è scritto nel suo DNA, oltre a non essere
sufficiente allo scopo, è comunque esattamente quello che è scritto nel DNA delle cellule da cui ha avuto origine, cellule che contengono già tutta e identica l’informazione genetica del pre-embrione."

Nient'affatto, ciascuna contiene metà dell'informazione, l'embrione la contiene tutta. E quando si incontrano, formano qualcosa che non è più ne ovulo ne spermatozoo. Ossìa, si trasformano, cosa che non fa l'embrione. L'embrione, come già detto, cresce, che è cosa ben diversa.

"Affermare, per usare le sue parole, che spermatozoo e ovulo “si trasformano in qualcosa di completamente diverso unendosi [e] dando vita a qualcosa che ha un DNA differente dal loro” costituisce un errore oppure un tentativo di mistificazione"

Spermatozoo e ovulo hanno 23 cromosomi, l'embrione ne ha 46. A me risulta che 46 è diverso da 23, quindi non ci sono errori o mistificazioni di sorta.

"le cure generiche da prestare al neonato servono solo per tenerlo in vita e non per svilupparne l’autocoscienza".

Perchè, le cure specifiche dell'endometrio all'embrione servono per svilupparne l'autocoscienza? Questa si che è una mistificazione.
Simone Emili

Anonimo ha detto...

"A questo penserà senza altri aiuti il suo telencefalo, ossia quella cosetta che il neonato possiede all’interno della sua scatola cranica e che costituisce la garanzia, unica e sufficiente, della comparsa di una coscienza."

Mai detto il contrario. Ma il telencefalo non nasce dal nulla e non viene trasmesso dall'endometrio, è frutto dello sviluppo dell'embrione, di cui la formazione dell'encefalo è una tappa tra le altre, scritta nel suo DNA fin dal concepimento.

2Le stesse cure generiche, se vogliamo, possiamo prestarle al pre-embrione sempre per tenerlo in vita ma anche in questo caso non per svilupparne l’autocoscienza. Ma per il motivo opposto, perché per questo non c’è niente da fare, lui il telencefalo non lo possiede"

Non lo ha ancora sviluppato, ma lo svilupperà. Così come il neonato non ha ancora una coscienza ma la svilupperà. Lei dice che il neonato ha però già se strutture corticali per poterlo fare? Vero. E l'embrione ha già scritto nel suo DNA tutte le istruzioni per formare quelle strutture.

"A meno di non fornire un elemento specificoche inneschi una trasfomazione"
Non trasformazione, sviluppo. C'è una bella differenza.

“anche se il supporto dell'endometrio è fondamentale, l'embrione [il pre-embrione] ha già una sua autonoma capacità di sviluppo”. "Tanto autonoma da non riuscire a combinare niente senza. O meglio, da riuscire a comportarsi come un teratoma, producendo tante belle cellule indifferenziate. Non è che l’abbiamo già detto?

L'embrione riesce a comportarsi come un teratoma, ma un teratoma non riesce a comportarsi come un embrione: vuoi vedere che forse NON sono la stessa cosa? Forse perchè l'embrione è un essere umano mentre il teratoma non lo è? Anche questo lo abbiamo già detto e stradetto.

“Quando si forma quel DNA di 46 cromosomi? Al momento del concepimento. Spermatozoo e ovulo hanno quel DNA? No” Strano, su qualunque testo di Biologia si trova scritto che invece Sì hanno proprio quel DNA"

Vedo che per lei 23 continua ad essere uguale a 46. Lei ha un disperato bisogno di equiparare spermatozoo e ovulo all'embrione, altrimenti dovrebbe ammettere che il concepimento dell'embrione è l'unico momento in cui si crea qualcosa di nuovo che prima non c'era e che non cambierà (salvo svilupparsi) fino alla sua morte. Ebbene, purtroppo per lei, è proprio così.

"Galileo era tale già nelle cellule seminali dei suoi genitori",

Nient'affatto. L'ovulo di sua madre poteva combinarsi con un altro spermatozoo e dare origine anche ad una femmina. Galileo si è formato nel momento in cui si sono incontrate le cellule seminali dei suoi genitori, come qualunque essere umano. .

