mercoledì 9 luglio 2008

Eluana Englaro

Stop alla nutrizione artificiale: finalmente è rispettata la sua volontà.
In attesa dei dettagli.

53 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto appena adesso la notizia. Attendo dettagli.

Anonimo ha detto...

La volontà che viene rispettata è quella del padre che non sopporta di vedere la figlia malata: è stata pronunciata, dopo pochi mesi da quando il Parlamento aveva definitivamente cancellato la pena di morte in Italia, la prima sentenza di condanna di una donna adulta malata, non in stato terminale.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Ecco il rispetto della volontà del paziente: attenti, giovani, quando - in piena salute e in preda a turbamenti derivanti dalla vista di un compagno malato - parlate con i vostri amici o con i vostri insegnanti! Attenti a quello che dite!

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

La sentenza - come quella della Cassazione di qualche mese fa - introduce un principio di discriminazione tra le persone: i malati in stato vegetativo persistente non sono più uomini che possiedono pienamente i loro diritti; sono uomini di serie B che si possono uccidere dopo finti processi e magari con modalità "gentili": la Corte d'Appello - pur dando atto che Eluana non ha percezione del mondo esterno - stabiliscono anche del vestiario della giovane cndannata a morire ...

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Giacomo,
hai espresso sicuramente meglio di me quanto pensavo leggendo dell'esultanza per questa orrenda decisione.
E' strano come si invertano i valori: la vita non è più da preservare, ma un fastidioso orpello se non è più perfetta.
Vorrei che i miei figli crescessero in una atmosfera migliore di questa cultura della morte che si spaccia per giustizia.

rikkitikkitavi ha detto...

bene.
giacomo rocchi e giovanni hanno espresso la loro opinione.
rispettabilissima.

a suo tempo l'aveva espressa anche eluana; anzi aveva espresso una volontà. la stessa volontà che da molto tempo ha espresso chi di eluana è il tutore.
è troppo chiedere rispetto anche per loro?
è troppo chiedere che a decidere della propria vita non siano degli estranei?
è troppo chiedere che una libera scelta non venga bollata come "cultura di morte"?

Anonimo ha detto...

Il tutore ha espresso la sua concezione della vita e la sua incapacità di accettare la malattia della figlia e la sentenza ha fatto leva su una presunta volontà di Eluana per niente consapevole, quando l'aveva espressa, di quello che le sarebbe capitato, in uno stato di salute totalmente diverso da quello in cui si trova ora e altettanto inconsapevole che le proprie parole sarebbe state usate in giudizio per deciderne la morte.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Per rikkitikkitavi:

Non essere ingenuo: è la prima di tante sentenze e - chissà come mai - si fonda sull'interpretazione di una volontà espressa tanti anni fa da una ragazza molto giovane; è il punto di partenza NON dell'ampliamento del diritto al suicidio o del diritto a morire (caso Welby), ma del diritto ad uccidere un altro in ragione della sua malattia a prescindere dalla sua volontà.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Non esiste nessun diritto a morire!
Welby, se foste stato aiutato, sarebbe ancora vivo.

Anonimo ha detto...

Il "rispetto" per Eluana Englaro sarebbe smettere di nutrirla? o consisterebbe nelle prescrizioni date dai Giudici per una "morte dignitosa" (sembra l'ultimo pasto del condannato a morte ...)?

Il "rispetto" per il padre di Eluana sarebbe accondiscendere al suo desiderio a che la figlia muoia?

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Ecco, siamo alle solite incoerenze di Rocchi & co.: da una persona che qui, ora e con forza si lamenta del problema di stare "attenti a quel che dite [..] in preda a turbamenti" ti aspetteresti una forte promozione dell'istituzione del testamento biologico, tramite il quale quella scelta sarebbe ponderata e pensata a freddo e coscienziosamente, e non fatta in preda a turbmaenti. Invece spesso queste persone sono contrarie in modo assoluto all'istituzione del testamento biologico, a dimostrazione del fatto che il loro problema non è certamente (come ora e qui vogliono far credere) "quando" esprimere i propri desideri, ma se si possa avere la facoltà di averne.

Ma attenti, signori: ricordatevi che il compito del giudice non è stabilire se la vita di uno o due individui, come padre e figlia, debbano essere al servizio permanente della vostra coscienza personale, per rendere le vostre vite degne a spese delle loro (come evidenziato nel caso di Giovanni Paolo II, quando nessun giudice potè imporgli di sottoporsi a cure mediche che gli avrebbero prolungato la vita e avrebbero reso felici tanti fedeli, ma che egli rifiutò). Né, abbiatene fede, sarà un qualche Dio a santificare le vostre vite tramite la sofferenza di altre.

Al di là del merito delle varie situazioni, e decisioni prese singolarmente, sulle quali ora non voglio entrare, vorrei se non altro chiarire a Rocchi & co. il concetto che non è certo il loro desiderio personalissimo di sapere a tutti i costi in vita qualcuno, in qualunque stato si trovi e qualunque sarebbe stata la sua volontà, l'interesse primario che il giudice deve salvaguardare.

paolo de gregorio ha detto...

Giovanni:

"Non esiste nessun diritto a morire!"

