Mi aspettavo che la notizia della campagna pubblicitaria finanziata da alcuni atei inglesi – quella con la scritta «There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life» sulle fiancate degli autobus – suscitasse un’ondata di commenti indignati sui blog integralisti, ma così ancora non è stato. Solo su Orarel Massimo Zambelli dedica un post alla vicenda («Probabilmente Dio non esiste», 23 ottobre 2008); una sua affermazione vale la pena di un breve commento:
I promotori sono apprezzabili per la sincerità: “Noi ateisti vogliamo un paese secolarista, un governo secolarista, una scuola secolarista”. Da noi invece si parla di laicità, società laica, scuola laica, stato laico, ma si intende atea e ateo. Quando qualcuno si presenta come laico vuol significare non credente. È giusto che chi abbia una visione della realtà voglia difenderla e diffonderla.Secondo Zambelli, dunque, gli atei inglesi non vorrebbero una società, una scuola e uno stato laici, ma una società, una scuola e uno stato atei. Eppure nella frase che riporta (che trae da un articolo di Repubblica) non c’è scritto «vogliamo un paese ateo, un governo ateo, una scuola atea». Al posto dell’aggettivo «ateo» c’è scritto «secolarista», che è ovviamente una traduzione dell’inglese «secular», come confermato da una breve ricerca su Internet, che ci porta sul sito del Guardian («atheists want a secular country, we want a secular school and a secular government»); e «secular» vuol dire «laico»: così lo traduce per esempio Il Grande dizionario inglese di Fernando Picchi, su cui per questa voce non si trova traccia del traducente «ateo» (in effetti una traduzione in italiano corrente sarebbe stata «gli atei – non gli ateisti! – vogliono un paese laico, etc.»). Un’occhiata allo Shorter Oxford conferma che il significato di secularism corrisponde quasi esattamente a quello del nostro «laicismo»:
The belief that religion and religious considerations should be deliberately omitted from temporal affairs.Anche presso i «sinceri» atei inglesi, dunque, si parla di società laica, scuola laica, stato laico; come mai Zambelli pensa il contrario? Escluderei l’ignoranza della lingua inglese, e propenderei piuttosto per un abbaglio: Zambelli ha secondo me letto «ateo» al posto di «secolarista». La causa è forse illuminata da una frase rivelatrice: «È giusto che chi abbia una visione della realtà voglia difenderla e diffonderla». Per l’autore di Orarel chi è ateo deve volere un mondo conforme alla propria credenza, anche se dichiara il contrario – anzi il suo dichiarare il contrario neppure penetra nella coscienza del nostro. Ogni appello alla neutralità religiosa dello Stato, alla libertà di coscienza – perché questo significa laicità – è insincero, mero flatus vocis. Il che, naturalmente, ci rivela qualcosa dello stesso Zambelli, e niente invece degli atei e dei laici...
Si potrebbe obiettare che, sebbene gli atei inglesi vogliano anch’essi istituzioni laiche, essi hanno almeno il coraggio di chiamarsi atei, e non laici, come invece – è una parte dell’accusa di Zambelli – farebbero gli insinceri atei italiani. Ma questo è quasi interamente falso: esiste un’agguerrita, rappresentativa (e benemerita) organizzazione italiana che orgogliosamente si fregia dell’appellativo di Unione degli atei, agnostici e razionalisti. Può però essere vero che in passato qualche ateo preferisse definirsi meno impegnativamente laico; come mai? Leggiamo un altro passo del post di Zambelli:
Quando ho letto la pubblicità inglese maliziosamente ho pensato che di quello slogan sarebbero contenti tutti i cattivi di questo mondo. Cosa fanno se non cercare di godersela alle spalle di altri (che importa)? Una sequenza di assassini, tiranni, pedofili, sadici, padroni sfruttatori, drogati e spacciatori, mafiosi, ladri... Dio non c’è, non devono rendere conto a nessuno. Non solo per il fatto che se se [sic] ce la fanno a non essere presi non hanno in morte nessun ultimo giudice, ma proprio letteralmente nessuno li può giudicare, perché ogni scelta di vita non è giudicabile, in quanto la vita in generale non ha alcuno scopo, buono o cattivo che sia.Ecco, se questa è l’immagine evocata in certuni da uno slogan come quello, abbiamo forse spiegato il perché di alcuni eufemismi...
