martedì 26 aprile 2011

Referendum rien ne va plus



Ogni gioco ha le proprie regole. Se non le rispetti non dovresti poter giocare o, almeno, gli altri dovrebbero accusarti di cialtroneria e estrometterti. Vale per gli scacchi e per il calcio, perché non dovrebbe valere per la deliberazione? Ecco, allora, quali sono le regole della buona deliberazione: conoscere il tema su cui si delibera, soprattutto nel caso di un referendum che ci invita a scegliere tra il “sì” e il “no” su una specifica questione; saper costruire buoni argomenti e saper riconoscere quelli fallaci o deboli; essere in grado di analizzare gli argomenti proposti a favore delle diverse posizioni e, dopo le necessarie informazioni, anche costruirne a sostegno della posizione prescelta. A contare insomma non è tanto il risultato finale, ma come ci arriviamo. Come in un processo non ci si può limitare, tanto nella difesa che nell’accusa, a proclamare: “Sono innocente!”, ma è necessario costruire ipotesi credibili e coerenti. Sembra scontato, ma non lo è affatto, abituati come siamo a sentir parlare tuttologi presuntuosi che si cimentano in monologhi di dubbia tenuta razionale. Di questo parliamo con il filosofo Giovanni Boniolo, autore di Il pulpito e la piazza, Democrazia, deliberazione e scienze della vita (Cortina, 2011, pp. 316, euro 26).

Cominciamo con alcune definizioni di concetti fondamentali della nostra vita politica: deliberazione, democrazia partecipativa, con particolare attenzione alla forma aggregativa, e referendum.
L’idea della democrazia partecipativa si basa sul fatto che siano i cittadini a partecipare attivamente al processo democratico. Nella versione deliberativa i cittadini, che partono da punti di vista diversi, attraverso un dibattito ben costruito dovrebbero arrivare a una scelta - politica o di etica pubblica - comune. Questa deliberazione dovrebbe essere basata su un processo razionale. Il referendum è uno dei modi in cui il cittadino viene chiamato direttamente a decidere, è una forma di democrazia diretta. Non prevede però alcuno strumento che permetta una buona costruzione del modo in cui decidere.
Soprattutto ora e specie in Italia, il referendum è diventato un modo di decidere senza una preparazione corretta, senza un precedente dibattito pubblico ben costruito e ben realizzato, senza un vero e proprio dibattito deliberativo. Prima ci si dovrebbe informare e discutere e solo poi andare alle urne. Sfortunatamente questo da noi non avviene quasi mai. Pensiamo a ciò che accadde con il referendum sulla Legge 40 nel giugno del 2005: la battaglia si è svolta a colpi di slogan e nessuno ha spiegato cosa fosse un embrione, quali fossero i problemi filosofici sollevati dalle tecniche riproduttive e perché i cittadini erano chiamati a votare. Di solito, si verifica una manipolazione dell’immaginario e della conoscenza collettivi, non si informa correttamente (cioè in modo non ideologico) il cittadino né gli si forniscono quegli strumenti che gli permetterebbero di ragionare in modo non fallace.Ma in fondo a chi veramente interessa un cittadino informato e razionalmente critico?

Su Il Mucchio Selvaggio di maggio.

1 commento:

Simone ha detto...

"Soprattutto ora e specie in Italia, il referendum è diventato un modo di decidere senza una preparazione corretta"

specie in Italia?
mi sembra un attimo ingenerosa vedendo un attimo la storia recente dei referendum in mezzo mondo.
In California nella stessa tornata referendaria sono riuusciti a votare si alla Prop 8 che bandiva a livello costituzionale il matrimonio tra püersone dello stesso sesso e nello stesso tempo a favore dell´ennesima legge a tutela degli animali.