"ossia come affermare una cosa ed il suo esatto contrario nell’ambito della stessa frase. Delizioso. Per cui la coscienza identifica l’uomo, perché lo distingue da tutto il resto. Ma non è poi così importante perché anche senza coscienza sei un uomo lo stesso, daì."
Esatto. Come la mela identifica il melo, ma un melo che non sa far le mele è un melo comunque. Anche questo mi pareva di averlo già detto.
Simone emili

filippo ha detto...

Coscienza, Egregio, vuol dire essere consapevoli di sé. Il neonato diventerà comunque consapevole di sé, è sufficiente tenerlo in vita. Il cane ed il pre-embrione no. Anche se li teniamo amorevolmente in vita, uno continuerà ad abbaiare e l’altro, per quanto ben nutrito e coccolato, nella migliore delle ipotesi comincerà a moltiplicarsi uniformemente e aspecificamente comportandosi come… continui Lei su, ormai dovrebbe saperlo.
Per cui non basta “lasciarlo sviluppare [il pre-embrione] senza ammazzarlo prima”. Serve un endometrio. Che trasformi un potenziale teratoma in un effettivo embrione. Consentendoci così di identificarlo come Mario Rossi. Sarà un caso che i Ginecologi identifichino l’inizio della gravidanza proprio dal momento dell’impianto nell’endometrio?
Cercare di riscrivere la Biologia (e l’Ostetricia) Le servirà a ben poco. Almeno col sottoscritto.

“L'embrione riesce a comportarsi come un teratoma, ma un teratoma non riesce a comportarsi come un embrione: vuoi vedere che forse NON sono la stessa cosa? Forse perchè l'embrione è un essere umano mentre il teratoma non lo è?”
O forse perché il pre-embrione ha la possibilità, dovutamente innescato, di trasformarsi in qualcos’altro, qualcos’altro dotato di coscienza? Pare che tutto, alla fine, ruoti intorno alla coscienza. Pare che alla fine sia difficile persino per un pasdaran come costui parlare di individui prescindendo dalla coscienza. Almeno a livello subcosciente.

“Spermatozoo e ovulo non hanno lo stesso DNA dell'embrione”. Uh, e il pre-embrione allora il suo DNA da chi lo prende, dal vicino di casa?
E comunque, se “ciascuna [cellula seminale] contiene metà dell'informazione”, le due cellule in coppia la contengono tutta. E la passano pari pari al pre-embrione. Il vicino di casa non c’entra.

Certo, se poi vogliamo attaccarci ai numeri dei cromosomi e stabilire in base a questo chi ammettere come umano e persona e chi no, allora dovremo tirarne le logiche conseguenze: pre-embrione ammesso, cellule seminali non ammesse. E, naturalmente, non ammessi neanche i Down. Sono cose che capitano.

E per quanto riguarda l’ovulo della madre di Galileo, si fosse associato con qualche altro spermatozoo avremmo avuto un altro Galileo o una “Galilea”, e questo non avrebbe spostato di una virgola tutto il discorso, perché la suddetta Galilea sarebbe stata già tale nel DNA delle sue cellule progenitrici.

Cosa ci sia scritto poi, in questo DNA, è tutto da vedere. Potrebbe esserci scritto Mario Rossi, oppure Mario e Marco Rossi, oppure mola vescicolare. Si vedrà.

E, naturalmente e conseguenzialmente, ci permettiamo ancora di ricordare che essere qualcosa in potenza non vuol dire esserlo effettivamente in atto. Come questo tizio ci ha cortesemente confermato ammettendo di non essere disposto a salire su un aereo pilotato da uno che si è appena iscritto alla scuola di volo (il nostro predica male ma razzola benissimo).
Per cui se un melo è tale perché fa le mele, aspetteremo che le faccia, ‘ste mele, non deve trasformarsi in nient’altro. Al contrario del seme di melo. Se poi le mele non le fa, allora non è un melo. Non si vede perché considerarlo tale, se abbiamo appena detto che l’albero di mele è quello che fa le mele.
Logica elementare.

filippo ha detto...

