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giovedì 21 luglio 2011

Le gemelle siamesi e la decisione impossibile


Alcuni giorni fa sono nate due bambine che hanno un solo cuore e due fegati fusi. Le gemelle siamesi per ora sembrano stabili. I medici stanno cercando di farle aumentare di peso e sperano che non si verifichi alcuna complicazione - in una condizione del genere, anche una lieve infezione potrebbe costituire un enorme pericolo.

PRENDERE TEMPO - Il prendere tempo, però, non risolverà questo vero e proprio rompicapo medico e morale, perché ci si potrebbe trovare a breve a dover eseguire un complicatissimo intervento chirurgico per separarle, nel tentativo di far vivere una delle due. Se già questo scenario si presenta come impossibile, diventa ancora più esplosivo se si aggiunge il dettaglio che si dovrà scegliere quale delle due vivrà - o almeno quale delle due si proverà a far vivere.
È ovvio che le considerazioni cliniche saranno rilevanti: collocazione degli organi, forza, peso e così via. Insomma la valutazione di chi ha la maggiore probabilità di sopravvivere è cruciale. Tuttavia è innegabile che vi sia una forte componente emotiva e morale in un intervento del genere. Come si fa a decidere di far morire una delle gemelle?

IGNAZIO MARINO NON INTERVERREBBE - Il commento di Ignazio Marino appare di primo acchito condivisibile e razionale. Marino dichiara: “Personalmente credo che non me la sentirei ad intervenire chirurgicamente, già sapendo che una bambina sarebbe sacrificata”.
Invece rischia di essere una scelta irrazionale e moralmente dubbia. L’elemento che sembra scomparire dallo scenario in cui ci domandiamo cosa fare e perché è il rischio del non intervento: se le facessimo morire entrambe? Se decidendo di non intervenire le condannassimo a morire senza nemmeno provare a salvarne una?
È molto diffusa l’idea che non agire sia moralmente privo di conseguenze o comunque moralmente meno coinvolgente dell’agire. Ma è una idea ingenua e sbagliata.
La differenza è essenzialmente emotiva e psicologica - se non agisco, se non mi sporco le mani, mi sentirò meno responsabile.
Ma se il mio non agire implica delle conseguenze peggiori del mio agire?
Ovviamente - in questo caso - non possiamo nemmeno essere certi che l’intervento farà vivere almeno una delle due bambine. Questa incertezza rende la decisione ancora più difficile.

INTERVENIRE O NO? - Ogni decisione è schiacciata dal rischio che le cose andranno diversamente da come previsto. In ogni modo, per valutare la scelta di Marino dovremmo analizzarla nel seguente scenario: 1. Intervengo rischiando di causare un danno di una certa rilevanza (la morte di una gemella); 2. Non intervengo rischiando di causare un danno più grave di quello ipotizzato nel primo caso (la morte di entrambe le gemelle).
In una prospettiva del genere non sembra giustificabile nascondersi dietro alla sacralità di ogni vita, né giustificare il non intervento con il rifiuto di causare direttamente la morte di un essere umano. O almeno bisognerebbe giustificare l’essere corresponsabile di causare indirettamente la morte di entrambe.
La domanda potrebbe anche porsi sul piano giuridico. Secondo l’articolo 40 del codice penale “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. È il cosiddetto reato commissivo mediante omissione e la difficile questione potrebbe essere senz’altro sollevata nel dubbio che la morte delle gemelle fosse causata da un mancato intervento chirurgico. La risposta sul piano giuridico sarebbe forse ancora più complicata rispetto a quella morale.

DECISIONI IMPOSSIBILI MA NECESSARIE - È facile capire l’impatto emotivo per un medico che si trova a dover eseguire un simile intervento, ed è facile capire che sarebbe bello se potessero vivere entrambe e in buona salute. Possiamo fermarci alle vane speranze?
Spesso siamo costretti a prendere delle decisioni che non vorremmo mai prendere. Non intervenire non sempre è la scelta moralmente preferibile, almeno non a priori e soprattutto se circondata dalla erronea credenza che se incrociamo le braccia non siamo moralmente responsabili di quanto accadrà.

