Concentrandomi su una (presunta) obiezione usata spesso, e con l’illusione della apoditticità, mi venivano in mente un paio di domande, o di eccezioni chiamiamole così.
La (presunta) obiezione ha a che fare con l’attualità e la validità di una volontà passata. Prende due forme.
La prima nel caso di un paziente cosciente (si pensi a Piergiorgio Welby): si dice che il paziente in quelle condizioni non può esprimere una vera volontà perché è oppresso dalla malattia e dalla morte.
La seconda nel caso di un paziente incosciente (si pensi ad Eluana Englaro): si dice che il paziente in quelle condizioni non avrebbe espresso la stessa volontà perché allora era sano, oggi è malato.
Abbiamo provato a fornire varie risposte alle suddette obiezioni, ma è difficile ragionare con chi non ne ha voglia e si rischia di farsi venire il mal di stomaco e di sembrare più irragionevoli di chi non vuole ragionare.
Stamattina pensavo a due casi che potrebbero essere scomodi per chi abbraccia quelle obiezioni lì.
Il primo riguarda la validità delle conversioni al cattolicesimo in punto di morte: si potrebbe domandare loro perché vale abbracciare la loro religione (in punto di morte, magari per una malattia, ma comunque pur sempre in punto di morte quindi non in condizioni ideali) e non esprimere una volontà su altre questioni. Se si è abbastanza in grado di intendere e di volere per convertirsi, non si è altrettanto in grado di rifiutare un respiratore o una terapia farmacologica? Perché nel primo caso la libertà di scelta vale, e nel secondo no?
Il secondo riguarda la validità di una volontà espressa in stato di coscienza e considerata ancora valida quando quella coscienza non c’è più: chi ricorda il caso di Lorenzo D’Auria, agente del Sismi sposato in articulo mortis? (Ovvero ritenendo valida una volontà pregressa, impossibile da attualizzare perché D’Auria era in coma quando è stato celebrato il matrimonio?). Come mai in quel caso si è considerato valido il suo modo di vivere, ciò che aveva detto (e nemmeno lasciato per iscritto) per celebrare un matrimonio?
Qualcuno sa rispondere?
domenica 16 novembre 2008
Riflessioni su alcune amabili contraddizioni (o del gioco delle tre carte)
Postato da Chiara Lalli alle 11:16
Etichette: Articulo mortis, Eluana Englaro, Libertà individuale, Lorenzo D'Auria, Piergiorgio Welby
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21 commenti:
Per la Chiesa, se la volontà che uno esprime o ha espresso è conforme al magistero, la persona è o era in grado di intendere e di volere e non può aver cambiato idea. Se invece la volontà si discosta da quella della Chiesa, allora necessariamente deve essere perché una persona non era in grado di ragionare, oppure avrebbe sicuramente cambiato poi idea. In parole povere, quello che conta non è la consapevolezza di ciò che si decide, bensì il contenuto: se la tua volontà è conforme al magistero della Chiesa va bene, altrimenti no.
1) cara, mi pare ovvio: quello che vale per la chiesa non fa legislazione per lo Stato italiano. A noi piace prendere la gente anche in punto di morte, perché possiamo spacciarla per una nostra vittoria al 90esimo. Ma questo che c'entra con le volontà del testamento biologico?
2) E' vero, quella volta del matrimonio abbiamo sbagliato, ma era per far felice una povera donna. Però, non accadrà più. Contenta?
@cardinal ruini (strepitoso il nick), punto 2) -> eh no, mica tanto, se nella vita dobbiamo tutti soffrire per godere di + nel regno dei cieli, in realtà a farla felice le avete fatto un dispetto. E neanche piccolo, visto che ne va dell'eternità. Fossi in voi mi scuserei al più presto.
:P
La mia prima osservazione riguarda il caso del malato cosciente che esprime la volontà di rifiutare una cura. Mi meraviglio che proprio lei non sappia che questo è permesso dalla attuale legislatura in Italia. Se un paziente cosciente, giudicato capace di intendere e di volere, rifiuta una cura, anche una salvavita, è nel pieno e legittimo diritto di farlo. Prova ne sia il caso di qualche anno fa, una donna rifiutò l'asportazione di una gamba in cancrena nonostante sapesse che ne sarebbe morta. Ha rifiutato, è morta. Nessuno l'ha obbligata. Il caso Welby era diverso, c'era già in corso una procedura medica che lo manteneva in vita artificilamente e si chiedeva ai medici non di astenersi ma di interrompere una cura salvavita. Avrebbe dovuto, Welby, rifiutare in principio di essere attaccato al respiratore.
C'è un paziente ammalato di SLA che ha già fatto sapere, finchè cosciente, che non vorrà essere attaccato al respiratore. I medici hanno già detto che lo asseconderanno, non ci sarà accanimento terapeutico.
Il caso del paziente incosciente invece esula da questa casistica, soprattutto, come nel caso di Eluana, quando la sua volontà non è espressa scientemente in un testamento scritto in piena consapevolezza di quello che faceva, ma ricostruita sulla base di frasi buttate lì colloquialmente tra amiche al bar.
