martedì 27 maggio 2008

L’Europa che non c’è e quella che non fa comodo avere

Un commento di straordinaria portata appare questa mattina su Il Tempo di oggi. Dall’estero nessuna lezione, please, ovvero Il punto di Giuseppe Feyles.
Il punto di Feyles sistema tutti quelli che osano aprire la bocca sull’Italia, perché animati da invidia o da un qualche sentimento avverso, secondo lui (sembra come quello studentello che è perennemente in bilico tra il 5 e il 6 ma giustifica le oscillazioni verso il 5 con “la professoressa ce l’ha con me”, “è morta mia nonna”, “io ho risposto bene a tutto”, “non ha capito lo spirito del mio tema”, e così via – ora può anche succedere, e magari pure spesso; ma è decisamente improbabile che il nostro studentello non abbia mai alcuna responsabilità).

Qualche ministro di Zapatero ci apostrofa? Pazienza, mica dobbiamo viverci in quella terra arida. Un europarlamentare di sinistra insulta gratis? Niente paura, è il livore dei perdenti. Un intellettuale di qualche paese poco amato dal sole ci bacchetta per un nostro presunto razzismo? Non importa (non del razzismo, ma dell’accusa falsa): diventano acidi perché gli manca il nostro cielo azzurro.
Il fatto è che il tempismo con cui il nuovo governo è stato messo sulla graticola desta molti sospetti. Sa molto di pregiudizio. D’altro canto, un antico complesso d’inferiorità ci porta a sopravvalutare ogni fiato che venga da oltreconfine (a proposito, ma esistono ancora i confini?). Invece, non ci dovremmo far impressionare dalle bordate ostili che vengono dagli stranieri, perché loro non sono meglio di noi. Non lo sono stati ieri, nella storia.
Feyles elenca poi qualche esempio storico da bignami (del tipo Costantino era un imperatore buono o i barbari non usavano coltello e forchetta).
Tanto per fare un esempio, mentre a Roma, a Firenze, a Napoli si coltivavano la cultura e l’arte universale, a Londra, a Parigi, a Madrid e Lisbona si commerciavano gli schiavi e si fondava il colonialismo armato.
Per poi sferrare l’attacco odierno contro la Francia e l’Europa settentrionale, e contro la Spagna, blasfema e rovinafamiglie (sic).
Quando arriva a tirare in causa l’Europa e la coscienza vien voglia di dargli qualche consiglio (immancabile la voce del Papa; che stia a Roma, il Papa, purtroppo ce ne accorgiamo ogni giorno).
Ma non sono meglio di noi neppure oggi, come dimostrano le violenze delle periferie parigine o delle metropoli del nord Europa. Quanto alla Spagna, paese in prima fila nel distruggere i fondamenti della famiglia o nel facilitare l’aborto, non può dare lezioni di civiltà. I più deboli di tutti, infatti, allo stesso modo di poveri e immigrati, sono i neonati. L’Europa è importante, va seguita e costruita, ma senza smarrire la propria identità storica. Se l’Europa rinnega le proprie radici, ad esempio distruggendo il patrimonio cristiano, non per forza dobbiamo stare a sentirla.
Piuttosto, è un’altra la voce che andrebbe ascoltata, prima di agire anche a livello politico: la si potrebbe chiamare coscienza, se non fosse una parola frusta, ormai priva di significato, o confusa col generico prurito di una piccola morale. La coscienza invece è il luogo dove vivono i grandi ideali. Ascoltarla significa confrontarsi con l’innata tendenza al vero, al bene, al bello che sta nel fondo di tutti gli uomini. E’ un processo delicato, che ciascuno deve fare in prima persona, ma non necessariamente da solo. Infatti, anche se può sembrare paradossale, spesso ascoltare la coscienza significa ascoltare la voce di un altro, che meglio incarna ed esprime quelle esigenze di verità e giustizia. Tanto per fare un esempio, la voce del Papa. Che, tra l’altro, sta a Roma, mica a Madrid o Bruxelles.
Geniale il passaggio dal facilitare l’aborto alla debolezza dei neonati: può essere che a forza di ascoltare Emilio Fede gli si siano confuse le idee.
Non so voi, ma io non avevo idea di chi fosse Feyles. Sono andata a cercare; e il risultato è piuttosto interessante.