Giornalettismo, 20 luglio 2011.

martedì 19 luglio 2011

Rompicapo

Il commento di Ignazio Marino sul caso delle gemelle siamesi fa riflettere. Marino dichiara che non se la sentirebbe di intervenire chirurgicamente sapendo che una delle due sarebbe destinata a morire.
A una prima lettura sembra possibile concordare, perché nessuno vorrebbe trovarsi in una situazione del genere. Però è necessario porre una domanda (a Marino o a pareri del genere): se non intervenendo le facciamo morire entrambe?
Spesso è più facile emotivamente scegliere di non intervenire (quando sappiamo già che il nostro intervento causerà un effetto dannoso). Però non dovremmo dimenticare che intervenire rischia di causare un danno X, mentre non intervenire rischia di causare un danno maggiore di X.
In questo caso specifico, gli scenari che andrebbero considerati sono: intervenire e far morire una bambina per far vivere l’altra; non intervenire facendo morire entrambe.
Ovviamente è uno scenario semplificato e, ripeto, sarebbe preferibile non trovarsi in un dilemma del genere. Se però sei costretto a prendere una decisione, non è detto che il non intervento sia la scelta moralmente preferibile.

sabato 4 luglio 2009

Io ci sono con Ignazio Marino. E voi?

Niente da aggiungere, a parte il fatto che prenderò la tessera del PD (la prima tessera della mia vita) per votare Ignazio Marino.

È arrivato il momento. Siamo in molti, moltissimi.

Sogniamo un'Italia diversa,
crediamo nella cultura del merito, nella laicità dello Stato, nella solidarietà, nel rispetto delle regole, nei diritti uguali per tutti.
Vogliamo liberare le energie migliori di questo Paese e creare una squadra di persone che diano voce, forza, concretezza alle nostre idee.

Siamo decisi a contrastare democraticamente chi governa l'Italia in maniera ottusa e maldestra:

per un Paese curato, sicuro, sereno, moderno
per un Paese che conti, in cui si faccia strada il coraggio, la capacità, la speranza
per un lavoro con un salario degno che valorizzi ogni individuo
per una scuola come principale strumento per la formazione e l'integrazione dei nostri figli
per uno sviluppo economico, responsabile, che rispetti l'ambiente

Vogliamo che ognuno possa costruire con fiducia il futuro, realizzare il proprio sogno e vogliamo essere liberi di scegliere.
Non sono slogan, sono i valori in cui crediamo e che ci uniscono. Ma affinché questi valori diventino azioni positive, ognuno di noi deve fare un passo avanti e assumersi un impegno.

IO CI SONO

Sono pronto a fare il primo passo per assumermi la responsabilità di dare voce e concretezza a ciò in cui crediamo.
Sulla stessa strada siamo in tanti, a partire da un gruppo di democratici liberi nello spirito e visionari, che hanno scelto di impegnarsi e condividere la sfida.
Non siamo spinti né sostenuti da correnti, siamo un ruscello ma possiamo diventare un fiume se ognuno di noi è disposto a contribuire con la propria goccia d'acqua.
Il fiume deve scorrere dentro gli argini e ogni persona per contare si deve iscrivere al Partito Democratico e partecipare con il proprio voto alla fase congressuale, per scegliere il candidato.
Facciamoci vedere. Facciamo sentire quanto è forte la nostra voglia di cambiare.
Entro l'11 luglio iscriviamoci tutti al PD.
E tra una settimana, se saremo in tanti, il fiume seguirà un nuovo corso.
Di speranza e fiducia.

Ignazio R. Marino

Per iscriversi al PD basta presentarsi con un documento al circolo più vicino al luogo in cui abiti (http://www.partitodemocratico.it/circoli/cerca.aspx).
Una volta iscritto invia un'email all'indirizzo ignazio.marino@gmail.com

