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lunedì 16 maggio 2011

Varie

“È inaccettabile - ha detto Casini durante la trasmissione KlausCondicio - che un videogioco che entra nelle case di milioni di italiani permetta ad un bambino di 6-7-8 anni di creare una coppia gay, che può anche adottare bambini. Questi videogiochi sono molto pericolosi, minacciano l’educazione di un bambino, la loro diffusione ha risvolti di carattere igienico-sanitario. Lo sviluppo della sessualità di un adolescente presenta inizialmente aspetti di omosessualità e bisessualità, che poi si armonizzano e l’eterosessualità diventa la regola. Questi videogiochi intervengono in quel momento di sviluppo parziale, in cui è normale che ci siano tendenze omosessuali che rischiano di essere fissate. Questo è un modo per fissare l’omosessualità”.

Casini annuncia di voler portare il problema all’attenzione dell’Europarlamento: “Vietare la vendita del gioco almeno ai minorenni (come è avvenuto con la pornografia) è una strada percorribile.
Ovvero come iniziare bene la settimana. Casini & Co. dimenticano di nominare l’effetto devastante della stupidità e della ignoranza sull’educazione (il pezzo per intero lo trovate qui).
E per rimediare qui sotto alcune segnalazioni di articoli interesanti.

IVF multiple births ‘coming down’ says HFEA
, BBC News, 13 may 2011.
The proportion of risky multiple births during IVF treatment is falling according to the Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA).
The reduction so far has largely been down to increased use of a technique called single embryo transfer.
Only one embryo is implanted in women who have the greatest chance of getting pregnant. HFEA figures show this has not affected the success rate.
“There are some people who don’t wait.” Robert Krulwich on the future of journalism, Discover Magazine, may 12th 2011.

Friday The 13th Superstitions: Where’d They Come From?
, The Huffington Post, May 13, 2011.

Life and the Cosmos, Word by Painstaking Word, (a conversation with Stephen Hawking), The New York Times, may 9 2011.

The mark of Kane, Slate, may 8 2011.

Hitler v. Hitler. Can a parent lose custody of his child because he’s a neo-Nazi?, Slate, may 11 2011.

sabato 7 novembre 2009

Carlo Casini e l’argomento di Padre Kolbe

C’è sempre, in chi si occupa di bioetica (o anche di altri campi del sapere), un’attesa piena di aspettative per nuove argomentazioni che giungano a scompigliare le carte dei ragionamenti sempre identici, già percorsi mille volte; un’attesa se vogliamo anche un po’ masochistica, perché quelli che si aspettano con più impazienza sono spesso gli argomenti contrari alle nostre tesi più care. Affrontare per la prima volta un tentativo di confutazione costituisce una sfida intellettuale che non può che essere benvenuta, già solo per il mero piacere dello sforzo di ragionarci su, ma anche per la luce che può portare sulle nostre credenze morali, fino eventualmente a farcele mutare.
Ma proprio per questo, quando gli argomenti nuovi arrivano davvero la delusione può essere cocente. Prendiamo per esempio un’argomentazione – per me inedita – presentata da Carlo Casini, storico avversario della legge sull’aborto e presidente del Movimento per la Vita, in un articolo apparso due giorni fa sul giornale della Conferenza Episcopale Italiana («Approvare subito la “legge Calabrò” sul fine vita», Avvenire, 5 novembre 2009, p. 16):

il tempo ha attutito l’emozione provocata dalla morte della giovane donna lecchese [Eluana Englaro], ma la drammaticità del fatto resta. Per non stendere su di essa una nebbia ovattante ho ripensato in questi giorni a Padre Massimiliano Kolbe. Nel luglio del 1941 egli era prigioniero nel lager di Auschwitz. Si offrì di sostituire un padre di famiglia nella decimazione decisa per terrorizzare i detenuti dopo la fuga di uno di loro e, chiuso in un sotterraneo, fu ucciso «per fame e per sete». Morì il 14 agosto 1941. Dunque l’alimentazione e la idratazione non sono una terapia se la loro privazione costituisce, come è avvenuto per Padre Kolbe, una «condanna a morte con tormenti».
Quanti secondi ci vogliono per confutare questo argomento? Due sarebbero già troppi, perché la sua assurdità salta immediatamente agli occhi: siamo subito in grado di citare innumerevoli controesempi che invalidano il ragionamento di Casini. Si pensi per esempio all’edema polmonare, che se non curato provoca letteralmente l’annegamento del paziente nelle sue stesse secrezioni: questo dimostra forse che il trattamento di questa patologia (a base per esempio di nitroglicerina e diuretici) non costituisce un trattamento sanitario, visto che la sua privazione costituisce una «condanna a morte con tormenti»?
Carlo Casini avrebbe potuto fare benissimo a meno di scomodare noi e, soprattutto, l’incolpevole santo...

