martedì 20 marzo 2007

L’età dell’oro della famiglia (di Eugenia Roccella) e il prezzo della irresponsabilità

Eugenia Roccella (I laici cattolici chiedono di poter parlare, Avvenire, 20 marzo 2007) ci delizia con le sue riflessioni sulla famiglia e sul nostro incauto non accorgerci del disastro che incombe sulle nostre teste.

Ormai è certo: il 12 maggio tutti in piazza San Giovanni, a Roma, a difendere la famiglia. La manifestazione, che avrà come slogan «Più famiglia», sarà la prima, vera risposta a un attacco che si è intensificato negli ultimi mesi ma che è all’opera da tempo, grazie alla diffusione di una cultura che porta alla disgregazione del tessuto sociale e del senso comune, senza proporre concrete alternative.
Dove conduce, infatti, questa cultura? La risposta è che si tratta di conquiste di civiltà, e che l’Italia sarebbe l’unico Paese, in Europa, a non accogliere con entusiasmo norme che si limiterebbero a prendere atto di un mutamento già avvenuto. Ma a un’indagine appena attenta si scopre che nelle altre nazioni europee i danni sono tangibili e non facili da riparare: l’aumento delle unioni di fatto corrisponde regolarmente a un’alta percentuale di separazioni, a una crescita delle madri sole, all’eclissi o alla transitorietà della funzione paterna, all’impoverimento femminile, a un calo delle opportunità per i figli, e talvolta, come è stato messo in evidenza nel caso inglese, a un drammatico incremento della violenza e del disagio giovanile.
Quale sarebbe questa indagine appena attenta? Quali sono le fonti? Strano fenomeno, poi, “la crescita delle madri sole” (sarà che la solitudine facilita la crescita??!). Questa visione ingenua e paternalistica sarebbe comica se non fosse che molti la prendono terribilmente sul serio. E peggio, pretendono di spacciarla per la verità cui ognuno di noi dovrebbe piegarsi.

E ancora ci tocca leggere dell’assurda identificazione tra la scelta di una convivenza diversa dal matrimonio e il rifiuto dei doveri. Per favore, un po’ di pietà per le nostre orecchie. O forse soltanto un po’ di fantasia, inventatene una diversa, almeno per cambiare. Ho tanto l’impressione di ascoltare mia nonna, non ai tempi gloriosi però, ahimé, ma negli ultimi anni quando una malattia devastante quale l’Alzheimer l’aveva ridotta a ripetere frasi sconnesse ossessivamente e senza capirne il senso (perché di senso ce n’era ben poco).
Mentre il matrimonio è fortemente impostato sui doveri, per tutelare il più possibile i soggetti deboli, le nuove forme di convivenza sarebbero centrate sui diritti, e produrrebbero uno squilibrio oggettivo. Potendo scegliere tra una formula con poche responsabilità e una che ne comporta molte di più, quanti opterebbero per quella più impegnativa? E quali costi umani e sociali dovrebbe pagare, allora, l’intera società?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un cartello di associazioni omosessuali e delle famiglie di fatto (Agedo-associazione genitori di omosessuali, Arcigay, Arcilesbica, Famiglie arcobaleno e Liff-Lega italiana famiglie di fatto) ha annunciato la propria adesione alla manifestazione cattolica del 12 maggio: “Anche noi parteciperemo alla manifestazione del 12 maggio per le famiglie, perche’ anche le nostre sono famiglie italiane”. […] E aggiungono: “Chiediamo il rispetto della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea che stabilisce in modo distinto il diritto a sposarsi e il diritto a costituire una famiglia, anche fuori del matrimonio”.(fonte: Gaynews).

I cattolici vorrebbero il monopolio della famiglia, della definizione del termine di famiglia, della difesa del concetto di famiglia.
Ma, semplicemente, non lo hanno.