martedì 30 giugno 2009

E sui diritti civili il Pd deve prendere una posizione

Ignazio Marino ha parlato per 9 minuti durante l’incontro dei Giovani Democratici al Lingotto di sabato. Abbastanza per elencare alcuni dei malanni che affliggono la politica italiana e l’Italia.
Una analisi lucida e spietata di quello che la sinistra, ormai schiacciata da quel “centro” che si è obbligati ad anteporle, e che il Partito Democratico non hanno saputo o voluto fare.
Nonostante le belle speranze iniziali e le promesse di cambiamento, poi il PD ha “parlato molto meno dei temi e delle persone. Dove sono finiti i temi che riguardano la vita di ciascuno?”, domanda Marino. Non ci si può sottrarre a queste domande, sia perché è ingiusto, sia perché è fallimentare farlo. L’ennesima sconfitta elettorale ne è la prova.
Casa, salute, lavoro. Parole travolte da interessi secondari e da contese di potere. Parole che però riguardano la maggioranza di cittadini italiani, disinteressata alle “feste alla panna montata”.
L’esempio del testamento biologico descrive bene la condizione attuale: l’impossibilità di fare una legge giusta e sensata, a garanzia delle libere scelte dei singoli in ambito sanitario. Chi dovrebbe scegliere al nostro posto? E perché? “Dov’è il problema?”, domanda Marino. Già, dov’è?
A sentirlo parlare ci si stupisce della “semplicità” del suo discorso, e ci si stupisce di trovarsi a sorprendersi per quanto dovrebbe essere scontato: diritti uguali per tutti. Ammalati, omosessuali, coppie di fatto. “I diritti civili sono di tutti”. E verrebbe anche da aggiungere che i diritti civili dovrebbero essere chiamati con il proprio nome. Non temi eticamente sensibili, ma diritti civili, appunto.
Alcuni dei quali sono stati conquistati a fatica e oggi vengono consumati da un atteggiamento pietistico e ideologico, nella vana speranza di raccattare l’approvazione delle parti più retrive e conservatrici della politica e della società italiane.
Il PD deve prendere una posizione, e la domanda con cui Marino chiude il suo breve e intenso intervento suggerisce una buona strada: “quelli che non credono che tutti abbiano gli stessi diritti possiamo a questo giro lasciarli a casa?”.

DNews, 29 giugno 2009

martedì 10 marzo 2009

giovedì 12 febbraio 2009

Deponiamo ogni speranza

Già, cali la rassegnazione sul testamento biologico. Ad Ignazio Marino si sostituisce Dorina Bianchi (il cui nome evoca quel mostro di legge 40...).
Solo un passaggio:

Tanto più che la senatrice Bianchi non fa mistero di condividere (salvo alcuni dettagli) il ddl Calabrò della maggioranza e che tanti, dall'opposizione, giudicano restrittivo. E a lei, alla senatrice, spetterà il compito di presentare la relazione di minoranza in commissione.

"È un testo migliorabile, soprattutto per alcuni profili quali il ricorso al notaio, ma in linea di massima condivido l'impostazione" spiegava ancora ieri la Bianchi prima di entrare in aula. Lunedì scorso, insieme al collega di gruppo Claudio Gustavino, aveva votato in commissione il ddl del governo Berlusconi che prevedeva la ripresa dell'alimentazione per Eluana.

giovedì 11 dicembre 2008

Testamento biologico una norma che vuole ristabilire la libertà

Il testamento biologico è ormai diventato familiare per i cittadini italiani. E questo è senza dubbio positivo.
Meno positivo è quanto accade – o meglio, non accade – in Parlamento. La discussione sulla legge, infatti, è arenata da anni in meandri paternalistici, imbrigliata da troppi disegni di legge, molti dei quali non sono che una caricatura di quello che una legge sul testamento biologico dovrebbe essere: una estensione della nostra libertà di autodeterminazione. Decidere se e come curarci. Deciderlo, quando siamo ancora in grado di intendere e di volere, per un futuro in cui potremmo non esserlo a causa di un incidente o dell’aggravamento di una malattia.
È importante ricordare che la libertà di decidere sui trattamenti sanitari è sancita dalla nostra Costituzione ed è l’anima del consenso informato: la decisione ultima, in un rapporto tra il medico e il paziente che si augura il più possibile di complicità, spetta al paziente. Nessuno può obbligarci, nemmeno per il “nostro bene”, a sottoporci ad un qualche trattamento.
Tutto questo è sintetizzato dall’appello lanciato all’inizio di dicembre da Ignazio Marino: “Rispettiamo l’Articolo 32 della Costituzione”.
Marino, firmatario di un ottimo disegno di legge sul testamento biologico, rivendica “l’indipendenza dei cittadini nella scelta delle terapie” come un diritto fondamentale di tutti i cittadini, sia per chi può “parlare e decidere [che] per chi ha perso l’integrità intellettiva e non può più comunicare, ma ha lasciato precise indicazioni sulle proprie volontà”.
Questo dovrebbe garantire una legge sul testamento biologico: che il diritto alla salute non si trasformi in un dovere, in un obbligo “terapeutico”.
Quando la libera scelta è garantita, ognuno può seguire le proprie preferenze. Compresa quella di non scegliere, di non redigere un testamento biologico.
In caso contrario diventeremmo schiavi del volere altrui.
I cittadini l’hanno capito: nel giro di poche ore erano migliaia le firme a sostegno dell’appello di Marino. Oggi sono quasi 25.000.
Speriamo che anche i loro rappresentanti siano in grado di comprenderlo e di rispettare le volontà di chi li ha eletti.