venerdì 4 gennaio 2008

La modesta proposta di Carlo Casini

Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita ed europarlamentare dell’Udc, ha una piccola proposta in materia di aborto, e la comunica al mondo alla fine di un’intervista concessa al Giornale (Vittorio Macloce, «“Noi cattolici nel ghetto sdoganati da un laico”», 3 gennaio 2008, p. 3):

Bisognerebbe accertare con un’autopsia che il feto sia effettivamente malformato. Mi dicono che tre volte su quattro non lo è.
Con l’autopsia? È un po’ tardi. E a quel punto che si fa, si accusa medico e madre di omicidio?
No, ma almeno sappiamo qual è la verità.
Non posso naturalmente credere che Casini non sia sincero, e reprimerò dunque il mio sospetto istintivo che quel «No» stia lì al posto di un avverbio meno conveniente. E tuttavia non si può fare a meno di temere che a questa stessa domanda altri – meno disinteressatamente interessati alla verità di Carlo Casini – risponderebbero in cuor loro con un fervido, entusiastico, impaziente «Sì!».

martedì 11 settembre 2007

Padre, figlia e...

Non siamo blasfemi, per carità. Perché è certo che il libro in uscita chiarirà moltissime questioni complesse e oscure: Testamento biologico, quale autodeterminazione?, di Marina Casini, Maria Luisa Di Pietro e Carlo Casini.
Il libro (si legge nella presentazione della casa editrice)

indagando nello spazio della scelta dei trattamenti sanitari e nell’orizzonte ben più complesso del senso della vita, delle relazioni umane e del diritto, affronta senza pregiudizi questo delicato tema che è divenuto di grande attualità sociale e politica con i casi Terri Schiavo e Welby.
Già, il senso della vita. Lo compro immediatamente.

martedì 24 luglio 2007

Undicesimo comandamento: non disporrai della tua vita

Marziano: Vorrei sapere qualcosa di come la pensate voi sulla vita.
Carlo Casini: Certo, è semplice. La vita umana è un bene non disponibile.
M.: Perché, di chi è? O meglio, chi ne può disporre?
C.C.: Soltanto Dio, dona e toglie, dona e toglie.
M.: Ho capito, e forse ha a che fare con la condanna del suicidio. Ma se invece volessi non sottopormi ad un intervento, avrei il diritto di farlo?
C.C.: Non direi, no. Non esiste un diritto umano a rifiutare le cure.
M.: Forse però esiste un diritto marziano a rifiutare le cure?
C.C.: Non faccia lo spiritoso, questi sono discorsi seri. Esiste un diritto alla cura che è garantito dall’articolo 32 della Costituzione che viene tanto invocato a sproposito a sostegno del diritto di fare come vi pare! Analogamente dubito che si possa parlare di un dovere di sospendere le cure al di fuori dell’accanimento terapeutico.
M.: Ma chi stabilisce quando si può parlare di accanimento terapeutico? Se ho capito bene, se ci fosse accanimento si potrebbero sospendere le cure… Ci sarebbe il dovere di sospendere le cure.
C.C.: Esiste solo il dovere di non usare prepotenze di nessun tipo nei confronti del malato, che è cosa diversa dal dovere di non curare.
M.: Ma non aveva detto che c’era il dovere di sospendere le cure se...
C.C.: Non mi attribuisca cose che non penso e non ho mai detto! Vogliamo dimenticare forse che nel caso di Welby non si è trattato di omettere l’inizio delle cure, ma di compiere un’azione positiva per interromperle? Si è così determinata deliberatamente l’immediata e inevitabile morte del malato che avrebbe potuto sopravvivere a lungo.
M.: Ma se Welby non voleva più vivere in quel modo?
C.C.: Le ho già spiegato che la vita è indisponibile e che è Dio che dona e toglie.
M.: E il recente caso di Nuvoli?
C.C.: Una morte orribile e che suscita il giusto raccapriccio nella pubblica opinione.
M.: Allora sarebbe stato meglio che Nuvoli fosse morto come Welby?
C.C.: Non scherziamo, giovanotto. La morte data a Welby e richiesta per Nuvoli non è migliore, visto che spegnere il respiratore significa far morire il paziente per mancanza d’aria, cioè per soffocamento.
M.: Mi sembrava di avere sentito che la sedazione serviva proprio a questo, a non far morire per soffocamento un povero cristo.
C.C.: Non nomini il nome di Dio invano, né del suo figliolo. E comunque meglio come è morto Nuvoli, di fame e di sete, almeno non c’è stato l’atto deliberato di un medico intervenuto per uccidere.
M.: Ma scusi, Welby (e anche Nuvoli) avevano chiesto di morire, avevano espresso le proprie volontà.
C.C.: Questo modo di esprimersi non fa che oscurare la complessità e l’umanità del caso con l’ideologia e la strumentalizzazione. E questo sarebbe come uccidere una seconda volta Welby e Nuvoli.
M.: Ho capito, anzi non capito nulla. Me ne torno su Marte.

