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venerdì 4 gennaio 2008

Sommersi dalla spazzatura

Continua la cosiddetta emergenza rifiuti. E continuano le innumerevoli idiozie (per essere gentili) circa le impossibili soluzioni. Per le ragioni sbagliate.
Qualche giorno fa avevo letto un pezzo di Gian Antonio Stella che iniziava più o meno così (Rifiuti, se Napoli copiasse Venezia, Il Corriere della Sera, 22 dicembre 2007):

Cosa ci hanno raccontato, per anni e anni? Che il pattume partenopeo, ammucchiato senza uno straccio di raccolta differenziata così com’è («tale quale», in gergo) non può essere trattato, ripulito, riciclato, trasformato in combustibile e bruciato.

Falso. Succede già. A Venezia. Dove lo stesso tipo di immondizia viene smaltito senza problemi dal più grande impianto europeo di Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) che manda in discarica solo il 6% di quello che arriva coi camion e le chiatte. E dov’è l’inceneritore? Dov’è questo mostro orrendo le cui fiamme fanno inorridire i campani che da anni, dipingendosi già avvolti dai fumi neri della morte, si ribellano all’idea di ospitarne qualcuno? A tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Senza che nessuno, neppure il gruppuscolo ambientalista più duro e puro e amante delle farfalle, abbia mai fatto una manifestazione, un corteo, una marcetta, un cartellone di protesta. Prova provata, se ancora ce ne fosse bisogno, che sotto il Vesuvio sono troppi a giocare sporco.

Da leggere tutto.

martedì 9 gennaio 2007

L’età dell’oro

Ovvero, non chiamateli mammoni perché aggiungereste l’ennesima ingiustizia.
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (Sotto i 35 anni solo 9 docenti su 18 mila, Il Corriere della Sera, 9 gennaio 2007) delineano un bel quadro della decrepita e indigena università. Da fuggire a gambe levate, altro che rientro dei cervelli.

Buon per lui che non la ingoiò, Paolo De Coppi, l’esca messa all’amo della leggina «Rientro dei cervelli». Peggio per l’Italia e buon per lui che se ne restò all’estero, a studiare le cellule staminali fino alla clamorosa scoperta finita ieri sulle prime pagine di tutto il mondo. Quelli che tornarono, adescati dalla prospettiva di entrare nelle università superando barricate burocratiche, trincee baronali e ragnatele sindacali, si ritrovano infatti a rimpiangere il posto perduto in America, Olanda o Germania e a fare i conti con le solite vecchie regolette corporative di un sistema abnorme. Dove due numeri dicono tutto: su 18.651 docenti di ruolo, quelli con meno di 35 anni (l’età di De Coppi) sono 9: lo zero virgola zero cinque per cento. Al contrario, quelli con più di 65 anni sono 5.647: il 30,3%. Eppure lo sanno, quelli che governano il mondo universitario.

Sanno che Enrico Fermi prese il premio Nobel a 37 anni, Renzo Piano progettò il Beaubourg a 34, Federico Faggin inventò il microchip a 30, Bill Gates fondò la Microsoft a 30, Larry Page e Sergei Brin sbaragliarono i colossi di Internet con Google quando ne avevano solo 25. E insomma sanno che l’esperienza è fondamentale e la saggezza è un dono dell’età e magari possono pure invocare Giuseppe Tomasi di Lampedusa che pubblicò Il gattopardo quando era anzianotto ma per certe cose, soprattutto nei campi della scienza, c’è un’età dell’oro. Ed è quella che certi giovani geni italiani, se non se ne vanno prima, passano in coda alla porta di questo o quel barone sperando che venga loro lanciato un tozzo di contrattino da poche centinaia di euro. I numeri del ministero (ufficiali e aggiornati al primo gennaio 2007 e dati al Corriere sulla base dei codici fiscali) sono lì, impietosi.
(Continua.)