Ma qui non siamo aprioristicamente chiusi alle nuove idee. E pertanto, pur essendo rimasti ancorati al vecchio concetto per cui senza un pensiero cosciente, o almeno senza le strutture anatomofisiologiche in grado di generare un pensiero cosciente, non si possa parlare di persona, restiamo comunque aperti a qualunque altra possibilità.
E quindi, se “la coscienza distingue l'essere umano da tutti gli altri esseri viventi, ma la sua mancanza non gli toglie la dignità e lo status di essere umano”, chi siamo noi per dire di no, (anche se questa sembra più una frase da Saturday Night Live)? Ci faccia solo sapere, questo pervicace anche se poco informato interlocutore, che cosa dovrebbe consentirci, in mancanza di una coscienza, di continuare a distinguere il tizio senza coscienza da tutti gli altri esseri viventi. E poi ne discutiamo.
Naturalmente e per risparmiare tempo ed evitare che Giuseppe ci mandi a quel paese, mi permetto di ricordare che generici accenni a DNA o alla possibilità di dar luogo a individui dotati di coscienza non serviranno a niente perché già tentati senza esito alcuno.

Si inventi qualcos’altro, questo tizio, se ne è capace.

Anonimo ha detto...

Quindi, se io pianto 10 semi di melo, nascono 10 alberi e uno di loro non riesce, nemmeno dopo anni, a fare le mele, gli altri sono meli e lui no? E’ uguale agli altri, stessa origine, stesse foglie, stesso DNA, eppure gli altri sono meli e lui no? Ma per favore! Un melo è tale anche se non fa le mele, e lo sa benissimo anche lei. Non è la mela che fa il melo ma il contrario, è la mela ad essere un prodotto del melo, il quale rimane tale anche quando, o perché non è stagione o perché non ne è capace, non la produce.
Idem dicasi per l’uomo. Non è la coscienza che fa l’uomo, ma il contrario: la coscienza è un prodotto dell’essere umano, delle sua corteccia cerebrale che, come qualsiasi altra parte del suo corpo, si è formata in virtù di un processo di sviluppo che vede come suo inizio il concepimento. E ne consegue che l’essere umano è tale anche in quei casi in cui non arriva a formare una coscienza. Sennò dovremmo arrivare all’aberrante conclusione che un neonato che muore subito o poco dopo la nascita non è mai stato un essere umano, visto che non aveva ancora una coscienza e non ha fatto in tempo a svilupparla (cioè non è mai diventato un essere umano, secondo il suo criterio).
Che poi è come dire che, siccome caratteristica della femmina rispetto al maschio è fare figli, una femmina sterile non è una femmina. E se non è diventata sterile ma lo è sempre stata, allora non è mai stata una femmina. Simone Emili

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il criterio stabilito dall’ OMS, mi pare che non sia condiviso da tutti, anzi: in un sondaggio fatto in America la maggior parte dei ginecologi consultati ritiene che la gravidanza inizi con il concepimento. http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/gravidanza-parto-pediatria/articolo/lstp/431204/ E non si può dire che il sondaggio fosse tendenzialmente “pro-life”, visto che viene specificato che la maggior parte di coloro che hanno risposto “concepimento” era religioso o comunque anti-abortista, cioè il sondaggio fa notare che la risposta potrebbe fondarsi su un pregiudizio ideologico.