(Nuvoli/Mov. per la Vita: l’esistenza non è un bene disponibile, Alice notizie, 24 luglio 2004).

martedì 19 giugno 2007

Caro Ignazio (Marino), ti scrivo

Caro Ignazio Marino*,

tu continui ad ostinarti su questa storia del testamento biologico. Ma non capisci che non ce n’è bisogno? Anzi è peggio, perché non solo una legge è inutile, ma è pericolosa. Infatti non è che il primo gradino verso l’eutanasia. Io sono il primo a essere disponibile a dialogare, però alle mie condizioni che ti elenco in modo da evitare ambiguità e incomprensioni.
Primo: escludere la vincolatività per il medico (tanto poi il paziente nemmeno se ne accorge se non si rispettano le sue volontà – non è in grado di capire giusto?).
Secondo: coinvolgere nelle decisioni mediche i medici, i familiari, i vicini di letto e il cappellano della infanzia (se è morto, il primo prete che trovate).
Terzo: ricordare che tra le decisioni che si possono prendere non rientra la possibilità di staccare il ventilatore meccanico, né di sospendere la nutrizione e/o l’idratazione artificiali.
(Insomma, Ignazio, detto tra te e me, che la fai a fare una legge così?).
D’altra parte anche il CNB si era lavato le mani del testamento biologico**. Lascia perdere. E poi, nonostante il rispetto doveroso, io temo molto quelli che si dichiarano credenti perché, magari, tra poco attaccheranno la Chiesa.

Tuo, Carlo Casini

(* liberamente ispirata a Casini: no a testamento biologico, Marino “credente” che temo, Vivere & Morire, 18 giugno 2007).
(** no, non direi proprio, chi volesse controllare, NdR).

martedì 13 febbraio 2007

Il Portogallo e noi

Domenica scorsa il Portogallo è stato chiamato alle urne per esprimersi su un referendum che mirava a liberalizzare l’aborto. Come in Italia, esiste il quorum, per cui se la partecipazione al voto rimane sotto il 50% l’esito della consultazione non ha valore legale; come in Italia, la Chiesa locale ha tentato il trucco vigliacco dell’astensionismo, per sommare i voti dei contrari a quelli di chi non ha interesse a votare. A differenza dell’Italia, il governo non è succube delle gerarchie clericali, e ha reso chiaro prima di domenica che se il referendum non avesse raggiunto il quorum, il governo ne avrebbe comunque considerato vincolante il risultato, come in un referendum consultivo, e in caso di vittoria dei Sì avrebbe quindi proceduto a cambiare la legge. La Chiesa portoghese è allora passata a fare propaganda per il No, ricorrendo ad argomenti di solida razionalità, come la minaccia della «maledizione» che non avrebbe mancato di abbattersi sul paese se esso si fosse unito all’«apostasia silenziosa» del resto d’Europa e alla sua «cultura della morte» («Portugal: l’avortement légalisé avant l’été?», Le Figaro, 11 febbraio 2007). Alla fine ha votato il 43,6% degli aventi diritto, con i Sì al 59,3% e i No al 40,8%; il primo ministro José Sócrates ha subito annunciato il varo di una nuova legge.
Tutto molto chiaro, no? Ma ecco le reazioni degli integralisti italiani («“Da Lisbona un segnale all’Italia”», Avvenire, 13 febbraio 2007):