E allora forse dovresti valutare se non fosse meglio per te cambiare paese dove vivere, se pensi veramente così: perché uno degli articoli fondamentali della Costituzione italiana riconosce di fatto questo diritto (ricordate il caso di quella donna che non volle farsi amputare un arto?). La cosa mi sembra incompatibile col tuo pensiero: cioè, se per te è veramente importante il principio che enunci, che non esista questo diritto, dovresti inorridire all'idea di vivere in un paese dove esso è addirittura riconosciuto nella sua costituzione.

Anonimo ha detto...

Ecco che Paolo De Gregorio interviene - qualche giorno fa se ne era andato - per "parlar d'altro"!

Qui si parla della decisione dei Giudici di far morire un malato e loro parlano di testamento biologico ... sbaglio o Eluana questo testamento non l'ha fatto? E perché allora ne dobbiamo parlare?

Oppure già strumentalizziamo la uccisione di Eluana per i motivi politici?

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Paolo De Gregorio, poi, generalizza: "queste persone di solito ..." e, come al solito, ci mette di mezzo la religione e la manfrina sulla morte di Giovanni Paolo II ...

Qui si tratta di difesa dei diritti umani fondamentali! Un malato non deve essere discriminato e non deve essere ucciso in ragione della sua malattia!
I giudici non possono autorizzare un padre ad uccidere sua figlia!

Giacomo Rocchi

rikkitikkitavi ha detto...

non capisco come si faccia a sostenere che una persona fosse inconsapevole nel momento in cui ha espresso la propria volontà.


mi sembra invece che ci siano persone che trovino impossibile rispettare le scelte altrui, quando non sono in accordo con le proprie convinzioni religiose.

fortunatamente nel nostro paese la libertà di scegliere esiste ancora.

Anonimo ha detto...

Paolo De Gregorio, poi, fa il costituzionalista!

La Costituzione riconosce "di fatto" questo diritto ... l'articolo 32, suppongo, quello secondo cui "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività", o l'articolo 2, che riconosce i "diritti inviolabili dell'uomo".

L'interpretazione sostanzialista delle leggi e della Costituzione apre la strada al totalitarismo ...

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Giacomo Rocchiper fortuna verba volant scripta manent. Questo vale per la discussione dell'altra volta come per questa.

Il problema del testamento biologico mi sembra chiaramente opportuno dato che il punto iniziale, e centrale, della tua critica sono le modalità con le quali la ragazza espresse i propri convincimenti, ovvero i dubbi sulla condizione personale al momento in cui li espresse. Se questa fosse la tua critica centrale saresti d'accordo con me. Ma non lo è, perché ti rifiuti di parlarne, ti rifiuti di far sapere a tutti i lettori che non ti sarebbe importato comunque se quella scelta fosse stata espressa in modo più consapevole, a freddo. E mi stupisco che non manifesti orgoglio di un tuo pensiero, ma scappi e ti nascondi.

Non mi pare di essere andato fuori tema avendo dimostrato che il tuo commento numero 2 in questa serie può considerarsi adesso decaduto, irrilevante. Una persona contraria alla libertà di esprimere una volontà non può criticare il modo di esprimerla, ma dovrebbe coerentemente avere il coraggio di ribadire che non va assolutamente espressa.

Ripeto e ribadisco: il giudice, prima di tutto, correttamente non ha tenuto certo conto del desiderio di Giacomo Rocchi e Giovanni di tenere in vita una persona per venire incontro ai loro personali desideri di coscienza, cioè di cosa renda felici Rocchi e Giovanni; ma ha bensì valutato secondo altri criteri, che al momento della lettura delle motivazioni e di tutti gli atti potremo valutare nel merito.

Anonimo ha detto...

Per rikkitikki tavi:

A parte che le convinzioni religiose non c'entrano nulla - qui si discute di violazione di diritti umani - non capisco come tu possa dare per scontato che la volontà di Eluana fosse pienamente consapevole: ti basta il dato "formale" (in un'occasione Eluana ha detto che non voleva essere attaccata ad un tubo!) oppure si deve guardare alla situazione, all'età in cui si trovava, all'emozione derivante dalla vista dell'amico in coma, alla impossibilità per la stessa di prevedere quello che le sarebbe successo?

Ma il tanto invocato testamento biologico servirà proprio a questo: basterà un pezzo di carta firmato (mi raccomando: con testimoni!) e il gioco è fatto.

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Ormai siamo alla farsa: "L'interpretazione sostanzialista delle leggi e della Costituzione apre la strada al totalitarismo"
(detto poi da uno che i dogmi manco sotto minaccia li discuterebbe, a fronte poi proprio di un caso di cui stiamo parlando nel quale la Cassazione è stata qualche mese fa tutto tranne "sostanzialista", che non so nemmeno cosa voglia dire)

Comunque:
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Adesso però mi si porti un caso, per dimostrare che morire non è un diritto, anche di una sola sentenza "dinamica" e non solo scritto per legge o articolo, dove un cittadino italiano sia stato condannato per aver tentato di morire...

Anonimo ha detto...

E certo ... dar da mangiare ad un malato è un trattamento sanitario ... e lasciarlo morire di fame di "rispettare la persona umana" ...