(DNews, 11 dicembre 2008)

lunedì 1 dicembre 2008

Un appello da rilanciare

L’appello di Ignazio Marino:

Il Parlamento, con molti anni di ritardo e sull’onda emotiva legata alla drammatica vicenda di Eluana Englaro, si prepara a discutere e votare una legge sul testamento biologico.
Dopo quasi 15 anni di discussioni, chiediamo che il Parlamento approvi questo importantissimo provvedimento che riguarda la vita di ciascun cittadino. Il Parlamento, dove siedono i rappresentanti del popolo, deve infatti tenere conto dell’orientamento generale degli italiani.
Rivendichiamo l’indipendenza dei cittadini nella scelta delle terapie, come scritto nella Costituzione.
Rivendichiamo tale diritto per tutte le persone, per coloro che possono parlare e decidere, e anche per chi ha perso l’integrità intellettiva e non può più comunicare, ma ha lasciato precise indicazioni sulle proprie volontà.
Chiediamo che la legge sul testamento biologico rispetti il diritto di ogni persona a poter scegliere.
Chiediamo una legge che dia a chi lo vuole, e solo a chi lo vuole, la possibilità di indicare, quando si è pienamente consapevoli e informati, le terapie alle quali si vuole essere sottoposti, così come quelle che si intendono rifiutare, se un giorno si perderà la coscienza e con essa la possibilità di esprimersi.
Chiediamo una legge che anche nel nostro Paese dia le giuste regole in questa materia, ma rifiutiamo che una qualunque terapia o trattamento medico siano imposti dallo Stato contro la volontà espressa del cittadino.

Vogliamo una legge che confermi il diritto alla salute ma non il dovere alle terapie.
Vogliamo una legge di libertà, che confermi ciò che è indicato nella Costituzione.
Si può firmare qui (il blog dedicato all’iniziativa al momento sembra non avere un modulo per registrare le adesioni).

Aggiornamento 12:50: adesso è possibile aderire anche sul blog (chi vuole può lasciare un breve commento). Direi comunque che è opportuno evitare doppie firme.

giovedì 13 novembre 2008

Morte per fame?

È necessario, di fronte a commenti poco informati sulla sorte di Eluana Englaro, che minacciano di diventare valanga nelle prossime ore e nei prossimi giorni, fare chiarezza su un aspetto della vicenda. Lo facciamo ricorrendo alle parole del senatore Ignazio Marino, medico e cattolico:

Si discute inoltre sulla possibilità che la donna possa soffrire a causa della sospensione del trattamento che le fornisce idratazione e alimentazione.
Su questo punto Ignazio Marino ci tiene a fare chiarezza: «Al di là delle legittime posizioni personali in proposito e del valore simbolico che la nutrizione (mangiare e bere) hanno nell’immaginario collettivo, vorrei che il dibattito sulla fine della vita si basasse su informazioni scientificamente esatte, in modo che i cittadini possano consapevolmente formarsi un’opinione».
«Mi preme sottolineare che la letteratura scientifica, peraltro facilmente reperibile nell’archivio pubblico del National Institutes of Health, che come si sa è il più grande istituto governativo di ricerca clinica di tutto il pianeta, è chiara: non solo la sospensione dell’idratazione non comporta sofferenze per il paziente, ma può stimolare il rilascio di endorfine e composti biologici dall’effetto anestetico che favoriscono un senso di benessere nel paziente. Questa è l’opinione dell’autorevolissimo NIH e delle grandi riviste internazionali di medicina, e contraddice chiaramente ciò che sostengono alcuni giornalisti e politici poco informati».

sabato 11 ottobre 2008

Eluana Englaro in fin di vita

«Eluana: emorragia interna, si aggravano le condizioni», Ansa, 11 ottobre 2008, 18:10:

