sabato 31 marzo 2007

I 6 punti di Javier Lozano Barragán sul testamento biologico

Sul convegno che si è svolto il 29 e 30 marzo promosso dalla Commissione Sanità del Senato (“Testamento Biologico: le dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari”) ci sarebbe molto da dire.
Per ora mi limito a riportare integralmente l’intervento di Javier Lozano Barragán.
Molto interessante, e molto inutile (sia in assoluto che rispetto alla utilità di un testamento biologico redatto secondo i 6 punti del cardinale). Chi volesse ascoltare la sua voce: Radio Radicale. I corsivi sono miei.

Parlare adeguatamente del Testamento Biologico suppone il riferimento ad un’Antropologia olistica. Secondo la visione che si ha dell’uomo, cosi risulterà la posizione che si adotta su questo testamento. I punti fondamentali sono: la vita, la sofferenza e la morte. La vita umana è inviolabile, giacché essa possiede il suo valore che corrisponde alla dignità della persona umana. Non si deve confondere la vita con la qualità di vita, questa si aggiunge alla vita, ma non aumenta la sua dignità fondamentale. Per il cristiano la vita è un dono di Dio, del quale noi siamo amministratori, non padroni. La morte è la maturità della vita. È il compimento di una tappa molto importante, ma transitoria; è l’inizio della vera vita, è il giorno della nascita all’autentica vita. Da questa tappa della vita dipende la sorte finale di ciascuno, è aperta al merito o al demerito e solo Dio fissa il suo termine. Il dolore ha una sua utilità perché è sintomo di una patologia e serve per la diagnosi e la terapia; tuttavia lo si deve alleviare, sull’esempio del Buon Samaritano. Ma, in ogni caso, la sofferenza sussiste giacché appartiene al corteo della morte. La sofferenza, se unita a quella di Cristo, ci associa a Cristo che ci redime con la sua passione, morte e risurrezione. Associarci così a Cristo nel dolore non ci dà il benessere, ma la felicità. La sofferenza ed il dolore, la morte, chiusi in se stessi sono un assurdo, ma quando, per l’amore divino, trascendono il tempo e lo spazio, Cristo ci assume nella sua sofferenza ed essi acquistano un senso positivo e pieno. In virtù di questo amore, appartengono alla vera qualità della vita.

È in questo contesto che il Testamento Biologico deve essere l’espressione della volontà personale di disporre come si desidera essere assistiti negli ultimi momenti dell’esistenza.

Il Testamento Biologico è entrato nella cultura attuale nel contesto della cosiddetta “Autonomia del Paziente”. Si dice che ponga fine al “paternalismo medico”, giacché non sarebbe più il medico, ma il paziente a determinare la cura che dovrebbe ricevere alla fine della vita, beninteso con il consenso pienamente informato del testante, allontanando così qualsiasi tentativo di eutanasia sociale. Alcuni però pensano che il suddetto testamento sia piuttosto un modo di camuffare, una maniera di abbreviare la vita dei pazienti terminali, un modo di limitare il potere attuale della medicina, che è in grado di allungare quasi indefinitamente e inutilmente la vita dei morenti, con il costo sociale ed economico che questo comporterebbe per un soggetto non più produttivo.

Per riflettere con proprietà sul Testamento terapeutico, si deve tener conto di alcuni punti nodali che devono essere esposti chiaramente.

Il primo è l’eutanasia. L’eutanasia è ogni azione od omissione diretta a sopprimere la vita di un malato terminale con il proposito di eliminare il dolore.

Altro punto sarebbe l’Accanimento terapeutico. L’Accanimento terapeutico consiste nell’ostinazione dell’uso di terapie inutili o sproporzionate che non portano alcun beneficio al paziente, ma servono soltanto a prolungare una dolorosa agonia. L’idratazione e la nutrizione in se stesse non appartengono all’accanimento terapeutico.

Molto importanti ed in correlazione con il Testamento Biologico sono le Cure Palliative per i malati terminali. Esse consistono in terapie che non guariscono, ma leniscono il loro dolore. Mitigano il dolore. Le Cure Palliative sono di grande rilevanza, giacché restituiscono all’uomo quel minimo di serenità indispensabile per affrontare il momento più importante della vita, che è la morte. Facilitano una morte degna e cosciente, eliminando quell’eventuale dolore che non permette lo stato psicologico e spirituale adeguato per poter oltrepassare la soglia verso la pienezza della vita.

Sul quesito della liceità morale del Testamento Biologico, come prima risposta si potrebbe affermare che un Testamento Biologico che sollecitasse l’eutanasia non sarebbe lecito. Tuttavia un Testamento Biologico che, accettando le Cure Palliative, rinunciasse all’accanimento terapeutico, sarebbe lecito.

