Che cos’è, nella realtà, il famigerato «atto» emanato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi il 16 dicembre 2008? «Un atto di indirizzo», lo definisce lo stesso ministro (nel corso di una conferenza stampa tenuta il giorno dopo); e come tale viene costantemente presentato. Un atto, quindi, che comunica direttive generali del ministero. Il testo in sé, per la verità, è un po’ più parco di dettagli: «Il presente atto», dice all’inizio; e basta. La parola «indirizzo» non si trova da nessuna parte, e neppure un suo derivato; manca anche il numero di protocollo.
Se poi si va sul «Portale della normativa sanitaria», «un nuovo strumento, interamente gratuito, per la consultazione dell’insieme delle leggi e delle norme in vigore in materia sanitaria», sempre sul sito del ministero, e si cerca tutta la normativa dal 16 dicembre ad oggi, l’atto in questione curiosamente non compare. Eppure la completezza del database non si può mettere in dubbio, visto che registra per lo stesso 16 dicembre un decreto di «riconoscimento, alla sig.ra Chumpisuca Arando De Guizado Concho, di titolo professionale estero, quale titolo abilitante all’esercizio in Italia della professione di infermiere» (si veda per confronto un recente atto di indirizzo del Ministro della Pubblica istruzione, presente nella sezione «Normativa» del relativo ministero, con regolare numero di protocollo).
Probabilmente non bisognerà annettere un particolare significato a queste circostanze; anche se non mi meraviglierei molto se in caso di futuri guai l’«atto» si trovasse improvvisamente derubricato a «lettera personale del ministro», o qualcosa del genere... Ma possiamo almeno dare un significato simbolico a questa consistenza evanescente: sembra proprio un atto fantasma quello che il ministro ci ha consegnato.
Oltre alle incertezze sulla sua natura, non mancano nemmeno quelle sul significato da dare all’atto. È sembrato per un po’, soprattutto subito dopo il primo annuncio da parte del ministro, che l’atto avesse lo scopo di indicare che l’interruzione della somministrazione forzata di alimenti a un malato in stato vegetativo è contraria alla legge. Punta in questa direzione un virgolettato attribuito da Repubblica al ministro (Maria Novella De Luca, «Englaro, governo all’attacco. “Illegale sospendere la terapia”», 17 dicembre 2008, pp. 12-13), che avrebbe affermato: «nessuna struttura del Servizio Sanitario Nazionale è abilitata a procedere alla sospensione dei trattamenti di alimentazione e idratazione artificiali nel caso di pazienti in stato vegetativo, perché questo sarebbe contro la legge». Di poco differente la versione dell’edizione online dello stesso giornale, che riprende un lancio di agenzia dell’AGI: «Nel concreto questo significa che, se una struttura del Ssn eseguisse la sentenza della Cassazione che autorizza il distacco del sondino per Eluana, “questa struttura opererebbe contro la legge”». Margherita De Bac sintetizza a sua volta sul Corriere le parole di Sacconi in questo modo: «La struttura che accettasse di staccare il sondino a Eluana sarebbe fuorilegge» («Sacconi: nessun ospedale tolga cibo e acqua a Eluana», 17 dicembre, pp. 2-3). Ancora pochi giorni del fa, del resto, il ministro insisteva in polemica con il presidente del Piemonte Mercedes Bresso: «ho fatto solo una ricognizione delle leggi da applicare» (Ansa). Il testo dell’atto è più sfumato, ma non manca di notare: «Si ritiene, pertanto, […] che sia fatto divieto di discriminare la persona in stato vegetativo rispetto alla persona non in stato vegetativo».
Queste affermazioni dal tono severo contrastano grottescamente con il fatto – rilevato subito da molti commentatori, compresi noi di Bioetica – che quelle di cui il ministro parla nell’atto di indirizzo non sono leggi. Non è legge il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica; non è legge la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (almeno non ancora; lascio stabilire a giuristi migliori di me cosa accadrà se e quando il Parlamento ne ultimerà la ratifica).