36 commenti:
Ma io, che non sono un assassino, un tiranno, un pedofilo, un sadico, un padrone sfruttatore, un mafioso, un ladro (fidatevi!), perché penso solo che essere tale sia sbagliato nei confronti del prossimo e non perché temo una punizione divina, vinco qualcheccosa?
Marcoz
Devo ancora finire di leggere il pezzo ma già ribollivo. Primo punto: alcuni miei cari vanno a messa tutte le domeniche da sessant'anni e si consiedrano a piene mani laici, o "secolairsti". Secondo: anche io sono saltato alla parola "ateisti". La parola atheist si traduce, come ovvio, in ateo. Terzo: Gesù era laico, o secolarista, e la cosa date le definizioni dei vari dizionari e il contenuto dei vangeli mi sembra incontestabile. Quarto: siccome Gesù era laico, mi sembra dimostrato che "laico" (o secular) e "ateo" non possano essere sinonimi.
Uno stato veramente laico, però, si comporta come se dio non esistesse e, in pratica, è ateo. Non mi pare una novità. O sbaglio?
Marcoz
Marcoz: io penso che per Stato ateo si intenda uno Stato che promuove l'ateismo, p.es. istituendo insegnamenti scolastici di miscredenza, elargendo fondi alle associazioni di atei, magari addirittura discriminando i credenti a favore dei non credenti, etc. Nel passato Stati che facevano questo non sono mancati. Invece uno Stato laico è uno Stato neutrale, che non istituisce cioè nessun insegnamento scolastico, che non elargisce fondi né alle Chiese né ad altri, che non discrimina nessuno in base alla fede o alla mancanza di fede. Se vogliamo evitare confusioni fra le due cose direi di riservare l'epiteto di "ateo" al primo caso.
Beh, certo Giuseppe, se per ateo si intende "regime".
Saluti
Marcoz
Mah, non so: ci sono stati anche regimi non atei - più di uno ha firmato un concordato con la Chiesa...
Ho provato a postare un commento, ma mi sa che lo smerdava un pochino troppo, e non l'ha (ancora?) pubblicato.
Il commento era il seguente:
Ma io che sono ateo, devo sentirmi necessariamente parte degli assassini, tiranni, pedofili, sadici, padroni sfruttatori, drogati e spacciatori, mafiosi , ladri e tuoi deliri vari? O è contemplato che al mondo esistano anche atei “buoni”?
Non mi pare che Woody Allen o Eugenio Scalfari abbiano mai ucciso, schiavizzato, stuprato, torturato, sfruttato, drogato, chiesto il pizzo o rapinato nessuno.
La memoria m’inganna?
Sai che anche senza inventarsi dei, spiritelli, folletti, alieni e streghe, esiste comunque un banalissimo, logicissimo, semplicissimo, comprensibilissimo e razionalissimo “principio del danno”, secondo cui, brutalmente: se “danneggio qualcuno senza trarne vantaggio”, ci abbiamo rimesso in due, quindi non lo faccio.
L’unico motivo logico e razionale (che continua a non necessitare il coinvolgimento di mostri, fate e dei) per danneggiare qualcuno traendone un vantaggio è la legittima difesa, assolutamente legale in ogni paese civile.
Punto. Finita qui. Semplice semplice.
Comunque non bisogna far crollare drasticamente l’uso del Prozac. Il dosaggio va scalato gradualmente.
Io la metto sempre così: cosa dobbiamo dedurre dall'ultima parte dell'intervento, che se un credente dovesse malauguratamente perdere la propria fede in Dio (si sa che capita) comincerebbe ad ammazzare gente a destra e a manca? Allora le parole di Zambelli, più che degli atei, dicono molto dei credenti.
Piccola precisazione: la benemerita associazione a cui ci si riferisce nell'articolo (e di cui sono orgoglioso di far parte) si chiama UAAR: Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
L'aggettivo Italiani non c'è.
Ne approfitto spudoratamente per segnalare il sito www.uaar.it
beh, della reale capacità deterrente della fede nel giudice supremo dubito: tanto poi mi pento, c'è la conffessioncina con assoluzione finale, due ave e un pater e via..
ossola
Più che giusto, Don Zauker, grazie. Ho aggiustato il post.