Evito di commentare le sue parole sulla Spagna perché mi sembra superfluo. Sulle radici cristiane abbiamo già detto.
Funambolico il ragionamento sul Papa: prima di agire a livello politico, dice Feyles, bisogna ascoltare la coscienza – luogo dei grandi ideali – che tende al vero; la coscienza è fatta di ascolto: e sapete di chi? Di chi?
Quanto all’importanza dell’Europa: “non per forza dobbiamo stare a sentirla” riguarda forse quanto ha stabilito (o meglio confermato per l’ennesima volta) la Corte di Giustizia Europea sulla sorte di Rete 4? Insomma, se l’Europa ci dice quanto siamo bravi va bene; se ti toglie la poltrona da sotto al culo va decisamente meno bene, vero Feyles (forse è anche il nome ad infastidirlo: Europa, brutti ricordi...)? Non è da gentiluomo, però, questa doppiezza fondata sui propri meschini interessi (ma forse sbaglio, è nel nostro interesse mantenere un canale tanto inutile e mediocre, è per il nostro bene).

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ALTRO CHE TESTAMENTO BIOLOGICO ED EUTANASIA. TRATTO DA DISABILE.COM

TRATTO DA DISABILE.COM CRISAFULLI: "PER FAR SENTIRE LA NOSTRA VOCE “SILENZIOSA” AI POLITICI HO BISOGNO DEL SUO AIUTO"
La risposta al Presidente Napolitano del disabile gravissimo: in 90 sottoscrivono

La questione sull'assistenza ai disabili gravissimi, e alle famiglie, da parte della sanità e della politica, ancora non trova una soluzione.
Abbiamo presentato la vicenda di Salvatore Crisafulli, il disabile gravissimo che, assiema ad altri nelle sue stesse condizioni, aveva iniziato lo sciopero della fame per attirare l'attenzione sulla situazione in cui versano tutti quelli che sono legati alle macchine per sopravvivere e costretti ad un'assistenza continua.

Sciopero sopeso per la risposta prima dell'ex-ministro Livia Turco e per la risposta del Presidente Napolitano, in cui confermava "l'impegno, già affermato lo scorso dicembre in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità, affinchè le istituzioni facciano fronte alla "grande questione di umanità e civiltà" costituita da tutte le barriere materiali e immateriali".

Ecco la replica di Salvatore e di altre 89 persone, che hanno sottoscritto con lui la lettera aperta:

Caro Presidente,
adesso che la Nazione ha un nuovo Parlamento e un nuovo Capo del Governo, voglio rispondere alla Sua lettera ricevuta lo scorso 8 Aprile e da me resa pubblica. Aver ricevuto la Sua lettera mi ha riempito il cuore di felicità.
Premesso ciò, vorrei innanzitutto chiarirle chi sono.
Mi chiamo Salvatore Crisafulli di 43 anni, vittima di uno spaventoso incidente stradale avvenuto a Catania l’11 settembre del 2003, entro in coma, successivamente trapasso lo stato vegetativo permanente (sentenziato dalla scienza medica per due anni) e poi, incredibilmente nel 2005, riesco a raccontare che dopo circa sette mesi dal trauma (quando ancora ero in coma) mi risveglio ed io sentivo e capivo tutto. La mia storia in pochi secondi fece il giro del mondo. Le ho scritto altre volte senza aver ricevuto risposta. La mia incredibile storia e stata anche trascritta in un libro dal titolo “Con gli occhi sbarrati”.

Oggi vivo da paralizzato, la mia patologia è quella che si chiama sindrome assimilabile alla Loked.in “uomo incatenato” ma con una straordinaria voglia di vivere, che trasmisi anche a Piergiorgio Welby, supplicandolo “inutilmente” di lottare per la vita.
Per far sentire la nostra voce “silenziosa”, a tutta la classe politica ho bisogno del suo aiuto.
Pertanto vorrei che si aprisse un dibattito sulla nostra condizione e sulla mancata attuazione di varie leggi che garantiscono il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.
Caro Presidente noi amiamo la vita! La morte per noi rappresenta un “orrore” e vorremmo vedere garantita la nostra voglia di vivere.
Perché i mass media parlano solo di eutanasia senza andare in fondo al problema? Perché le discussioni si infiammano quando vengono sollevati casi come quello di Piergiorgio Welby? Si deve avere il coraggio di andare oltre le motivazioni secondo le quali ad alcuni di noi conviene fare ricorso alla “dolce morte”. Non può il diritto di morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani.

