Il Corriere del 30 gennaio lo spara già nel titolo: «Gb: basta dire “mamma e papà”, contro l’omofobia meglio parlare di “genitori”». L’articolo prosegue così:
Nelle scuole elementari britanniche sarà proibito usare l’espressione «mamma e papà» e diventerà obbligatorio utilizzare l’espressione neutra «genitori», in modo particolare nelle comunicazioni a casa. Come scrive mercoledì il popolare quotidiano Daily Mail, il ministro per la Scuola e l’infanzia Ed Balls farà propria la proposta lanciata dall’organizzazione per i diritti degli omosessuali Stonewall, mirante ad abituare i bambini britannici delle elementari all’idea che potrebbero esserci genitori dello stesso sesso.
Secondo gli attivisti di Stonewall, l’espressione «mamma e papà» lede i diritti dei genitori omosessuali e favorirebbe pregiudizi anti-gay.
Il
Giornale del giorno dopo, con Michele Brambilla, ha un titolo più contenuto («
L’ossessione dell’omofobia»), ma poi ci va giù pesante:
Gilbert Keith Chesterton diceva che «il guaio dell’uomo moderno non è quello di avere perso la fede, ma quello di avere perso la ragione». Basterebbe questa battuta per liquidare l’idiozia di un altro molto meno illustre cittadino inglese, il ministro per la scuola e per l’infanzia Ed Balls (nomen omen) che ha deciso di vietare ai bambini delle elementari l’utilizzo dei termini «mamma» e «papà», i quali sarebbero gravemente offensivi nei confronti degli omosessuali.
Poiché in teoria – ma solo in teoria – dovrebbe esserci un limite all’imbecillità umana, il lettore può pensare che abbiamo capito male, e che le cose non stanno proprio così. E invece stanno proprio così, anzi un po’ peggio. Cito testualmente dall’agenzia: «L’espressione “mamma e papà” lede infatti i diritti dei genitori omosessuali e favorisce le tendenze omofobiche, diffondendo l’idea che esista solo una famiglia tradizionale».
E invece le cose
non stanno così: Brambilla e il
Corriere hanno effettivamente capito male.
Sono andato a cercarmi le linee guida originali del ministero britannico – cosa che avrebbero potuto fare benissimo prima di me i sullodati giornalisti: si trovano in rete dal
settembre 2007. Il documento si intitola
Homophobic bullying, e consta di 138 pagine; ma i consigli relativi alle parole «mamma» e «papà» occupano poche righe. A p. 93 si legge:
Tutti i genitori/tutori sentono di essere coinvolti nella vita scolastica? I messaggi per le famiglie sono inclusivi? Parlate di «genitori» invece di presumere che tutti gli studenti abbiano una «mamma o un papà»?
Nell’originale:
Do all parents/carers feel able to be involved in school life? Are messages home inclusive? Do you talk about “parents” instead of assuming all pupils have a “mum or a dad”?
E a p. 99:
Le scuole dovrebbero sforzarsi di parlare inclusivamente dei genitori omosessuali, per esempio evitando di presupporre che tutti gli studenti abbiano una «mamma o un papà».
Nell’originale:
Schools should make efforts to talk inclusively about same-sex parents, for example, avoid assuming all pupils will have a “mum and dad”.
Non c’è, come si vede, nessuna proibizione, solo consigli (e rivolti agli insegnanti, non agli studenti);
ma soprattutto non si chiede genericamente di evitare le parole «mamma» e «papà». Il messaggio è chiarissimo: evitare indebiti presupposti quando si parla ai o dei genitori
degli studenti, se si ignora la loro realtà familiare, che – piaccia o non piaccia – può essere differente dai modelli tradizionali. L’unica critica sensata che si può rivolgere al documento è di non essere ancora più inclusivo, prendendo in considerazioni i casi di bambini o ragazzi con un solo genitore.
Vorrei poter dire che i blog se la siano cavata meglio dei giornali, e in parte è così: Luca Sofri ha capito subito che la notizia era sostanzialmente falsa («
Buttarla in vacca»,
Wittgenstein, 31 gennaio); Stefano B. di
Cadavrexquis fa notare come la fonte invocata dal
Corriere, e cioè il
Daily Mail, riporti in realtà la notizia correttamente, facendo risaltare ancora di più l’assenza di professionalità di quello che dovrebbe essere il maggiore quotidiano italiano («
Cari mamma e papà, basta che non siate giornalisti», 1 febbraio); Emanuela di
Céad Míle Fáilte prende per buona la notizia, ma ne trae qualche considerazione non banale («
Continuerò a chiamarli così», 31 gennaio). Ma c’è anche chi approfitta di questo falso per costruirci sopra uno
squallido apologo: capita, quando l’odio integralista si somma alla
credulità.