Per approfondire il senso di questa risposta mi permetto di aggiungere i seguenti commenti ed alcune precisazioni:

Un primo punto si riferisce all’idratazione e nutrizione del paziente terminale. Questi interventi non possono in se stessi costituire un accanimento terapeutico, perché non sono terapie, ma il modo ordinario di soddisfare i bisogni del paziente che non è in grado di aver cura di sé.

Un altro punto riguarda il fondamento del Testamento Biologico, cioè l’autonomia del paziente in opposizione al paternalismo medico. Alcuni affermano che il paziente, per poter procedere prudentemente alla stesura di questo testamento, dovrebbe tener conto dell’informazione fornita dal medico curante; dunque l’autonomia sembra una finzione. Altri pensano che il Testamento Biologico sia inutile e sostengono che sarebbe molto meglio fare opera di sensibilizzazione presso i medici affinché, con il consenso informato del paziente, evitino l’accanimento terapeutico, ricorrano di più alle Cure Palliative ed escludano qualsiasi prassi eutanasica.

Si parla anche della necessità di flessibilità in questo strumento giuridico. Nel caso in cui venisse accettato il suddetto testamento, questi dovrebbe essere molto flessibile. Cioè, non dovrebbe essere redatto una volta per sempre, tanto più che viene scritto in circostanze diverse dalla sua applicazione: lo stato d’animo del testante, quando gode di buona salute, non è lo stesso di quando si trova con una grave malattia.

Un punto importante è quello del fiduciario del Testamento. Il fiduciario deve interpretare fedelmente la volontà del testante. La domanda che si pone è: chi dovrebbe essere questo fiduciario? Come si può essere certi che, in un caso concreto, il fiduciario non metta in atto interessi avversi al testante, aprendo la porta all’eutanasia?

Ritornando ancora sull’Accanimento terapeutico ed il suddetto Testamento, bisogna ribadire che, in qualsiasi circostanza, si deve evitare l’accanimento terapeutico. Dobbiamo osservare che un elemento essenziale dell’accanimento è l’inutilità, o sproporzionalità delle terapie. Ma si deve tener presente che, dato il progresso continuo della medicina, alcune terapie che si pensavano inutili e sproporzionate quando è stato redatto il Testamento Biologico, alla sua applicazione forse non lo saranno più. Inoltre, è molto difficile stabilire la sproporzionalità delle terapie, giacché si devono prendere in considerazione molti elementi, come la proporzione rischio-beneficio, nel contesto economico, familiare, sociale e di politica sanitaria, nel quale si trova il paziente, ecc.

Per concludere, prendendo in considerazione quanto detto, possiamo sintetizzare i seguenti punti, affermando che si potrebbe sostenere la liceità del Testamento Biologico:

1. Se questo si unisse mediante un consenso informato alla decisione del medico curante di evitare sempre l’eutanasia e di rinunciare all’accanimento terapeutico. Così anche il paziente prenderebbe nelle proprie mani gli ultimi momenti dell’esistenza.

2. Se si tenesse conto dell’evoluzione e del progresso della medicina per l’efficacia delle cure e dell’eventuale cambiamento delle circostanze economiche, sociali, familiari e di politica sanitaria riguardo al mutamento della sproporzionalità delle terapie.

3. Se fosse flessibile, in maniera da poter essere modificato con il cambiare dello stato di salute fisica e psicologica del paziente gravemente malato.

4. Se includesse sempre l’utilizzo delle Cure Palliative disponibili.

5. Se si trovasse un vero fiduciario che intervenisse soltanto nel caso d’incoscienza del malato terminale, con la certezza morale che tale fiduciario interpretasse fedelmente la volontà del testante, evitasse l’accanimento terapeutico e non favorisse mai l’eutanasia.

6. Se, per giudicare il caso di un accanimento terapeutico, ci si rimettesse al giudizio del medico o dei medici curanti ed al paziente bene informato, o, in caso d’incoscienza di questi, al consenso della famiglia o dei legittimi rappresentanti del paziente e di un Comitato di Bioetica, se disponibile.

Ringrazio per l’onore che mi è stato concesso di presentarVi i miei punti di vista su questa assai delicata questione del finale della vita umana. Spero di aver sommessamente contribuito al chiarimento dei criteri che abbiamo per gestire gli ultimi momenti della nostra esistenza.
Tante grazie!
Città del Vaticano, 30 marzo 2007

+ Javier Cardinale Lozano Barragán

Nessun commento: