Ecco le motivazioni della sentenza che ha sancito la parziale incostituzionalità della controversa normativa sulla fecondazione assistita.
Lo scorso 9 maggio è stata depositata la sentenza che dichiara in parte incostituzionale l’articolo 14 della legge 40. L’obbligo di produrre al massimo 3 embrioni e di impiantarli contemporaneamente viola l’articolo 3 della Costituzione nel duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello diuguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili. Viola inoltre l’articolo 32 per il pregiudizio alla salute della donna “ed eventualmente [...] del feto ad esso connesso”. Questa decisione riafferma principi fondamentali, conquistati nel corso degli anni. Non può non tornare alla memoria, infatti, la sentenza n. 27 del 1975, che ha preceduto la legge sulla interruzione volontaria di gravidanza (194/1978): “Non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare”. Lo stesso bilanciamento di diritti viene affermato dalla legge 194: autorizzando una donna ad interrompere la gravidanza, la 194 sancisce che il diritto di non portare avanti la gravidanza è più forte del diritto dell’embrione a vivere e a nascere.
RISTABILIRE IL GIUSTO SENSO DI MARCIA - La Legge 40 ha tracciato una strada contromano: a cominciare dall’affermazione di principio dell’articolo 1, secondo cui devono essere assicurati i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. Da questa affermazione di principio ha fatto derivare la maggior parte dei divieti contenuti negli articoli seguenti, incurante delle gravi violazioni conseguenti. Già tre procedimenti (del Tribunale di Firenze e del Tar Lazio) avevano anticipato la direzione di questa sentenza. La Corte ha riaffermato anche un principio di buon senso: non si può stabilire in modo tanto rigido il numero di embrioni da impiantare, perché questo dipende dalle condizioni di ogni singola donna. Proprio come sarebbe insensato stabilire come curare un mal di pancia in modo assoluto e aprioristico. Dipende dal mal di pancia, dalle ragioni della sua insorgenza e dalle condizioni generali del sofferente. L’obbligo di impiantare tutti e 3 gli embrioni ha causato un aumento delle gravidanze plurime: in seguito alla legge 40 in Italia esiste il 3,5% di rischio, mentre in Europa tale rischio è prossimo allo zero - proprio perché le modalità di impianto sono decise in base alla valutazione di ogni singolo caso. La conseguenza della bocciatura del comma 2 dell’articolo 14 è la “deroga al principio generale di divieto di crioconservazione”. Gli embrioni prodotti, ma non impiantati per ragioni mediche, potranno essere crioconservati e utilizzati per un successivo tentativo di impianto. La possibilità di crioconservare sottrae la donna alla necessità di sottoporsi inutilmente a più cicli di stimolazione ormonale e al prelievo chirurgico degli ovociti. Insomma i giudici costituzionali affermano che “in materia di pratica terapeutica la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali”.
LES JEUX SOINT FAIT - Inoltre, in linea con la sentenza del 1975, stabiliscono che la tutela “dell’embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela della esigenza di procreazione”. I fautori della legge 40 si rassegnino: contro questa sentenza non si può nulla. Il parlamento non può legiferare in senso diverso. Le linee guida non hanno la forza, essendo amministrative, di contrastare la legge nella sua nuova veste. La soddisfazione per la decisione della Consulta ha un sapore bizzarro: assomiglia alla soddisfazione che avremmo se qualcuno ci avesse investito sulle strisce pedonali 5 anni fa causandoci molti danni e oggi ci chiedesse scusa per averci rovinato l’acconciatura e gli abiti. Pur concedendo che sia meglio di niente, le conseguenze più gravi di una legge insensata e coercitiva sono ancora in piedi. E condannano i cittadini italiani a essere discriminati in alcuni diritti fondamentali, come quello alla salute e all’equità di trattamenti, e a frustrare il legittimo desiderio di diventare genitori.
Su Giornalettismo, 11 maggio 2009.
martedì 12 maggio 2009
Legge 40: una soddisfazione amara
Postato da Chiara Lalli alle 09:51
Etichette: Aborto, Diritti individuali, Embrione, Feto, Gravidanza, Legge 40/2004
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4 commenti:
A questo punto, con la crioconservazione reintrodotta di fatto, come ovvia conseguenza del diritto della donna al miglior trattamento medico disponibile*, cosa dovrebbe impedirci di utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni in sovrannumero crioconservati quando non più utilizzabili per la PMA per sopraggiunti limiti di tempo?
*Una nota: in campagna referendaria ci siamo beccati insulti incredibili e multicolori per avere "osato" sostenere proprio quanto adesso è divenuto suprema espressione del diritto con la sentenza della Corte Costituzionale...
@ Filippo
"cosa dovrebbe impedirci di utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni in sovrannumero crioconservati [...]?"
A rigor di logica, secondo me nulla. Ma, sempre secondo me, da un punto di vista costituzionale non credo che sia materia così districabile. Pensiamo al diritto alla salute in relazione alla ricerca scientifica e ai (per molti giusti) divieti su alcuni tipi di utilizzo delle cavie. Nonostante ci siano potenziali diritti di esseri umani, e nonostante la Costituzione non faccia cenno ai diritti degli animali, è pacifico che porre dei limiti alla ricerca è di norma consentito e non ritenuto incostituzionale.
Che sia insensato in talune ciircostanze porre un certo tipo di limiti è un altro conto, ma non credo che le corti possano farci nulla. Per questo motivo tra l'altro io contesto chi ora dice: "avete viisto che non c'era bisogno di un referendum?" Invece i giudici non saranno proprio mai in grado di rendere questa legge in tutto e per tutto razionale.
E in effetti, caro Paolo, si trattava per l'appunto di una domanda posta a rigor di logica.
A rigor di logica è insensato non sfruttare il materiale genetico stivato nei sistemi di crioconservazione quando lo stesso non è più utilizzabile per i fini iniziali di PMA per i quali è stato ottenuto.
A caval donato non si guarda in bocca, ma è un po' triste (e forse un po' significativo) che una parziale correzione alla legge 40 venga introdotta d'imperio dalla corte costituzionale...
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