domenica 20 gennaio 2008

Lettera aperta di Paolo Flores D’Arcais

Inizia così la lettera che Paolo Flores D’Arcais ha scritto a commento delle scuse di Giorgio Napolitano sul caso B16:

Caro Presidente,
tempo fa, dovendo scriverti per invitarti ad una iniziativa di MicroMega, chiesi tramite il tuo addetto stampa se dovevo continuare ad usare il “tu” della consuetudine precedente la tua elezione, o se era più consono che usassi il “lei”, per rispetto alla carica istituzionale. Poiché, tramite il tuo addetto stampa, mi facesti sapere che preferivi che continuassi a scriverti con il “tu”, è in questo modo che mi rivolgo a te in questa lettera aperta, tanto più che, essendo una lettera critica, mi sembrerebbe ipocrisia inzuccherare la critica con la deferenza del “lei”.

Il mio dissenso, ma si tratta piuttosto di stupore e di amarezza, riguarda la lettera di scuse che in qualità di Presidente, dunque di rappresentante dell’unità della nazione, hai inviato al Sommo Pontefice per l’intolleranza di cui sarebbe stato vittima. E’ verissimo che di tale intolleranza, di una azione che avrebbe addirittura impedito al Papa di parlare nell’aula magna della Sapienza, anzi perfino di muoversi liberamente nella sua città, hanno vociato e scritto tutti i media, spesso con toni parossistici.
Da leggere tutta. E da incorniciare.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per avercela segnalata. Una sorsata di acqua di fonte dopo aver bevuto fango.

Anonimo ha detto...

Finalmente delle parole a tono, stavo inziando a disperare.

Credo che tutto questo rumore sia stato utile. Utile per capire chi mette davvero ragione e diritti al primo posto, e chi per paggeria/ignoranza/opportunismo sceglie la via populista di condannare senza alcun fondamento.

Di più: questa occasione ci ha mostrato chi siano i veri liberali, i difensori del libero esprimere e opinare, e chi invece dei volgari impostori.

Sì, impostori, perchè chi nel legittimo dissentire da una posizione (quella dei docenti) s'è esibito in attacchi e pesantissime offese personali - persino screditando l'operato professionale, peraltro senza fondamento - non può essere diversamente chiamato.

Spero che questi impostori leggano, che sappiano di essere stati scoperti, che certi editoriali faranno mettere al bando i (sedicenti riformisti) giornali che li hanno ospitati dalle case di chi ancora ragiona con la popria testa.

Anonimo ha detto...

Un sano spirito laico vuole che si parta dai fatti e che li si analizzi alla luce della ragione e non dei pregiudizi. Ecco allora il passo decisivo della lettera dei 67 docenti:
«il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: “All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto”. Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato».

Sul caso Galilei esiste un dibattito aperto, su cui sono intervenuti, prendendo posizione per Bellarmino e per la Chiesa, anche Ernst Bloch e Paul Fayerabend. Non due chierichetti, ma due filosofi non cattolici, come sanno tutti. Laicità vuole che ciascuno esprima le proprie ragioni senza condannare le altre senza prima averle esaminate e discusse con cura.

Ora, Paolo Flores d’Arcais dice che il Papa, essendo abituato ad avere di fronte a sé folle festanti e compiacenti, appena ha sentito odore di contestazione, se ne è rimasto a casa. In realtà non è così. Il Papa ha preferito rinunciare all’invito solo perché non ha ritenuto opportuno creare, con la sua presenza, disordini e divisioni tra i docenti e gli studenti dell’Università. Se si viene invitati da una famiglia che poi si divide a causa dell’invito, allora forse è meglio aspettare che ritorni un clima più sereno per incontrarsi in spirito di confronto e di amicizia. Il Papa sa bene che molti non la pensano come lui. Ma una cosa è intervenire sapendo che i tuoi interlocutori non condividono le tue idee, altra cosa è intervenire sapendo che i tuoi interlocutori non vogliono nemmeno ascoltarti. Soprassedendo all’invito, pertanto, il Papa ha mostrato, ancora una volta, la sua signorile discrezione. Ed è curioso che quando il Papa interviene venga accusato di ingerenza mentre quando si fa da parte venga accusato di codardia. Una dimostrazione, questa, del fatto che le critiche che gli vengono mosse non sono frutto di argomenti razionali ma soltanto di una generica ostilità ideologica.