Soddisfazione del Movimento per la vita italiano per l’esito del referendum in Portogallo. «La società portoghese, nonostante le iniziali indecisioni del fronte antiabortista – commenta Carlo Casini, presidente del Movimento – ha dato una risposta chiara al tentativo del governo di liberalizzare l’aborto. Anche volendo sposare la soluzione più prudente, i portoghesi hanno dimostrato di non considerare la liberalizzazione dell’aborto come una questione urgente. Ma l’ampiezza del risultato legittima anche interpretazioni più ottimistiche: in sostanza meno del 25% dei portoghesi ha chiesto di modificare la legge sull’aborto. Per il resto, anche considerando una fetta consistente di assenteismo fisiologico, ha detto un “niet” secco ed inequivocabile». «Eppure – conclude Casini – il governo di Lisbona dichiara di voler andare avanti. Con una protervia figlia minore dell’ideologia, si fa beffe della volontà popolare e della democrazia e prosegue per la sua strada. Di conseguenza anche la battaglia è destinata a continuare. Una battaglia che riguarda il Portogallo e non solo». […]
Per la senatrice della Margherita Paola Binetti il risultato del referendum è un insegnamento anche per l’Italia, dove è arrivato il momento di applicare la parte della legge 194 che riguarda la prevenzione. «Fare una legge senza tener conto degli astenuti» significherebbe quindi tradire la volontà popolare. «Penso sia giunto il momento di riparlare della 194 e dell’attuazione della prima parte: quella sulla prevenzione». Su questo tema, avverte l’esponente dielle, «batteremo il ferro finché è caldo».
Ora, se il tuo governo ti ha appena comunicato che non terrà conto delle astensioni, e tu vuoi esprimere «un “niet” secco ed inequivocabile» all’aborto, cosa fai? Per Casini e Binetti, evidentemente, puoi votare No o astenerti...
L’interpretazione più caritatevole è che i due siano rimasti intossicati dalla loro stessa propaganda (ricordate la balla del 75% di Italiani «favorevoli» alla legge 40?); quella meno caritatevole è che i meccanismi della democrazia, persino i più elementari, siano del tutto incomprensibili a Casini e Binetti, che appartengono nel profondo a un mondo opposto a quello delle regole democratiche; un mondo che, con «una protervia figlia minore dell’ideologia, si fa beffe della volontà popolare»...

martedì 26 settembre 2006

Eutanasia: la vita è un dono di cui non possiamo disfarci

«LA VITA non è una proprietà privata dell’uomo ma è un dono ricevuto e un dono che deve essere vissuto in pienezza, nell’offerta di sé agli altri». Il teologo monsignor Bruno Forte, vescovo di Chieti spiega perché per la Chiesa l’eutanasia non è ammissibile. «La libertà della persona non è mai identificabile con la possibilità o la volontà di disporre arbitrariamente di tutto. Ci sono dei valori assoluti a cui chiunque, credente o non credente, è chiamato ad attenersi» aggiunte il prelato che precisa: «come vale per tutti il principio non uccidere, nei confronti della vita altrui, vale anche nei confronti della propria vita perché quella vita è il valore assoluto su cui la convivenza umana si costruisce come una convivenza civile, capace di costruire legami autentici. Compromettere questo principio, anche per chi non crede, significa minare alla base il valore e la convivenza umana». Sul tema dell’eutanasia «non c’è nulla di peggio dell’avviare dibattiti sotto l’effetto di un’onda emotiva». A dirlo è Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, che spiega: «Non è una questione religiosa. Ancora una volta è in gioco la ragione». «Sarebbe folle – continua Casini – arrivare in Parlamento avendo negli occhi le immagini di Piergiorgio Welby che le televisioni hanno profuso in questi giorni. La presentazione di un caso particolarmente coinvolgente e capace di commuovere l’opinione pubblica è un metodo di azione Radicale ben noto e ripetutamente sperimentato in cui è presente una venatura di violenza perché intende cancellare con il fascino dell’emozione la lucidità della ragione». «Un dibattito serio e costruttivo – aggiunge inoltre – che consideriamo senz’altro utile, non può non prendere le mosse dal lavoro fatto dal Comitato Nazionale per la Bioetica che più volte si è pronunciato in materia di eutanasia attiva e passiva».
Movimento per la vita in allarme, Il Tempo, 26 settembre 2006.

