Nel decreto sul riordino dei consultori familiari della Regione Lazio c’è un allegato sorprendente: le Linee di indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari. Le funzioni dei Consultori riguardano due aree: “prevenzione e promozione, sostegno e cura”. Tra le attività previste c’è anche l’assistenza alle donne che chiedono di interrompere volontariamente una gravidanza.
Sappiamo dall’ultima relazione annuale attuativa della legge 194 che la media nazionale di ginecologi obiettori è del 69,3%, anche se la realtà nelle singole regioni è ancora più sbilanciata, con percentuali che arrivano quasi al 90% di obiettori, strutture che non garantiscono mai il servizio di IVG, ancor meno sono gli ospedali che garantiscono gli aborti tardivi (cioè quelli dopo il primo trimestre), lunghe liste di attesa.
A questo si aggiunge uno scenario spesso nebuloso: alcuni medici si rifiutano di prescrivere la contraccezione d’emergenza, pur non esistendo alcuna legge specifica che permetta loro di farlo. Altri rifiutano la certificazione, non vogliono eseguire la visita di controllo o altre pratiche mediche giudicate contrarie alla loro morale, alla loro personale visione del mondo.
Le Linee di indirizzo regionali ribadiscono l’ovvio sulla contraccezione: non si può invocare l’obiezione di coscienza come pretesto per negare la prescrizione, sia ordinaria sia d’emergenza (che, ricordiamo, ha effetti contraccettivi e non abortivi). D’altra parte non c’è – come nel caso dell’IVG – una legge che permetta agli operatori sanitari di invocare la propria coscienza. “Il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all’applicazione di sistemi contraccettivi meccanici, vedi I.U.D. (Intra Uterine Devices).
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martedì 24 giugno 2014
Obiezione di coscienza e aborto, la svolta del Lazio sui consultori
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venerdì 16 marzo 2012
A proposito di cimiteri per embrioni e feti
La proposta ha sollevato molte perlessità, critiche feroci, polemiche trite e ben note.
La vicenda mi colpisce per varie ragioni. La prima la sua ridondanza giuridica: è sempre stato possibile richiedere la sepoltura del materiale abortivo (in base al D.P.R. 10/09/1990 n. 285, in particolare articolo 7): Comma 2. Per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all’ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall’unità sanitaria locale.
Comma 3. A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane.
Comma 4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall’espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento alla unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto.
Poi per la scelta linguistica: bambini mai nati invece di embrioni e feti - e questa è una ben nota strategia antichoice (negli Stati Uniti è unborn children). Si vogliono trascinare tutte le caratteristiche dei bambini verso embrioni e feti: sono tutti bambini, questi ultimi non ancora nati, ma caratterizzati dallo stesso statuto. La mossa fa leva sulla pancia e sugli umori, e basterebbe poco per spazzarla via. Basti pensare che a nessuno viene in mente di fare il passo successivo (coerente e obbligato se seguiamo la suddetta logica): siamo tutti individui non ancora morti, tanto vale trattarci come tali?
Infine per il cattivo gusto - ma questo è un parere come un altro, non è che una espressione personale, un gusto estetico e che non ha alcuna pretesa di ostacolare la suddetta possibilità - già esistente, lo ribadisco.
E qui passiamo alle due considerazioni finali: che necessità poteva esserci di ribadire qualcosa che è già permesso? Che scopo si persegue nel mascherare qualcosa che si può già fare come una lotta di civiltà e umanità? Verso chi si inscena questo inchino metaforico?
Ultima: le proteste che si sono scatenate in nome delle donne e del sapore punitivo della proposta non rischiano di essere fuori fuoco?
Ciò che voglio dire è che la possibilità di fare un funerale a un embrione dovrebbe essere garantita - diversa è la situazione in Lombardia, dove la delibera regionale obbliga. Dovrebbero però essere garantite anche scelte diverse: non solo quella di non farlo, ma soprattutto quella di interrompere una gravidanza senza tutte le difficoltà che oggi quasi sempre una donna deve superare, in una gimkana assurda fatta di scuse e di abuso di obiezione di coscienza. Un abuso che ha ormai le fattezze della normalità. Basta entrare in un reparto di IVG per rendersene conto.
Domenica scorsa su la Repubblica di Firenze, una inchiesta di Michele Bocci raccontava un ennesimo scenario da invasione di obiettori. Una invasione che inizia nei consultori, luoghi in cui non si eseguono le interruzioni di gravidanza e per cui la possibilità di fare obiezione mi sembra illegittima.
Nei consultori è ormai difficile trovare un medico anche solo per fare un certificato. Cioè per attestare lo stato di gravidanza.
