“La verità è che non si è omosessuali, ma eterosessuali latenti. Far uscire la nostra vera identità maschile è possibile: noi ci siamo riusciti e siamo qui per tenderti una mano!”.
Questa e altre chicche si possono leggere sul sito che presenta l’imminente convegno di Joseph Nicolosi a Brescia il 21 e 22 maggio.
Nicolosi è uno dei padri della terapia riparativa, ovvero quella che ripara dalla omosessualità. Meglio sarebbe chiamarla ideologia riparativa, perché è difficile definire terapia qualcosa che ha la presunzione di “curare” ciò che non è intrinsecamente una malattia - proprio come sarebbe incongruo riparare ciò che non è rotto. Gli orientamenti e le preferenze sessuali costituiscono un dominio fluido ed eterogeneo e l’eterosessualità non è il golden standard cui ispirarsi o, peggio, l’unico modo sano e giusto di amare e fare l’amore.
L’ideologia riparativa è un inganno crudele e pericoloso, in cui purtroppo si può inciampare per varie ragioni: informazioni sbagliate, paura, pregiudizi (è ancora molto diffusa l’idea che l’omosessualità sia una patologia o una perversione, un difetto nello sviluppo sessuale e affettivo). Ragioni che portano a formulare una domanda di aiuto che riceve la risposta più sbagliata.
Meglio quindi conoscere i riparatori e lasciarli alle loro farneticazioni. Tra i rappresentati italiani presenti al convegno ci sono Chiara Atzori, Roberto Marchesini e Giancarlo Ricci.
Dnews, 14 maggio 2010.
venerdì 14 maggio 2010
La terapia riparativa? Un inganno
Postato da Chiara Lalli alle 08:36 10 commenti
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venerdì 10 ottobre 2008
Non solo so’ froci: portano pure le malattie!
Chiara Atzori è infettivologa presso l’Ospedale Sacco di Milano ed è una fanatica sostenitrice della terapia riparativa (l’omosessualità è una patologia e va curata o, meglio, riparata). Ma siccome non basta più definire gli omosessuali come malati, da riparare, da redimere, si è dedicata al “dagli all’untore”. Gaynews ha trascritto l’intervista che l’infettivologa ha rilasciato a Radio Maria (se non doveste farcela ad ascoltarla, potreste leggerla a puntate). L’unico dubbio che ho nello scrivere su questa incresciosa vicenda è quella di contribuire a dare spazio a qualcuno che non merita nemmeno una risposta, ma solo uno schifato silenzio. Una paura che potrebbe somigliare a quella di un derattizzatore se usasse una gabbia per leoni. Qualcosa del genere.
Continua su Giornalettismo.
Postato da Chiara Lalli alle 16:04 0 commenti
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venerdì 4 aprile 2008
Intervista a Tonino Cantelmi
A proposito di Omosessualità, Credenze Religiose, Modello Gay e Psicoterapia
Intervista a Tonino Cantelmi
(Psichiatra; Presidente della Associazione degli Psicologi e Psichiatri Cattolici)
Ha senso impostare una terapia specifica per persone omosessuali e in cosa consisterebbe la sua specificità?
Credo che non abbia nessun senso. Non esistono terapie specifiche per gli omosessuali, per eterosessuali o bisessuali.
Esistono dei pazienti, esistono delle domande di terapia, esistono delle attività del terapeuta che deve decodificare questa domanda, esiste una sofferenza, ed esiste la possibilità di aiutare questa sofferenza tenendo conto, ovviamente, e per me è il dato più importante, del codice valoriale dei pazienti. È su questo che secondo me occorre aprire il dibattito.
Cosa pensi delle teorie di Joseph Nicolosi (del Narth, o di organizzazioni che a queste si ispirano come Obiettivo Chaire) e della sua proposta di terapia riparativa?
Il termine “riparativa” ha una lunghissima tradizione in ambito psicoanalitico, (c’è una grossa letteratura sul termine “riparativo”), però sento il termine “riparativo” come il termine “affermativo” di per sé ideologici.
Esistono dei modelli di psicoterapia che sono convalidati, che sono molto pochi, come per esempio le terapie cognitive o quelle interpersonali. Sarebbe interessante che l’Ordine degli Psicologi affrontasse in maniera forte e scientifica il concetto di validazione della psicoterapia. Credo che pochissimi approcci psicoterapeutici abbiano una sufficiente validazione. Non esiste una psicoterapia né affermativa né riparativa, esiste la psicoterapia, la domanda di psicoterapia, il lavoro del terapeuta, la sofferenza del paziente. Le sento così ideologiche così lontane, così antiche. Anche così noiose.
Al di là del giudizio sul termine “riparativa”, come ti poni rispetto a Nicolosi?
Nicolosi è uno psicoanalista, e sviluppa il suo lavoro all’interno della psicoanalisi. Pubblica con molta onestà quello che lui fa; lo dice con chiarezza. Negli Stati Uniti ci sono stati lunghi dibattiti. Oggi è un interlocutore molto riconosciuto; io sento due differenze rispetto alla sua posizione.