Se lo Stato riuscisse a garantire pienamente la tutela della vita, in ogni sua fase della malattia e della disabilità ed anche nella fase insostenibile, credo non esisterebbe alcun fenomeno di eutanasia, certo, poi, quando, si arriva alla disperazione, si spegne quella fiamma della speranza, che, non trovando concrete risposte assistenziali, sfocia in una domanda di eutanasia e di fine vita. In Italia da anni si discute del testamento biologico, sembra che lo Stato sia orientato al riconoscimento del diritto di morire, anche perché non conviene spendere soldi per uno che si trova in cattive condizioni di salute.

Presidente sa cosa temo? Che non si voglia più prendere cura delle persone deboli. Ecco perché parlo di “eutanasia passiva dello stato italiano”. La dolce morte trova spazio dove c’è disperazione, dove c’è un grande senso di abbandono e di sofferenza.
Dove invece, c’è volontà di vivere come in noi, le cose stanno in modo inverso. Senza avere la forza di prendere una penna in mano, ma aiutato e sostenuto dalle mani di altre 90 famiglie che vivono sulla loro pelle questo terremoto capitato (forse non a caso) nella loro vita, divento io il portavoce di questa lotta “silenziosa”. Tutti conoscono il mio caso, da più tempo perché ho la fortuna di poter parlare attraverso un computer, usando la sola cosa che riesco a comandare: “gli occhi”, oltre al movimento del capo.

Al tutt’oggi il nostro problema è ancora privo di attenzione soprattutto nel considerare che le persone nel mio stato col tempo migliorano, (la mia storia ne è la prova tangibile). “Lo stato vegetativo”, è il risultato di raffinate tecniche di rianimazione, che riescono a salvare dalla morte. E’ il limbo, che non è morte nel quale si può vivere se assistiti e uscire se la medicina riuscirà a farci superare le gravissime lesioni cerebrali determinate da vari traumi.
Sig. Presidente oggi tutto grava sulle nostre famiglie, perché non ci sono strutture adatte ad accoglierci ed in particolare non esiste un assistenza domiciliare come in molti paesi europei.
Gli ospedali che ci assistono oggi sono le nostre case con tutti i problemi che la situazione comporta dalla spesa all’impegno. Oltretutto, con l’autonomia regionale esiste un grandissimo divario tra Nord e Sud del Paese! In Lombardia ci sono persone che nelle nostre stesse condizioni a cui non manca (quasi) niente, in Sicilia in Puglia manca tutto.

La Regione Sicilia, per esempio, con “Statuto speciale” non recepisce una legge nazionale come la 162/98 (“vita indipendente”). Altro che vita indipendente, da anni dicono che mancano i fondi e pertanto non si può usufruire nemmeno dei benefici della legge 328/00.
La nostra condizione sembrava non interessare a nessuno fino a che non succedesse l’orrore e lo scempio di Terri Schiavo.
Ecco perché ci siamo esposti, questo nostro dramma non può più essere sottaciuto! Ora non ce la facciamo più.
E allora, perché Sig. Presidente parlare sempre di eutanasia?

Non capisco perché prima ci salvano e poi ci uccidono! Ed allora perché non chiudere i reparti di rianimazione se il problema e così insormontabile?
Nel nostro caso è più difficile vivere che morire e la condizione mia e di queste persone né è prova di fatto.
Anche le affermazioni del Papa in difesa dello stato vegetativo, rimangono vuote se le istituzioni non cominciano a fare una seria politica per la vita, se non si applicano quelle leggi che sono rimaste solamente sulla carta.
Finche c’è vita nel corpo di una persona non si può dire che non ci sia nulla da fare: bisogna solo trovare la strada giusta da percorrere!

Solo il suo intervento potrà evitare richieste di eutanasia.
Tengo a precisare, caro Presidente, che ogni caso è unico a se stesso e non esiste analogia. Ci sono persone come me che sono “uscite dal tunnel” del coma altre che hanno gli occhi aperti, sono capaci di seguire e talvolta possono abbozzare dei sorrisi o delle smorfie, o anche monosillabi, ma, se lasciate sole, queste persone non collaborano, non seguono, non migliorano. Il vero dramma non è il cosiddetto “stato vegetativo” ma quello che ne consegue: l’abbandono, l’indifferenza delle istituzioni e della medicina.

