La ricerca scientifica italiana soffre indubbiamente per la carenza di fondi; ma questo non è purtroppo l’unico dei suoi problemi. Mancano anche orientamenti strategici chiari nella direzione della ricerca, e criteri trasparenti ed efficaci nell’allocazione dei finanziamenti. Di tutto questo parlano Paolo Bianco ed Elena Cattaneo sul Sole 24 Ore («Ricerca, niente fondi senza bando», 9 maggio 2008, p. 14), da cui cito questo passo sul modo corretto di intendere la peer review:
in Italia sono sconosciute le procedure di valutazione anonima, terza, competente e indipendente in base alle quali la scienza va finanziata. Troppo spesso confusa con il semplice ricorso a revisori anonimi, e troppo spesso confusa con lo strumento con il quale difendere il merito (come se fosse interesse dello Stato tutelare i “bravi”, e non tutelare se stesso attraverso la promozione della migliore scienza possibile), la peer review (il sistema di valutazione autonoma, competente e indipendente, della scienza da parte della scienza) è insieme un principio di autonomia della scienza che ne assicura il successo, una garanzia di trasparenza per la pubblica amministrazione, e un sistema di procedure e norme definite nel dettaglio, che si incarnano in organismi e strutture per la loro corretta e vigilata applicazione. Senza le quali, nessuna valutazione anonima di progetti e studi si salva dal rischio di ridursi a una nostrana “anonima valutazioni”.In calce all’articolo Il Sole segnala un appuntamento importante:
Sarà rinnovato il 19 maggio a Bologna l’appello da parte della comunità scientifica affinché la politica si impegni a favore della ricerca. Al convegno sul tema del peer-review interverrà Mario Capecchi, Nobel per la Medicina 2007. Partecipano Pier Ugo Calzolari (rettore dell’Università di Bologna), Giovanni Romeo (professore di Genetica medica all’Università di Bologna e presidente di Progen), Ignazio Marino (senatore e chirurgo), Fernando Aiuti (professore di Immunologia clinica all’Università La Sapienza), Vittorio Bo (Festival della Scienza di Genova), Giorgio Einaudi (Issnaf), Andrea Ichino (professore di Scienze economiche all’Università di Bologna), Lucia Monaco (Fondazione Telethon), L. Luca Cavalli Sforza (professore emerito a Stanford). L’appello, lanciato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (e sostenuto dal Sole 24 Ore del 7 marzo scorso), è stato firmato da più di 1.500 ricercatori (www.liberiamolaricerca.it).Aggiornamento: della richiesta della parte migliore del mondo scientifico italiano di applicare la peer review ai finanziamenti dà conto adesso anche la prestigiosa rivista Science (Laura Margottini, «A Plea for ‘Transparent’ Funding», 320, 16 maggio 2008, p. 861).
1 commento:
Sono d'accordo con lo spirito dell'articolo, ma sono dell'idea che il peer review sia una parte di un sistema che è assai più complesso di quanto si pensi. E quando si affronta un tema assai complesso, credo, che una delle prime cose da fare sia quello di sgombrare il campo da facili "entusiasmi".
Sia ben chiaro, se dovessi scegliere fra un sistema con peer-review e uno senza, sceglierei probabilmente il primo. Però non dimentichiamoci che le comunità scientifiche sono attraversate da "frizioni", che volente o nolente gestiscono parte dei flussi di conoscenza non sempre con criteri limpidi. E spesse volte la degenerazione delle comunità in vere e proprie coalizioni (per non dire gang) tende a rallentare - per non dire fermare - il progresso delle conoscenze (vedasi ad esempio la difficoltà a pubblicare lavori che non sono di mainstream).
Ora, in Italia parlare di coalizioni (se non di mafie accademiche) è dire l'ovvio. Siamo sicuri di essere immuni da una simile degenerazione del peer-review?
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