A questo proposito la vicenda della Puglia di due anni fa è illuminante. Dopo una delibera regionale per assumere alcuni non obiettori nei consultori, l’ordine dei medici pugliesi fa ricorso al TAR, che accusa la delibera di “scelta discriminatoria”.
I passaggi della sentenza più interessanti sottolineano ciò che dovrebbe essere scontato, ma che spesso è trascurato o ignorato. Il collegio ritiene “che la presenza o meno di medici obiettori ex art. 9 legge n. 194/1978 nei Consultori istituiti ai sensi della legge n. 405/1975 sia assolutamente irrilevante, posto che all’interno dei suddetti Consultori non si pratica materialmente l’interruzione volontaria della gravidanza per la quale unicamente opera l’obiezione ai sensi dell’art. 9”, comma 3 (l’I.V.G. può, infatti, avvenire esclusivamente nelle strutture a ciò autorizzate di cui all’art. 8 legge n. 194/1978 laddove la donna, convinta di procedere con l’I.V.G., decide di presentarsi), bensì soltanto attività di assistenza psicologica e di informazione/consulenza della gestante (cfr. artt. 2 e 5 legge n. 194/1978) ovvero vengono svolte funzioni di ginecologo (i.e. accertamenti e visite mediche di cui all’art. 5 legge n. 194/1978) che esulano dall’iter abortivo, per le quali non opera l’esonero ex art. 9, e quindi attività e funzioni che qualsiasi medico (obiettore e non) è in grado di svolgere ed è altresì tenuto ad espletare senza che possa invocare l’esonero di cui alla disposizione citata”.Il Tar sottolinea una ovvietà: non è nei consultori che si effettuano le interruzioni di gravidanza, perciò quella tra la Regione e gli oppositori sembrerebbe una conversazione tra sordi. E poi qualsiasi medico è tenuto a spiegare alle donne tutte le alternative, tra le quali l’interruzione di gravidanza, e a offrire informazioni corrette.
La corretta applicazione della 194 andrebbe senza dubbio nella direzione della corretta e completa informazione: “anche il medico obiettore legittimamente inserito nella struttura del Consultorio è comunque tenuto all’espletamento di quelle attività istruttorie e consultive (come ad esempio il rilascio del documento attestante lo stato di gravidanza di cui all’art. 5 legge n. 194/1978); per cui la presenza teorica di soli obiettori all’interno del Consultorio - ancora una volta - appare irrilevante ai fini di una corretta doverosa applicazione della legge n. 194/1978” (i corsivi sono miei).
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martedì 19 ottobre 2010
Neanche nella Spagna franchista
Mario Pirani, «Lapidazione psicologica in chiave clericale», La Repubblica, 18 ottobre 2010, p. 26:
Questa Italia triturata da un federalismo improvvisato sta producendo, tra gli altri fenomeni negativi, l’esplodere di eventi locali destinati a ripercuotersi su scala nazionale, senza alcuna considerazione della coerenza costituzionale e delle contraddizioni e controversie, per effetto riflesso, cui possono dar luogo. È stato il caso, tanto per fare un esempio, della scuola di Adro ricoperta di simboli leghisti. Decisioni improvvide che, se non rintuzzate sul nascere, si presterebbero a una moltiplicazione dirompente. Ancor più grave dei fatti succitati è la legge presentata al Consiglio regionale del Lazio da Olimpia Tarzia (Pdl) presidente del Movimento per la vita, legge che si propone di stravolgere i consultori familiari, quando non di privatizzarli, affidandoli in gran parte ad organizzazioni religiose (naturalmente finanziate dalla Regione) e sottraendoli alle Asl cui oggi fanno capo. Ricordo in proposito che i consultori vennero introdotti per legge nel 1975 da un governo di centrosinistra, presieduto da Aldo Moro, al culmine della stagione delle riforme (diritto di famiglia, aborto, divorzio, sanità). La loro caratteristica è consistita nel fornire in primo luogo alle donne un unico servizio socio-sanitario ad accesso libero e gratuito per la assistenza nella preparazione alla maternità, alla tutela della salute della donna in fase di concepimento, alla informazione, promozione e assistenza sul tema della gravidanza, della sterilità, dei metodi d’intervento e di aiuto nelle procedure per l’adozione e l’affidamento, ecc. È falso, quindi, quanto sostiene oggi la maggioranza di destra che si occupino solo di aborto (dai dati dell’Asp del Lazio risulta che nel 2009 5500 donne si sono rivolte ai consultori per consulenze pre-concepimento e 10790 hanno partecipato ai corsi pre-parto).