Tutto ciò rende pienamente manifesta la qualità allucinatoria dei giudizi del ministro; ma il punto fondamentale è un altro. Ammettiamo pure che le leggi ci fossero state; il giudizio di legalità compete però esclusivamente al potere giudiziario, non al ministro. E nessuno può essere accusato di aver commesso un atto illegale per aver eseguire fedelmente il decreto di un tribunale. Sacconi può naturalmente esprimere un’opinione personale senza conseguenze su cosa il tribunale avrebbe dovuto idealmente decidere; ma non si vede a che titolo questa opinione possa finire in un atto ministeriale. Quando poi il ministro minaccia, in base al suo personale giudizio di legalità, coloro che si preparavano ad ottemperare a una sentenza esecutiva della magistratura, siamo all’attacco violento di un potere dello Stato contro un altro. Siamo all’emergenza democratica.
È possibile tuttavia un’interpretazione più benevola delle intenzioni del ministro – anche se non sono riuscito a trovare luoghi che confermino che il ministro l’abbia mai personalmente avanzata; comunque, in alcuni commenti viene assunto più o meno implicitamente che il significato dell’atto sia questo. Secondo questa esegesi non siamo di fronte al proclama di un giustiziere che dice: Ehi, secondo me queste azioni sono illegali, e punirò chiunque le compia. Al posto di questo avremmo il ragionamento seguente: Ci sono dei principi che mi sembrano giusti e sacri; ecco dunque un atto che si ispira ad essi e che dovrete seguire, altrimenti vi punirò. Il ministro non sta interpretando la norma; la starebbe creando.
A prima vista, anche così le cose non migliorano molto, anzi per niente: abbiamo pur sempre un atto amministrativo che tenta di vanificare una sentenza definitiva della magistratura – il potere esecutivo che prevarica sul giudiziario. Si dovrebbe applicare qui l’art. 21-septies, c. 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241:
È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.L’atto di Sacconi sarebbe quindi nullo, come se non fosse mai avvenuto. Ma il fronte integralista non demorde, e ha pronta una risposta. Il decreto della Corte d’Appello di Milano del 9 luglio 2008, che ha dato pratica attuazione alle direttive emesse l’anno prima nella sentenza definitiva della Cassazione (16 ottobre 2007, n. 21748), avrebbe – è ciò che si sostiene – autorizzato la sospensione della nutrizione artificiale, ma non obbligato qualcuno a sospenderla. Se nessuno è obbligato, chiunque allora è libero di sottrarsi a quanto decretato, compreso il Ssn (anche se a dire il vero il decreto citato parla di «autorizzazione a disporre l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale»). Su questa ardita interpretazione sembrerebbe basato non solo l’atto sacconiano, ma anche il rifiuto della Regione Lombardia di ottemperare alla sentenza della Corte. Il TAR lombardo dovrebbe chiarire in tempi brevi la questione; nel frattempo, ammettiamo pure che l’obiezione sia valida; ma questo rende di per sé efficace l’atto di indirizzo del ministro? È quanto cercheremo di vedere nella prossima puntata.
(2. Continua. Puntate precedenti: 1)
10 commenti:
analisi molto interessante e che condivido. ma che credi che una volta ratificata la convenzione sui disabili cambi qualcosa? ho sempre ritenuto che sacconi e la roccella la citassero completamente a sproposito.
svante
Questa è anche la mia opinione, come scrivevo qualche tempo fa. Tuttavia è certo che qualora la Convenzione diventasse operativa il governo tenterebbe di farla valere contro la sentenza, che però è esecutiva. Non so bene cosa potrebbe succedere allora.
"sia fatto divieto di discriminare la persona in stato vegetativo rispetto alla persona non in stato vegetativo"
cioè? qualcuno mi può spiegare in che modo rispettare la volontà di una persona in SVP di sospendere le cure (o non iniziarle) voglia dire discriminarla?
sarò scemo ma non lo capisco
Eh, bisognerebbe chiedere a Sacconi... :-)
Dal punto di vista giuridico l'atto di sacconi mi pare si sostanzi in una direttiva.