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Giacomo, ma io vorrei proprio sapere perché si fanno le pulci ad una occasione in cui la paziente espresse in senso positivo una volontà, quella di non farsi attaccare a un tubo, però poi diventerebbe pacifico imporle obtorto collo una volontà opposta che non fu mai espressa una sola volta: che anche attaccata a un tubo lei avrebbe comunque voluto vivere. Questo lei non lo disse mai, che fosse calma o agitata, a freddo o a caldo. Cioè, non si sa bene perché qui varrebbe più una volontà mai espressa neanche una sola volta contro una espressa almeno una volta. Almeno di, appunto, non dover concludere che la volontà espressa è assecondabile solo ed esclusivamente nel caso essa coincida col desiderio di Rocchi sul destino della vita di Eluana, sancendo la dittatura di Rocchi sul corpo della ragazza. Al che ovviamente non sarebbe più mica una scelta: sarebbe come dire che lei può scegliere tra A e B, ma sarà assecondata nella scelta solo se sceglierà B. Bel concetto di libertà.

Anonimo ha detto...

La mancata punizione del tentato suicidio è questione ampiamente trattata: tutti i penalisti concordano nel sostenere che la mancata unizione del tentato suicidio non deriva dall'esistenza di un diritto al suicidio, ma dall'inopportunità di punire chi si trovava in una condizione tale da volersi suicidare ... Che la legge non riconosca il diritto al suicidio si comprende agevolmente dalla punizione delle condotte di istigazione e aiuto al suicidio e dell'omicidio del consenziente.

Ma comunque, qui si parla d'altro: la volontà di Eluana non era affatto quella di morire, il padre e il Giudice si sono arrogati il diritto di interpretare la sua volontà.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

E' evidente che - poiché la legge non riconosce alcun diritto al suicidio - in caso di dubbio sulla volontà della paziente si debba propendere per la vita della stessa ...

Non si tratta della volontà di Rocchi: si tratta del fatto che lo Stato o chiunque altro non ha il diritto di uccidermi.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

"Non esiste nessun diritto a morire!
Welby, se foste stato aiutato, sarebbe ancora vivo." (giovanni)

Sì, forse; e starebbe maledicendo in tutte le lingue persone come te, sicuramente.

"...e la sentenza ha fatto leva su una presunta volontà di Eluana per niente consapevole, quando l'aveva espressa, di quello che le sarebbe capitato..." (Giacomo Rocchi)

E già, sei tu l'unica persona consapevole su tutta la faccia della terra vero? Sei consapevole persino della vita degli altri più degli altri stessi! Mi domando come mai non pendiamo tutti dalle tue labbra! Mah... forse siamo posseduti dal demonio.

Caro Giacomo, ti compatisco: sei di quelli che anzichè portare argomentazioni a proprio favore PARTONO dal presupposto (arrogante) di aver ragione a priori e ADATTANO i fatti per farli coincidere con la propria visione del mondo. Quando comincerai a sostenere che è il Sole a ruotare intorno alla Terra (con la brillante dimostrazione che TU HAI RAGIONE A PRIORI e se dici così E' così)?

Anonimo ha detto...

Io invece compatisco Eluana, che sta per essere uccisa ingiustamente.

E' proprio il rifiuto di vedere la realtà di questa giovane - una donna viva, malata e disabile - che ha portato alla Cassazione nell'ottobre 2007 a ritagliare una "categoria" di persone che hanno meno dignità e che, quindi, possono essere uccise.

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

"la volontà di Eluana non era affatto quella di morire"

Certamente non era sua volontà entrare in quello stato vegetativo, prima di tutto, cosa che non ha scelto né desiderato. Non confondiamo le acque: più su si è affermato che non esiste diritto a morire, come affermazione generale. È inoltre chiaro che, se anche io ora non desidererei la morte, non garantisco che sottoposto a trorture indicibili e inimmaginabili da alieni invasori la potrei desiderare più di vivere. A quel punto non me ne fregherebbe niente né di cosa ne pensa Rocchi, né del fatto che quando ero sano e libero non l'avrei desiderata. Per l'istigazione al suicido poi ci dovrebbe essere appunto un ruolo positivo del reo, appunto nel senso di portare psicologicamente una persona a stare in quelle condizioni di scelta. Comunque mi pare adesso assodato: a parte elucubrazioni sul tema, non mi hai portato un solo caso di condanna per tentato suicidio, il che se non altro conferma che di fatto in Italia esiste questo diritto.

Anonimo ha detto...

Puoi stare tranquillo: nessuno ti punirà se ti butti dal settimo piano ...

Se questo lo vuoi chiamare "diritto al suicidio" (quando, appunto, se uno ha un diritto, gli altri dovrebbero avere il diritto di aiutarlo, mentre invece ciò è vietato e punito penalmente), fai pure ... nell'ottica di una interopretazione sostanzialista della legge ...

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Rocchi:
"ha portato alla Cassazione nell'ottobre 2007 a ritagliare una "categoria" di persone che hanno meno dignità"

A me a questo punto interesserebbe tanto sapere: mettiamo che io firmi un foglio, e anche che ribadissi a voce tutti i "santi" giorni della mia vita che se mi dovessero attaccare a un tubo a fare vita vegetativa e con plausibilmente, per la sceinza, nessuna possibilità di riprendermi, allora di non farmi vivere. Allora, secondo Rocchi, se la Cassazione acconsente se poi succede a me, lui continua a pensare che questo dimostri che per la Cassazione io sono cittadino di serie B? O non sarebbe il contrario: che diverrei cittadino di serie B rispetto ai giovanni rocchi di tutta Italia che possono frappporsi fra me e il mio testamento? Perché se lo pensa, deve ancora spiegarmi perché. Lui dice che la Cassazione mi tratterebbe con meno dignità assecondando un mio pensiero. Perché...