X Regalzi: “Un’occhiata allo Shorter Oxford conferma che il significato di secularism corrisponde quasi esattamente a quello del nostro «laicismo»”
Laicismo e laicista non equivale a laico o laicità. Siamo d'accordo che la parola laico viene usata oggi, invece che credente non sacerdote, come sinonimo di "non credente"? Figuriamoci laicista. Sulla neutralità condivido il ragionamento di “anonimo/Marcoz” delle 11,28. Oltre a quello del costituzionalista ebreo Joseph Weiler, intervenuto in “Un’Europa cristiana” a proposito della citazione o meno di Dio o del cristianesimo nel Trattato europeo: «Se la soluzione costituzionale è definita come una scelta fra laicità e religiosità, è chiaro che non esiste una posizione neutrale in un’alternativa tra due opzioni. Uno Stato che rinunci a ogni simbologia religiosa non esprime una posizione più neutrale di uno Stato che aderisca a determinate forme di simbologia religiosa».
X De Gregorio
I suoi amici cristiani si possono definire come vogliono, certamente laici, che sono i credenti non sacerdoti, ma il concetto secolarista è avversativo alla fede cristiana che è una fede incarnata, vissuta nella storia e nella piazza, non nella sacrestia..
X tycooko
Scusa tycooko ma per impegni di lavoro non ho potuto moderare subito il tuo post. Se ti capita di leggerne altri ne troveresti di ben più duri e critici del tuo.
Dici: «Esiste… il “principio del danno”, secondo cui, brutalmente: se “danneggio qualcuno senza trarne vantaggio”, ci abbiamo rimesso in due, quindi non lo faccio». Perfettamente reversibile e in linea con la mia osservazione che non vuole dimostrare che tu sei cattivo ma che in un’ottica atea l’essere cattivo non è giudicabile: “se danneggio qualcuno traendone vantaggio, ci guadagno, quindi lo faccio».
X Marcoz/anonimo delle ore 8,11
> “perché penso solo che essere tale sia sbagliato nei confronti del prossimo e non perché temo una punizione divina, vinco qualcheccosa?”
Il credente non fa il bene per paura di una punizione divina, ma perché il bene esiste. È cioè legittimo conformare il proprio agire a un’idea di bene che si riconosce vero. Per l’ateismo non c’è nessun dover essere, nessun giusto essere, iscritto nei cieli vuoti o in una inesistente essenza umana: siamo su di un piano in cui ci sono solo uomini (Sartre) creatori di sogni e favole del bene e del male.
@Zambelli
Laicismo e laicista non equivale a laico o laicità. Siamo d'accordo che la parola laico viene usata oggi, invece che credente non sacerdote, come sinonimo di "non credente"? Figuriamoci laicista.
Laicità non equivale a laicismo, ma per un motivo evidente. Infatti, secondo il De Mauro
Laicità: l’essere laico; l’essere ispirato al laicismo: sostenere la l. della scuola pubblica, dello stato
Quindi la laicità è una condizione, la condizione di essere laico nel senso di ispirato al laicismo. E cosa vuol dire laicismo?
Laicismo: corrente di pensiero che rivendica l’autonomia dello stato dall’autorità ecclesiastica sul piano politico, sociale e culturale.
Laicità e laicismo insomma sono differenti perché la prima indica una condizione, la seconda una corrente di pensiero; e non perché siano entrambe due correnti di pensiero confrontabili e distinte.
Se nell'uso corrente qualcuno cerca di distinguere tra laicismo e laicità (magari "sana" o magari "aperta" come dice Sarkozy) lo fa strumentalmente, sottintendendo un giudizio negativo nei confronti nel primo, positivo nei confronti della seconda: laicismo=male (e laicista=ateo-cattivo); laicità "sana" (ovvero mutilata, asservita alla confessione religiosa di maggioranza) = cosa buona e giusta.
Gli stessi che forzano una distinzione inesistente tra laicismo e laicità (e spesso aggiungono "sana") sono coloro che vogliono usare la parola "laico" solo nel senso di "non credente".
E come dice Regalzi, questo modo di schematizzare, questa volontà di sancire nettamente una dicotomia tra credenti da una parte e laici, intesi solo come non credenti, dall'altra, è significativa di un modo di pensare integralista, secondo il quale il vero credente non può che avere un atteggiamento confessionale in merito alla cosa pubblica. Ovvero, ribaltando la definizione di laicismo, il credente non potrebbe che rivendicare la soggezione dello Stato all'autorità ecclesiastica sul piano civile, sociale e culturale.
