sabato 24 gennaio 2009

Atto di forza /3

Supponiamo per un attimo che l’atto del ministro Sacconi non sia nullo. La domanda che allora ci dobbiamo porre è: il ministro è competente ad emettere una direttiva di questo genere? L’atto di indirizzo è diretto ai Presidenti delle Regioni (e delle due province autonome di Trento e Bolzano): si inscrive dunque nell’ambito dei rapporti fra poteri centrali e poteri locali. Non dovrebbe essere difficile determinare quali siano le rispettive competenze.

È sembrato all’inizio della vicenda che una risposta pronta e recisa al quesito che ci stiamo ponendo fosse arrivata da Michele Ainis, che sulla Stampa faceva notare come l’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, vieti gli atti d’indirizzo e coordinamento nel campo della sanità:

Nelle materie di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Il terzo comma dell’art. 117 della Costituzione indica tra le materie soggette a «legislazione concorrente» (cioè in cui spetta alle Regioni la potestà legislativa e regolamentare, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali) proprio la tutela della salute; ed è di salute che l’atto di indirizzo di Sacconi pretende invece di occuparsi.
Caso chiuso? Purtroppo no. Nei giorni seguenti il ministero è sembrato dare una lettura dell’atto in chiave di garanzia di prestazioni essenziali; anche le parole con cui esordisce l’atto, una volta divenute note nel dettaglio, sono parse andare in questa direzione:
Il presente atto è rivolto a richiamare principi di carattere generale, al fine di garantire uniformità di trattamenti di base su tutto il territorio nazionale e di rendere omogenee le pratiche in campo sanitario con riferimento a profili essenziali come la nutrizione e l’alimentazione nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente.
Ancora più precisa – meglio tardi che mai... – una dichiarazione rilasciata appena l’altro ieri (Comunicato stampa n. 21, 22 gennaio 2009), in cui Sacconi sostiene che l’obbligo di idratazione e alimentazione
non può ovviamente che collocarsi nell’ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, per i quali l’articolo 117 della Costituzione prevede la competenza esclusiva dello Stato, il cui compito è quindi quello di garantirne il rispetto nell’intero territorio nazionale.
[…] la generale applicazione del dovere di alimentazione e idratazione nei casi di particolare bisogno non poteva non essere accompagnata da un cosiddetto atto di ricognizione dei principi generali emanato dal Ministro nell’ambito del suo dovere di assicurare l’esigenza di unitarietà del Servizio sanitario nazionale rispetto ai valori fondamentali. Altri atti, del resto, sono stati prodotti in passato con lo stesso scopo come, tra gli altri, quello dedicato ai limiti e alle modalità di impiego della terapia del cosiddetto elettroshock.
Non c’è dubbio che dipingere come garanzia di livelli essenziali di assistenza l’imposizione violenta dell’alimentazione forzata a una persona che non può più difendersi costituisca un’impudente travisamento della realtà; ma resta il fatto che la definizione delle prestazioni essenziali (o più esattamente la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale») costituisce in effetti, secondo l’art. 117 della Costituzione, secondo comma, lettera m, materia riservata in via esclusiva allo Stato centrale. Partita chiusa, questa volta? Di nuovo: no.

Per prima cosa, gli atti di indirizzo alle Regioni non spettano al singolo ministro, ma al governo nel suo complesso. Dovrebbe valere qui l’art. 2, comma 3, lettera d, della legge 23 agosto 1988, n. 400:
Sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei ministri […] gli atti di indirizzo e di coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni e, nel rispetto delle disposizioni statutarie, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano; gli atti di sua competenza previsti dall’articolo 127 della Costituzione e dagli statuti regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, salvo quanto stabilito dagli statuti speciali per la regione siciliana e per la regione Valle d’Aosta.
L’articolo in questione era stato abrogato dalla legge 59/1997, ma ripristinato poi dalla Corte Costituzionale (sent. 408/1998). Nel nostro caso il coinvolgimento del Consiglio dei ministri deve essere stato un po’ insufficiente, vista la dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio pochi giorni dopo l’emissione dell’atto di Sacconi (AdnKronos, 20 dicembre 2008):
«Non ero stato messo al corrente dell’intervento del ministro del Welfare» Maurizio Sacconi sul caso di Eluana Englaro. Lo ha spiegato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nella conferenza stampa di fine anno, spiegando che «in queste materie ho sempre pensato che non sia l’esecutivo a doversene prendere carico».
Il Presidente del Consiglio se l’è poi rimangiata, com’è suo costante costume; ma l’atto di indirizzo rimane opera del solo ministro Sacconi, non certo di tutto il Consiglio dei Ministri.
Il richiamo a quest’articolo di legge mette in evidenza ancora una volta l’analfabetismo istituzionale del ministro, è vero; ma è poi così decisivo? L’atto sarebbe stato legittimo se si fossero seguite le norme e fosse stato approvato dal Consiglio? Oppure se la sua natura fosse stata diversa? In fondo, come abbiamo già visto, non è chiarissimo che si tratti davvero di un atto di indirizzo; e se il ministro lo riemettesse sotto forma diversa, per esempio di mera nota circolare? Sacconi invoca in effetti come precedente nella sua ultima dichiarazione proprio una nota, quella del 15 febbraio 1999 relativa all’elettroshock, emessa dall’allora ministro Rosy Bindi. Vero è che in quel caso non c’era una sentenza della Cassazione a dire l’opposto dell’atto ministeriale; il ministro non aveva minacciato nessuno; il quadro costituzionale non era lo stesso di adesso, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione; e il ministro si era dovuta rimangiare a furor di popolo una circolare precedente sullo stesso argomento (2 dicembre 1996), in cui sosteneva quasi l’opposto della successiva – Sacconi avrebbe dovuto forse cercare un precedente più beneaugurante... Ma a parte questo, cosa succederebbe se all’atto di Sacconi fosse data una nuova, più acconcia veste, anche se meno solenne di un atto di indirizzo?