E poi vi è la nostra stanchezza, di non riuscire a farsi sentire dopo anni passati in queste condizioni, che mette a dura prova sia noi che i nostri familiari, i quali alla fine, finiscono con l’ammalarsi anche loro.
E allora che fare? Bisogna realmente chiedere l’eutanasia?
Io e queste 90 famiglie pensiamo di no. Occorre prenderci in considerazione, non trattarci come malati terminali, ma assisterci adeguatamente, molti di noi sono giovani. Ci vuole una nuova coscienza civile di questo gravissimo problema lungamente messo da parte, perché a tutti potrebbe capitare il nostro stesso inconveniente. Caro Presidente ci affidiamo alla sua parola, ringrazio per l’attenzione e la disponibilità.

20 Maggio 2008

Salvatore Crisafulli + altri 89 sottoscriventi:
Mamma di Carmela Galeota (Ginosa Ta) Famiglia di Emanuela Lia (Tricase Le) Famiglia di Carmelo Spataro (Castelfiorentino Fi) padre di Cristina Magrini (Sarzana SP) famiglia di italo Triestino (Fiesco CR) famiglia di Lioce Vita (Ginosa TA) famiglia di Marcello Crisafulli (Monsummano Terme PT) Associazione uniti per i risvegli (Bari) Familiari di Nd (BARI) famiglia di Leonardo Colella (BARI) familiari di Angela Giovannelli (BARI) familiari di Angelo Cervo (Erchie) familiari di Antonio Petrosino (BARI) Pino Fraccalvieri (Puglia) Giovanni Martinello (BG) Antonio Daloiso (FG) Vincenzo Marziano (Calabria) Alfredo Ferrante (Roma) Fargnoli Ginevra (Caserta) Santoro Pasquale (BR) Maria Sapienza (Calabria) Sebastiani Alessio (Roma) Maria Calabrese (Napoli) Toscano Alberto (RC) Lazzari Pietro (SA) Michele Carnevale (SS) Marco Dito, (SR) Pezzino Nicola, (PA) Palmieri Salvatore, (FI) Gallesi Fabrizio, (TA) Giugliacci Morena, (PZ) Ciamarone Rita, (PS) Roberta Rossi, (RC) Roberto Cherubini, (LE) Palmucci Lorenzo, (BR) Bertoni Oreste, (NA) Barbati Ilaria, (CA) ND minore di (CA) La Manna Susy. (RM) Ornella Valenti (TP) Irene Trovato (CT) Francesco Spoto (Gravina di CT) Manuele Diolosà (NA) N.D. minore di (CT) Grilli Alberto (PT) Lombardi Marco (LE) Putignani Leonardo (RC) Tredici Giuseppe (CS) Gambino Carmelo (RG) Lo Bue Ernesto (RM) Farina Barbara (MT) Coletta Pasquale (CZ) Santini Tamara (CL) Lepori Gaspare (NA) Giliberto Mario (SR) Rocca Davide (RM) Cucinella Giorgio (PA) Manzo Angela (NA) Schifano Alessio (SA) Leonardi Paolo (AN) Angelini Pamela (LU) Quadrone Mario (RC) Ursone Angelo (MT) Monsù Vincenzo (PA) Marzucchi Ottavio (LE) Di Bennardi Francesco (CT) Ruggero Santa (NA) Spataforo Concetto (SR) Battifoglia Riccardo (LE) Leogrande Marcella (AN) Gasperini Nicolas (FI) Miccoli Nora (VT) Lampone Carlo (PE) Santangelo Lina (ME) Spinella Francesca (CT) Garozzo Antonino (CT) Miceli Alessandro (CZ) Scopellitti Maria (TA) La Bruna Giovanna (PA) Leone Alessio (CS) Lo Presti Giacomo (CT) Giovannardi Marcella (Puglia).

Anonimo ha detto...

Tanto per fare un esempio, la voce del Papa. Che, tra l’altro, sta a Roma, mica a Madrid o Bruxelles.

...pensa se fosse rimasto ad Avignone! :-)

Anonimo ha detto...

"La dolce morte trova spazio dove c’è disperazione, dove c’è un grande senso di abbandono e di sofferenza."

Welby era forse abbandonato a se stesso?

Magar