Al Congresso Straordinario dell’Associazione Luca Coscioni (Roma, 21-23 aprile) interviene il padre di Eluana Englaro, la ragazza costretta a sopravvivere nonostante avesse espresso in passato volontà contraria.
Il 18 gennaio 1992 si schianta in macchina contro un muro. È immediatamente soccorsa e trasportata in un ospedale attrezzato per la rianimazione. Non basta a salvarla, ma le impedisce di morire. La prognosi definitiva è: stato vegetativo permanente.
Un anno prima era successo a un suo amico. Tornata a casa aveva pregato i genitori di intervenire se fosse capitato a lei. Aveva chiesto loro di far rispettare la sua volontà. “Non lasciatemi in una situazione così, è una vita inumana!”.
Era un vero purosangue della libertà, ricorda il padre. Era impossibile per lei soltanto vedere qualcuno immobile e interamente dipendente dagli altri. Figuriamoci trovarcisi. Ma la volontà di Eluana non interessa alla medicina. Che beffa terribile!
Senza rianimazione invasiva Eluana sarebbe morta. La morte fa parte della vita; l’imposizione dall’alto di condizioni di vita estranee ad Eluana è intollerabile. Solo uno Stato etico lo fa. I genitori di Eluana non avrebbero mai immaginato che i medici avessero questo potere sulla vita altrui.
Da allora Eluana è prigioniera dei meccanismi di rianimazione e di un sistema politico autoritario.
Perché non si rispetta la volontà di Eluana? Perché le si impone una vita che altro non è che “non morte encefalica”? Un simile inferno non si può imporre a persone libere.
* Pubblicato su Il Giornale di Sardegna, 25 aprile 2006.
(foto © c.)
martedì 25 aprile 2006
La volontà di Eluana non importa ai medici
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