E’ altrettanto vero che, nella pratica medica, il conteggio delle settimane di gravidanza (40) viene fatto a partire dall’ultimo ciclo mestruale (epoca gestazionale) anche se tutti riconoscono che il calcolo corretto dovrebbe essere fatto dal concepimento (epoca concezionale, 38 settimane). Ho consultato molti siti dove donne in maternità chiedevano lumi agli esperti in linea sul momento in cui cominciava la gravidanza, e tutte le risposte erano del tipo “il conteggio si fa, per ragioni pratiche, dall’ultimo ciclo mestruale, quindi il concepimento è avvenuto circa 2 settimane dopo”. Nessuno parlava di impianto nell’endometrio.
Nel sito Medicitalia, dove sono iscritti più di 300 ginecologi (e oltre 8000 medici), la gravidanza è definita “Condizione in cui si trova la donna o la femmina di un mammifero dal momento della fecondazione sino al parto.” (http://www.medicitalia.it/dizionario-medico/gravidanza).
Anche in documenti come questo, scritto da un ginecologo su un sito di ginecologia, non da un “riscrittore della biologia e della ginecologia”,(http://www.ginecolink.net/percorso_non_medici/fecondimpian.htm )
si dice chiaro e tondo che “L'inizio della vita di un individuo (inteso come essere vivente dotato di un codice genetico (DNA) unico e irripetibile), è l'incontro tra uno spematozoo e un ovocita, che avviene nella tuba uterina intorno al 14 giorno del ciclo mestruale.“ Mentre in quest’altro (http://www.ginecolink.net/percorso_non_medici/sviluppo_fetale.htm) si dice, per quanto riguarda la comune pratica ginecologica: “L'inizio della gravidanza, come si usa comunemente in ostetricia, viene fatto coincidere con il primo giorno dell'ultima mestruazione ("età gestazionale"). L'embrione inizia la sua esistenza in realtà al 14° giorno del ciclo mestruale e quindi la terza settimana di gravidanza (terza settimana dall'ultima mestruazione) corrisponde in realtà alla prima settimana di vita dell'embrione ("età concezionale").”
E non so proprio come dare torto all’autore del link: se lo zigote ha già cominciato a svilupparsi prima ancora di attecchire nell’endometrio, come si fa a dire che la gravidanza inizia con l’impianto? A meno che tale criterio non nasca proprio e soltanto dalla necessità di avallare certe pratiche anticoncezionali e di sopprimere impunemente gli embrioni….. Simone Emili

filippo ha detto...

Prologo: Un neonato che muore è un individuo che muore. Un pre-embrione il cui ciclo vitale si conclude invece no. Pare che il neonato possegga qualcosa che il pre-embrione non ha, a meno di trasformarsi in qualcos’altro.
Secondo prologo: una femmina è tale perché ha un apparato riproduttivo orientato allo scopo. Se ha dei figli diventa una femmina madre. Incredibile eh?

“come si fa a dire che la gravidanza inizia con l’impianto?” Vediamo un po’, forse perché dopo il concepimento e prima dell’impianto otteniamo solo qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, si comporta come un teratoma limitandosi a replicare una linea cellulare all’infinito? E’ necessario rispiegarLe tutto daccapo o riesce ad arrivarci da solo, senza affannose quanto inutili navigazioni internettiane?

Adesso, vediamo di concentrarci sull’ultimo capoverso, senza divagare:
“Non è la coscienza che fa l’uomo”. Benissimo. Ci dica, allora, cos’è che fa l’uomo. E’ una domandina facile facile, che crediamo di avere già posto, e la cui risposta non dovrebbe costituire un problema per un pensatore dalle apodittiche certezze come il qui presente.

P.S.: Ci asteniamo dal clonare l’interrogativo pure per lo spinoso problema del melo che è tale anche se non fa le mele, perché ci sembra di scarsa importanza anche se in effetti si potrebbe chiedere cos’è allora che rende melo il melo...

Anonimo ha detto...

“una femmina è tale perché ha un apparato riproduttivo orientato allo scopo. Se ha dei figli diventa una femmina madre. Incredibile eh?”
Appunto, quale scopo? Fare figli. Pertanto, se una femmina nasce con una malformazione all’utero tale da renderlo del tutto impossibilitato a procreare, del tutto non orientato allo scopo, non è una femmina (se accettiamo il suo criterio).

“dopo il concepimento e prima dell’impianto otteniamo solo qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, si comporta come un teratoma limitandosi a replicare una linea cellulare all’infinito”
l’embrione è in grado di comportarsi come un teratoma mentre il teratoma non è in grado di comportarsi come un embrione, e questo rende assurda ogni pretesa di equipararli. Se lo sviluppo dell’embrione fosse tutto merito dell’utero materno, qualunque indistinto grumo di cellule umane che venga a contatto con l’utero dovrebbe poter diventare un bambino, dopo nove mesi, cosa che invece non è. Come è scritto in uno dei link che ho già inserito (http://www.ginecolink.net/percorso_non_medici/fecondimpian.htm):
“In tutte queste fasi (apposizione, adesione e invasione dell’endometrio, NdR) sia l’embrione che l’endometrio giocano un ruolo attivo: entrambi secernono svariate sostanze determinando fra loro un vero e proprio “dialogo biochimico”. L’efficacia di questo “dialogo” è fondamentale per il successo dell’impianto. Il fatto che l'embrione secerna sostanze chimiche in grado di "dialogare" con l'endometrio che deve accoglierlo è una affascinante scoperta scientifica degli ultimi anni e configura l'embrione come un soggetto attivo, altamente vitale che entra in gioco producendo egli stesso le sostanze necessarie al successo del suo impianto.”
L’utero aiuta nello sviluppo qualcosa che è già predisposto per svilupparsi in quel modo e che già prima dell’impianto si attiva in tal senso, perchè altro non è che un essere umano all'inizio della sua esistenza.