Insomma secondo l'integralista o si è credenti o si è laici.
Massimo: tu parli dell'uso delle parole, quindi conviene forse prendere in mano un dizionario. Il De Mauro dà vari significati per "laico", ma i due che ci interessano sono questi:
1 agg., s.m., che, chi non appartiene al clero; che, chi non ha alcun grado nella gerarchia della Chiesa cattolica.
4 agg., improntato, ispirato ai principi e agli ideali del laicismo: pensiero l., istituzioni laiche, istruzione laica | agg., s.m., che, chi condivide gli ideali del laicismo; che, chi auspica l’autonomia da qualsiasi forma di ingerenza ecclesiastica: intellettuali laici, dibattito tra laici e clericali.
Cosa interessante, non registra affatto il significato di "non credente".
Se cerchi "laicismo" trovi questo:
1 corrente di pensiero che rivendica l’autonomia dello stato dall’autorità ecclesiastica sul piano politico, sociale e culturale.
2 estens., atteggiamento di chi è laico, di chi intende essere consapevolmente indipendente da scelte aprioristiche e da dogmi religiosi, etici, ideologici, ecc.
Ammetterai che questo non è il significato di "ateismo"... "Laicità, infine, è definita così:
s.f.inv., l’essere laico; l’essere ispirato al laicismo: sostenere la l. della scuola pubblica, dello stato.
Trovi definizioni molto simili anche in altri dizionari, come per esempio il Devoto-Oli. Le tue distinzioni non hanno quindi base nella realtà della lingua, né capisco in che senso vogliano rispondere al mio post.
All'obiezione di Marcoz ho già risposto; quanto alla posizione di Joseph Weller la trovo di una disonestà intellettuale raccapricciante. Il laicismo è la posizione neutrale fra lo Stato confessionale e lo Stato ateo; le opzioni sono tre, ma Weller molto convenientemente ne ha dimenticata una. E sarei veramente curioso di sapere quale sarebbe mai la "vera" neutralità, per lui...
Vedo adesso che la mia risposta si sovrappone ampiamente a quella di Joe Silver; ma insomma, repetita iuvant... ;-)
"Il credente non fa il bene per paura di una punizione divina, ma perché il bene esiste."
ma voi cosa avete al posto dell'emisfero sinistro? segatura?
"ma perché il bene esiste"
Per me esistono azioni che possiamo ragionevolmente considerare "bene". Poi, se qualcuno dimostra di fare "bene" ispirandosi a un suo valore trascendente e non a qualcosa di immanente, quale l'esperienza umana a cui mi rifaccio io, non intendo mettermi a fare classifiche di merito. Mi piacerebbe che anche altri evitassero di farle, le classifiche.
Stato ateo. Chiarisco.
Per me stato laico e stato ateo sono, in pratica, sinonimi, perché in entrambi i casi abbiamo un'entità che regolamenta (o dovrebbe regolamentare) la convivenza sociale a prescindere da specifici dettami religiosi; il perché dovrebbe essere così è ovvio: di fronte a una società non omogenea sotto il profilo del pensiero e delle origini culturali, come già fatto notare, è la neutralità l'unica strada praticabile.
Però se sotto l'aspetto formale, come ha precisato Giuseppe, l'uso del termine ateo viene utilizzato per indicare un presunto "regime" oppressivo nei confronti della libertà religiosa, convengo che sia corretto utilizzare "laico".
Marcoz
@ Zambelli:
"fede cristiana che è una fede incarnata, vissuta nella storia e nella piazza"
Ovviamente tutto dipende da come uno se la vuole rigirare, e cosa voglia intendere per "vissuta nella piazza". Ad esempio, se una versione di comodo oppure quella di Cristo:
"E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio.
Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente.
[...]
Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno prima che gliele chiediate.
Voi dunque pregate in questa maniera: Padre nostro che sei nei cieli..."
Ecco, se per dimensione pubblica uno intendesse che, come ovvio, a meno di farmi eremita, io viva tra le persone secondo i miei principi, allora il cristianesimo, come qualunque attività ed esperienza umana, ha certamente una dimensione pubblica ed è normale che l'abbia. Se intendo dire che esso deve dettare legge allora non ci siamo: cioè non è cristianesimo, chiamatelo in altro modo! Non è nemmeno il caso qui di stare a ricordare le occasioni in cui Cristo professò la laicità della sua predica: rimarcando che il suo regno non aveva nulla a che fare con i regni terreni e che si dovevano pagare le tasse (ubbidire) a Cesare. Il punto è proprio che Cristo ha dato suggerimenti su come comportarsi, ma non ha detto mai una sola parola su come devono essere le leggi o ordinati gli stati, anzi, ha detto il contrario: che il contenuto della sua predica non riguardava di certo le leggi e gli ordinamenti.
