Iniziava così un articolo di Susan Sontag sul “New Yorker”. Era il 24 novembre del 1986. Da pochi anni si era diffusa una malattia spaventosa e carica di condanne moraliste. Una malattia che avrebbe cambiato il nostro modo di guardare il mondo.
Nel giugno 1981 il Morbidity And Mortality Weekly Report (“al contempo il migliore e peggiore nome mai inventato per una pubblicazione”, commenta Amy Davidson molti anni dopo sempre sul “New Yorker”) annuncia che cinque uomini si sono ammalati in modo inconsueto. Quel giugno di trent’anni fa il report descriveva la polmonite da pneumocystis carinii in cinque uomini omosessuali a Los Angeles, in California, documentando per la prima volta quella che sarebbe divenuta nota come sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). L’editoriale che lo accompagnava suggeriva che la malattia potesse essere collegata alle abitudine sessuali degli omosessuali.
Un mese dopo il MMWR rilevò nuovi casi di polmonite da pneumocystis carinii, altre infezioni e il sarcoma di Kaposi nei gay dalla California a New York. Questi articoli furono i primi accenni a
quella che diventerà una delle peggiori pandemie della storia con oltre 60 milioni di malati, 30 milioni di morti e nessuna soluzione in vista. Era il debutto dell’Aids. Come viviamo oggi, a molti anni di distanza dal report e dalla descrizione di Sontag?
Su Il Mucchio Selvaggio di settembre.
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