Anonimo ha detto...

Mettiamo che De Gregorio firmi un foglio e poi, tutti i santi giorni, dica a tutti che, se per caso la ragazza lo lasciasse, che lo ammazzino, per favore, perché lui non ha il coraggio di buttarsi dal settimo piano ma che "non è vita" senza quella ragazza: la Cassazione direbbe che la manifestazione di volontà è irrilevante e non dà luogo ad alcuna legittimazione ad uccidere il De Gregorio.
Lo stesso la Cassazione direbbe se, per caso, De Gregorio firmasse un foglio e poi continuasse tutti i giorni a dire ai conoscente: se divento pazzo, uccidetemi, non sopporto l'idea di vivere in un ospedale psichiatrico ... la Cassazione non permetterebbe l'uccisione di De Gregorio.
La Cassazione, invece, ha ritenuto questa (presunta) volontà di Eluana valida per la sua uccisione proprio per lo stato in cui si trova, tanto nche la "massima" dettata dai Giudici dice: "quando il malato giaccia da moltissimi anni in stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico ... quando la condizioni di stato vegetativo sia irreversibile ... il giudice può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario".

Quindi la (presunta) convinzione di Eluana che il suo stato contrastasse con "l'idea stessa di dignità della persona" rileva solo perché la giovane si trova in quello stato; ma se, invece, Eluana fosse ristretta in uno ospedale psichiatrico, la stessa convinzione ("è una vita che cntrasta con l'idea stessa di dignità della persona") sarebbe irrilevante.

La Cassazione ha appunto disegnato una categoria di persone di serie B (ovviamente molti tenteranno - magari con interpretazioni sostanzialistiche) di allargarla, soprattutto agli anziani malati.

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

"se uno ha un diritto, gli altri dovrebbero avere il diritto di aiutarlo"

Questa mi piace; quindi se io mi sto fumando una sigaretta all'aperto, in una landa quasi desolata, poi potrei incontrare Giacomo Rocchi che mi dice che devo spegnerla: dice che non ho diritto di fumarla, e per dimostrarmi che non ho diritto di fumarla mi fa notare che se uno fa pubblicità di sigarette egli è perseguibile.

A parte ciò, ribadisco, sperando che non ci si arramppichi ancora sugli specchi: stavo dicendo che se non esistesse il diritto a morire allora sarebbe perseguibile il tentato suicidio, punto. Poi ci sono tante altre cose: per esempio, se non esistesse, non potrei mai dire no ai medici che vogliono curarmi. Invece posso. E via dicendo...

Siccome è stata fatta una affermazione generale da Giovanni, allora vorrei proprio capire basata su che.

Anonimo ha detto...

Ma appunto, si tratta di una affermazione sbagliata: la mancata punizione del tentato suicidio non dimostra affatto che esiste un diritto al suicidio, ma una tolleranza nei confronti dei soggetti che tentano il suicidio e che non sono puniti.
Il riferimento al diritto degli altri di aiutare colui che intende suicidarsi è nel senso che, se esistesse il diritto al suicidio, non solo l'aspirante suicida potrebbe ammazzarsi da solo, ma avrebbe il diritto di chiedere agli altri di aiutarlo nei casi in cui egli non può o non vuole togliersi la vita personalmente, magari pagandoli: questo, invece, non solo non è possibile, ma è sanzionato penalmente.

Giacomo Rocchi

ukitel ha detto...

E' verissimo che il suicidio è proibito per legge, questo perché nessuno può disporre del proprio corpo per farsi del male.

E' una questione di qualità della vita: nessuno può causarmi sofferenza, nemmeno me stesso.
E il concetto di qualità della vita è proprio dello stato laico.

Eluana, Welby, sono persone che non hanno davanti a sé una qualità della vita sufficiente, questa è la LORO opinione.

Ciò non toglie che chi preferisce la sacralità della vita, per un punto di vista religioso (che lo stato non può fare suo ma deve tutelarlo) può fare come crede, perché lo stato lo tutela, infatti non sarebbe intervenuto nel dubbio, o se Eluana avesse espresso il parere contrario.

Ovviamente non c'è nessuna legge che sancisce questo nella fattispecie, ma è un modo di agire che può essere adottato per interpretazione, prevista e consentita dalla legge.

E proprio per rifuggire ogni problema legato ad una interpretazione sbagliata che si invoca una legge sul testamento biologico come soluzione.

paolo de gregorio ha detto...

"non dimostra affatto che esiste un diritto al suicidio"

Ho mai parlato di diritto al suicidio? NO! Ho parlato di diritto a morire. Qui qualcuno ha affermato che io non ho diritto a morire, che mi sembra la più grossa ****ata che si possa affermare. Il tentato suicido era un esempio per mostrare un caso di applicazione di questo diritto più generale. Ma ce ne sono centiaia d'altri, come il fare sport estremi a mio rischio e pericolo, rifiutarmi di bere o mangiare se non ne ho voglia, rifiutare cure essenziali, rifiutare un intervento chirurgico, vivere in mezzo ad animali selvaggi e pericolosi, e non finiremmo più. Nessun giudice mi può vietare di impegnarmi in attività che possono portarmi alla morte certa o probabile e che non ponga a rischio la vita di nessun altro; e questo persino quando ho qualche persona sotto la mia tutela che rimarrebbe da sola, figuriamoci se può privarmene per fare un piacere a Giacomo Rocchi o a Giovanni.

