In Italia non esiste una regolamentazione per le unioni civili. Addirittura qualcuno ha urlato alla presunta incostituzionalità dei PACS, citando l’articolo 29 della Costituzione (“la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e identificata con la formazione sociale denominata “famiglia legittima”).
Richiamare la tradizione e la Costituzione come garanzia dell’immutabilità degli assetti (anche giuridici) di convivenza è insensato. In un approfondimento molto interessante Selene Pascasi (I Pacs e la Costituzione: conflitto o convivenza di valori?, Bollettino Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti) ricorda che “se in un periodo non troppo lontano, appariva inconcepibile la dissoluzione del matrimonio o lo ‘sdoganamento’ dei diritti di moglie dalla sottomissione alla potestà maritale, con le Riforme degli anni settanta, tali visioni della famiglia sono state sostituite da principi più egualitari e più civili.”
Il suo approfondimento merita di essere letto per intero. Riporto alcuni dei passaggi cruciali.
Il riferimento è all’assoluta mancanza, nel nostro paese, di legislazione in tema di unioni civili non coniugate, siano esse eterosessuali o omosessuali.Osservatorio sulla Legalità.
Il vuoto normativo non è di poco rilievo, soprattutto alla luce degli intenti europei, di vedute ampie e pluraliste. Basti ricordare la Costituzione europea, approvata, tra gli altri, anche dal nostro parlamento, della qual è principio cardine, il divieto assoluto di ogni forma di discriminazione, specie sessuale. Non solo, nella stessa direzione si è mosso il Parlamento comunitario, che, con risoluzione del 1994 e con relazione del 2000, ha invitato gli Stati membri ad adottare una normativa di riconoscimento delle unioni di fatto, anche omosessualmente formate. Da ultimo, il cd. “rapporto Sylla” del 3 settembre 2003, che auspica la legittimazione, all’interno delle singole nazioni, degli istituti di coniugio o di adozione, anche se richiesti da nuclei familiari non tradizionali, con riferimento alle realtà lesbo o gay. Seppure gli imput lanciati dallo spirito europeistico appaiono forti e chiari, ad oggi non vige ancora alcuna normativa, in Italia, in materia di convivenze “atipiche”.
La questione diviene più preoccupante, ove si rivolga l’attenzione a quanto previsto dalla Direttiva comunitaria n. 38 del 2004, che sancisce il principio della libera circolazione, in ambito europeo, delle persone e dei loro familiari, laddove, per “familiare”, si intende non solo il coniuge e la prole, ma altresì il partner che abbia registrato la propria unione. Si comprende allora, la difficoltà italiana di gestire fattispecie di tal genere, in mancanza di adeguata normativa.
Dal quadro normativo descritto, si delinea con chiarezza la necessità, da parte del legislatore italiano, di dare una risposta concreta a quelle coppie di fatto, stimate in circa un milione e duecentomila, che vedono ogni giorno negarsi diritti e aspettative di non poco conto. Non può lasciare indifferenti, il fatto che perfino conviventi di lunga data, anche ventennali, vedono negarsi il diritto di visita o di assistenza al partner gravemente malato o degente. O ancora, l’impossibilità per il singolo convivente di testare in favore del compagno, senza andare incontro alle gravose misure fiscali previste in materia di successione a terzi estranei.
Non si può non considerare che il fenomeno delle unioni di fatto, siano esse etero o omosessuali, è in crescita esponenziale. Se ciò è vero, allora risulta inconcepibile un sistema legislativo che non preveda alcuna estensione dei diritti civili alle formazioni familiari “atipiche” rispetto a quelle consacrate dal coniugio. La situazione diviene ancora più incomprensibile laddove si pensi all’atteggiamento della Corte Costituzionale, che da tempo lancia segnali in tal senso, oltre che alla normativa comunitaria.
1 commento:
Che dire, speriamo nell'Europa... visto che in Italia basta abbaiare alla "minaccia al matrimonio" (baggianata colossale visto che in alcune religioni - tra le quali la mia - il matrimonio non è solo tra uomo e donna) perché tutti si prostrino davanti a chi semplicemente ama la discriminazione anzichè tentare un ragionamento sensato.
Mi fa piacere che non tutti i cervelli siano fuggiti però :)
Grazie Chiara
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