Ogni cittadino sa già che i prossimi 12 e 13 giugno 2011 si voterà su 4 quesiti referendari. Due di questi riguardano l’acqua e la sua gestione: pubblica o privata? (Qui i quesiti per intero e le tappe che hanno portato fino al referendum). La questione è complessa e lo spazio che il referendum lascia ai cittadini è angusto. Non ci possono essere sfumature o aggiustamenti. È richiesta una risposta secca: “sì” o “no”. In effetti ci sarebbe anche la possibilità di annullare le schede, oppure quella di non andare a votare. Se si vuole esprimere un parere in modo esplicito però rimane il “sì” oppure il “no”, perché le ragioni dell’annullamento o dell’astensione rimarrebbero oscure e implicite.
Tutte queste scelte hanno qualcosa in comune: il bisogno di sapere cosa ci viene chiesto se non vogliamo calpestare il significato profondo dello scegliere. Come potremmo scegliere se ignoriamo l’argomento di cui si discute? Si può sempre votare a caso o decidere se votare o andare in gita a seconda del tempo, ma non sarebbe l’esercizio di un diritto di voto. Non sarebbe una scelta, ma un segno su un pezzo di carta. Dopo avere conosciuto l’argomento, dovremmo conoscere le ragioni a favore delle diverse posizioni e, infine, decidere come votare.
Un ben intenzionato cittadino X, simpatizzante per il sì, non ne sa ancora abbastanza e vuole informarsi per tempo. Il nostro cittadino non vuole votare tanto per fare, non vuole eseguire quanto il proprio partito gli indica, né la portinaia o la fidanzata che magari è ambientalista oppure è una fan delle privatizzazioni. Vuole conoscere le ragioni a favore delle diverse posizioni per poi decidere quale gli sembra più convincente, cioè quale possa vantare le argomentazioni più forti. Vuole esercitare il suo diritto di scelta e non essere il burattino nelle mani di qualcuno. Vuole trasformare la sua simpatia in una argomentazione forte, magari per poter convincere altri cittadini – correndo volentieri il rischio di dovere arrendersi alle ragioni del no, se fossero migliori di quelle del sì.
Ecco allora il nostro cittadino che cerca su Google e arriva alla pagina del Comitato promotore per il sì all’acqua pubblica. Sembra il luogo adatto. Alla sezione “perché l’acqua” il cittadino si aspetta di trovare le ragioni per cui si dovrebbe votare sì.
“L’acqua deve essere pubblica perché ognuno di noi è fatto al 70% di acqua” c’è scritto alla prima riga. Qui il cittadino si confonde, perché non capisce l’argomento. Non è certo su quella percentuale di acqua che siamo chiamati a votare. Non letteralmente insomma: non ci sono signori grigi che vogliono comprare la nostra acqua, in una specie di versione acquatica di Momo.
Deve esserci qualche passaggio implicito, che però il cittadino non riesce a cogliere. Spera che proseguire nella lettura possa aiutarlo a capire, ma molti altri “perché” suscitano la sua perplessità.
Continua su iMille Magazine di oggi.
5 commenti:
"Ogni cittadino sa già che i prossimi 12 e 13 giugno 2011 si voterà su 4 quesiti referendari"
magari.....
Il sito del comitato promotore del referendum e´il perfetto spot contro ogni tiupo di referendum.....
Bellissimo articolo, complimenti
Ciao Chiara!
Secondo me arriveranno anche a dire omeopaticamente che: "l'acqua ha memoria e non si dimenticherà di chi ha votato per il NO. Nell'urna dio non ti vede, l'acqua sì."
Il mio professore di biochimica sosteneva che in realtà noi siamo fatti al 60%, non 70% d'acqua come si dice di solito, e l'approssimazione per eccesso era strumentale al business dell'acqua minerale.
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