“Non è la coscienza che fa l’uomo”. Benissimo. Ci dica, allora, cos’è che fa l’uomo.”
Se lei vede affiancati un uomo, un gorilla, un leone e un cane, l’uomo lo distingue immediatamente, e non ha bisogno che si metta a declamarle la Divina Commedia o a spiegarle la “Critica della ragion pura” per capire che è un uomo. Anche se i quattro esseri viventi fossero addormentati, anestetizzati o addirittura morti, lei non avrebbe alcuna difficoltà a individuare l’essere umano. Se poi l’uomo in questione fosse talmente massiccio, peloso e scimmiesco nel viso da sembrare un gorilla, per togliersi ogni dubbio analizzerebbe il suo DNA, che immediatamente le consentirebbe di riconoscerlo come essere umano e non come gorilla. In entrambi i casi non avrebbe alcun bisogno di ricorrere alla coscienza, la quale, quindi, si mostra come una delle caratteristiche dell’essere umano, certamente la più prestigiosa e nobile, ma non così unica e indispensabile da non poter parlare di essere umano in sua assenza.
Simone Emili

filippo ha detto...

“Quale scopo? Fare figli”.
Come vede, tutto dipende dal criterio utilizzato. Se una femmina viene definita tale solo perché in grado di sfornare bambini, una femmina con l’utero inadatto allo scopo non potrà essere definita tale.

“L’embrione e l’endometrio […] fra loro un vero e proprio dialogo biochimico”.
Un po’ come le cellule seminali, devono incontrare l’alter ego per dialogarci e innescare la loro di predisposizione allo sviluppo.
E, comunque, senza endometrio con chi dialoga il pre-embrione? E cosa se ne fa di questa sua “predisposizione”? Diventa in tutto e per tutto sovrapponibile ad un teratoma, con cui condivide il medesimo tipo di DNA ed il medesimo comportamento. Repetita iuvant, eppure pare che certi concetti facciano proprio fatica ad essere assimilati…

“Se lei vede affiancati un uomo, un gorilla, un leone e un cane, l’uomo lo distingue immediatamente”.
Davvero? E da cosa, se escludo il possesso di una coscienza? Non certo dal DNA, che trovo anche nei teratomi.
Cerchi di essere più preciso, se Le riesce.

Anonimo ha detto...

“Quale scopo? Fare figli”
Come vede, tutto dipende dal criterio utilizzato. Se una femmina viene definita tale solo perché in grado di sfornare bambini, una femmina con l’utero inadatto allo scopo non potrà essere definita tale.”

E’ esattamente quello che intendevo dire, ed è un criterio totalmente assurdo e arbitrario. Come assurdo e arbitrario è definire l’uomo tale solo perché in grado di avere una coscienza. Fare figli è solo una delle caratteristiche della femmina, che resta tale anche se il suo utero è inadatto, e avere una coscienza è solo una delle caratteristiche dell’essere umano, che rimane tale anche senza di essa. Un leone morto e un uomo morto rimangono un leone e un uomo, e neanche da morti sono uguali.