Anonimo ha detto...

I dettagli di cui Chiara Lalli era in attesa sono arrivati: i Giudici prescrivono che, per evitare reazioni alle mancanze di cibo e di acqua, a Eluana vengano somministrati sedativi e antiepilettici; per evitare, poi, il "disagio" della mancanza di liquidi, dovranno esserle modificate le mucose.
Insomma: Eluana sentirà il morso della sete, così come l'ha sentito Terry Schiavo; e mani premurose non le darano da bere, le umidificheranno le mucose ... e mentre morirà forse sarà contenta di non sentire disagio ...

Giacomo Rocchi

paolo de gregorio ha detto...

Per quel che riguarda tutti i casi menzionati nell'esemppio di Rocchi, essi sono radicalmente distinti l'uno dall'altro, a partire dalla circostanza che io possa o meno avere la facoltà fisica di porre termine alla mia vita, per cui il giudice può non venire incontro alla mia volontà in virtù anche di questo fatto (non dando facoltà ad altri di disporre del mio corpo). Situazione diametralmente opposta è quella in cui la collettività mi obbligasse a delle torture fisiche per (che so) espiare un peccato della collettività stessa, come su un altare sacrificale: in quel caso, se per un motivo astratto non vi fosse alternativa al dovermi torturare, il giudice potrebbe ritenere l'acconsentire a una mia preghiera di "farla finita" un'opzione valida da considerare. Uno spartiacque, ovviamente, è se o meno io possa essere considerato il depositario della libertà sul mio corpo, e se o meno la mia vita è dignitosa. O se un giudice può obbligarmi a che il mio corpo sia violato pur contro la mia volontà, per regalare un corpo vivo o vegetale alla collettività, in sacrificio per l'espiazione dei peccati della collettività.

L'unico caso a metà strada è quello in cui io divenga mentalmente disabile. Certamente se la collettività intendesse alla sopraggiunta disabilità, per esempio, tenermi a bada facendomi indossare a vita una camicia di forza, tenendomi prigionerio in una stanza due per due, per tutti i giorni della mia rimanente vita beh allora sì, decisamente, io ritengo che avrei diritto (anche qualora non riconosciuto) a che fosse rispettata la volontà espressa in una mia eventuale lettera del tipo di cui sopra, in cui avessi manifestato chiaramente questa volontà. Se la collettività invece conosce un metodo per rendere la mia vita dignitosa e da essere vissuta a fonda allora il discorso è diverso. Ma questo, appunto, accade solo se mi sono garantiite certe libertà, senza che sia vincolata la mia dignità umana.

Tutto qui sta lo spartiacque: sul che cosa significhi che la mia vita sia umanamente dignitosa. Se io fossi obbligato a stare ogni secondo della mia vita immobile in un letto, e mi fosse vietato comunicare con l'esterno, magari persino di aprire gli occhi, e mi fossero messi dei chiodi nei fianchi così tanto per farmi soffrire un po', allora hai voglia a dire che il giudice tutela la mia dignità evitando in tutti i modi che qualcuno mi aiuti a morire. La collettività, se vuole salvaguardarmi come persona contro la mia stessa volontà (presente o previamente espressa) e a tutti i costi, deve prima garantirmi che io possa vivere come una persona. Quando non può farlo la questione torna ad essere aperta, e la mia volontà prevalente. Non può lasciarmi vivere come un vegetale come non avrei voluto, magari infilandomi cose dentro il mio corpo come nemmeno avrei voluto, e poi rifarsi una verginità dicendomi che io sono una persona e quindi la mia volontà non vale più. A chi serve la persona viva come un vegetale: alla persona stessa, o all'amico, parente, o al Rocchi? Stante la volontà della persona, essa dovrebbe prevalere. E non dimentichiamo che una prima morte quella persona l'ha già vissuta, senza che nessuno l'avesse voluta.

Anonimo ha detto...

Lascio De Gregorio alle sue elucubrazioni che dimostrano soltanto che - come è ovvio - una volta che si afferma il principio che, in certi casi, la vita non è dignitosa ("degna di essere vissuta") e quindi è uno stato che legittima l'uccisione della persona, i casi di vita non dignitosa si moltiplicano a seconda delle valutazioni soggettive.

La Cassazione, però - ribadisco - questo salto non lo fa (cioè non dice: "tutte le volte in cui un soggetto si trova in uno stato che, secondo quanto aveva sostenuto in precedenza, non è per lui dignitoso, lo si può uccidere se questo è il desiderio che ha espresso"), ma, appunto, fa questa affermazione a mo' di eccezione alla regola generale, solo per i cittadini - di serie B - che sono in stato vegetativo persistente.

Ma lo Stato non deve fare eccezioni, non deve autorizzare l'esecuzione degli esseri umani, non deve discriminare - o permettere che vengano discriminati - gli uomini sulla base delle loro condizioni di salute.