Andiamo per ordine. Il fatto che la vita sia un dono non è universalmente condivisibile. Ma anche se la vita fosse un dono, non si capisce per quale ragione saremmo vincolati a tenercelo. Questioni di educazione a parte, è frequente che un dono si ricicli (spesso nelle cene di Natale…) o che non sia usato o apprezzato o che semplicemente venga ‘abbandonato’. I valori assoluti non esistono, sarebbero obblighi, imposizioni illegittime. E soprattutto non dovrebbero avere potere di decidere della nostra vita. Secondo Bruno Forte probabilmente anche la fede è un valore assoluto. Ma la parola chiave è secondo (Bruno Forte). In una discussione seria e ponderata non c’è spazio per i valori assoluti. La legge, poi, non si costruisce sui valori personali (di questo alla fine si tratta: pensare che la fede o la vita siano valori assoluti è una questione soggettiva).
Tanto per essere puntigliosa, suggerirei anche che nemmeno il principio ‘non uccidere’ è assoluto: devo fare degli esempi o ci arrivate da soli? (Legittima difesa vi dice qualcosa?).
Il valore e la convivenza umana non possono basarsi su muri costruiti dall’ideologia e dalla certezza di essere in possesso della Verità.
Ma veniamo a Carlo Casini. Inappuntabile la premessa: “non c’è nulla di peggio dell’avviare dibattiti sotto l’effetto di un’onda emotiva”. Ma la conseguenza non è necessaria: è possibile lasciare al ‘caso umano’ il giusto spazio: il pretesto per avviare un confronto su un tema tanto scomodo qual è l’eutanasia e tutto quanto la circonda. La ragione non è per forza cancellata dall’emozione. E soprattutto la ragione non è (purtroppo) presente in assenza del caso umano. Quante idiozie abbiamo sentito anche senza lo spunto di una storia particolare?
E perché un dibattito serio e costruttivo dovrebbe prendere le mosse dai pareri del CNB? Il CNB non è che un organo consultivo, e i suoi pareri possono essere criticabili. In particolare, il CNB non ha brillato sulla questioni attinenti all’eutanasia: basti ricordare il parere sull’idratazione e l’alimentazione forzati, fregandosene del diritto di ognuno di noi di rifiutare le cure e della nostra libertà (costituzionalmente stabilita) di autodeterminarci. E perché non smettere una volta per tutte di usare distinzione insulse e infondate come quella tra eutanasia passiva ed eutanasia attiva? Sarebbe ora.

Not Talking, Natalie Dee, january 2006.

lunedì 30 gennaio 2006

Dissuadere dall’aborto

Per Carlo Casini («Ma per la sinistra la gravidanza è una “malattia”», sul Giornale di oggi) il compito dei consultori è di «dissuadere» dall’aborto: «Io non ho paura delle parole: se dissuado qualcuno dal suicidarsi o dal commettere una rapina, oppure dallo spacciare o consumare droga riceverei una unanime lode e collaborazione». E conclude: «È tristissimo che proprio la sinistra si ostini a non capire. Eppure proprio essa dichiara di avere nel suo genoma la solidarietà nei confronti del più debole: chi è più debole ed indifeso del figlio a rischio di morte, chi più sola della madre che vede come unica prospettiva il “dramma” dell’aborto?». L’aborto come violenza e tragedia, l’embrione come «figlio»: a Casini questi devono sembrare evidentemente postulati scontati, che non occorre dimostrare.