”E, comunque, senza endometrio con chi dialoga il pre-embrione? E cosa se ne fa di questa sua “predisposizione”? Diventa in tutto e per tutto sovrapponibile ad un teratoma, con cui condivide il medesimo tipo di DNA ed il medesimo comportamento”. Repetita iuvant, eppure pare che certi concetti facciano proprio fatica ad essere assimilati… “

Senza endometrio l’embrione non dialoga con nessuno e della sua predisposizione non se ne fa nulla. Ma è questo il punto, che ho già sottolineato più volte (ma mi pare che anche con lei ripetere non giovi molto): la peculiarità dell’embrione sta in quello che è in grado di fare quando incontra l’endometrio (incontro che egli contribuisce a propiziare, non è un grumo di cellule che casualmente e senza volerlo si impianta nell’endometrio), non in quello che non può fare se non l’incontra. E una volta annidato nell'endometrio, l'embrione non si trasforma affatto, visto che il DNA rimane sempre quello: semplicemente, prosegue il suo sviluppo, che era già iniziato prima di impiantarsi nell'utero.

“Se lei vede affiancati un uomo, un gorilla, un leone e un cane, l’uomo lo distingue immediatamente”.
Davvero? E da cosa, se escludo il possesso di una coscienza? Non certo dal DNA, che trovo anche nei teratomi. Cerchi di essere più preciso, se Le riesce. “

Se in una carcassa bruciata rimane qualche parte sana, e in una di queste parti, facendo l’autopsia, trovo un teratoma e lo analizzo, rilevando DNA umano, cosa deduco? Che quella carcassa è il cadavere carbonizzato di un uomo, un uomo che aveva un teratoma. Dove c’è DNA umano c’è un essere umano.

Per quanto riguarda la coscienza, essa, come già detto, è irrilevante per distinguere un essere umano da un altro essere vivente. Per distinguere un leone da un cane non ricorro alla coscienza, o, meglio, all’autoscienza, visto che nessuno dei due ne è provvisto. Come faccio a distinguerli? Guardo l’aspetto macroscopico ( che nel caso del leone e del cane è già più che sufficiente per distinguerli) e, al limite, analizzo il loro DNA, e constaterò che uno ha il DNA di un leone e l’altro il DNA di un cane. Quindi, aspetto macroscopico e DNA sono criteri più che sufficienti per distinguere un leone da un cane. Ora, qual è il punto? Il punto è che quello che ho fatto con cane e leone è perfettamente possibile farlo anche per distinguere l’essere umano da un altro essere vivente, non c’è alcun bisogno di stabilire se uno è dotato di autocoscienza e l’altro no. La coscienza di se è una caratteristica dell’uomo, non è ciò che fa l’uomo. E’ l’uomo che produce la coscienza, non il contrario. Quindi, per concludere:
1)l'uomo è tale anche senza coscienza, perchè il suo DNA lo identifica e lo distingue inequivocabilmente da qualsiasi altro essere vivente;
2)il DNA di un essere umano si forma al momento del concepimento, quindi lo zigote (e perciò anche l'embrione) è la prima cellula di un essere umano, è un essere umano all'inizio della sua vita.
Più preciso di così non posso essere (e quindi ci sta che questo sia il mio ultimo commento, ormai quello che avevo da dire l'ho detto).
Simone Emili

filippo ha detto...

“Fare figli è solo una delle caratteristiche della femmina…”
Come già detto, si tratta per l’appunto di mettersi d’accordo e di proporre criteri atti allo scopo, cioè peculiari ed esclusivi dell’ente da definire. E questo, naturalmente, vale anche per la definizione di individuo. Poi, ciò che è assurdo e palesemente arbitrario si farà sempre in tempo a smascherarlo.

“Senza endometrio l’embrione non dialoga con nessuno e della sua predisposizione non se ne fa nulla”.
E quindi, più che di peculiarità del pre-embrione, nel senso di ineluttabilità del suo trasformarsi in un individuo, forse si dovrebbe più correttamente parlare di potenzialità del pre-embrione, ovvero della possibilità di manifestare differenti peculiarità, piuttosto che “la” peculiarità. Per cui in presenza di una mucosa endometriale, opportunamente preparata dal ciclo estroprogestinico, ecco manifestarsi la peculiare capacità di trasformarsi in un organismo costituito da cellule che differenziano tessuti diversi, tra cui quello nervoso, mentre in assenza di tale requisito si manifesterà un’altra peculiare capacità del pre-embrione, quella di trasformarsi in una colonia cellulare che si replica in maniera indifferenziata ed esponenziale, peculiarità questa decisamente più vicina allo status biologico di partenza del pre-embrione stesso, che in sintesi altro non è se non un aggregato paucicellulare che di default riproduce le sue cellule per mitosi. Aggregato paucicellulare equiparabile in tutto e per tutto, per caratteristiche citologiche e comportamento biologico, ad una neoplasia.