Non che questo cambi. Cioè non è che se avesse predicato dell'altro allora riterrei legittimo che un cristiano tentasse di imporre una legge che fosse in opposizione alla Costituzione. Ma ancora più urtante è pretendere che la laictà non sia parte integrante del messaggio di Gesù.
Quando parlavo dei credenti laici intendevo in questo senso e non in quello, ormai in disuso (o almeno troppo particolare) di credente non sacerdote. Intendevo laici nel senso prima cristiano e poi costituzionale.
"Secolarismo" è la stessa cosa, almeno da tradizione anglosassone. Uno dei posti dove ha avuto prima origine il secolarismo è stato con l'indipendenza degli Stati Uniti d'America. E guarda un po' furono proprio i cristiani che scappavano dalle persecuzioni delle monarchie di investitura "divina" (cioè da altri "cristiani) a comprendere l'importanza di uno stato laico: l'unico che permettesse loro di vivere la fede in libertà.
@ Zambelli (2):
"Il credente non fa il bene per paura di una punizione divina, ma perché il bene esiste. È cioè legittimo conformare il proprio agire a un’idea di bene che si riconosce vero."
Su questo punto ribadisco quanto già detto: secondo questa visione devo concludere che, se un credente perdesse la fede - fatto che uno potrebbe essere portato a ritenere alquanto privato e comunque nell'eventualità delle cose - allora comincerebbe ad uccidere gente a destra e a manca, o fare nefandezze del genere. Cioè, secondo quanto tu affermi, smetterebbe di riconoscere il bene come vero tutto d'uno botto, e magari solo per aver dubitato (che so) di Gesù Cristo (e chi lo sa, magari solo per qualche giorno, intanto il danno è fatto). Adesso ora tu dovresti dimostrarmi che questo avviene (eppure una certa percentuale qui scoprirai che ha perso la fede eppure non va in giro ad ammazzare gente); oppure spiegarmi perché ciò non avviene se è vero quanto affermi.
Ripeto: se devo accettare la tua visione che l'unico motivo che ti consente di "fare il bene" è "perché esiste" e perché ti "conformi all'idea di bene che riconosci vero" e che la fede ne è l'unico tramite, allora più che dell'ateo il tuo discorso dice cose preoccupanti su di te: che affermi di non avere nessun altro modo di distinguere il vero al di là della fede, di distinguere il bene se non credendo. Il che mi farebbe venire il terrore che tu smetta di credere, al pensiero di cosa saresti capace di fare in tali rinnovate circostanze tutte personali (e assolutamente fuori dal mio controllo).
Laicità e laicismo.
Vorreste negare che l'uso, certificato o meno dal De Mauro, di Laicità sia quello di non credenza? Basti osservare affermazioni tipo: "non sono credente ma laico", o "laici e credenti".
Sulla differenza tra laicità e laicismo riporto un trafiletto di domenica su repubblica in un articolo su Obama: Discorsi evocativi, pieni di citazioni bibliche, ma anche di Lincoln, Kennedy e Martin Luther King. Come dicono i suoi fan, 'Obama fa appello ai nostri angeli migliori'... Un elettore su dieci pensa che Obama sia musulmano. invece è un protestante, come la maggioranza degli americani, e deve parte del suo rapporto proprio al rapporto con al fede. Laico, ma non laicista".
Contesto questo uso di laicità (vista anche l’origine del termine) in cui in realtà si sottintende laicismo, e cioè, in ultima analisi, secolarismo-ateismo.
X Paolo de Gregoprio
Sulla disquisizione teologica rispondo nel mio blog (orarel.com/blog) appena posso.
X anonimo
> Per me esistono azioni che possiamo ragionevolmente considerare "bene".