La legge controriformista mira invece ad imporre all’universo mondo i dettami del fondamentalismo ecclesiastico. La libera decisione della singola donna è cancellata e al centro della nuova legge campeggia «la dimensione sociale della famiglia fondata sul matrimonio». Donne singole e coppie di fatto sarebbero quindi fuori dal nuovo ordinamento regionale. I consultori, in buona parte non più organi pubblici, dipenderebbero dalle associazioni familiari e dalle organizzazioni senza scopo di lucro che «promuovono la stabilità familiare e la cultura familiare». Una torsione ideologica anticostituzionale che non solo privatizza il servizio ma esclude qualsiasi apporto del volontariato laico. Non manca, inoltre, la legittimazione del «figlio concepito quale membro della famiglia», una definizione dell’embrione che oltrepassa quella dei vescovi.
Si impone anche la presenza negli organi di direzione di un esperto di bio-etica e di un «mediatore familiare» (figure professionali mai istituite e, peraltro, «inappropriate» come recita una nota in proposito del Servizio legislativo del Consiglio regionale che, inoltre, avverte come molte norme della legge prestino il fianco «a possibili censure di costituzionalità».) Basti ricordare l’introduzione di un incentivo di 500 euro per i primi 5 anni di vita del nascituro promessi alle donne a basso reddito che rinuncino alla decisione di abortire, una voce che graverebbe per 100 milioni di euro annui senza copertura, destinati a crescere perché di fronte a una simile offerta ogni donna gravida fingerebbe di voler abortire. Moralmente la cosa peggiore è, però, il doppio percorso, una «lapidazione psicologica della donna», come ha scritto Giulia Rodano (Idv) attraverso la quale in violazione della legge 194 si vuole imporre ad opera dei bioetici dei neo-consultori un trattamento persecutorio per dissuaderla dall’abortire, accompagnato dall’obbligo se non accondiscendesse alla «difesa della famiglia», a firmare una specie di «consenso informato» con la confessione del rifiuto all’aiuto prestato dal consultorio.
Credo che neanche nella Spagna cattofranchista si fosse giunti a questo punto.
venerdì 24 settembre 2010
Proposta di Olimpia Tarzia “fratello embrione” sul rinnovamento dei consultori familiari
Si comincia bene con il primo articolo di questa proposta di legge oscena e pericolosa. Seguirà, se non mi coglie un malore, un commento più puntuale al riguardo.
(Qui il blog della consulta consultori Roma).
mercoledì 14 novembre 2007
Consultori familiari: meglio tacere
In un articolo di ieri (Consultori familiari. Urgente pronunciarsi, Avvenire) Giuseppe Della Torre ci illumina sui consultori familiari, e su molte altre questioni.
Agli inizi degli anni Settanta, quando la crisi della famiglia cominciava a manifestarsi in maniera preoccupante anche da noi e il divorzio, per la prima volta nella storia d’Italia, era entrato nell’ordinamento giuridico, il legislatore ritenne di dover intervenire con importanti provvedimenti. Si trattava in sostanza di attuare pienamente le disposizioni costituzionali su matrimonio e famiglia, sia nella prospettiva, più propriamente tuzioristica, di garantire la famiglia fondata sul matrimonio nei diritti inalienabili e naturali che sono suoi propri, sia nella prospettiva, più chiaramente promozionale, di favorire la costituzione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi. Videro così la luce nello stesso anno, il 1975, sia la legge di riforma del diritto di famiglia, che novellò il codice civile del 1942, sia la legge che istituiva i consultori familiari.A sentire lui, “famiglia” sarebbe un modello unico e universale (nonché assoluto e immodificabile), e sarebbe quello che dicono i cattolici (notoriamente rappresentanti di tutte le culture e di tutte i momenti storici). Da notare poi come l’accento sul divorzio sia messo per farci sentire in colpa, noi, dissolutori di famiglie!
Il nostro ha le idee confuse, o quantomeno molto parziali. I consultori non sono nati come cintura di sicurezza del matrimonio. Non parliamo della famiglia prima della riforma del diritto di famiglia: padre padrone cattolico, certo, ma padre padrone con donna, metà angelo del focolare, metà imbecille da cornificare – senza divorziare, si capisce. Perché la famiglia è sacra, ma il sesso è pur sempre una esigenza maschile da soddisfare, mica ci si può reprimere, che fa male sia all’umore che al fisico. L’idea più potente (e purtroppo tradita) dei consultori consiste nello spostamento dalla cura alla prevenzione della salute. I consultori nascono su basi molto complesse e aspiravano ad essere molto più di un certificatificio per andare ad abortire. Purtroppo tagli e disattenzioni politiche (e non solo) hanno contribuito a svuotarli del significato complesso iniziale, rendendoli inadatti e inefficaci nel rispondere (mettici spesso una carenza del personale, una riduzione delle ore, e così via).