«Eluana si è aggravata come spesso accade ai pazienti costretti a letto per lunghi periodi di tempo. In questo momento Eluana ha una emorragia grave che ha fatto scendere i globuli rossi al di sotto della soglia minima». Lo afferma il senatore e professor Ignazio Marino, che ha parlato con Beppino Englaro, con il quale è in contatto da anni. «Ad Eluana – prosegue Marino – sta diminuendo progressivamente anche la pressione arteriosa e in queste condizioni senza interventi terapeutici è molto probabile che Eluana si possa spegnere in un tempo breve». «Ho parlato con Beppino e Suor Rosangela, che accudisce la giovane da molti anni: entrambi sono sereni nell’accettare la fine della lunga agonia di Eluana», ha aggiunto Marino.
Marino ha inoltre riferito che eventuali interventi esterni «evidentemente potrebbero essere utili a fermare l’emorragia ma non a restituire l’integrità intellettuale a Eluana». «Penso sia importante sottolineare – ha aggiunto il senatore – l’alleanza terapeutica fra la famiglia e gli operatori sanitari e il rispetto della dignità della persona, che vuole dire anche volersi fermare di fronte a terapie che comunque non possono modificare lo stato delle cose». «La decisione – ha concluso – va lasciata ai familiari e ai sanitari».
Speriamo che così avvenga, e che Eluana sia lasciata finalmente libera.

Aggiornamento Ansa delle 18:55:
L’emorragia interna che ha colpito Eluana Englaro la notte scorsa si è arrestata. Lo ha spiegato il medico neurologo Carlo Alberto Defanti all’uscita dalla clinica in cui giovane in coma da 16 anni è ricoverata. «Qualora l’emorragia si arrestasse, come sembra essere accaduto nel pomeriggio, potrebbe riprendersi», ha spiegato Defanti il quale ha detto che «per la prima volta c’é stato un accordo tra la famiglia, me stesso e la clinica a non adottare misure salvavita». «Misure che potevano essere utile in una condizione normale, ma non in questa».

giovedì 4 ottobre 2007

Intervista ad Ignazio Marino sul testamento biologico

“Solo un medico sciocco vuole decidere da solo sul destino di un paziente, sottraendosi alla condivisione. Il volere del paziente è un sollievo per il medico, e spesso la decisione scritta del paziente aiuta il medico dubbioso sul da farsi. Guai a non avere dubbi!”. Il prof. Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti d’organi e presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, difende la proposta di introdurre in Italia il testamento biologico e dice: “Se sulla procreazione medicalmente assistita può essere difficile capire bene tutti i dettagli, è facile capire e decidere su un tema che si potrebbe riassumere così: ‘Tu vuoi avere la libertà di decidere sul tuo corpo oppure vuoi che sia qualcun altro a farlo?’ E credo che tutti abbiano le idee chiarissime”.

Ma che cos’è il testamento biologico (o direttive anticipate o testamento di vita)? Si tratta di una evoluzione nel consenso informato e consiste nella possibilità di redigere le proprie volontà in materia di decisioni sanitarie per un eventuale futuro in cui non fosse più possibile manifestarle. Una misura ben lontana dall’eutanasia, che si limita a riconoscere il principio sacrosanto dell’autodeterminazione del paziente. Eppure, le resistenze sono moltissime, come ci spiega in questa intervista il noto chirurgo.

Tutta l’intervista qui: “Sì al testamento biologico, no ai paternalismi”, Caffè Europa, 329, 25.10.07.

martedì 19 giugno 2007

Caro Ignazio (Marino), ti scrivo

Caro Ignazio Marino*,

tu continui ad ostinarti su questa storia del testamento biologico. Ma non capisci che non ce n’è bisogno? Anzi è peggio, perché non solo una legge è inutile, ma è pericolosa. Infatti non è che il primo gradino verso l’eutanasia. Io sono il primo a essere disponibile a dialogare, però alle mie condizioni che ti elenco in modo da evitare ambiguità e incomprensioni.
Primo: escludere la vincolatività per il medico (tanto poi il paziente nemmeno se ne accorge se non si rispettano le sue volontà – non è in grado di capire giusto?).
Secondo: coinvolgere nelle decisioni mediche i medici, i familiari, i vicini di letto e il cappellano della infanzia (se è morto, il primo prete che trovate).
Terzo: ricordare che tra le decisioni che si possono prendere non rientra la possibilità di staccare il ventilatore meccanico, né di sospendere la nutrizione e/o l’idratazione artificiali.
(Insomma, Ignazio, detto tra te e me, che la fai a fare una legge così?).
D’altra parte anche il CNB si era lavato le mani del testamento biologico**. Lascia perdere. E poi, nonostante il rispetto doveroso, io temo molto quelli che si dichiarano credenti perché, magari, tra poco attaccheranno la Chiesa.

Tuo, Carlo Casini

(* liberamente ispirata a Casini: no a testamento biologico, Marino “credente” che temo, Vivere & Morire, 18 giugno 2007).
(** no, non direi proprio, chi volesse controllare, NdR).