mercoledì 24 agosto 2011
La Casa Famiglia “Sisto Riario Sforza” di Napoli rischia di chiudere
Da un anno e mezzo le ASL non pagano. Il Don Guanella, il 14 agosto, intima di saldare il debito entro il 31 agosto, altrimenti la Casa chiuderà. Nessuno interviene.
Nel 2003 nasce la Casa Famiglia Cardinale Sisto Riario Sforza dal progetto Caritas “Aids e vita”. È una delle due case alloggio Hiv/AIDS operanti nel vasto territorio campano (l’altra è la Casa Alloggio Masseria Raucci).
La Casa Famiglia accoglie persone affette dal virus HIV e in AIDS conclamata, fino a un massimo di dieci, ed è gestita da 3 organismi religiosi. L’Opera Don Guanella segue gli aspetti amministrativi e giuridici; la Caritas diocesana di Napoli si dedica alla formazione del personale; le Figlie della Carità gestiscono la Casa e coabitano con gli ospiti. Lo stabile è di proprietà delle suore carmelitane dato in comodato d’uso al Don Guanella.
Dalla nascita della Casa Famiglia sono stati effettuati 85 ingressi, con vissuti e profili personali complessi e dolorosi: disturbi psichiatrici, dipendenze, violenze familiari.
LA VITA NELLA CASA FAMIGLIA - I 5 operatori e la suora responsabile si trovano a gestire quotidianamente la diffidenza e la paura derivanti da una esistenza di deprivazione e malattia; problemi sociali e relazionali; isolamento culturale e patologie incurabili. Sono stati elaborati percorsi educativi individuali - che includono anche la formazione professionale in vista di un reinserimento nel tessuto sociale - e sono state avviate collaborazioni con i servizi territoriali per evitare che quell’isolamento diventi assoluto e irrimediabile una volta varcata la soglia della Casa Famiglia. Nelle situazioni di malattia conclamata e terminale, gli operatori hanno anche il doloroso compito di assistere gli ospiti fino alla morte. Tra gli ospiti della Casa c’è una madre con una figlia di poco più di due anni: in questo caso gli operatori hanno seguito anche i difficoltosi passaggi per l’affido e l’adozione.
MEDIATORI DEL TEMPO - L’Hiv, che è la ragione emergente dell’accoglienza, si aggiunge insomma a un quadro clinico e sociale già estremamente travagliato. È ben immaginabile quanto sia difficile accettare una situazione di patologia cronica e quanto questo aspetto vada a pesare su uno scenario già deprivato di un futuro, a volte anche del presente. “Ci ritroviamo a essere mediatori del tempo, tra quello cronologico e quello vissuto, tra il tempo burocratico - penso ai tempi di una pensione di invalidità - e l’urgenza di vivere un presente abbozzando un futuro che è reso labile non soltanto dalla malattia ma anche dalle incognite delle politiche sociali e dei vari dispotismi di potere come quello che la nostra Casa ha subito nell’ultimo anno e mezzo”, raccontano gli operatori della Casa Famiglia. In equilibrio precario in questo tempo sospeso ci sono anche due signore, che cucinano e si prendono cura della Casa, e una suora volontaria.
IL FANTASMA DELLA CHIUSURA - Già, perché da un anno e mezzo la Casa vive una situazione di assoluta precarietà. Nell’aprile del 2010 il Don Guanella, a causa di gravi ritardi nel pagamento da parte delle ASL, ha manifestato l’intenzione di cedere il servizio: l’onere economico è troppo forte e serve un cambio amministrativo. Da allora parte una trattativa tra gli ordini religiosi. La chiusura è un fantasma spaventoso che la Casa cerca di allontanare in tutti i modi (ricordiamo che la struttura è una delle due uniche Case di accoglienza a Napoli per persone affette da Hiv o AIDS).
Nel giro di qualche giorno lo scenario peggiora: nessuna soluzione sembra essere realizzabile e da Don Nino Minetti, guanelliano Superiore della provincia di Roma, arriva il divieto alla Casa di accogliere nuovi ospiti. La Casa è in stallo e le nuove richieste di ingresso devono essere respinte: dall’aprile 2010 ad oggi sono arrivate circa 15 domande di accoglienza scritte - e rimandate al mittente - e quasi altrettante telefonicamente.
Continua su Giornalettismo, L’Asl non paga: chiude la Casa famiglia.
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