L’idea che mosse questi interventi riformatori, in gran parte condivisa trasversalmente tra le varie forze politiche, fu di rafforzare l’istituzione familiare con una normativa più moderna, per rispondere alle nuove sfide poste dall’evoluzione sociale, nonché di sostenerla nei diversi momenti e nelle differenti vicissitudini che in concreto può incontrare. Insomma: riforma del diritto di famiglia e legge sui consultori familiari furono pensate insieme per stare insieme, in una visione che guardava al futuro. Due leggi non perfette, come spesso accade nelle cose umane, e tuttavia animate delle migliori intenzioni e con elementi certamente apprezzabili.Insieme chi? Ho un vago ricordo (me lo raccontava mia nonna, non vanto ricordi solidamente fondati) che ci fu qualche referendum in quegli anni, e se ben ricordo due posizioni si scontravano (mi sembra una per il “sì” e una per il “no”). Insieme? Per stare insieme?
Dopo una sdolcinata e falsa descrizione della famigliola nostrana, resistente a molte traversie, Giuseppe Della Torre si avvia verso la conclusione, vibrante di indignazione e carica di speranze:
In questo contesto, diciamolo francamente, le attese sollevate dalla legge del 1975 sui consultori familiari sono state sostanzialmente deluse. Se si tolgono le solite lodevoli eccezioni, e fra queste sono senz’altro i consultori di ispirazione cristiana, la funzione consultoriale si è banalizzata e ridotta ad una sanitarizzazione; i consultori si sono ridotti a luoghi per l’aborto e per la contraccezione, tra l’altro con le conseguenze in termini di squilibrio demografico che oggi vengono drammaticamente emergendo. La funzione di formazione dei giovani al matrimonio, la consulenza nelle difficoltà di coppia, l’opera di mediazione per la prevenzione di separazioni e divorzi, la salvaguardia della vita nascente, il sostegno ai nuclei familiari con persone in difficoltà, la consulenza psicologica e pedagogica: tutto ciò è in buona parte mancato. Non sarebbe ora di riaprire la discussione sul tema?Certo, i consultori cristiani. O quelli piantonati dal MPV. Quelli in cui ti dicono che abortire ti fa venire il cancro all’utero, o che prendere la pillola riduce drasticamente la fertilità. Un gran contributo, nell’ottica che ciò che non ti ammazza ti fortifica.
La situazione dei consultori familiari è penosa, ma di certo non per le ragioni invocate da Della Torre. E soprattutto, prima di invocare discussioni (con l’intento di modificare la legge, e chissà come mai ho il presentimento che la direzione non sia quella da me sperata) sarebbe opportuno invocare l’applicazione di una legge esistente, che è ancora una gran legge e che costituisce ancora oggi un solido riferimento per la libertà di cura e di scelta, che ha segnato un passo importante nella critica del paternalismo (morale e medico).
Postato da Chiara Lalli alle 10:09 4 commenti
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domenica 25 marzo 2007
Consultori familiari: carenza e malfunzionamento
Una indagine sulla presenza e sul funzionamento dei consultori familiari in Puglia ha fatto emergere una realtà sconfortante.
Invece dei 225 previsti in base alla popolazione censita, funzionano solo 158 consultori: e gli altri 67? (Pillola e aborto, mancano 67 consultori, Corriere del Mezzogiorno, 24 marzo 2007.) Inoltre i consultori attivi non sono aperti durante il finesettimana e negli altri giorni sono quasi sempre chiusi nel pomeriggio. Niente male per una struttura che dovrebbe rispondere anche a situazioni di emergenza!
Dai dati forniti dal Ministero della Salute si evince inoltre che solo il 10% delle donne incinte in Puglia si rivolge ai consultori. Di queste, una su dieci è minorenne.
Tanto per rinfrescare la memoria.
I consultori vengono istituiti nel 1975 (legge 405, 22 luglio).
I consultori familiari si pongono come modello sanitario attento alla prevenzione piuttosto che esclusivamente alla cura e alla risoluzione di problemi già manifesti.
La prevenzione non può non tener conto della persona nel suo complesso, non più ridotta al numero di una cartella clinica o alla patologia di cui soffre. La prevenzione accoglie una visione multidisciplinare e impone una revisione dei concetti di malattia, sofferenza e salute (intesa, appunto, non solo come assenza di una patologia specifica, ma come stato generale della persona).