Abbiamo visto come Sacconi abbia collocato l’alimentazione artificiale «nell’ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza» (LEA). Il ministro si sarà sentito sicuro: è competenza esclusiva dello Stato! Ma avrebbe fatto meglio invece a consultare l’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che stabilisce che tutte le aggiunte o modifiche ai LEA
sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Altro che atto di indirizzo: qui non soltanto è necessario un decreto del Presidente del Consiglio, ma anche e soprattutto l’intesa fra lo Stato e le Regioni! Solo dopo aver esperito questa procedura il Consiglio dei Ministri – non il singolo Ministro – potrà casomai far valere, con deliberazione motivata, la competenza esclusiva dello Stato (art. 3 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281).
La Corte Costituzionale ha poi autorevolemente ribadito che è questa la strada da seguire nella sentenza n. 88/2003; con la sentenza n. 134/2006 ha esteso la procedura definita dalla l. 289/2002 anche alla determinazione degli «standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza». È proprio con queste modalità, del resto, che è stata approvata l’ultima versione dei LEA, lo scorso ottobre, quando Sacconi era già ministro. E questo sì chiude, mi pare, la questione.

La vicenda dell’atto di Sacconi lascia aperti numerosi e inquietanti interrogativi. Com’è stata possibile una simile sequela di sgrammaticature istituzionali, di approssimazioni, di violenze vere e proprie? Cosa ne è degli staff tecnici del Ministero? Sono risultati drammaticamente inadeguati? Sono stati messi da parte? Il misto di grottesca incompetenza e di arroganza integralista che traspare dall’atto mostra in effetti a tratti le stimmate degli ambienti vicini all’attuale sottosegretario Roccella... Oppure è il ministro stesso che ha tentato di gabbare la sua constituency integralista, confezionando intenzionalmente un atto nullo e inefficace (ma facendosi poi prendere la mano, come dimostrano le minacce denunciate dai Radicali)? O qualcuno, infine, sta tentando di saggiare con un’operazione spregiudicata la saldezza delle fondamenta dello Stato di diritto in Italia?

(3. Fine. Puntate precedenti: 1; 2)

4 commenti:

Paolo C ha detto...

non ho capito - circa a meta' - come un sentenza del 1998 possa aver ripristinato un articolo abrogato nel 2007.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Scusa, la legge era naturalmente la 59/1997, non la 59/2007. Ho corretto. Almeno adesso so che c'è qualcuno che mi legge attentamente... :-)

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ho aggiunto nel testo un breve inciso, riguardo al fatto che l’ultima versione dei LEA era stata approvata nelle modalità prescritte dalla legge lo scorso ottobre, quando Sacconi era già ministro.

AcarSterminator ha detto...

Il misto di grottesca incompetenza e di arroganza integralista che traspare dall’atto mostra in effetti a tratti le stimmate degli ambienti vicini all’attuale sottosegretario Roccella...

A me è parso fin dall'inizio piuttosto evidente che dietro a questa faccenda ci sia la Roccella e gli ambienti che le orbitano attorno (o lei orbita attorno, boh).
Lei si è messa sotto per fare opera di convincimento verso il ministro, che si è fatto convincere facilmente... potere della fede.
Roccella è un personaggio che quasi mi fa paura, le sue idee fideistiche le oscurano la ragione e il suo apparire come una santerella brava e buona le porta simpatia, ma di fatto rappresenta invece una persona di una prepotenta e cattiveria insopportabili.
A mio parere naturalmente.

Va bè, ho nfatto questo intervento più che altro per cogliere l'occasione per ringraziare gli autori del blog e i lettori che con commenti utilissimi gli danno ancora più vita.
VITA... la parola magica.

Michele.