Giacomo Rocchi

rikkitikkitavi ha detto...

ma insomma!
io non capisco come faccia una persona qualsiasi a sentirsi intitolata a decidere se tizio o caio si siano espressi in modo consapevole o meno.
ma chi cavolo vi credete di essere?

la persona che ha espresso la sua volontà è un essere umano come noi.
ha sbagliato? forse.
sbagliamo noi a giudicarla? sicuro.
ma accidenti: rispettiamo la volontà di una persona, anche quando non siamo d'accordo. e checcavoli!

mettiamola in un altro modo.
sempronio esprime la volontà di essere tenuto in vita, qualunque cosa gli accada.
domani sempronio si trova in stato vegetativo irreversibile, attaccato ad un tubo.
e dopodomani io dico che sempronio non sapeva quello che si diceva, e che quindi va lasciato morire.
ma stiamo scherzando?????

ukitel ha detto...

Il giudice ha disposto così perché nell'ordinamento giuridico italiano è consentita solo l'eutanasia "passiva", e cioè quando si tratta di "non-facere", non far nulla, lasciare la persona a sé stessa.
Se ci fosse una legge sull'eutanasia allora potrebbero ucciderla senza farle sentire nulla.

Questo è possibile perché non si tratta di omissione di soccorso, in quanto nessuno può opporsi alla volontà del malato di rifiutare le cure, o di scegliere come essere curato.

Decisioni simili sono prese tutti i giorni nella pratica medica in casi molto diversi dallo stato vegetativo, basta una qualunque complicazione in un'operazione, in cui si chiede non al paziente (che è in anestesia generale) ma al tutore di scegliere. Amputazioni, salvare la donna o il figlio, un trattamento molto rischioso, ecc...

E anche là si decide della vita e della morte, ma non si scandalizza nessuno.
Ora qui si ha la possibilità di poter ascoltare la volontà della persona, sì, è vero, l'ha espressa prima, ma è sempre molto meglio che la volontà del suo tutore.

paolo de gregorio ha detto...

Rocchi, la parte in cui affermi:
"La Cassazione [...] non dice [...]" e quel che segue è il punto. La Cassazione parla a chiare lettere di: sondino per mangiare e per bere. E parla a chiare lettere di: stato vegetativo. In questi criteri riconosce l'intervento del medico sia sulla volontà precedentemente espressa dal paziente sia sulla sua libera capacità di intendere, sia sulla forma "coercitiva" della cura. Ricordo a Rocchi che se io sono integralmente cosciente ho tutto il sacrosanto diritto, costituzionale, di rifiutare che mi piazzino dentro il mio corpo alcunché, anche qualora questo alcunché può salvarmi la vita, e non dimenticherei che molto probabilmente questo articoolo seguì l'orrore per la pratica della tortura durante la guerra nazifascista. Questo diritto è diverso dal diritto, che all'oggi non ho, e che la Costituzione non mi garantisce, di farmi somministrare un veleno in una flebo. Confondere le due realtà, come se il giudice in questo caso fosse stato chiamato a decidere come da secondo caso e non come da primo, mi pare sleale. L'ho scritto chiaramente nel mio post, mi pare, che in termini di diritto, stante la mia coscienza, togliermi una flebo salvavita o somministrarmi una flebo letale non sono la stessa cosa, come si vuole proporre. Qui si parla di un intervento sul corpo di una persona contro una volontà espressa, e di questo parlò la Cassazione.

ukitel ha detto...

Ah e comunque De Gregorio non dice niente di assurdo quando afferma che una vita indignitosa non vale la pena di essere vissuta. E' proprio il discorso della qualità della vita che i laici fanno proprio.
E lo stato è laico.

O qualità o sacralità...

La sacralità è giustificata solo da questioni religiose, quindi lo stato non ha scelta, deve seguire la posizione laica e tutelare le altre.

Anonimo ha detto...

Mantenere in vita una persona in stato vegetativo permanente, nel momento in cui si sa che tale persona aveva espresso la volontà di non essere mantenuta in vita attraverso una macchina, soltanto per soddisfare la perversa idea della sacralità della vita proposta da qualche sedicente difensore della vita, è mostruoso.

ukitel ha detto...

Pensa un po' se addirittura fa il magistrato, tenendo conto di quest'idea... Eheheheheh.

Anonimo ha detto...

"Welby, se foste stato aiutato, sarebbe ancora vivo."

l'ultimo che avete cercato di "aiutare" e' stato nuvoli, che si e' dovuto lasciar morire di fame. e' stato proprio un grande aiuto il vostro, ve ne sara stato riconoscente...

se dovessi essere affetto da paralisi progressiva probabilmente vorrei ricorrere alla tecnologia per prolungare la mia vita. ma sapendo che poi dovrei subire la violenza dei "difensori della vita" provvederei a farla finita prima che sia troppo tardi.

Anonimo ha detto...

"gli altri dovrebbero avere il diritto di aiutarlo"

ah certo, il famoso diritto ad aiutare... ad esempio se tu e tua moglie avete problemi a concepire un figlio io posso esercitare il mio DIRITTO ad aiutarvi, e nel modo che decido io, giusto?

Anonimo ha detto...

