mercoledì 21 gennaio 2009

Atto di forza /1

Il fronte integralista è apparso sorpreso, e in qualche caso addirittura frastornato, dalla denuncia per violenza privata presentata contro il Ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Un chiaro esempio ce n’è offerto da Marta Cartabia sul Sussidiario.netELUANA/ La “regia” dei Radicali che trasforma il dramma in un simbolo», 19 gennaio 2009):

Si può seriamente ritenere che un atto ministeriale, foss’anche illegittimo, rientri negli estremi del reato di violenza privata? L’accusa è stata portata davanti al tribunale dei ministri, cioè quel tribunale competente a giudicare i reati commessi dai membri del Governo nell’esercizio delle loro funzioni. Ma come può costituire violenza privata, un atto pubblico, commesso da un soggetto nell’esercizio delle sue funzioni, rivolto nei confronti di una struttura pubblica? Si tratta evidentemente di un’azione dimostrativa e simbolica, che mira ad alzare i toni del conflitto tra politica e magistratura.
La Cartabia evidentemente scrive ignorando il contenuto della denuncia presentata dagli esponenti radicali. Non è l’atto ministeriale in sé a essere oggetto della denuncia, ma le dichiarazioni rese dal ministro il 17 dicembre, il giorno successivo all’annuncio che l’atto era stato emesso:
Lo stesso ministro è tornato ad intervenire […] facendo presente che «certi comportamenti difformi da quei principi determinerebbero inadempienze con conseguenze immaginabili». Sacconi lo ha detto replicando da Bruxelles ai giornalisti gli chiedevano se la Casa di cura «Città Udine» – dove Eluana deve essere trasferita – rischia di perdere la convenzione con il servizio sanitario nazionale se esegue la sentenza della Cassazione per lo stop all’alimentazione forzata (fonte: Corriere della Sera).
L’avvertimento non è particolarmente sibillino: se la clinica avesse accolto Eluana si sarebbe vista annullare la convenzione con il SSN. Attenzione: quello che il ministro ha fatto non è stato prospettare in caso di mancata osservanza dell’atto un iter giuridicamente valido al termine del quale, con tutte le garanzie, la clinica avrebbe subito delle conseguenze. No; quella di cui si parla ha tutta l’apparenza di una rappresaglia immediata: la clinica disobbedisce, la clinica perde la convenzione. Prima l’esecuzione, la condanna (eventualmente) poi. Questa è del resto la lettura data dai dirigenti della clinica nella nota diramata pochi giorni fa, per giustificare la rinuncia ad ospitare Eluana:
Gli approfondimenti condotti portano a ritenere probabile che, nel caso si desse attuazione all’ospitalità della signora Englaro per il protocollo previsto, il Ministro potrebbe assumere provvedimenti che – per quanto di validità temporanea proprio in virtù delle specifiche pertinenze delle Istituzioni – metterebbero a repentaglio l’operatività della struttura, e quindi il posto di lavoro di più di 300 persone, oltre che di quelli delle società controllate, ed i servizi complessivamente erogati alla comunità.
Il fatto poi che l’atto abbia valore giuridico esattamente pari a zero – come è stato dimostrato più volte e come cercheremo di ribadire in un prossimo post, facendo il punto della vicenda – aggrava ancora di più la posizione del ministro.

(1. Continua)

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