O il bene esiste oppure ognuno ha usa propria idea di bene, e questa è sempre e necessariamente ragionevole, in quanto la ragione non è più in grado di riconoscere un'oggettività delle cose. Non esistendo un fine per questa vita, non può esistere alcuna difformità verso un giusto agire (male). Si deve lasciare ad ognuno la possibilità di ricavarsi il proprio criterio etico, che avrà la stessa “leggerezza” valoriale (nessuna) delle altre opzioni. L’iniziale “per me” del tua risposta ti chiude in un recinto con i tuoi gusti incomunicabili.
@ Zambelli
Vedo che la tua risposta conferma appieno la mia tesi.
A questo punto, mi verrebbe da chiederti come chiameresti i credenti che intendono tenere ben separate religione e politica e non legiferare in base a principi religiosi. "Laici" non si può perché tu hai deciso che deve significare "non credenti".
Te lo chiederei se non sapessi già che la domanda è superflua, visto che:
Contesto questo uso di laicità (vista anche l’origine del termine) in cui in realtà si sottintende laicismo, e cioè, in ultima analisi, secolarismo-ateismo.
Insomma laicismo e secolarismo sarebbero indistinguibili dall'ateismo. Quindi per te il vero credente non può essere laico.
X Paolo de Gregorio
> il tuo discorso dice cose preoccupanti su di te: che affermi di non avere nessun altro modo di distinguere il vero al di là della fede, di distinguere il bene se non credendo. Il che mi farebbe venire il terrore che tu smetta di credere, al pensiero di cosa saresti capace di fare
Il bene c’è e lo si riconosce con l’intelletto. E’ lo stesso bene che riconosci anche tu, probabilmente. Voglio dire che l’idea di bene è una via di accesso a riconoscere come postulato un Dio creatore. Se non ci fosse alcuna creazione volontaria di questo mondo, non avrebbe senso parlare di un obiettivo da raggiungere con le nostre azioni. Ogni azione sarebbe OK. Per questo esulterebbero i vari “cattivi” citati in altro post: non avremmo argomenti per contrastarli se non la convenienza e la forza per farla prevalere, cioè le stesse motivazioni dei cattivi. Saremmo diversi solo per un quid di forza non per “ragioni da vendere”.
Se smettessi di credere (ammesso che sia davvero credente: a volte mi sento come un “vero ateo”) non è detto che diventerei cattivo. Certamente smetterei di divulgare l’ateismo, perché so con grande certezza che in molte mani diverrebbe un arma pericolosa di legittimazione nichilista. E non mi piacerebbe vivere affiancato da tanti nichilisti. Mi farebbe comodo la religione, certo temperata. Sarei contentissimo dei tanti credenti, del volontariato, di gente che perdona. Sarebbe un buon materasso per vivere meglio ciò che reputerei conveniente. Mi andrebbero bene anche gli atei come te, buoni e generosi, che un po’ troppo semplicisticamente *credono* si debba essere buoni, democratici, altruisti.. Il mondo attuale tutto sommato mi andrebbe bene. Poi più niente.
X Joe Silver
> come chiameresti i credenti che intendono tenere ben separate religione e politica
Laici. Ma laici non è laicisti. La laicità per me non esclude la religione.
> e non legiferare in base a principi religiosi.
Non uccidere e non rubare vengono da un decalogo religioso. Che facciamo?
> "Laici" non si può perché tu hai deciso che deve significare "non credenti"
Non io ho deciso ma l'uso ormai comune, che è quello che critico.
Zambelli, vediamo di contraddirci.
L'uso di "laico" come sinonimo di "non credente" è scorretto, su questo siamo d'accordo. Accertato questo la distinzione tra laicista e laico è fittizia e strumentale, visto che laicista vuol dire che si ispira al laicismo, esattamente come laico.
> e non legiferare in base a principi religiosi.
Non uccidere e non rubare vengono da un decalogo religioso. Che facciamo?
Se è per questo esistono credenti per i quali è lecito uccidere apostati, blasfemi e omosessuali, che facciamo?
Perché è lecito legiferare in base ai dieci comandamenti (che prevedono, tra l'altro, al primo posto, la negazione della libertà religiosa) e non rispetto alla sharia?