Regalzi, Le segnalo l'ultimo commento di c.d. per i suoi eventuali provvedimenti.
Non mi permetto di attribuire a detto commento un aggettivo che mi verrebbe spontaneo ma che so che nel vostro blog non è possibile utilizzare: penso che Lei sia più qualificato ad aggettivare la lettera e lo spirito del commento stesso.

Giacomo Rocchi

Giuseppe Regalzi ha detto...

Rocchi, non ci siamo capiti. Lei non deve offendere i proprietari di questo blog (come vorrebbe la buona educazione o anche il semplice buon senso), di cui è ospite. Per il resto: io non faccio il moderatore qui - non ne ho né il tempo né la voglia; ognuno si difende se e come gli pare, a seconda della propria sensibilità. Queste sono le regole della casa; se le trova ingiuste e inique non ha che da andarsene.

(Nel caso specifico, comunque, quella di c.d. è solo una innocente - e anche abbastanza gustosa - battuta.)

Anonimo ha detto...

Se non ci siamo capiti è perché Lei non si è spiegato: quando ha dato l'ultimatum: non usare più la parola s.... (non posso scriverla) ha fatto, appunto, un ultimatum senza spiegarlo; ma non si trattava di un'offesa, ma di un addebito al testo della Lalli, fra l'altro fatto anche direttamente a lei, fin dal mio primo commento.
E allora: le battute "gustose" le vanno bene se le fanno la lalli (che, fra l'altro, si difende da sola: cosa è: le ha telefonato piangente perché avevo detto che s.... e chiedendole di intervenire?) o altre persone che offendono gli intervenuti e non le vanno bene, invece, i commenti duri alle cose che vengono scritte sui post o sui commenti?

Lei dice di non avere tempo: ma, quando serve, il tempo ce l'ha, piuttosto ad un certo punto ha fretta e non aggiunge altro (ovviamente attribuendo al'interlocutore la responsabilità dell'interruzione del colloquio ... ma fa così anche la lalli).

Lei dice che me ne posso andare dal suo blog (anzi: dal blog di sua "proprietà"): questo me l'ha già detto in vari modi e in varie forme, ma avrà capito che, da me, non intendo farlo; e uno dei motivi è proprio per dimostrare che dietro la patina della "libertà dell'individuo" da parte sua sbuca, spesso, l'intolleranza (oltre ad una concezione niente affatto liberale dello Stato). Parlo di Lei perché la Lalli non c'è e non voglio che Lei (Regalzi) si offenda se parlo male della Lalli.

Fra l'altro, devo dire la verità, le mie spiegazioni al motivo per cui avevo attribuito alla Lalli la condotta di s ... (non posso usare il termine), lei si è ben guardato dal commentarle, limitandosi a dire: "quello che avevo da dire, l'ho detto".

Argomenti, Regalzi ...

Giacomo Rocchi

Giuseppe Regalzi ha detto...

Rocchi, lei non vale il mio tempo. Si regoli come reputa meglio; io farò altrettanto. Quanto alla mia intolleranza, ancora un piccolo sforzo e riuscirà a dimostrare quanta ne provo per la stupidità arrogante.

paolo de gregorio ha detto...

C'è un tizio che non ha un blog, un sito, un indirizzo email reso pubblico, il quale lascia talvolta decine di commenti al giorno su blog di altri, e scopriamo che lo fa per "dimostrare [...] l'intolleranza" degli autori. Anche io, quando da neonato mi attaccavo al seno di mamma, lo facevo per dimostrare che il latte era amaro.

Joe Silver ha detto...

@Paolo De Gregorio

C'è un tizio che non ha un blog, un sito, un indirizzo email reso pubblico, il quale lascia talvolta decine di commenti al giorno su blog di altri, e scopriamo che lo fa per "dimostrare [...] l'intolleranza" degli autori.

E in più priva del suo prezioso tempo i suoi figli. Mi ricorda un'altra persona che per "divertirsi" su questo blog trascura la propria famiglia.

Anonimo ha detto...

Giacomo Rocchi, con tutta la buona volontà non si riesce a dibattere con lei. Se vittima del suo apriorismo fosse il teorema di Pitagora, davanti alla dimostrazione logico matematica del teorema attaccherebbe il suo interlocutore dicendogli che quelle non sono argomentazioni e comincerebbe un discorso eristico sul significato delle parole "lato", "quadrato", "ipotenusa"...

Come si suol dire, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Anonimo ha detto...

PER EMETTERE LA SENTENZA DI CONDANNA A MORTE DI ELUANA, prima si ha da acquisire la CAPACITA' COGNITIVA, la conoscenza la coscenza - DELLA VITA trascorsa nello stato di COMA- DURANTE LO STATO DI COMA SI VEDE SI ASCOLTA , SI HANNO EMOZIONI, si SUBISCONO VIOLENZE, dalle quali, si subisce e basta.... tanto non sente non capisce, non ha coscienza- IL TUTORE, suo padre se non vuole ELUANA , revochi il mandato al GIUDICE TUTELARE, e sia altri ad essere tutori. E' tempo di finirla, per i propri comodi , definire, chi si trova in coma, non ha coscenza cosepovolezza de mondo che lo circonda , per il sol fatto di non poter comunicare, o meglio gli altri non comprendono la nostra comunicazione del nostro disagio dolore o piacere. Leggetevi questo artiolo apparso ieri, su questo caso esiste anche un sito internet www.salvatorecrisafulli.it
«Salvatore Crisafulli sentiva, ma nessuno lo capiva»
La testimonianza di Pietro Crisafulli: suo fratello è rimasto in coma per oltre due anni Per i sanitari non sentiva più nulla, invece ...