Un ultima osservazione sull'ossessione che hanno gli atei nei confronti del magistero della Chiesa Cattolica. I casi citati, dellaconversione in extremis e del matrimonio in articulo mortis fanno parte del magistero della Chiesa Cattolica, non della legislatura dello Stato Italiano.
Mi meraviglio che proprio voi confondiate le cose della fede con quelle della legge laica dello Stato.
AnnaMaria
PS: aggiungo che nei 2 casi da lei citati, così come in tutti gli altri atti del magistero ecclesiale, non viene chiesta la morte di nessuno, come invece si vorrebbe per i terminali disperati.
"Avrebbe dovuto, Welby, rifiutare in principio di essere attaccato al respiratore."
...quindi secondo lei una volta è per sempre in ogni caso? Cioè eluana, da incosciente, può (anzi sicuramente lo ha fatto) cambiare idea, mentre da coscienti, una volta attaccati al respiratore, non si scappa più. Hai voluto la bicicletta, adesso pedala fino alla fine.
Perchè ovviamente quando si è attaccati a una macchina si perde lo status di "paziente cosciente, giudicato capace di intendere e di volere" che è quello che secondo lei è legittimato a rifiutare la cura. Non le sembra un pò ipocrita?
No, non credo che sia ipocrita. Il respiratore è una cura invasiva, i medici spiegano con chiarezza quello che è, a cosa può portare prima di applicarlo. Chi sceglie di attaccarvisi cambia status, passa da malato terminale che può rifiutare una cura invasiva (atto medico lecito) a malato a cui viene somministrata una cura salvavita e non può a quel punto chiedere al medico di interromperla (atto medico non lecito).
Certo, la materia è dolorosa, e penso infatti che l'attuale legislazione non sia più adeguata, abbiamo bisogno di una nuova legge che regoli questi casi, ovviamente pemettendo ai medici di sottrarsi alle procedure di interruzione delle cure con l'obbiezione di coscienza. Chi compie il giuramento di ippocrate (che non è un giuramento religioso sa?) non può essere obbligato per legge a provocare una morte.
Ultima riflessione: anche lei dunque riflette sulla labilità di queste decisioni, sulla facilità con cui si possa cambiare idea su questi temi. Portando in fondo questo pensiero non può non arrivare a riflettere su quanto pesante potrebbe essere un testamento biologico su un paziente incosciente.
AnnaMaria
Si, sono medici (atei) il 90% dei miei familiari, so cos'è il giuramento di Ippocrate. E nessuna legge ha mai obbligato nessuno, mi risulta. Si trova il medico volontario, che risponde alla propria coscienza.
Vorrei poi farle notare che non sempre si "sceglie" di attaccarsi ad un respiratore: esiste la medicina d'urgenza, ci si può ritrovare attaccati senza averlo "chiesto"; nel qual caso, evidentemente (secondo lei), non è legittimo chiedere di essere staccati.
Non considera neanche le malattie degenerative: casi cioè in cui si possa mantenere una certa qualità della vita "attaccati al respiratore" anche per anni, passati i quali subentra solo la sofferenza. Anche in quei casi, si dirà, "peccato, dovevi decidere prima".
In ultimo, ci rifletto, si. E il testamento biologico l'ho firmato (anche se temo varrebbe poco).
La distinzione fra rifiuto delle cure ancora da iniziare e rifiuto delle cure già in corso è risibile. Provi a sequestrare un malato in chemioterapia che ha deciso di interrompere il trattamento a metà per costringerlo a proseguire, e vediamo cosa le succede. Mentre la polizia la porta via può provare a illustrar loro le sue interessanti teorie giuridiche; dica loro che stava esercitando l'obiezione di coscienza, magari si inteneriscono...
Ah, un'altra cosa: quando si parla di Eluana Englaro sarebbe opportuno evitare il refrain delle "amiche al bar". Rivela solo, come un lapsus, il profondo disprezzo che la gente come lei nutre per chi fa una scelta libera. Il profondo disprezzo per quella ragazza, che voi ritenete solo una sciocca superficiale.
..mi sono sempre chiesta come mai proprio i cattolici siano terrorizzati dall'idea della morte che, dal loro punto di vista, non dovrebbe fare altro che avvicinarli a Dio. Qualcuno mi spieghi perchè Eluana sta meglio così piuttosto che "in paradiso"
In pratica, sig.ra AnnaMaria, uno può cambiare idea se vuole essere salvato e la stessa libertà non gli è concessa se non desidera più avvalersi di un trattamento salvavita?
Questa è una sua opinione o ritiene sia lo status legislativo che compromette la libertà di azione del medico, in scienza e coscienza, a fronte di una esplicita richiesta del paziente?
Perché, se vogliamo parlare del ruolo del medico e del suo essere eticamente "sensibile" ai destini di una persona in pericolo di vita, poca differenza fa se non interviene (fatto che in casi diversi sarebbe omissione di soccorso) o se sospende in seguito una terapia: il risultato è lo stesso.