P.S.: Vediamo di non contraddirci, ovviamente :)
Massimo, il problema è che voi vi siete creati una terminologia che possa veicolare le vostre preferenze ideologiche. Così, "laico" diventa chi lascia fare alla Chiesa, la lascia libera di cacciare le proprie ubbie nella gola dei cittadini indifesi, di eliminare spazi di libertà in base a credenze religiose (o più spesso a costrutti ideologici), e per cui la divisione fra Stato e Chiesa consiste solo nel fatto che i preti non governano direttamente; anzi, il "laico" per eccellenza è anche cristiano (questo in base a un uso spregiudicato della fallacia etimologica, per cui in origine il laico era il credente non appartenente allo stato ecclesiastico, e quindi il 'vero' laico è ancor oggi il fedele cristiano). A questo punto bisogna trovare una parola per chi difende la neutralità dello Stato nei confronti delle religioni, per quello che fino a poco tempo fa tutti definivano senza problemi appunto "laico"; ed ecco l'invenzione del cattivo "laicista", che naturalmente dev'essere anche ateo, in base alla proiezione dell'integralista, che non concepisce nemmeno la possibilità di qualcuno che crede in qualcosa senza volerlo anche imporre a chiunque altro, e in base a un uso marginale e improprio della parola da parte di quegli atei che si vergognano di definirsi tali. E la dimostrazione che tutta questa costruzione lessicale è recentissima è data proprio dai dizionari, che ancora non la registrano minimamente (tranne forse qualche vocabolario di newspeak...), compresi i dizionari di inglese, per cui secular non significa certo "ateo", come invece assumevi tu nel tuo post.
Quanto alla definizione oggettiva del bene come finalità intrinseca, alla quale se non sbaglio continui ad alludere, è stata dimostrata insostenibile 250 anni fa da David Hume: dall'essere non si può derivare il dover essere. Tutta la filosofia morale seria ha fatto da allora i conti con questa dimostrazione; forse è ora che cominciate anche voi...
"L’iniziale “per me” del tua risposta ti chiude in un recinto con i tuoi gusti incomunicabili."
?!?!?
Ok Joe Silver, vedo di contraddirti :-)
Laicismo e laicista, nell'uso ecclesiale ma non solo, hanno un sapore leggermente dispregiativo, proprio per evidenziare quell’abuso che anche tu condividi.
> Perché è lecito legiferare in base ai dieci comandamenti (che prevedono, tra l'altro, al primo posto, la negazione della libertà religiosa) e non rispetto alla sharia?
Perché siamo in un paese a tradizione cristiana. Niente di irreversibile o modificabile, ma l’influsso culturale è innegabile. Questo dell’influsso è un processo inevitabile per qualunque visione del mondo.
X Giuseppe Regalzi
Ho messo una risposta nel mio Blog: http://www.orarel.com/blog/2008/10/28/laicita-e-tensione-polare/
X Marcoz
> "L’iniziale “per me” del tua risposta ti chiude in un recinto con i tuoi gusti incomunicabili."
Aveva iniziato la frase con "Per me", in questo contesto è "per me" :) un riferimento al soggetivismo, che egli rifiuta difendendo un'idea di bene generale. Un'idea di bene soggettiva è come un gusto che piace individualmente. Forse era più chiaro prima? :-) Vado a cena. Ciao a tutti
Ok, allora mi correggo:
esistono azioni che possiamo ragionevolmente considerare "bene".
Ovvero, convenire che sono tali.
"Il bene c’è e lo si riconosce con l’intelletto. E’ lo stesso bene che riconosci anche tu, probabilmente."
Zambelli, stante questa tua affermazione, mi pare che non ci sia nulla da aggiungere, perché se io so riconoscere il "bene" allora non vedo perché dovrei assoggettare il mio conformarmi ad esso al credere in Dio, e non solamente all'averlo riconosciuto. La tua eccezione equivarrebbe a dire che, nonostante io sappia riconoscere che dare uno schiaffo a mio fratello sia una cosa sbagliata, se non lo faccio è più perché me lo vieta mio padre che non per il fatto di aver maturato quella consapevolezza.
Il tuo discorso si attorcina intorno a questa evoluzione del nostro agire sociale: se da bambini facciamo una cosa o l'altra perché obbediamo ai genitori, da grandi siamo autonomi e sappiamo riconoscere per contro nostro quale sia il nostro dovere morale, e non abbiamo più bisogno dei divieti diretti o delle paure delle punizioni da parte dei nostri genitori per fare una cosa o l'altra. La tua visione della necessità di sapere che c'è un Dio per fare la cosa moralmente giusta equivale a sostenere che quando uno perde i genitori può diventare d'un botto un delinquente (non è detto che lo faccia, ma seocndo te può succedere).