Per inciso, la differenza con un individuo in atto come il neonato o il bambino, rispetto a quella di individuo in potenza quale è il pre-embrione, sta proprio nella ineluttabilità dello sviluppo del bambino, sviluppo che è possibile interrompere solo sopprimendolo. Perché in questo caso non parliamo di una mera potenzialità, ma di una caratteristica in atto, cioè concretamente presente. Per ricordare un esempio già portato, non parliamo di uno che si è appena iscritto alla scuola di volo, ma di un pilota diplomato e certificato. Che poi potrà ancora crescere, nel senso di acquisire esperienza ulteriore con la pratica di volo, così come il bambino cresce e diventa adulto, ma che per intanto è già un pilota, come certificato dal suo diploma di volo, così come il bambino è già un individuo come certificato dal possesso di una coscienza. E se non ricordiamo male, Lei su un aereo incautamente affidato ad un neo iscritto alla scuola di volo non sarebbe proprio disposto a salirci, confermando così la evidente differenza tra una caratteristica posseduta in potenza ed una posseduta in atto, ma queste sono cosette già ampiamente ribadite.

filippo ha detto...

Dopodichè, si torna al punto principale ancora irrisolto, ossia come facciamo a definire un uomo (e a distinguerlo da cani, gatti e leoni), senza far riferimento al criterio distintivo del possesso di una coscienza che, come testè affermato, “è irrilevante per distinguere un essere umano da un altro essere vivente”.

Sorvolando sulle carcasse bruciate (?) e sulla ricerca del DNA poichè, come già ampiamente ricordato, il possesso di un determinato DNA è prerogativa anche di qualcosa, dai teratomi ai candidati all’espianto, che altrimenti diventerebbero anch’essi individui a pieno titolo, ci viene proposto il ricorso al cosidetto “aspetto macroscopico”.
Ragion per cui, se ci imbattiamo in qualcosa che non ha coscienza di sé ma che possiede un certo quale “aspetto macroscopico”, qualunque cosa ciò voglia dire nella fantasia di questo tizio, allora quello è un uomo!
A questo punto pare che anche una statua, naturalmente se realizzata con il dovuto “aspetto macroscopico”, abbia notevoli chances di essere considerata un individuo…

E allora, passiamo pure alle “conclusioni”:
1) Che l'uomo sia tale anche senza coscienza, in linea puramente teorica potrebbe anche essere oggetto di discussione, qui siamo aperti a tutte le teorie, ma che il suo DNA lo identifichi e lo distingua “inequivocabilmente” da qualsiasi altro essere vivente è semplicemente, tendenziosamente e pervicacemente falso, come già esposto, perché altrimenti dovremmo bloccare tutta la pratica dei trapianti e concedere i diritti civili ai teratomi, finora ingiustamente discriminati nonostante il loro DNA umano che, stando così le cose, distinguerebbe anche loro da “qualsiasi altro essere vivente”.
2) Che il suddetto DNA si formi al momento del concepimento e della formazione dello zigote è parimenti falso, in quanto è già presente nelle cellule progenitrici dello zigote stesso, presente tale e quale quantitativamente e qualitativamente e comunque, come già rilevato, il solo possesso di un Dna di tipo umano non è criterio esaustivo per definire un individuo.

* * * *

Eppure, nonostante gli strafalcioni e le trovate da avanspettacolo fin qui esibite, noi non demordiamo e restiamo in fiduciosa attesa di ulteriori delucidazioni.
Siamo sicuri che in fondo, ma molto in fondo, questo nostro buon amico sarà in grado di fornirci un qualche meraviglioso, inequivocabile e, soprattutto, esclusivo criterio di definizione di individuo in grado di fugare ogni imprecisione e di buttare nel ripostiglio dei ferri vecchi del pensiero filosofico questo concetto, ormai palesemente inadeguato e superato, di autocoscienza.
Per cui non faccia il modesto, perché si può essere molto, ma molto più precisi di così.
Provi a lavorare su questo concetto di “aspetto macroscopico”, hai visto mai…