mercoledì 14 maggio 2008

Marco Travaglio su Renato Schifani

Essere costretti ad invocare i diritti fondamentali garantiti dalla carta costituzionale ha spesso il sapore amaro di una estrema e noiosa difesa.
Vale la pena di correre il rischio richiamando la libertà di opinione e di espressione. Libertà che sancisce anche il diritto di correre il rischio di abusarne. E di subire le eventuali conseguenze in caso di reato (diffamazione o calunnia che sia) – unico limite giustificato.
Quando le parole dei cittadini sono limitate da ragioni diverse si impone la censura. Mascherata con i nomi più vari: da buon gusto a legittima punizione della provocazione, da opportunità politica a giusta condanna degli estremismi.
Quando si riportano fatti veri non può esistere calunnia, ma censura sì. E servile autocensura anche, preventiva o volta a negare complicità o consenso.
L’unico modo per “tappare la bocca” di qualcuno che pronuncia parole ruvide è dimostrare la loro infondatezza. Se Marco Travaglio ha dichiarato il falso riguardo a Renato Schifani pagherà nelle sedi stabilite. Le confutazione delle sue parole giustificherebbe la querela. Ma in caso contrario, e fino ad allora, ha detto la verità. E scandalizzarsi è sintomo di un ipocrita perbenismo, nella ipotesi più rosea.
Sono molti quelli che sono accorsi a chiedere scusa e a prendere le distanze, forse più inclini ad ascoltare pietose bugie o perifrasi barocche. Ben strana abitudine chiedere scusa per avere ascoltato la verità!
Con una compattezza e una partecipazione da stadio. Metafora, ormai, ben più invadente di una invocazione trasformata nel nome di un partito politico in quel lontano 1993.

(Confutate Travaglio o querele e cause non hanno senso, DNews, 13 maggio 2008)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

tanto reclamare rigore intellettuale non serve. Per me, hanno banalmente colto al balzo la prima possibilità che hanno trovato per cacciare Travaglio e Santoro dalla Rai. Scomodi da troppo tempo ormai.

A rigor di logica, con la situazione che ci ritroviamo in fatto di mafie, anche solo il lontano sospetto di rapporti con la mafia dovrebbe essere sufficiente ad allontanare chiunque dalle istituzioni. E invece no, la mafia fa parte del sistema economico di questo paese.

E quelli che ancora si arrabbiano per connivenze, favoreggiamenti, aiuti qua e là, non sono che dei poveri illusi. Da far passare per spudorati mentitori diffamatori in caso si esprimono pubblicamente. D'altronde...Garibaldi era un delinquente comune e Mangano un eroe, no? Che ci si poteva aspettare?

Anonimo ha detto...

Persone come Travaglio, Santoro o Grillo sono indispensabili, non ultimo per testimoniare il successo della nostra democrazia, che per continuare ad essere tale deve però anche saper mettersi continuamente in discussione.

Tuttavia:

semmai dobbiamo domandarci se codesti signori, che ovviamente si spacciano per la parte migliore del paese, non si stiano adoperando incessantemente a tenere ben sveglie le coscienze altrui, non ultimo anche per magari trarne più che discreti profitti.

Ciò non vuole dire nulla, ma forse è importante non scordare anche quest’aspetto …