Qui si tratta di stabilire se vogliamo o no che la volontà dell'individuo, sulle sorti della propria vita, la vogliamo rispettare o no, in qualsiasi frangente.
Lei ha intenzione di rispettarla?
Saluti
Marcoz
OT:
Prima Annarosa, ora Annamaria.
Se, allo scopo di lasciare determinate considerazioni, stanno andando in ordine alfabetico, cari Lalli e Regalzi, temo che abbiate imboccato la strada della beatificazione.
Auguri.
Marcoz
Caro Marcoz, penso che staccheremo la spina prima di arrivare alla prossima Anna-. Sempre che non si debba ricorrere in Cassazione, anche per questo... :-)
"Avrebbe dovuto, Welby, rifiutare in principio di essere attaccato al respiratore."
Non so se a lei questo sembra un ragionamento logico e/o civile. In pratica: o scegli subito o dopo sei fottuto, non puoi più tirarti indietro, nemmeno se soffri come un cane, nemmeno se ogni secondo che passa è per te un tormento insostenibile (che è esattamente quello che avviene in moltissimi casi).Il massimo del sadismo e dell'illogicità: oltretutto all'atto della decisione iniziale "informata" non si sa DAVVERO cosa ci aspetta.
No, io sinceramente non credo che lei in cuor suo, al di fuori delle scaramucce dialettiche che pare le piacciano tanto (visto il tempo che dedica ad esse su questo blog), faccia propria un argomentazione così poco nobile.
"Mi meraviglio che proprio voi confondiate le cose della fede con quelle della legge laica dello Stato."
E' una battuta? Signora, la chiesa, i clericali, gli atei devoti non fanno altro (e anche lei, mi permetta). Davvero il bue che dice "cornuto" all'asino.
Qualcuno sa rispondere?
Sì, io! A seconda di quello che fa comodo!
E fin tanto che uno stato molle glielo permette.
Risposta esatta, vero?
E dopo Annarosa, ora AnnaMaria?
..mi sa che sono scappate entrambe, in ogni caso.... magari a cercare l'esorcista!
Io non so mettere link. Sul tema pesante del fatto che opinioni espresse in libere conversazioni da sani possano essere ritenute definitive in caso di malattia reale e vissuta, invito gli interessati a leggere con attenzione tutta la lettera che il padre di Emanuela Lia ha scritto sulle opinioni espresse dalla figlia da sana e le sue posizioni oggi da malata.
Io l'ho trovata sul blog di Salvatore Crisafulli.
AnnaMaria
"invito gli interessati a leggere con attenzione tutta la lettera che il padre di Emanuela Lia ha scritto sulle opinioni espresse dalla figlia da sana e le sue posizioni oggi da malata."
Non l'ho letto, ma posso immaginare che si tratti di una persona che riteneva di non voler essere tenuta in vita in determinate condizioni e che ha poi cambiato idea. Inutile dire che ogni caso fa storia a sé, e che ogni persona può reagire in maniera diversa. Welby, per esempio, è sempre rimasto convinto della propria posizione fino alla fine. Nel caso di Eluana, lei non può esprimere un'opinione, perché si trova in stato vegetativo. L'unica opinione che ha espresso era di non voler essere mantenuta in vita in questo stato. Per il fatto che c'è l'ipotetica possibilità che, se adesso riprendesse per un momento coscienza, cambierebbe idea, bisognerebbe andare contro quella che è la volontà che certamente aveva espresso? Mi sembra ridicolo, e anche molto pericoloso, come ho scritto nel commento ad un altro post. Infatti, se una persona ha affermato di voler essere tenuta attaccata ad una macchina, io potrei dire che c'è la possibilità che, se potesse cambiare idea, deciderebbe di morire, e dunque io potrei staccare la spina.
Come sono bravi, gli integralisti del "dovere di vivere", a trovare gente che soffre e che tuttavia non capisce le diverse sofferenze altrui, prestandosi alle manovre per imporre la volontà unica a tutti gli individui...
qui la lettera di Cesare Lia:
http://statovegetativo.blogspot.com/
Notevole come sia diffusa l'abitudine di raffigurare - esplicitamente o meno - Eluana Englaro come una ragazza "frivola", che parlava di quegli argomenti con leggerezza, perché sono parole che si dicono perché si parla di altri e non di se stessi. Ritengono tutti di conoscere Eluana meglio dei suoi amici e della sua famiglia. Pur senza essere stati presenti, sono tutti convinti che parlasse così, per dar fiato alla bocca. Al contrario di quanto ha accertato il tribunale.
Magar
Per conoscere un po' meglio la vera Eluana consiglio la lettura del Decreto 9 luglio 2008 della Corte di Appello di Milano, Prima Sezione Civile, in cui si ricostruiva la volontà della ragazza. Da quello che si vede e si sente in giro, lo devono aver letto veramente in pochi.
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