Oltre a non essere osservata nei fatti questa tua obiezione (l'incidenza statistica della delinquenza tra gli atei non è maggiore che tra i credenti, anzi talvolta è minore), essa propone una visione dell'agire morale ampiamente infantile, e superata da parecchio tempo.
Per quel che riguarda i comandamenti, ti farei notare che in altre pagine dello stesso libro di cui parli Dio manda in deroga la regola del non ucccidere in più di un'occasione. Ordina, per fare un esempio, ad un re di fare strage di un intero popolo, senza risparmiare donne, vecchi, bambini ed animali. Quindi, nello stesso libro di cui parli, ci sono delle deroghe che provengono direttamente dall'ispiratore del "bene". Le cose allora sono due: Dio ha sbagliato ad ordinare quelle stragi, e quindi tu il bene sai riconoscerlo in modo totalmente indipendente da quello che trovi scritto su quel testo, oppure Dio in quella circostanza ha fatto la cosa giusta, e quindi il nostro Stato che ha eliminato la pena di morte è più avanti del Dio di quelle scritture (a meno che tu sostenga che è lecito uccidere in qualche occasione, anche un intero popolo inclusi i bambini).
@Zambelli
Laicismo e laicista, nell'uso ecclesiale ma non solo, hanno un sapore leggermente dispregiativo, proprio per evidenziare quell’abuso che anche tu condividi.
Scusa, ma di quale condivisione da parte mia stai parlando? Laicismo e laicista hanno un sapore decisamente spregiativo nell'uso ecclesiale (e non solo, anche in quello dei filoclericali), sapore che io assolutamente non condivido. In realtà proprio chi tenta di rimarcare questa differenza fittizia tra "laico" e "laicista" (buono il primo e cattivo il secondo) laico non lo è per niente, sia esso credente o (sedicente) non credente.
Tornando ai comandamenti. "Non uccidere" e "non rubare" sono cosa diversa da "sancisci per legge che l'omicidio e il furto siano reati e siano puniti penalmente". Se dovessimo interpretare in questo senso i comandamenti allora dovremmo coerentemente stabilire che, in base al primo comandamento, ogni altra professione di fede deve essere vietata per legge e punita penalmente.
Delle due l'una, o tu sei d'accordo (e allora il minimo che si può dire è che questa non è laicità...) oppure riconosci che nemmeno per te i dieci comandamenti possono essere il principio ispiratore del legiferare.
Le altre tue considerazioni demoliscono completamente l'affermazione che la religione risolva il relativismo valoriale che affliggerebbe, a tuo dire, l'ateismo.
"Per il credente il bene esiste", peccato che in pratica non esista IL credente; semmai I credenti, ciascuno dei quali ha una interpretazione diversa di ciò che è bene e ciò che è male persino all'interno di una stessa confessione religiosa, e persino nella stessa epoca e nello stesso contesto geografico. Figuriamoci se confrontiamo i cattolici del Seicento con quelli del 2008, figuriamoci (ancora peggio) se confrontiamo l'idea di bene tra ognuna delle decine di confessioni religiose esistenti.
Di più: dimostri che, se anche per te "il bene esiste", esso si identifica di volta in volta con quello che la tradizione locale ha stabilito essere il bene. Per cui è "bene" giustiziare torturare e giustiziare adulteri ed eretici se fa parte della tradizione locale; era bene farlo qui quando l'"influsso culturale" lo consentiva e smette di esserlo ora che l'influsso culturale è cambiato.
Per merito di chi, verrebbe da chiedersi? Non certo per merito di coloro che pensano che la tradizione culturale sia di per sé il criterio per stabilire ciò che è giusto o ciò che è sbagliato.
Un'idea ondivaga e altalenante di "bene" che fa a pugni con la pretesa assolutezza e oggettività e si traduce molto sfacciatamente in: "qui siamo un paese di tradizione cristiana (cattolica) e dunque dobbiamo agire politicamente in base alla tradizione cristiana (cattolica) anche calpestando chi crede in altro o non crede".
Complimenti.
X Joe silver
Vadod di fretta e ho tempo solo per questo rilievo, ma ritorno:
> Scusa, ma di quale condivisione da parte mia stai parlando?
Di questa tua frase: "L'uso di "laico" come sinonimo di "non credente" è scorretto, su questo siamo d'accordo". Spero che non te la rimangi.
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