mercoledì 9 agosto 2006

Adriano Pessina e il valore laico della ‘vita’

Ennesimo intervento scatenato dalla revisione delle Linee Guida (Quel valore laico che si chiama “vita”, Famiglia Cristiana n. 33).

“Senza fare processi alle intenzioni, si possono giudicare i fatti”.
Quali sarebbero i fatti?
“Le scelte politiche vanno lette nel contesto nel quale vengono formulate e sarebbe perlomeno ingenuo non collegare questa nomina alle precedenti scelte dell’attuale Governo che, attraverso le decisioni del ministro per l’Università e la ricerca Fabio Mussi, ha mostrato di promuovere una strategia tesa ad aggirare i divieti posti dalla Legge 40 a tutela della vita umana embrionale”.
E ci risiamo: Mussi non ha fatto che ritirare il veto sui finanziamenti comunitari da destinare alle ricerche sulle staminali embrionali (su cui la legge 40 non si esprime, asserendo soltanto il divieto di creare embrioni ai fini della ricerca).
“Ma al centro di questi interessi c’è pur sempre un figlio allo stadio embrionale che la Legge 40 vorrebbe tutelare, pur permettendo un progetto di genitorialità che si attua in modo antropologicamente discutibile, che ha molti limiti, diverse contraddizioni e induce molte aspettative, spesso deluse.
La Legge 40 è stata pensata per permettere alle coppie sterili di avere un figlio, e un figlio inizia a esserci quando si forma allo stadio embrionale. C’è una logica “triadica” dentro la generazione umana la quale non può essere spezzata senza ferire il senso umano della generazione stessa”.
Figlio allo stadio embrionale. Pessina compie delle scelte lessicali che ricalcano le sue credenze, che però non si prende la briga di sostenere o dimostrare. Se, come sembra lecito inferire, Pessina intende sostenere che a partire dal concepimento esiste un figlio in quanto ‘persona’, allora dovrebbe essere meno tollerante rispetto alla legge 40. Perché non difendere quei figli della legge 40 sicuramente destinati alla morte? Dei 3 embrioni prodotti sicuramente alcuni periranno. Se davvero fossero figli, questo sacrificio sarebbe intollerabile. Anticipare la proprietà ‘figlio’ al momento del concepimento somiglia ad anticipare la proprietà ‘morto cerebrale’ in un momento in cui il sistema nervoso centrale ancora funziona.
“Chi polemizza contro la Legge 40 fa valere le preoccupazioni per la salute della donna, le esigenze dei medici e dei ricercatori, ma si dimentica dei diritti dell’unico soggetto che non può rivendicare diritti, e cioè dell’essere umano allo stadio embrionale”.
O forse perché non ne ha di diritti? Non almeno gli stessi che hanno le persone.
“Si è passati da una fase nella quale la maternità era un dovere, poi è stata posta come libera scelta, ora è rivendicata come un diritto. La maternità, senza dubbio, è vicenda femminile, ma la generazione umana è più della maternità, è il vincolo che lega tre esseri umani trasformandoli in madre, padre e figlio. Ed è di questo figlio che si parla quando si discute di embrioni umani.
E se non siamo capaci di applicare i diritti dell’uomo a chi, come l’embrione umano, non ha altra qualità che quella di essere umano, a chi potremo legittimamente applicarli?”.
La qualità ‘uomo’ non è sufficiente per attribuire diritti. Un uomo in morte cerebrale possiede ancora gli stessi diritti delle persone? No, e proprio per questo è possibile espiantare i suoi organi (Pessina, presumibilmente, ritiene una pratica immorale l’espianto di organi; ci piacerebbe se ci fosse confermato). Ci deve essere qualcosa in più dell’essere umano per rilevare la presenza di una persona e dei suoi diritti.
“La vita umana è un valore “laico”, cioè un bene che sta alla base di tutti gli altri beni che una politica può e deve promuovere: in questo senso è un vero bene comune, anzi il fondamento di ogni bene comune.
Tutto ciò non può essere ignorato da una politica che voglia tutelare il senso della generazione umana”.
La vita umana ha un valore intrinseco solo in un contesto di specismo.

4 commenti:

Maurizio ha detto...

Mi sarei aspettato un commento all'affermazione

"l’embrione umano non ha altra qualità che quella di essere umano"

L'embrione umano e' umano solo in un senso molto lato (in quanto possiede un DNA umano), ma non lo e' in un senso molto piu' importante (non e' cosciente e non pensa). In altre parole, se l'embrione umano e' davvero umano dipende da cosa si intende per umano.

Chiara Lalli ha detto...

Umano denota l'appartenenza alla specie umana. Sarebbe opportuno parlare e definire 'persona', che non è un termine descrittivo, ma morale.

Maurizio ha detto...

"Umano denota l'appartenenza alla specie umana"

Secondo me no. "Umano" non denota sempre l'appartenenza alla specie umana, ma denota qualcosa che dipende dal contesto. Cosi' come "cane" non denota l'appartenenza alla specie "cane", ma dipende dal contesto. Mi spiego: se io dico "ho comprato un cane di pelouche", esso e' un cane solo in un certo senso. Non mi sto riferendo alla specie cane, ma ad altre proprieta'. Lo stesso vale per un embrione umano di poche cellule. Esso e' umano solo in un certo senso, perche' conserva solo alcune proprieta' dell'umano, e non altre. Proprio come il cane di pelouche, o una fotografia di un bambino.

Anonimo ha detto...

Esistono modi più o meno precisi di usare i termini. Riguardo a cane, ad esempio, posso premettere che uso 'cane' nel senso di 'Canis lupus familiaris'. Se parlo di 'cane di pelouche' sto denotando qualcosa di molto diverso.