Di questa generica ostilità abbiamo un'esemplare prova nel comportamento dei docenti che hanno auspicato l’annullamento della visita. Nonostante si siano auto-definiti “scienziati fedeli alla ragione”, infatti, i firmatari della lettera di protesta si sono comportati in modo molto poco scientifico e razionale.
In primo luogo si sono attribuita un’autorità senza poter dare una dimostrazione scientifica di possederla davvero, facendo lo stesso presunto errore che avrebbe fatto il Papa attribuendosi il dogma dell’infallibilità nel 1870.

In secondo luogo si sono arrogati il diritto di stabilire chi può parlare e chi non può parlare in un’Università in cui sono una minoranza (67 su 4500).

In terzo luogo non si sono documentati prima di giudicare il pensiero di Ratzinger, visto che gli hanno attribuito una frase che non è sua e che lui non condivide, come sanno tutti quelli che lo leggono e ne conoscono il pensiero teologico e filosofico.

In quarto luogo, infine, dopo essersi vantati di appartenere a un’Università “aperta a ogni credo e a ogni ideologia”, si sono subito smentiti, auspicando che, nella stessa Università, non mettesse piede il rappresentante del credo cattolico. Eccolo, dunque, il messaggio di questi sedicenti “scienziati fedeli alla ragione” che parlano, lo dicono sempre loro, “in nome della laicità e della cultura”: un elenco di contraddizioni, incoerenze e disinformazioni, che sfociano nella curiosa conclusione che all’Università La Sapienza di Roma c’è libertà di parola per tutti, tranne che per Benedetto XVI.
Come mai? Come è possibile che questi docenti non si siano accorti di aver predicato scienza e laicità mentre praticavano disinformazione e intolleranza? Come si può dire di voler ascoltare tutti tranne che il Papa? C’è, forse, una sola risposta: si intravede, nella figura del Papa, un’autorità che altre figure, di altre religioni e ideologie, non hanno. In effetti, a differenza di tutte le ideologie e di tutte le altre religioni, spesso vissute come sentimentalismo privato e indifferente al destino degli altri, il Vangelo di cui il Papa si fa portavoce è scomodo, perché sollecita la coscienza e la ragione di ciascuno di noi dall’interno, invitandoci a superare la nostra pigrizia morale e spirituale, per vivere all’altezza della nostra dignità e per misurarci seriamente con il mistero di Dio. E, lo sappiamo tutti, fare i conti con se stessi e con il problema di Dio è la cosa più difficile. Così difficile da fare, che perfino un gruppo di 67 “scienziati fedeli alla ragione” non ha saputo fare.

Luciano

Anonimo ha detto...

Caro Luciano, mi sembra che nel tuo commento ti scagli contro l'arroganza degli eretici scienziati (che poi erano una minoranza, solo 67 su 4500, no?) senza considerare un fattore di non poca rilevanza: di norma un dialogo non esiste dove esiste un Papa.

Specialmente se questo Papa si chiama Ratzinger (dichiaratamente assolutista).
E specialmente se questo Papa non fa altro che condannare, in modo assai esplicito, ogni "minoranza" che la pensi in modo diverso dal "perfetto cristiano".
Un esempio? {Lasciamo stare i temi evergreen di aborto, testamento biologico o altro. Restiamo nell'attualità}
Nel discorso che Benny avrebbe dovuto tenere alla Sapienza (e che poi ha comunque diffuso per altri sentieri, peraltro senza rischiare il rogo) ci sono due passi che mi hanno colpito molto per la loro...come dire..."apertura al dialogo".

Te li voglio citare:
“se però la ragione diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita.”
E ancora: “esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo”.

Ora, visto che il coro levatosi dalla "questione Sapienza" sembra essere univoco e unanime nel grido di "all'intolleranza!", qualcuno mi spieghi se nelle parole del Santo Padre c'è un minimo spiraglio, libero di tale plumbea attitudine al "senso unico", dal quale sia possibile introdurre una visione del mondo, della Scienza, della Filosofia, che non "rispetti" i paletti della fede cattolico-cristiana.

Buon lavoro...