Le aree di intervento e di azione dei consultori familiari sono molto più vaste rispetto alla percezione diffusa di distributori di certificati per abortire, e comprendono la nascita (consulenza preconcezionale, fisiologica, genetica; informazioni e assistenza alla gravidanza; corsi preparatori; offerta di visite domiciliari nei primi 1-2 mesi dalla nascita; assistenza pediatrica domiciliare per la prima settimana e così via); l’età adolescenziale (informazione sessuale; incontri nelle scuole); prevenzione dei tumori femminili (offerta del Pap-Test o addestramento all’autopalpazione del seno); Interruzione Volontaria di Gravidanza e disagio familiare (valutazione dell’evasione vaccinale o di evasione scolastica).
Le ragioni della condizione attuale dei consultori familiari sono molteplici e complesse. Tra questi senza dubbio si possono elencare: la mancanza di un piano sanitario nazionale; la mancanza di obiettivi operativi misurabili e l’aleatorietà delle risorse assegnate; la sostanziale disomogeneità dei modelli operativi indicati dalle leggi regionali; la non idoneità delle sedi e la non completezza delle figure professionali previste.
C’è una speranza di miglioramento?
lunedì 27 novembre 2006
Volontari del Movimento per la Vita entrano alla Mangiagalli di Milano
“Il Centro di aiuto alla vita sarà ospitato all’interno del reparto di interruzione volontaria della gravidanza della clinica Mangiagalli di Milano e tutti i medici del reparto, prima di eseguire l’intervento, suggeriranno alle donne di incontrare gli operatori del Cav per tentare di rimuovere le cause dell’aborto”. È l’annuncio dato nei giorni scorsi, in occasione del XXVI Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita (CAV) svolto a Bari, da Giorgio Pardi, primario della “Mangiagalli” di Milano, la prima clinica ad effettuare aborti in Italia e quella dove se ne praticano di più ogni anno. L’annuncio rappresenta un risultato dell’impegno da parte del Movimento per la vita (Mpv) per trovare – come ha detto il suo presidente Carlo Casini – “possibilità vecchie e nuove di collaborazione tra istituzioni e società civile nella difesa del diritto alla vita e, in particolare, la presenza dei volontari pro life nei consultori familiari”. L’accordo di Milano non è il primo del genere in Italia e – secondo Casini – dovrebbe far riflettere sulla riforma della legge che regola i consultori per tentare di rendere pienamente libera la donna di non abortire”.Aborto: i volontari Pro Life alla Clinica “Mangiagalli” di Milano, Servizio di Informazione Religiosa, 27 novembre 2006.
Tentare di rimuovere le cause dell’aborto partendo dalle seguenti premesse (da parte del Movimento per la Vita): “molte donne ricorrono all’aborto per motivi di solitudine, di incomprensioni parentali e di povertà” e che “la vita è un dono irrepetibile di Dio, che ogni concepito è unico e fratello di Cristo ed è destinato all’eterna visione di Dio, e che, quindi, l’aborto è un crimine che ammorba l’intera società”.
Mi è oscuro il passaggio che la riforma (quella del Movimento per la Vita) della legge che regola i consultori familiari renderebbe pienamente libera la donna di non abortire.
Renderebbe la donna pienamente libera (punto). Perché solo di non abortire? Anche libera di abortire.
No, certo che no. Perché l’aborto è una forma di costrizione (determinata dalle condizioni economiche o dalla paura o dall’egoismo), e basta rimuovere gli impedimenti materiali con una chiacchierata e qualche dollaro e il problema è risolto.
Postato da Chiara Lalli alle 19:13 0 commenti
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mercoledì 1 febbraio 2006
Le mani sui consultori
L'indagine conoscitiva sulla 194 è un lupo mascherato da pecora (Assalto alla 194, doppio agguato della destra su l'Unità di oggi).
I buoni propositi sono pretestuosi. La Casa delle Libertà caldeggia una nuova normativa a sostegno della presenza delle associazioni di volontariato nei consultori pubblici, come "ausilio nell'ambito della rete dei servizi a tutela della maternità responsabile".
Il presidente della Commissione affari sociali Giuseppe Palumbo giustifica l'attenzione dedicata ai consultori con le seguenti parole: "il buco nero rimane quello della prevenzione e dell'aiuto alle donne che eventualmente non vogliono interrompere la gravidanza".
Nella stesura finale dell'indagine conoscitiva ha preso corpo l'ipotesi della presenza nei consultori degli obiettori di coscienza per dissuadere dall’aborto. Come ha chiesto la Lega "affinché le donne abbiano una informazione a 360 gradi e più assistenza nei sette giorni di riflessione previsti".
Scoraggiare dall'abortire sembra essere il vero intento della manovra.