Salvatore Crisafulli è tornato a soffrire alla notizia del decreto della Corte d’Appello di Milano che permette di interrompere ali­mentazione e idratazione a Eluana Englaro. Sente ancora vivo il ricor­do di quando lui stesso si trovava in stato vegetativo e nessun medico voleva credere che si sarebbe ripreso: «Lo davano per spacciato – rac­conta il fratello Pietro – ma noi familiari vedevamo che piangeva, a­vevamo il sospetto che potesse ca­pire, ma venivamo regolarmente ca­tegoricamente disillusi dai medici. Ma quando si è svegliato, Salvatore ha potuto rivelare che sentiva tutto, e che poteva solo piangere per farsi capire».

Il caso di Salvatore venne alla ribal­ta mentre il mondo assisteva impo­tente alla vicenda di Terri Schiavo, la donna statunitense in stato vegeta­tivo che nel 2005 fu lasciata morire dopo una serie di ricorsi giudiziari. «Salvatore conosceva la vicenda per­ché vedeva i notiziari televisivi – continua il fratello Pietro –. Era in stato vegetativo dal settembre 2003, dopo un incidente stradale quando aveva 38 anni. E tutti i medici ci di­cevano che non c’era nulla da fare, persino i luminari da cui lo abbiamo fatto visitare (anche all’estero) era­no concordi. Ricordo in particolare un viaggio in Austria, da cui evidentemente Salvatore si attendeva mol­to: quando il professore stabilì che non avrebbe avuto più di 3-4 anni di vita, non solo pianse, ma cominciò a star male, gli venne la febbre».

Tuttavia passata l’emozione del ca­so Terri, i riflettori tornarono a spegnersi. «Non ce la facevamo più a reggere l’angoscia e la solitudine in cui come famiglia eravamo abban­donati – racconta ancora Pietro Cri­safulli –. Fu allora che per protesta­re dissi che gli avrei “staccato la spi­na” se non avessimo trovato aiuto. Sono parole di cui poi mi sono pen­tito, ma per capire bisogna cono­scere il grado di disperazione cui possono giungere i familiari di que­ste persone » . Tuttavia qualcosa si mosse: «L’allora ministro della Salute Francesco Storace si attivò e tro­vammo un ricovero in una struttu­ra attrezzata per una vera riabilita­zione. E per tre mesi Salvatore ot­tenne quell’assitenza che nessuno gli aveva mai dato prima: lì col tem­po hanno capito che era cosciente e nell’ottobre è uscito dal coma».

Iniziava un nuovo percorso, aperto alla speranza anche se ancora difficoltoso: «Per i primi 18 mesi l’assi­stenza è stata buona, poi è andata scemando, tra intoppi burocratici e carenze di fondi. Ma Salvatore con­tinua a migliorare: ora muove an­che le spalle e le dita dei piedi. E so­prattutto può comunicare». Al mat­tino, quando è più fresco, «riesce a parlare con la sua voce. Nel pome­riggio, di solito, utilizza due diffe­renti sistemi elettronici per trasmetterci il suo pensiero. Adesso per esempio sta scrivendo un comunicato proprio sul caso di Eluana». Un caso che non può non colpire chi è passato attraverso un percorso a­nalogo: «Parlando di Terri Schiavo, Salvatore ci ha detto che si rendeva conto di essere in una situazione simile ».
Ora Salvatore «ha una voglia di vi­vere incredibile, ha fiducia di poter migliorare ancora – aggiunge Pietro Crisafulli –. Stiamo preparando un viaggio in Florida, perché abbiamo saputo che c’è una terapia iperbari­ca che potrebbe fargli recuperare un 30% delle sue capacità. Dobbiamo sempre avere fiducia nelle possibi­lità della scienza medica nel futu­ro ».

Dalla vicenda del fratello, Pietro Crisafulli ha ormai tratto molta esperienza:
«Conosco 837 casi di per­sone in stato vegetativo, credo di po­ter affermare che almeno 350 di questi sono in grado di capire quel che succede loro intorno ma non riescono a comunicare in alcun mo­do. Proprio oggi (ieri, ndr) so che un uomo di 36 anni, in stato vegetativo dopo un incidente stradale da nove anni, si è svegliato e ha mosso le di­ta per scrivere. è fuori di dubbio che la ripresa di questi malati è lunga e incerta, ma la speranza non va mai abbandonata. E le famiglie vorreb­bero che la politica non fosse orien­tata verso una cultura di morte, ma a garantire i sostegni cui le persone disabili gravi hanno diritto».

ENRICO NEGROTTI (Avvenire)

Anonimo ha detto...

mi chiedo chi siamo noi, popolo (oserei aggiungere ipocrita e bigotto) italiano, per ergerci così a ruolo di giudice...
la ragazza aveva espresso la sua volontà, ora il padre sta solo rispettando il desiderio di sua figlia.
forse faremmo bene a smettere con queste sentenze e a rispettare in silenzio il momento delicato che sta affrontando il padre.