Astenendoci dal decidere qui se il ministro può emanare direttive di tal genere (se sia ciò rientrante nelle proprie competenze) e dando il dettaglio per scontato, mi limito ad osservare che la direttiva (come tutti gli atti amminisrativi) NON può avere effetti derogatori della legge (secondo alcuni le direttive sono fonte di diritto, ma certamente sono fonti subordinate alla legge ed ancor più alla costituzione alle quali ha fatto riferimento la cassazione) .
Ne deriva che l'atto di sacconi è illegittimo.
Cosa ne consegue? Ne consegue che se un medico di torino darà esecuzione alle volontà di eluana non dovrà temere conseguenze (rectius: avrà ragione in tribunale di chiunque gli conto del suo agire).
Altro discorso è per le cliniche private, il cui accreditamento presso il SSN è soggetto ad una certa discrezionalità amministrativa. Per loro l'atto di Sacconi è, semplicemente, una minaccia...una minaccia molto efficace.
un saluto, neldibondo
Tu come vedi la pretesa del ministro che il decreto della Corte d'Appello non obblighi in realtà nessuno?
Sì, credo anche io che la convenzione sui diritti dei disabili potrebbe essere usata nel senso che dici, ma non sono troppo pessimista sul risultato che potrebbero ottenere.
La sentenza della cassazione sul caso Englaro ha già detto molto anche sul rapporto tra disabilità e 'stato di incoscienza totale e permanente'.
La convenzione sui disabili, inoltre, prevede un "divieto di rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari
o di cibo e liquidi in ragione della disabilità", che non può essere letto in alcun modo come obbligo di sottoporsi a trattamenti sanitari da parte del disabile! Anzi, la convenzione parla esplicitamente in più punti del "consenso libero e informato", requisito necessario per i trattamenti sanitari anche nei confronti dei disabili, ovviamente in stato di coscienza.
Per chi si trova in stato di incoscienza è ovvio che le decisioni spettino al tutore, nel rispetto dei principi imposti dalla legge al proprio ufficio. Egli deve consentire ai trattamenti sanitari sempre sulla base del consenso informato, nell'esclusivo interesse dell'incapace e, come mirabilmente dice la cassazione deve decidere non “al posto” dell’incapace né “per” l’incapace, ma “con” l’incapace, che nella fattispecie significa ricostruire la volontà della persona qual era prima di perdere irreversibilmente coscienza.
Insomma, secondo me, dalla convenzione sui disabili non riusciranno a ricavare uno strumento 'contro' i disabili! (o almeno spero!)
Scusate la lunghezza :)
Sono convinto anch'io che alla fine la Convenzione non potrebbe cambiare la situazione. Il mio timore è piuttosto che possa essere usata per mettere ancora una volta i bastoni fra le ruote, per intralciare. Quello che vorrei capire però è come si porrebbe una nuova legge nei confronti di una sentenza definitiva: non si tratta di materia penale, quindi non vale il principio di non retroattività; ma cosa succede in pratica?
Sì, dal punto di vista penale l'irretroattività della legge è stabilita nella costituzione (nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso)
Negli altri campi l'irretroattività non è assoluta, nel senso che possono essere fatte deroghe giustificate, ma è comunque la norma, per ragioni di "tranquillità" nei rapporti tra persone in generale.
In ogni caso il problema è rilevante solo per le questione ancora pendenti. Su una sentenza passata in giudicato, anche se non ancora eseguita, non c'è niente da fare.
Anzi, non ci dovrebbe essere niente da fare. Tuttavia visti i chiari di luna in cui ci tocca vivere, condivido perfettamente la tua preoccupazione.
Già. Se pensi che c'è gente - anche autorevole - che ha dichiarato che chi attuerà la sentenza potrebbe essere incriminato per omicidio, ti rendi conto che tutto è possibile...
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