Intanto l’approccio psicoanalitico, essendo io cognitivista. E poi credo che lui soffra di alcuni aspetti della americanizzazione della psicopatologia, quindi di una sorta di semplificazione, di una causalità molto semplificata. Probabilmente in Italia sono arrivati i lavori più divulgativi, quindi forse abbiamo avuto un accesso ridotto; sostanzialmente lo sento molto debole come contributo. Di cui tener conto, ma debole, sia come impostazione psicopatologica, che come trattamento psicoterapeutico. Però ne capisco alcuni aspetti: la tradizione psicoanalitica ha molto lavorato sul concetto di “riparativo” e lui probabilmente risponde a questa tradizione.
[...]
Sei presidente della Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici (AIPPC). Che senso ha definire la psichiatria “cattolica”? Che differenza ci sarebbe tra uno psichiatra cattolico e uno psichiatra ateo (o appartenente ad altre religioni: indù o buddista)? C’è incompatibilità di cura? Se la psichiatria è scienza (è una o tende ad essere una – la fisica cattolica sarebbe una disciplina ben strana...) come si concilia con una connotazione religiosa (che è più di una, oppure esiste una sola Religione)?
Nessuna differenza. Non esiste né una psichiatria cattolica, né una psicologia cattolica, né una psicoterapia cattolica. Lo abbiamo affermato scritto e pubblicato. Come al solito le persone che non hanno voglia di leggere e approfondire banalizzano in questo modo. Esistono gli psichiatri cattolici, ma non esiste una psichiatria cattolica. La psichiatria è quella che è. È una scienza con i propri statuti, con una propria epistemologia, un proprio dibattito interno.
Non è allora superfluo definire cattolico uno psichiatra? Usando le parole di Leonardo Ancona (Cattolici e psiche. Polemiche. Parla lo Psichiatra Leonardo Ancona, “la Repubblica R2”, 14 gennaio 2008): “Perché qualificare degli operatori psicologici o psichiatrici come cattolici?”. E, a proposito di valori religiosi (non solo cattolici): “Se si rispetta l’inconscio, la verità viene sempre fuori”. Ancona afferma di essere stato sempre laico come terapeuta.
L’Associazione è nata con un obiettivo ben preciso che è quello di contribuire al dibattito tra scienze, in questo caso tra due scienze: la teologia (che è una scienza, non è la fede), la teologia è una scienza con un proprio statuto epistemologico molto preciso, e la psicologia. Dopo il Concilio Vaticano II nella Chiesa cattolica si è sviluppato un dibattito tra scienze, e l’Associazione è nata con l’obiettivo di favorire questo dibattito, un dibattito che vanta qualcosa come circa 70-80mila pubblicazioni, quindi un dibattito serio. Che non ci azzecca con tutto il discorso banalizzante di una psichiatria cattolica. Io sono contro ogni sincretismo. Uno degli obiettivi dell’Associazione è anche di fermare i sincretismi nascenti, persone che mettono insieme in modo sbagliato dimensioni che sono assolutamente distinte. Allora noi abbiamo criticato duramente quella che è stata chiamata la Cristoterapia, che è una psicoterapia che invece autodefinisce cristiana. Noi sentiamo che non è corretto. Sosteniamo che ogni scienza abbia il proprio statuto epistemologico, ma immaginiamo un dibattito tra scienze diverse. Per esempio, tra psicologia, antropologia, antropologia filosofica, e teologia. La teologia è la scienza più antica, una delle scienze più antiche, con aspetti epistemologici molto interessanti. Questo è l’obiettivo dell’Associazione, non fornire una psicoterapia cattolica. Rimango stupito che questo non si capisca al volo!
Ancona è uno psichiatra di grande intelligenza e di grandi capacità, ma anche lui cade nel tranello della giornalista (Luciana Sica, ndr) che gli fa delle domande piuttosto inappropriate. Ci ho parlato e mi ha detto: “io ho fatto una intervista telefonica, quindi non potendo specificare bene, non si è capito tutto benissimo”.
Continua.
(AltraPsicologia, 3 aprile 2008).
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giovedì 22 marzo 2007
L’effetto della cura Nicolosi
Daw, in collaborazione con Andreas Martini, ha sottotitolato in italiano il video che reca la testimonianza toccante di Daniel Gonzales, ex paziente di Joseph Nicolosi, il medico che pretende di «curare» l’omosessualità («Paziente di Nicolosi: la terapia per curare i gay non funziona», 21 marzo 2007).
Daniel, gay, è cresciuto in un ambiente religioso e ha sempre avuto una fede molto forte. Scoprirsi omosessuale non è stato facile, tanto da arrivare «innumerevoli volte» a pregare Dio per «farmi diventare eterosessuale». Poi arriva Nicolosi e la sua terapia. Daniel spende migliaia di dollari per guarire dall’omosessualità. Migliaia di dollari, a dimostrazione che dietro tutto questo c’è anche un business non indifferente. Spiega Daniel: «la terapia ex-gay è solo un tentativo elaborato di convincerti che le attrazioni omosessuali sono qualcos’altro rispetto a ciò che sono in realtà, che hanno altri significati». Questi gruppi «realmente vogliono avvicinare le persone a Dio e ovviamente farle diventare eterosessuali». Solo che poi accade l’esatto contrario. La terapia non funziona, e uno si allontana da Dio: «Ma la cosa più tragica è stata la perdita della fede». Questo è l’unico risultato di Nicolosi: un credente, molto religioso, omosessuale, che perde la fede. È Daniel a definirla una «tragedia». Noi ci crediamo.